NOTE
DELL’AUTRICE: è una follia, lo so, mi sono
ispirata a molte immagini di loro
due trovate in giro per il web, mi hanno stuzzicata troppo.
THE
GOLDEN LION
La
vita
trascorreva pressoché tranquilla: le solite lezioni a
scuola, il tempo passato
con le sue amiche e compagne, la relazione stranamente duratura con
Sayaka.
Eppure Kyoko non si sentiva soddisfatta, sentiva che le mancava
qualcosa, uno
scopo, un sogno a cui ambire: non aveva mai smesso di allenarsi
nonostante le
streghe non ci fossero più; le piccole missioni di cui
ancora si occupava non
erano minimamente paragonabili al brio e alla difficoltà di
cacciare e uccidere
una strega ma, in qualche modo, se lo faceva bastare.
Sayaka
era solita
ammirarla seduta in disparte mentre si esercitava: aveva un
ché di ipnotico la
maga cremisi, più che combattere sembrava danzasse mentre
mulinava l’aria con
la sua lancia; quello e tante altre piccole cose erano dettagli che non
aveva
mai avuto la possibilità di ammirare nella foga dei
combattimenti a cui
partecipava con la sua compagna. Si innamorava di lei praticamente ogni
volta.
“Ehi,
Sayaka! Smettila di fissarmi in quel modo, mi deconcentri!”
Urlò Kyoko
destando la spadaccina dal suo torpore, facendola sorridere dolcemente.
“Oh,
scusa. Sai com’è, è difficile toglierti
gli occhi di dosso quando combatti.”
Disse pungente la ragazza, provocando un sorrisetto sarcastico nella
maga
cremisi. “Ah si? Solo mentre combatto?” Si
avvicinò piano all’amatissima
compagna, si accucciò sulle gambe per stare alla sua stessa
altezza e la baciò
teneramente sulle labbra: all’inizio della loro relazione,
Kyoko trovava
davvero difficile esternare quei piccoli ma grandi gesti di affetto; li
reputava stupidi, o magari se ne vergognava troppo, e a causa di questo
litigava spesso con Sayaka. Litigavano per qualunque cosa in effetti,
ma in fin
dei conti capirono che quello era il loro modo di fare e andava bene
così,
purché alla fine si facesse sempre la pace; col passare dei
giorni, dei mesi,
Kyoko si rese conto che non era poi così male sbottonarsi un
po’, abbassare la
guardia e lasciarsi andare ad un po’ di dolcezza. Con Sayaka
poteva
permetterselo, non l’avrebbe mai tradita... non colei per la
quale si sacrificò
già una volta. Le prese le mani e sorrise ancora una
volta.
“Vieni
ad allenarti
con me! Stai diventando una scarsona a forza di oziare.” La
spadaccina ridusse
gli occhi ad una fessura, risentita. “SCARSONA IO? MA COME
OSI.” Fece finta di
offendersi, poi tornò a guardarla con quell’aria
maliziosa che la maga cremisi
aveva sempre adorato. “Io non ho bisogno di allenarmi in
continuazione, al
contrario di QUALCUNO. Anzi, perché non rientriamo in
casa?” La sua faccia le
aveva fatto intendere tutto, ma Kyoko girò i tacchi e fece
per tornare nel
punto in cui era. “Provo un’ultima cosa e poi
andiamo.” Disse seria la ragazza,
Sayaka sbuffò sonoramente.
“Ancora
con quell’attacco? È impossibile da fare, mi
chiedo perché continui a provarci.” La maga
cremisi si mise in posizione:
sistemò meglio la lancia nella sua mano destra tenendo la
punta ben dritta; piede
sinistro in avanti e piede destro indietro, corpo chinato in avanti,
braccio
sinistro lungo fino a terra proprio davanti a lei per darsi la spinta e
braccio
destro indietro, levato in alto e pronto a caricare l’affondo
micidiale della
sua lancia.
“Perché...
lui disse che potevo farcela.”
