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Soundcheck
Il
sole era alto nel cielo quel pomeriggio. Nonostante maggio fosse
cominciato da pochi giorni, faceva già un caldo terribile,
quasi insopportabile.
Leah
non sapeva assolutamente che fare. Era uscita di casa perché
non ne poteva più di stare ad ascoltare le grida dei suoi
genitori; aveva provato anche a isolarsi con le cuffie alle orecchie
e la musica a palla, ma questo non era riuscito a sovrastare quel
baccano e l'angoscia che ne era derivata.
Tremava
alla sola idea di dover rientrare prima o poi, ma quei pensieri
s'interruppero bruscamente quando udì qualcosa che subito le
scaldò l'anima: qualcuno, non tanto distante dal punto in cui
si trovava, stava suonando la batteria. Avvertì anche la
vibrazione di un basso che la accompagnava, ma la potenza dello
strumento a percussione le mise addosso un'emozione che era difficile
spiegare.
Prima
ancora di poter prendere qualsiasi decisione razionale, si era già
messa in moto, certa di voler scoprire da dove provenisse quella
musica che tanto la attirava; se avesse udito il suono lieve e soave
di un flauto, non sarebbe stata ammaliata allo stesso modo e con la
stessa intensità.
Fu
quando raggiunse un grazioso chiosco che affacciava su una stretta
strada del centro storico, che scoprì di chi si trattava: un
gruppo di ragazzi sembrava nel bel mezzo delle prove, le note di
aggressiva e meravigliosa musica rock fuoriuscivano dagli
amplificatori.
Leah
cercò subito con lo sguardo il batterista della band e
incrociò per un breve istante gli occhi neri di un ragazzo:
doveva avere al massimo trent'anni, sedeva un po' ingobbito dietro il
suo strumento e pareva essere parecchio alto. I capelli corvini gli
ricadevano scombinati intorno al viso dai lineamenti marcati e
ricoperto da una barbetta incolta. Sembrava sapere il fatto suo,
tutto in lui trasudava sicurezza.
Leah
distolse frettolosamente lo sguardo, posandolo distrattamente sugli
altri componenti della band: c'erano altri due ragazzi più
giovani del batterista che imbracciavano una chitarra a testa, e una
ragazza dall'aria strafottente teneva con sicurezza tra le mani un
basso, apprestandosi a parlare al microfono che stava di fronte a
lei, sorretto dall'asta.
«Ragazzi,
muoviamo il culo. Stanotte ci aspetta un'esibizione incredibile,
dobbiamo spaccare tutto» esordì la cantante e bassista
con una bella voce dal timbro caldo e graffiante.
Leah
sussultò quando si rese conto che uno dei musicisti si era
accorto della sua presenza; infatti, uno dei chitarristi si era
voltato nella sua direzione e le sorrideva con fare enigmatico.
«Scusate,
me ne vado subito!» sbottò, facendo un passo indietro.
«Macché.
Ci serve qualcuno che ci dica come si sente l'audio, oggi il nostro
tecnico ci ha piantato in asso per spassarsela con la sua nuova
ragazza» rispose il chitarrista, facendole cenno di
avvicinarsi.
Leah
rimase sorpresa, tuttavia camminò con passo spedito verso di
lui e gli tese la mano.
«Sono
Leah, piacere. Pensi che sia saggio chiedere a una perfetta
sconosciuta di ascoltare e giudicare il soundcheck?»
domandò perplessa.
«A
mali estremi... io sono Jared, la nostra cantante si chiama Lilith e
loro sono Josh e Roland» spiegò Jared, indicando l'altro
chitarrista e infine il batterista.
Leah
strinse la mano a tutti, avvertendo lo sguardo indagatore di Lilith
su di sé. Quando la raggiunse, le sorrise lanciandole
un'occhiata interrogativa.
«Non
perdiamo tempo» borbottò Lilith, sistemandosi
frettolosamente i capelli e legandoli in una coda di cavallo. Erano
di un bel castano con riflessi ramati, facevano decisamente a pugni
con la sua personalità eccentrica e forte.
«Stasera
dovete suonare?»
«Sì,
dolcezza. Proprio qui, in questo chiosco. Sei invitata ovviamente»
replicò Jared facendole l'occhiolino.
«Quando
la smetterai di fare il cascamorto?» lo rimbeccò Lilith
spazientita.
