H50-Sonny4
Quattro
Ci vogliono due ore e quarantatré minuti prima che i medici gli permettano di vedere Alyssa.
«L’intervento
è andato bene» gli spiega Max sottovoce «Avrà
qualche difficoltà a muovere la spalla all’inizio, ma con
un po’ di fisioterapia tornerà come nuova.» Joe
annuisce osservando le ombre blu intorno agli occhi chiusi di Alyssa,
il biancore esangue del viso e i mille minuscoli tagli rossi che dalle
mani le risalgono le braccia e il collo. Ha visto di peggio nei suoi
trent’anni di servizio, ha visto uomini e donne spezzati,
dilaniati, sfigurati… eppure niente gli sembra più
spaventoso degli occhi chiusi di Alyssa.
«Starà bene?»
«La signorina Crown
starà benissimo. Certo, per il futuro le consiglierei di mettere
su qualche chilo, è un po’ sottopeso. Segue delle diete
estreme per caso?» A Joe quasi viene da ridere.
«No. No, lei è
solo molto distratta. Si dimentica sempre di fare la spesa»
mormora posandole una mano sulla fronte liscia «Ma ora me ne
occuperò io.» Max si tira su gli occhiali sul naso e
annuisce pensieroso.
«L’effetto
dell’anestesia la farà dormire ancora per un
po’» dice «E lei mi sembra molto provato.
Perché non ne approfitta per riposare, maggiore? Rimarrò
io con la signorina.» Joe sorride e scuote la testa. Gli piace il
giovane dottor Bergman, dietro le lenti appannate dei suoi occhialini
da scienziato c’è la calma vigile di un uomo che non si
lascia prendere dal panico.
«Grazie Max, ma è il mio posto questo.» E non lo lascerò, non stavolta.
Si siede sulla poltroncina accanto al letto di Alyssa e le prende la
mano: è talmente piccola che scompare nella sua. Ora basta
giocare ai vicini di casa, basta fare finta. È il momento di
parlare chiaro, di dirle chi è e che di lui può fidarsi
– che deve fidarsi! Non importa se lo odierà, se lo
insulterà, se gli dirà di non poterlo perdonare, non
importa. Avrebbe potuto perderla oggi. Non può lasciare che
accada di nuovo. «E Max, più tardi vorrei parlare con te,
se non ti dispiace. Devo chiederti un favore.»
*
Danny sfoglia il suo taccuino sottolineando qualcosa con rapidi tratti di penna.
«Lo sai che hanno
inventato i tablet, vero?» lo punzecchia Steve, ma Danny non gli
concede che uno sbuffo infastidito.
«Ho interrogato la
proprietaria della caffetteria, la deliziosa signora Ahulani Keaulana,
cinquantasette anni.» Gli indica con un cenno del capo una donna
con lunghi e vaporosi capelli neri che se ne sta seduta immobile,
seduta su un lettino con le mani intrecciate in grembo. Accanto a lei
c’è una ragazza, una giovane donna che le somiglia come
una goccia d’acqua e che le stringe le mani. «Quella
è la figlia, Arona» spiega Danny «Oggi avrebbe
cominciato il suo turno in caffetteria alle quattro del
pomeriggio.»
«Hanno saputo dirti niente? Quei tipi si erano già fatti vedere in giro?»
«No, e neanche i clienti abituali li hanno riconosciuti.»
«Clienti abituali» grugnisce Lou raggiungendoli nel corridoio dell’ospedale «Clienti abituali che abitualmente si svegliano all’alba. Che razza di mondo…»
«Le prime ore del
mattino sono l’ideale per cavalcare le onde» fa notare
Steve stringendosi nelle spalle «E il sole che sorge sul mare
è uno spettacolo grandioso. Dico davvero. Forse tu e Danny una
di queste mattine potreste…»
«Che c’entro io? Perché cavolo mi tiri sempre in ballo?»
«Che c’è? Lo dico per te. Pigro come sei non l’avrai mai visto il sole che sorge.»
«Ma cosa
c’entra?» sbotta Danny agitando le mani «Stiamo
provando a risolvere un caso qui, e tu mi combini appuntamenti
all’alba! E poi chi accompagna a scuola mia figlia? Che cavolo ti
passa per il cervello?»
«Mi preoccupo per te!