Tutti
i suoi muscoli
erano tesi e pronti a scattare come molle: fece leva sia sulla gamba
sinistra
che sul braccio sinistro che fungeva da stabilizzatore,
scattò in avanti ad una
velocità pazzesca, ben superiore al sovraumano; fece per
roteare il busto e
tendere la gamba destra ed il braccio destro in avanti per affondare il
colpo
con la lancia, ma la velocità fu davvero troppa
sbilanciandola e facendola
ruzzolare a terra. Sayaka sospirò, mentre Kyoko
montò su tutte le furie come al
solito. “MALEDIZIONE! MAI UNA VOLTA CHE MI RIESCA!”
Sbatté la lancia a terra e
si sedette per terra a gambe incrociate, borbottando lamentele di
rabbia:
quello spettacolo ormai era la routine per Sayaka, quindi si mise
l’anima in pace
e andò a sedersi vicino a lei, guardando l’arma
luccicante abbandonata dalla
padrona; non sapeva spiegarsi il perché Kyoko ci tenesse
tanto ad eseguire
quell’attacco, sapeva solo che, ogni volta che falliva, la
compagna stava
sinceramente male, la sua frustrazione era ben evidente.
Non
aveva mai pensato
di chiederle cosa c’era dietro quella mossa, ma la
curiosità si faceva giorno
dopo giorno più grande, così decise di provare a
tirarle fuori qualcosa a
proposito. “Sai Kyoko... ti guardo sempre mentre ti alleni
perché hai uno stile
di combattimento straordinario.” La spadaccina
iniziò a rompere il ghiaccio, la
maga cremisi ancora imbronciata guardava da tutt’altra parte.
“... Davvero?”
Chiese in tono piatto. “Si, certo! Sei così
aggraziata, lanci certi attacchi
e...” Sayaka scattò in piedi e iniziò
ad agitarsi in modo strano.
“SCATTI
DA
UNA PARTE ALL’ALTRA DEL CAMPO DI BATTAGLIA, TRAFIGGI TUTTO,
SCHIVI QUALUNQUE
COSA!” Kyoko le rivolse uno sguardo sbigottito, non aveva mai
parlato del suo
stile di combattimento in modo tanto appassionato, la compagna
scoppiò a ridere.
“Si, scusa, forse mi sono fomentata troppo a parlarne, ma
davvero, è
eccezionale! Combatti come un leone!” La maga cremisi rimase
un attimo
impietrita da quelle parole, abbassò lo sguardo e si
rabbuiò all’improvviso.
“Già... un leone.”
La
spadaccina si accorse dell’improvviso cambio
d’umore
della compagna, ma non mollò la presa; si sedette di nuovo
vicino a lei e le
accarezzò la spalla. “Insomma, quello che voglio
dire è... si, ecco, lo so che sei
una veterana, ma il tuo stile di combattimento è davvero
particolare. Dilla
tutta, hai avuto un maestro eh? Daaaai, dimmelo, dai ,dai!”
Kyoko iniziò a
spazientirsi e provò anche un certo fastidio, ma
effettivamente quella storia
non l’aveva mai raccontata a nessuno; rimase qualche minuto a
rimuginare, poi
prese la sua decisione: Sayaka era la sua compagna di vita, meritava di
sapere
tutto quello che l’aveva segnata negli anni, e poi magari
l’avrebbe fatta stare
meglio con la coscienza.
“Ah,
e va bene, va bene. Si, ho avuto un maestro.” Gli
occhi blu della spadaccina si illuminarono e sorrise contenta: a Kyoko
l’idea
non faceva impazzire, ma tanto valeva.
Successe
subito dopo quella sera: ero
sola e tremante in un angolino della casa stringendo disperatamente la
mia
lancia, pronta a difendermi da quello che una volta era mio padre.
Uccise mia
madre, uccise i miei fratelli senza che io potessi fare nulla, ero
terrorizzata... infine si impiccò. Rimasi nel mio angolino
per parecchio tempo,
non so ben dirti per quanto; continuavo a stringere convulsamente la
mia
lancia, congelata sul posto.