«Amo
solo te, creatura infernale, non temere!» la canzonò lui
di rimando.
«Andiamo
avanti?» li incitò Josh esasperato, strimpellando
qualche accordo con la sua chitarra.
Così
i ragazzi cominciarono a provare e Leah si ritrovò a dar loro
consigli con estrema disinvoltura, come se non avesse fatto altro in
vita sua; la musica era sempre stata una delle sue più grandi
passioni, tuttavia si era sempre limitata ad ascoltarla e a cogliere
ogni sua sfaccettatura, lasciandosi emozionare dai suoni e le voci di
altre persone.
Dopo
un po' tutto parve a posto, era come se la band avesse trovato un
perfetto equilibrio e la ragazza si ritrovò ad applaudire con
entusiasmo.
«Grazie
mille!» esclamò Jared, abbandonando la chitarra per poi
avvicinarsi a lei.
«Grazie
a voi.»
«Allora
stasera ci sarai?» indagò lui con gli occhi nocciola che
brillavano alla luce del pomeriggio inoltrato; Leah notò che
era molto carino, portava i capelli lunghi legati in un codino basso
e il viso magro e spigoloso metteva in risalto due grandi occhi molto
espressivi. Le labbra sottili erano sempre atteggiate a un sorriso e
la carnagione leggermente olivastra gli conferiva un'aria vagamente
esotica, accattivante.
«Vedremo»
rispose Leah rimanendo sul vago. Non avrebbe promesso niente a Jared,
perché non voleva dargli l'impressione che provasse un qualche
interesse per lui, anche se stava considerando quella proposta perché
non poteva sopportare di stare chiusa in casa anche quella sera e
perché quel gruppo, la loro musica e la loro energia le
piacevano un sacco.
«Be',
non mancare» tagliò corto Jared, strizzandole ancora una
volta l'occhio.
Quando
Leah stava per lasciare il chiosco, avvertì lo sguardo di
qualcuno addosso e si voltò per capire chi la stesse fissando
in maniera tanto insistente.
Immaginò
che si trattasse di Jared, ma poi incrociò per un istante gli
occhi neri del batterista e il suo cuore fece una bizzarra capriola
nel petto; lui distolse immediatamente gli occhi dai suoi e li posò
su Josh che intanto aveva preso a parlargli.
Leah
rimase turbata dal comportamento di Roland, tuttavia si costrinse ad
andarsene e a non pensarci troppo.
Mentre
passeggiava per le vie semi deserte della città, dirigendosi
verso il centro alla ricerca di un posto tranquillo dove mangiare
qualcosa per cena, si disse che quella era stata una bella
esperienza: quei ragazzi avevano del talento, erano simpatici e
avrebbero potuto fare grandi cose.
Non
sapeva ancora se si sarebbe davvero presentata al loro concerto.
Forse sarebbe stato meglio conservare quel bel momento e lasciare che
la sua vita proseguisse come al solito. Non era una ragazza che amava
particolarmente fare nuove amicizie, aveva un carattere riservato e
temeva di entrare troppo in confidenza con il resto del mondo. Farsi
dei nuovi amici avrebbe significato sicuramente dover raccontare i
suoi problemi in famiglia, portare allo scoperto la sua sofferenza e,
soprattutto, doversi fidare di qualcuno.
Leah
non riusciva a fidarsi di nessuno, non ne era mai stata realmente in
grado; nutriva seri dubbi sul genere umano perché sapeva come
sarebbe finita: bastava pensare al dolore che si respirava dentro
casa sua per capire quanto detestasse creare dei legami solidi con il
prossimo.
Era
combattuta perché non avrebbe voluto perdersi l'esibizione dei
ragazzi che aveva aiutato con il soundcheck; la musica era una
delle ragioni per cui continuava a vivere e sorridere nonostante
tutto, un concerto sarebbe stato proprio l'ideale per scacciare i
demoni che infestavano la sua esistenza.
Non
sapeva cosa fare e continuò a rifletterci per un bel po',
sapendo che sarebbe stato meglio lasciare l'incontro di quel
pomeriggio come un evento isolato.
Come
era sempre successo e sempre succedeva nella sua vita, fatta di
soffocanti e invincibili tenebre, intervallate soltanto da pochi e
indispensabili momenti di luce.
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