Come
What May
Qualunque cosa accada
Traduzione
dedicata alla mia saggia mamma, con molto affetto
“Senti, Panoramix.
Secondo te andrà
tutto bene?”
La sagoma che ha parlato
è
accovacciata nei paraggi, giusto all'orlo del suo campo visivo. Il
druido non coglie granché dei suoi movimenti; come al
solito, è
troppo assorbito nel proprio
lavoro per voltarsi. Preparare la pozione è un rituale sacro
– gli
lascia appena intravedere una testa china e pensosa, e il dondolare
leggero di un paio di gambe.
Un attimo dopo, il miscuglio
richiede
di nuovo tutta la sua attenzione. Dita rapide sminuzzano la giusta
dose di finocchio, per poi gettarlo nel brodo come una densa polvere
verde. Che lo sguardo di Panoramix rimanga fisso sul calderone non fa
differenza; non ha bisogno di guardare in direzione di Asterix per
capire.
“E chi sono io per
dirlo, figliolo?”
Segue un lungo sospiro, diviso
tra
rassegnazione e disgusto. Appena sotto le scaglie, il pesce che ha
preparato sta già marcendo. Qualcuno si prenderà
presto una bella
strigliata.
“Nemmeno io posso
predire il futuro,
sai.”
Panoramix allontana il
calderone dal
fuoco. Il bollore lascia posto a una fumante tranquillità.
È ora di
occuparsi dell'aglio.
Finalmente, dopo aver raccolto
qualche
manciata di spicchi, Panoramix è libero di spostarsi. Si
dirige
verso la panca con il grembiule pieno, strofinando un sottile
coltello d'argento.
Talvolta, il druido ha
l'impressione
di poter dimenticare da quanto tempo Asterix si sia lasciato alle
spalle l'infanzia. La sua postura, il suo sguardo sono rimasti
immutati. La somiglianza con il bambino che era si accentua quando
è
preoccupato – evento divenuto raro negli anni, ma molto
più comune
di recente.
Sono tempi difficili, e tutti
lo
sanno. Nonostante nessuno abbia spiegato a chiare lettere sulle
spalle di chi pesi la sorte del villaggio, tutti sanno anche questo.
Semplicemente, i portatori di quel fardello lo portano in silenzio
–
e silenzio aleggia tra loro due, per altri lunghi minuti.
Quando Asterix alza la testa
per
parlare, lo fa con la cautela turbata di chi sta per dire qualcosa di
proibito. Per lui, negli ultimi anni, far sapere la propria opinione
è diventato un rischio – simile al mancare a una
promessa, fatta a
se stesso e a gli altri. Nonostante ciò, quel che il suo
istinto gli
sussurra è una chiamata alla quale non ha mai saputo mancare
di
rispondere.
Così raccoglie il
suo coraggio, e
parla lo stesso; perché lì, tra le quattro mura
dove il druido
vive, Asterix ha il permesso di dar voce a qualsiasi cosa gli passi
per la testa. Ringrazia gli dei per questo ogni volta.
“Non dico che questa
ribellione sia
inutile,” esordisce, pur già scoraggiato.
“Per Toutatis, non
vorrei mai lo fosse. Eppure... ho riflettuto, o druido, sugli ultimi
anni e sui cambiamenti venuti con loro. Mi chiedo...”
Lasciando perdere per un
istante
l'aglio appena pulito, il druido solleva lo sguardo. Asterix sta
osservando il luccichio della lama, nel suo ondeggiare monotono.
Nella sua mente è in atto una lotta contro parole non
facili. Con
pazienza, Panoramix aspetta.
“Servirà
a qualcosa spargere altro
sangue? Ha senso combattere, a questo punto? Perché, se ci
penso, ho
la sensazione che alcuni eventi della vita siano troppo grandi per
noi. Tanto grandi da non poterli neppure comprendere fino in fondo. E
in questo caso, se devo essere sincero, non so più quali
piani valga
o non valga la pena di mettere in pratica.”