Quando
la mia trasformazione si sciolse e tornai
normale, scappai da quella casa ed iniziai a correre, a correre e a
correre,
senza fermarmi mai, senza guardarmi indietro. Il mio semplice desiderio
era
quello di vedere mio padre felice, in quel momento invece avrei ucciso
chiunque
a sangue freddo solo per non avere nessuno sulla mia strada. Rubavo il
cibo
necessario a sfamarmi, dormivo dove potevo pensando ad un posto dove
andare:
Kyubey mi suggerì la città di Mitakihara visto
che era sempre stata una buona
zona di caccia, così mi incamminai verso di voi,
sostanzialmente.
Ero...
ero
davvero depressa, sai. Mi sentivo colpevole di tutto quello che era
successo,
quando il mio unico scopo era quello di aiutare gli altri e di far
felice la
mia famiglia, fino a pochi secondi prima di stipulare il contratto mi
sentivo
un’eroina. Per sopravvivere ho dovuto chiudere gli occhi e il
cuore,
fregandomene di quelli che avrei dovuto proteggere, fregandomene di
tutto,
dando la colpa a tutti pur di non sentire addosso il bruciore del senso
di
colpa; cacciavo le streghe unicamente per non morire e per diventare
più forte:
come mi avevano tolto tutto, io avrei tolto tutto a chiunque avesse
provato ad
ostacolarmi. Incontrai il mio maestro molto prima di incontrare voi:
Mami la
conoscevo solo di fama ma non mi sentivo ancora alla sua altezza, a
dirla tutta
non mi sentivo all’altezza di nessuno, mi sentivo una debole;
gironzolavo in
periferia, quando sentii come il rombo di un tuono in un edificio in
costruzione particolarmente isolato dagli altri.
Pensai
immediatamente che
fosse una strega: l’energia che emanava era spaventosamente
grande e...
brillante, non avevo mai percepito niente di simile in vita mia. Mi
trasformai
e mi precipitai subito verso l’entrata, aspettandomi di
trovare l’ingresso di
un classico labirinto, invece trovai lui: era alto quasi tre metri,
indossava
un’armatura spigolosa completamente dorata, portava un elmo a
forma di testa di
leone e possedeva una lancia immensa, stupenda. Era un essere strano e
chiaramente non apparteneva al nostro mondo; sembrava ferito visto che
era
seduto a terra immobile, così ne approfittai e attaccai
subito: forse era una
maga dall’aspetto strano o forse era una strega, in ogni caso
volevo il suo
potere, lo bramavo, mi faceva ribollire il sangue. Provai un assalto
diretto a
lancia spiegata: sembrò funzionare, ma nel tempo di un
battito di ciglia quello
si alzò e schivò con uno scatto laterale
fulmineo, quasi non lo vidi. Non disse
niente ma si mise in guardia: non attaccava mai per primo, ma aspettava
i miei
agguati e li schivò uno dopo l’altro, la sua
lancia d’oro parava ogni fendente;
fu uno scontro deprimente, mi schiacciò senza nessuno
sforzo. Durante l’ultimo
affondo lui mi afferrò alla gola al volo, mi
schiantò per terra e mi puntò la
lama scintillante davanti il viso: chiusi gli occhi pensando di morire,
ma lui
ritrasse l’arma e mi sovrastò con tutta la sua
altezza, guardandomi in faccia.
“Non
ti ucciderò. Non sei una minaccia per me.” Strinsi
i denti furiosa e mi
alzai in piedi, riparandomi inutilmente dietro il bastone della mia
lancia:
avevo il fiatone e le idee annebbiate, ma fui inesorabilmente attratta
da
quella figura così maestosa, tanto che misi da parte
l’orgoglio ferito e
iniziai a conversarci. “Si può sapere chi diavolo
sei? Sei per caso una
strega?” Inclinò la testa di lato, non mi capiva.
“Una... strega? No... non
sono figlio di Izalith.” E io non capivo lui.