Vedere il sole che sorge è un’esperienza che va fatta
nella vita. Ti lamenti sempre che sono un partner disattento, per una
volta che…»
«Finitela, tutti e
due» interviene Lou alzando gli occhi al cielo «Queste
scenette da coppia sposata sono imbarazzanti. Vogliamo tornare al
nostro caso?» Steve deve fare appello a tutta la sua forza di
volontà per non replicare. Serra la mascella nello sforzo di
tenere la bocca chiusa e fa cenno a Danny di proseguire.
«Sì,
allora» comincia il collega schiarendosi la voce «La
signora Ahulani dice che era la prima volta che quei ragazzi si
facevano vedere. Avevano le tavole da surf e due borse da palestra,
sembravano tranquilli. Poi la cameriera gli ha portato il caffè
e…»
«Come si chiama la cameriera?» chiede Steve, che ha ancora sul braccio i segni delle unghie di Joe. C’è qualcuno a cui tengo lì dentro, gli aveva detto, vengo con te.
«Alyssa» legge
ad alta voce Danny «Alyssa Crown, trent’anni. Lavora con la
signora da quando ne aveva sedici.» Alyssa. Steve ricorda di aver sentito Joe gridare quel nome una volta dentro al locale.
«Quando il ragazzo ha
puntato la pistola contro di lei, Alyssa si è messa in
mezzo» continua Danny «Ahulani vorrebbe sapere come sta.
Sappiamo se è uscita dalla sala operatoria?» Lou annuisce.
«È andato
tutto bene. L’hanno portata nella sua stanza dieci minuti
fa.» Poi guarda Steve e aggiunge: «Il tuo amico Joe
è con lei.» C’è qualcuno a cui tengo lì dentro. Steve serra la mascella. Non avrebbe dovuto permettergli di entrare con loro: era coinvolto, era pericoloso, era…
«Ecco, a proposito di
Joe» comincia Danny grattandosi la testa bionda «La signora
Ahulani è stata piuttosto sorpresa di scoprire che il vicino di
casa di Alyssa, il signor Joe Ford, lavora per la polizia. Stando a
quello che le ha detto Alyssa dovrebbe lavorare nel campo
dell’import export.»
*
Due piatti, due bicchieri, due forchette e due coltelli.
«Non
ci manca qualcosa?» chiede. Lo fa sottovoce perché sente
che quella è una domanda che non dovrebbe fare.
La mamma le riempie il piatto di patatine fritte e dà un’occhiata veloce alla tavola.
«Il
pane?» prova, e quando Alyssa la fissa senza dire né
sì né no prova di nuovo: «Vuoi una bibita?»
Alyssa scuote la testa.
«Allora cos’è che ti manca stella marina?»
«Non
dovremmo… non dovremmo essere in tre?» dice tutto
d’un fiato «A casa di Emily sono in tre. Emily, la mamma di
Emily e il suo…» papà. Non lo dice, non ha il coraggio se la mamma la guarda.
«Anche tu hai un papà, stella marina» si sente rispondere con un sospiro affaticato.
«E dov’è?» Silenzio. «Mamma?»
«Lui
è… è un marinaio. È su una nave,
chissà dove sull’oceano, a fare qualcosa di eroico.»
«E non torna a casa?» domanda Alyssa con la voce che trema.
«Alyssa!»
«Perché non torna?»
«Alyssa, non agitarti, è solo un sogno! Alyssa!»
Ci sono delle mani intorno al suo viso, mani grandi e calde che le asciugano le lacrime.
«Mamma?» prova a chiamare, ma quello che le esce di bocca somiglia più a un rantolo rauco.
«Alyssa, sono io. Sono Joe.»
«Joe?» E la mamma? Dov’è la mamma?
«Non aver paura
tesoro, va tutto bene. Sei in ospedale, ti hanno operato per toglierti
il proiettile ed è andato tutto benissimo, hai capito? Non
piangere, va tutto bene.» I ragazzi, ricorda all’improvviso
Alyssa, la caraffa che si rompe in tanti piccoli pezzi, le pistole,
Ahulani che grida…
«Ahulani? Come sta Ahulani?»
«Sta bene. Stanno tutti bene, calmati.»
…lo sparo, la spalla
che brucia e Joe. Joe con la pistola in pugno, Joe che le tende la mano
e le dice che è al sicuro, che si occuperà lui di tutto.
«Perché eri
lì, Joe?» chiede «Perché avevi una
pistola?» Joe le sorride ma non le risponde. «Sembravi un
altro» mormora allora lei sforzandosi di scacciare il torpore
dell’anestesia e di mettere a fuoco il suo viso. «Sembravi
qualcuno che non conosco.» Lui le stringe la mano.