Asterix non sembra voler
parlare di
nuovo. In quegli istanti di stallo, l'illusione negli occhi di
Panoramix si trasforma. Il giovane non somiglia più a un
comandante
inesperto; ora appare vecchio e stanco, forse aggravato dalla sua
capacità di guardare lontano.
Il druido si alza, spedito
come
sempre. Da quel movimento fluido, non si direbbe affatto che il suo
gracile corpo senta il peso dell'età. Mani esperte vagano di
nuovo
sulle superfici di legno; di tanto in tanto indugiano in punti
precisi, pronte a raccogliere rametti e foglie, vischio e timo.
“Ascoltami,
Asterix,” dice infine,
rimescolando la pozione con un lungo mestolo di bronzo.
“Ascoltami
bene. Ho vissuto parecchio più a lungo della gran parte di
questo
villaggio. Alla tua età avevo già girato mezzo
mondo. I miei studi
mi hanno condotto lontano, molto prima che Cesare ci cadesse sulla
testa. Ebbene...”
Per qualche secondo, Panoramix
si
perde in lunghi mormorii di approvazione, preso ad ammirare le agili
spirali del vapore. La pozione dovrebbe essere pronta. Se ne versa
qualche goccio – mai più di così, per
sicurezza.
Ha un ripensamento appena
prima di
portarsela alle labbra. Dopotutto, una piccola variazione nella sua
ferrea routine non può fare male.
Invece di controllare subito
il
risultato del proprio lavoro, come è solito fare, il druido
torna a
sedere accanto ad Asterix. Con un'espressione grave, gli indica il
contenuto della ciotola di creta.
“Tu sai cosa
è questa.” Non lo
sta chiedendo. “La pozione dalla quale la nostra
libertà dipende.
Sicuramente sei in grado di arrivarci da solo. Quando credi che io
abbia iniziato a perfezionarne la formula?”
Ora si concentra sul liquido,
per
lasciare ad Asterix il tempo di pensarci su. Il sapore è
perfetto.
Un po' troppo salato, forse.
“Deve essere stato a
causa di un
grande pericolo,” risponde il giovane guerriero, dopo una
lunga
riflessione. “Non avresti mai creato nulla di così
potente senza
avere un'ottima ragione per farlo.”
Il sorriso di Panoramix non
era così
luminoso da molti giorni. Il druido non sente il bisogno di
nasconderlo; al contrario, annuisce calorosamente. Questo ragazzo,
per gli dei, è una sorpresa senza fine.
“Hai
ragione,” conferma. “Non
era certo parte dei nostri insegnamenti. Era una teoria –
quella
teoria bizzarra della mia gioventù, destinata a rimanere
tale in
eterno. O almeno credevo. È stato il mio viaggio al di
là delle
Alpi, diversi decenni fa, a convincermi del contrario. Ho iniziato a
lavorarci sul serio nel momento in cui mi sono reso conto di cosa
fosse capace la civiltà romana.”
I due tacciono di nuovo, come
per un
accordo implicito. Mentre Panoramix si dirige al calderone, il
pensiero di Asterix corre all'Arvernia, dove il capo e i suoi uomini
si sono diretti a incontrare qualsiasi fato li attenda. Rivede le
loro piccole fiaschette, augurandosi che la pozione duri abbastanza a
lungo. Non può trattenere un sospiro.
Poi, senza preavviso, il suo
volto si
illumina di un ricordo, e il suo cipiglio si scioglie in una risata.
È molto meno
fragorosa del solito, ma
sincera. Panoramix lascia quasi cadere il mestolo per la sorpresa.
“Che succede,
Asterix? Cosa c'è di
tanto divertente?”
Anche se la sua risposta ha
una punta
di amarezza, non manca di sollievo.
“O druido, e dici di
non poter
predire il futuro...”
“Dico!”
esclama Panoramix,
sorridendo di nuovo. “Predire il futuro e prepararsi ad
affrontarlo
sono due cose ben diverse, figliolo. Solo una delle due è
possibile,
è chiaro. Non hai bisogno che ti spieghi quale,
vero?”