“Iza... cosa? Avanti, dimmi chi
sei!” Si sedette a gambe incrociate tenendo la sua arma a
portata di mano e mi
fece segno di sedermi davanti a lui: non sapevo cosa pensare e non
sapevo cosa
fare, se non era ostile tanto valeva fare come diceva lui.
“Sei una giovane
guerriera con un’arma simile alla mia. Sento una certa
affinità con te.” Come
puoi dedurre Sayaka, era un tipo molto diretto.
“Per questo ti racconterò la mia
storia, e che magari voglia il destino che tu possa aiutarmi. Ma prima
di
iniziare dimmi: che mondo è questo? Chi sono i suoi
abitanti? E cosa sei tu?”
Interdetta e confusa, gli dissi degli esseri umani, delle maghe e delle
streghe, sembrò altrettanto confuso anche lui ma
soddisfatto. “Capisco. Questo
mondo vive l’Era Oscura. Il mio sovrano la temeva
molto...” Sentii la mia
curiosità crescere di minuto in minuto. “Il tuo...
sovrano? Quindi sei un
cavaliere?” Annuì con la testa. “Io sono
Ornstein l’Ammazzadraghi, capitano dei
cavalieri di Gwyn, il mio Signore. Vengo da una città divina
chiamata Anor
Londo, situata nella terra di Lordran. Esistono infiniti mondi in
questo
universo: per me e la mia gente non è una novità
sapere della loro esistenza,
ma per te potrebbe risultare difficile comprendermi. In certi punti del
mondo
in cui noi tutti viviamo, il tempo è
distorto.”
Riuscii
a capirci quel tanto
che bastava per comprendere che effettivamente, Ornstein veniva da
un’altra
dimensione; tempo dopo, quando conobbi Homura, molte delle mie lacune
sull’argomento vennero colmate. “E tu? Non mi hai
detto il tuo nome, giovane
guerriera.” “Sono Kyoko Sakura. E si, credo di
averti capito abbastanza.
Quindi, tu vieni da un altro mondo... come sei arrivato qui?”
Si mosse piano
facendo suonare il metallo della sua bellissima armatura, credo si
fosse innervosito
o qualcosa del genere, certo non potevo vedere le sue espressioni in
faccia. “Devo
essere caduto accidentalmente in una fenditura dello spazio, in un
punto in cui
i mondi convergono. Io stavo... cercando il mio vero Re.”
Rimasi un tantino
perplessa dal suo racconto. “Ma il tuo re non è...
uhm... Gwyn?” “Non più, da
quando decise di vincolarsi alla Prima Fiamma. Con la sua morte, il
regno è
passato a suo figlio primogenito.” “E... perché
lo stavi cercando?” “E’ stato
bandito da Anor Londo da suo padre... noi siamo cacciatori di draghi.
Ero il
maestro del primogenito di Gwyn, gli insegnavo tutto sulla caccia ai
draghi. Ma
un giorno... lui ne domò uno e si alleò con loro.
Un madornale sacrilegio, come
puoi immaginare. Ma ora che Gwyn è morto, Anor Londo
perduta, il Fuoco che sta
per spegnersi di nuovo... non potevo restare lì senza far
niente. Abbandonai il
mio compagno Smaug il Giustiziere e mi misi in viaggio alla ricerca del
mio
vero Re. Del mio allievo prediletto. Rimango pur sempre il suo maestro,
non
importa cosa ha fatto. E ora sono qui, aspetto che la breccia nel tempo
si
faccia più profonda per tornare nel mio
mondo.”
Mi
fece molta tenerezza il suo
racconto, ma una cosa soltanto mi ronzava in testa: era un maestro e
aveva un
allievo; io avevo il disperato bisogno di diventare più
forte, così non ci
pensai due volte. “Ornstein, ascoltami: ti ho detto delle
streghe e delle
maghe. Io non ho più nessuno al mondo e ho bisogno di
diventare più forte se voglio
sopravvivere. Diventa il mio maestro, te ne prego!” Mi
abbassai a supplicarlo,
non potevo perdere quell’occasione d’oro; lui
rimase in silenzio per qualche
minuto, poi rispose. “La breccia tornerà attiva
tra molto tempo, temo. Vivi in
un mondo altrettanto duro come il mio, combatti il male per
sopravvivere. Ma
dimmi, Kyoko Sakura: come useresti il potere che ti
donerei?”
