La tessitrice

di Eevolet
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Apro gli occhi.
E’ notte, vedo la luna e le stelle risplendere nel cielo.
Abbasso lo sguardo e vedo le lucciole volare sull’erba umida, inspiro forte l’odore della terra.
Decido di muovermi dal punto in cui mi sono risvegliata e, alzandomi da terra, sento scorrermi addosso qualcosa di sottile, mi avvicino a guardare e vedo fili: tantissimi fili legati attorno alle mie braccia, alle mie gambe e ai miei capelli.

Cerco di toglierli ma è impossibile, sono attaccati a me come se fossero la mia ombra. Seguo così la lunghezza dei fili per cercare di capire dove portino e cercare, magari, di liberarmene. 
Cammino per un lungo periodo di tempo, con la luna che mano a mano diventa sempre più fievole nella sua luce e le stelle mano a mano scompaiono, ma il sole non sorge all’orizzonte e tutto diventa terribilmente buio. Non distinguo più il prato dove prima stavo camminando e sono costretta ad aggrapparmi ai fili come se fossero funi per non perdere la strada. 
Finisco in una sorta di radura in mezzo agli alberi, vedo i fili iniziare ad emanare una debole luce, abbastanza per poterne distinguere i colori: rosa, azzurro, bianco…
Alzo il viso e guardo verso il cielo, agganciando i fili ai rami più alti degli alberi, facendoli impregnare nella rugiada delle foglie.
Lentamente, dispiegando un filo dopo l’altro, inizio a tessere l’alba, fino ad arrivare a ricoprire il cielo.

 




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