“Non hai
torto,” risponde Asterix.
“È solo che... con quella frase, mi hai ricordato
qualcosa.”
“Davvero? Ricordato
cosa?”
Con un lieve sogghigno, il
guerriero
si china ad abbracciarsi i ginocchi. Nell'atto di pulire il piano di
lavoro e gli strumenti, Panoramix lo guarda smarrirsi nella sua
memoria. Gli pare quasi di vedere la scena ricostruirsi, passo dopo
passo, appena sotto i ciuffi incolti dei suoi capelli.
Certe abitudini non passano
proprio
mai, pensa il druido con tenerezza.
“È
successo quando abbiamo scortato
il capo all'ultima locanda,” racconta Asterix, la voce quieta
e
piena di concentrazione. “La notte prima che io ed Obelix
tornassimo. Dovevamo separarci dal gruppo dei guerrieri in mattinata.
Gli altri si erano tutti addormentati presto, ma io non ci riuscivo
in alcun modo. Troppo nervoso. Sono tornato al piano di sotto
–
avevo freddo – ma poi, arrivato lì, ho trovato una
folla tale da
non riuscire quasi a entrare nella sala.”
“A quell'ora della
notte? Come è
possibile?”
“Non era
così tardi, ma di certo
ben oltre il tramonto. Non sono sicuro dell'ora – suppongo
solo che
la maggioranza delle persone dorma di già a quel punto. Ero
curioso,
in ogni caso. Ho provato a scoprire l'origine di quella ressa. E in
mezzo a tutti, vicino al fuoco, c'era quest'uomo...”
Asterix incrocia le dita e
appoggia il
mento sulle mani, facendo del suo meglio per ricreare l'atmosfera.
L'esagerazione del gesto fa sogghignare Panoramix.
“Era magro, tutto
rannicchiato
contro il muro. Magari era perfino più basso di me. Ben poco
appariscente, eppure dozzine di persone pendevano dalle sue labbra.
Diceva di essere... un indovino, una porta aperta sul futuro. Capace
di esaminare le profondità più buie del mondo a
venire. Ho fatto il
possibile per passare inosservato – non che sia difficile
– e mi
sono seduto in un angolo, vicino quel che bastava per sentire le sue
predizioni. L'ho ascoltato... mi chiedo per quanto tempo. Per ore,
forse.”
Senza scomporsi, impegnato nel
delicato compito di versare la pozione in diverse borracce, Panoramix
ridacchia.
“Stavi provando ad
addormentarti?”
Questa volta, Asterix ride di
cuore.
“Probabilmente
sì, all'inizio. Ma
in un certo senso è diventato interessante. A me sembrava...
così
strano, che un'intera folla potesse bersi la stessa bugia tutta di un
fiato.”
Senza parlare, Panoramix
rigira uno
dei tappi tra le dita. Riflette sul presente. È tramite
prove e
tranelli che si impara, e lui non è tipo da lasciarsi
sfuggire
occasioni come questa.
Il suo tono di voce diviene
leggero,
ma del tutto serio.
“Be', e se avesse
avuto ragione? In
termini di di magia antica, ci saranno nuovi segreti da portare alla
luce fino alla fine dei tempi. E se qualcun altro ha scoperto
quell'abilità, insomma... perché farlo passare
per bugiardo a
prescindere?”
“Ma sai che non
è possibile,
Panoramix.”
Soddisfatto, il druido si
volta a
guardare il suo allievo più brillante di sempre. Non importa
che
sappia perfettamente cosa vedrà – in ogni caso,
non cesserà mai
di consolarlo. Conosce alla perfezione la luce di quello sguardo,
metà malizia, metà ispirazione; sa come annunci
immancabilmente
grandi cose, persino nelle situazioni più complicate.
Avrebbe potuto farne a meno,
dopotutto. Una prova così banale è ben poco
sforzo per Asterix.