Stavo
per mentire
senza pensarci due volte ma, appena aprii bocca, tutto ciò
che ne uscì fuori fu
solo un rantolio: avevo paura che potesse negarmi il suo insegnamento
se gli
avessi detto la verità, ma per qualche motivo, forse fu la
mia coscienza che
stava cercando di dirmi che quello che avevo davanti stava per
diventare il mio
MAESTRO e non un tipo qualunque, non riuscii a mentirgli... non potevo.
Con lui
proprio no. “Io... io ho perso tutto. L’unica
strada che mi rimane da percorrere
è quella del potere. Più streghe uccido,
più mi rimane da vivere, più divento
forte più le altre maghe mi lasceranno in pace. Voglio
solo... sopravvivere. Non
mi interessa nient’altro.” Ero pronta a ricevere il
suo rifiuto, quando si
avvicinò di più a me e mi tese la mano.
“Non
è la motivazione più nobile, ma è
la motivazione di un disperato, quindi la rispetto. Uccidendo le
streghe,
indirettamente aiuterai anche la gente del tuo mondo, facendo del bene.
Questo mi
basta, giovane guerriera. Come il mio giovane Re senza nome, anche tu
da adesso
in poi sarai mia allieva, e io sarò il tuo maestro. Rendimi
fiero... perché è
tutto ciò che mi rimane, ormai.”
Passarono
giornate di intenso allenamento: la
prima cosa che mi insegnò fu come gestire
l’equilibrio della mia lancia, cosa
che, a quanto pare, sapevo fare discretamente bene ma non in modo
eccellente;
lui aveva il potere di controllare i fulmini, nel suo mondo questi
incantesimi
li chiamano ‘miracoli’, e in modo simile a come
fece lui, mi aiutò a scoprire
quali erano i miei talenti e scoprii di poter evocare catene per
paralizzare i
nemici, oltre che... beh, non avevo idea che il bastone della mia arma
potesse
scomporsi. Ornstein mi disse che queste nuove capacità
dovevo svilupparle da
sola, in quanto appartenevano solo ed esclusivamente a me,
così ci concentrammo
prettamente sul combattimento con la lancia.
Passarono
diversi mesi, quanti non
ricordo: pochi giorni prima della sua partenza, mi fece vedere il suo
attacco
più potente, quello che tutt’oggi non riesco
ancora ad eseguire, ma in generale
era davvero contento dei miei progressi. “E’
passato tanto tempo, mia giovane
allieva. Voglio vedere come ti comporti in combattimento... vai a
cacciare una
strega. Io vengo con te.” La mia Soul Gem era al limite,
così accettai
volentieri: per la prima volta dopo troppo tempo, mi sentivo coccolata
come in
famiglia... beh, posso affermare che Ornstein era diventato veramente
la mia
famiglia, e il solo pensiero di dovergli dire addio presto mi faceva
stare
male. Massacrai la strega con una facilità disarmante: il
mio maestro rimase
terribilmente disorientato da quello che aveva davanti, non aveva mai
visto un
labirinto della strega né tantomeno una strega (del nostro
mondo, ovviamente);
era tutto così strano per lui, così vorticoso
che, quando uccisi il nemico, lui
nemmeno se ne era reso conto. “Perdonami... questo tipo di
avversario proprio non
lo capisco. Preferisco i draghi.”
Stavamo
tornando verso l’edificio in
costruzione che divenne la nostra casa per mesi, quando una maga dai
capelli e
dal vestito verde smeraldo si parò davanti a noi, brandendo
un martello enorme:
aveva il volto rabbioso ed era visibilmente alterata, la sua Soul Gem
doveva
essere davvero al limite. “Ti ho vista combattere! Dammi il
tuo Grief Seed o ti
ammazzo!” Ornstein non si mosse di un millimetro ma si
limitò a guardare la
ragazza. “Con quel martello sembra proprio il mio compagno
Smaug.” C’era tanta
nostalgia nella sua voce.
“Così,
è questo a cui alludevi, Kyoko. Ora capisco. Hai
una scelta da fare, anche se so già cosa sceglierai e non la
condivido. Ma fosti
chiara al nostro primo incontro di quali sono le tue intenzioni e di
quale
strada hai deciso di intraprendere, quindi posso dirti solo una cosa:
fammi
vedere cosa hai imparato. Rendimi fiero.” Sapeva che non le
avrei mai dato il
mio bottino di guerra, e io sapevo che questo lo rattristava: era pur
sempre un
cavaliere, l’onore lo aveva nell’anima, ma non
poteva e non potevo farci
niente. Non mi sarei fatta sconfiggere mai da nessuno.
Mi
misi in guardia
afferrando il bastone della mia lancia a due mani ed aspettai la mia
avversaria: quella non ci pensò due volte e mi
assaltò a martello levato,
pronta a schiacciarmi con la possente arma; come mi aveva insegnato
Ornstein,
schivai di lato fulminea un attimo prima dell’impatto, poi
altrettanto velocemente
feci leva su entrambe le gambe e mi slanciai in avanti, mollandole un
affondo a
dir poco letale. Pensai di averla fatta fuori subito, ma nel momento in
cui
ritrassi la lancia dal corpo dilaniato della mia avversaria, questo si
rigenerò
in fretta. “Non ti agitare, mia giovane allieva. Testa i
limiti della sua
abilità.”
Cercai
di non farmi prendere dall’escandescenza del momento e feci
come mi aveva detto: un elemento fondamentale in combattimento
è quello di
studiare le capacità dell’avversario per vedere
fin dove possono arrivare per
poi colpirlo nei suoi punti vulnerabili, così sfruttai la
lentezza dei suoi attacchi
per usare la mia velocità e colpirla ripetutamente,
sperimentando i limiti di
rigenerazione della maga avversaria, stando ovviamente attentissima a
non farmi
prendere nemmeno una volta o mi avrebbe uccisa di sicuro. Notai che le
sue
ferite guarivano sempre più lentamente man mano che la
ferivo, così pensai che
un colpo mortale a quel punto del combattimento potesse metterla
definitivamente K.O.
Decisi
di rischiare: assunsi la posa dell’affondo
micidiale di Ornstein, mi diedi la spinta e mirai al suo cuore, ma come
ogni
volta non riuscii a gestire la velocità insostenibile e
persi l’equilibrio,
cadendo a terra rovinosamente. L’avversaria ne
approfittò e caricò un colpo
sicuramente mortale, ma con uno sforzo micidiale evocai un muro di
catene che
bloccò il colpo; mi scansai subito, ma quella non si
fermò: sfruttando il
rinculo della sua arma schiantata contro le catene, con forza disumana
fece
leva sulle gambe, roteò su se stessa e scaricò un
colpo orizzontale aggiuntivo,
imprevisto; d’istinto mi abbassai evitando il colpo, scomposi
il bastone della
mia lancia e lo avvolsi intorno al corpo del martello della mia
avversaria,
strappandoglielo di mano e gettandolo lontano da lei. Afferrai al volo
l’estremità
inferiore della catena, ricomposi il bastone in un attimo e saltai:
alla
maniera del mio maestro, mi librai in aria come un leone che assale la
preda e
sfruttai la forza di gravità per trafiggerla con tutta la
forza che avevo nel
braccio, impalandola letteralmente a terra senza possibilità
di replica.