“O druido, il futuro
non dà a
nessuno esattamente quel che vuole. Figuriamoci a tutta quella gente!
Chi è più svelto a fare promesse del genere, tra
il futuro e un
uomo avido?”
“Un ciarlatano dalla
buona lingua,
mio caro Asterix. Ma è ovvio. Posso solo immaginare quanto
tu ti sia
annoiato.”
“Come lezione di
inganno non è
stata male. Mi ha fatto addormentare lo stesso,
però.”
Per la prima volta in
settimane, il
pavimento della capanna sembra tremare dalle risate. Il loro suono,
allegro e liberatorio, va a finire in lacrime abbondanti.
“Pensa un
po',” ansima Asterix,
riprendendo il controllo della propria voce. “Pensa a come
diventerebbe il mondo se ci fosse dato di prevedere ciò che
verrà.
Se non altro... saremmo tutti indovini.”
Scosso dal gran ridere,
Panoramix si
lascia cadere sulla panca. A poco a poco, anche il suo respiro torna
regolare. Un'espressione raggiante si impadronisce dei suoi
lineamenti subito dopo.
“Parola mia,
giovanotto. Qualche
volta mi convinco che tu sia nato sapendo già tutto della
vita.”
La sua voce è
orgogliosa e piena di
affetto. Tuttavia, Asterix non dice niente. Restano seduti vicini per
qualche momento, comprendendosi senza parlare, liberi dal bisogno di
aggiungere altro.
Quando Panoramix parla di
nuovo, lo fa
per fissare una lezione nella memoria degli anni a venire.
“Non dimenticare mai
ciò che hai
visto, Asterix. Il futuro non è nemmeno lontanamente
minaccioso
quanto ci spaventa. Le persone che approfittano della nostra paura,
invece... quelle sono pericoli viventi.”
Là fuori, il loro
domani è
angoscioso, ed entrambi ne sono consapevoli. I loro pensieri tornano
alle battaglie non ancora combattute, al mondo che si rinnova, a una
vita da condividere con uomini e donne giunti da lontano. Esistono in
un'epoca di mutamenti – come ogni era umana è
stata e sarà in
ogni tempo, per chi è capace di rendersene conto.
Nonostante tutto, Panoramix si
muove
con agio, forte della sua età e della sua saggezza. Sigilla
con
calma l'ultima borraccia tonda, tastando il cuoio morbido tra le
cuciture.
Infine, secondo un'abitudine
immutabile, la depone tra le mani del suo guerriero più
valoroso.
Non dimentica di sorridere.
“Ti
capisco,” garantisce,
rispondendo a parole mai pronunciate. “Ma se fossi in te,
ragazzo
mio, non starei troppo in pensiero per quella roccia del nostro
capo.”
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Link
all'originale: AO3
- ff.net
A scanso di equivoci, ricordo che sono io l'autrice della storia
originale, e tutti gli account mi appartengono.
Ho
tradotto questa storia come regalo a mia madre. Perché non
postarla, allora, nel mio account traduzione? Il fandom
asterixiano internazionale è così piccino, non
guasta mai aggiungere qualcosa anche qui!
Si
tratta di progetto vecchio di mesi, finalmente terminato. Tutto
è cominciato da una semplice constatazione: in Asterix e l'indovino (Le
Devin), Asterix è l'unico che non crede alle bugie di
Prolix. Perché? Perché, naturalmente, Panoramix
non è al villaggio, altrimenti sarebbero stati in due. Mi ha
colpita quanto velocemente Asterix abbia riconosciuto le sue profezie
come le menzogne non troppo elaborate che erano, e come abbia ricordato
subito agli abitanti del villaggio quanto poco Panoramix avrebbe
apprezzato la loro credulità. Ho voluto quindi dare loro la
possibilità di discutere lo stesso argomento, in un contesto
completamente diverso dalla tranquilla atmosfera della serie: nel 52
a.C., durante la rivolta di Vercingetorige, con Abraracourcix,
Matusalemix e altri combattenti andati in guerra lontano dal villaggio.
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