Lasciai
andare la presa e mi allontanai di qualche passo, fissando il corpo
martoriato
della maga: c’era sangue dappertutto, i suoi occhi vuoti
guardavano il cielo e
la sua trasformazione si sciolse. Provai un misto di emozioni... soddisfazione,
incredulità per le mie capacità ma anche
amarezza. Nonostante non mi importasse
assolutamente niente di quella ragazza, sentivo comunque un bruciore
nello
stomaco, un sorta di dispiacere: Ornstein si avvicinò e mi
mise una mano sulla
spalla con fare paterno, cercando di diradare quella nebbia di pensieri
che mi
affollavano la testa. “E’ normale, mia giovane
allieva. Sconfiggere in duello
un tuo pari è una grande prova di abilità, porta
onore al tuo nome. Ma, vedi...
non importa quali siano i tuoi ideali, e non importa in quale mondo tu
viva, la
prima volta che uccidi un tuo simile è sempre qualcosa che
ti colpisce, che ti
fa sentire un po’ marcio dentro. Sono davvero orgoglioso di
te, Kyoko. Da me hai
imparato tutto, in breve tempo e con grande maestria ma... mi piacerebbe davvero molto
se, oltre alle
tecniche di combattimento, tu da me avessi appreso anche un
po’ del mio
spirito, dei miei ideali. Ciò che vuoi fare dipende solo da
te.”
Continuai
a
fissare il corpo della maga e riflettei molto sulle sue parole: il
fatto che
fosse orgoglioso di me mi faceva sentire una dea, niente e nessuno mi
avrebbe
mai fermata con quel potere. E’ vero, per la ragazza provavo
solo indifferenza,
ma ciò non cancellava la mia... umanità. Non sono
un mostro. Senza dire una
parola presi il suo corpo e lo seppellii, levando una breve preghiera a
chiunque fosse stato in grado di ascoltarla, Ornstein sembrò
davvero
compiaciuto. “Onore ai caduti, Kyoko. Sempre, mia giovane
allieva. Adesso non
ho davvero più niente da insegnarti.”
Pochi giorni dopo, il mio maestro tornò
nel suo mondo, dopo che la breccia nel tempo si era finalmente
allargata: si
inginocchiò davanti a me in modo cavalleresco, ma io lo
abbracciai forte,
fortissimo, sentendo il freddo della sua armatura dorata sulla pelle.
“A
chiunque me lo chiederà, racconterò volentieri la
tua storia, Kyoko. E con
orgoglio dirò che sei stata mia allieva.” Lo
ammetto, iniziai a piangere come
una bambina, ma non potei farne a meno: da spaventata e debole
ragazzina lui mi
aveva temprata e trasformata in una guerriera... gli dovevo tutto. Mi
affidò il
suo anello speciale e se ne andò, in un bagliore dorato come
la sua armatura.
Sayaka
guardò la sua compagna con faccia sognante, persa in
quell’incredibile storia
che, probabilmente, la maga cremisi non aveva mai raccontato a nessuno.
“Da
quel giorno, ogni maga che uccidevo la seppellivo e pregavo per lei,
nonostante
tutto. Ecco, guarda... tu sei la prima a cui faccio vedere
l’Anello del Leone
di Ornstein, l’Ammazzadraghi. Nel suo mondo aveva un potere
particolare, nel
nostro credo di no, ma lo tengo come portafortuna.” Dalla
tasca tirò fuori il
piccolo oggetto in metallo: era di colore grigio con uno stemma
più chiaro,
ovvero un leone rampante; Sayaka lo prese in mano e lo
studiò per lungo tempo,
ammirandone la bellezza. “Kyoko... grazie per avermi
raccontato questa storia. Mi
sono innamorata di un cavaliere, allora.” Disse la spadaccina
sorridendole.
“No...
il cavaliere era lui. Io sono un leone scarlatto.” Il sorriso
luminoso della
compagna scaldò il cuore della maga cremisi, tanto che si
sentì pervadere da
nuovo potere, come una calda onda solare: prese l’Anello del
Leone e lo indossò
all’indice della mano destra, tornò nel punto in
cui si stava allenando e si
mise in posa per il colpo fatale mai riuscito.
La
velocità dell’assalto non le
sembrò più una nemica, forse per il sollievo di
aver finalmente aperto il suo
cuore o forse per l’effettivo potere dell’anello:
la accolse, la fece sua
alleata, e nel tempo di un battito di ciglia un muro di cemento fu
completamente
fatto a pezzi, candendo in macerie.
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