«Non avrei mai
lasciato che ti facessero del male» le dice e Alyssa sente le
lacrime pizzicarle agli angoli degli occhi.
«Mi dispiace» mormora «Mi dispiace tanto.» Joe le accarezza le guance con il dorso della mano.
«Perché?»
chiede sorridendole come se avesse detto qualcosa di buffo «Non
è stata colpa tua. Anzi sei stata bravissima, la tua amica
è viva grazie a te.»
«No, non è
come pensi, non… mi dispiace! Tu sei venuto a salvarmi e
io… io invece volevo solo…»
«Cosa volevi?» Morire.
Alyssa non riesce a dirlo. Ce l’ha sulle labbra ma non riesce a
dirlo. È talmente orribile che non riesce a dirlo.
«È che…
che mia madre è morta sola» balbetta «Io non
c’ero, lei era in ospedale e io non c’ero. È morta
sola, capisci? Avrà avuto tanta di quella paura…»
«Alyssa» prova a dire Joe.
«Era malata, molto malata, ma mi amava, ti giuro che mi amava anche se ha cercato di…» uccidermi.
«Alyssa» prova
ancora Joe cercando di calmarla, ma Alyssa non può fermarsi:
«Lo ha fatto per me. Non era cattiva ma sapeva che anch’io
mi sarei ammalata e che sarei stata sola perché non c’era
nessun altro, la mia famiglia era lei, capisci? Mio padre…»
«Alyssa, ti prego.»
«…so solo che
era un marinaio o qualcosa del genere. È come nella canzone di
Sonny, Joe, i marinai non tornano mai a ca—»
«Alyssa» Joe
mette fine al suo fiume di parole posandole una mano sulla bocca.
È chino su di lei, la guarda, e ad Alyssa i suoi occhi non sono
mai sembrati così azzurri. «Parleremo, te lo
prometto» le dice «Anch’io ho delle cose da dirti. Ma
non ora. Ora devi solo pensare a riposare, d’accordo?»
È un ordine, non una domanda, e la mano di Joe rimane sulla sua
bocca finché lei non annuisce, poi scivola sulla sua guancia con
una carezza ruvida e le scosta i capelli dal viso. Perché sei così buono con me? Vorrebbe
chiedergli lei, ma Joe le ha detto – ordinato – di tacere e
allora rimane in silenzio. È stanca in effetti, tanto stanca, e
sente la testa girare. Chiude gli occhi e rivede i tre ragazzi seduti
al tavolo: erano tre ragazzi come tanti, giovani, con l’aria un
po’ spaccona dei surfisti dilettanti, e poi, con le pistole in
mano, sembravano più spaventati che cattivi. Che ne era stato di
loro, li avevano arrestati? Non riesce a ricordarlo. Guarda Joe,
vorrebbe poterlo chiedere a lui. C’era stato uno sparo, questo lo
ricorda, e poi ricorda un suono, come di un sacco che si affloscia. Il
ragazzo con il pizzetto disegnato è stato colpito? Prima il suo
braccio le serrava la gola e l’attimo dopo…
Bussano alla porta. Alyssa apre gli occhi: il poliziotto con il ciuffo di capelli biondi fa capolino nella stanza.
«Salve signorina Crown, come si sente?»
«Bene, grazie»
risponde lei sentendosi andare a fuoco la faccia per l’imbarazzo
di stare a letto davanti a qualcuno che non conosce.
«Sono il detective Williams, della Five - 0.»
«Non è il
momento delle domande» interviene Joe brusco «La signorina
Crown deve riposare.» Anche stavolta le sue parole suonano come
un ordine ma il detective non sembra farci caso.
«Sì, beh, lo
capisco. Ma non è mia intenzione affaticarla signorina
Crown» dice rivolgendosi ostinatamente a lei «Ho solo poche
domande, lo prometto.»
«Non sei obbligata Alyssa.»
«No, non lo
è» concorda il detective inclinando su un lato la testa
bionda «Ma ci sarebbe di grandissimo aiuto se...»
«Le hanno sparato!»
«Joe» Alyssa si
puntella sul gomito sano e prova a sollevarsi «Non è un
problema Joe, sto bene, davvero.» Sul viso del detective si apre
un sorriso di trionfo.
«Sentito?» chiede a Joe «Perché non esci a fare due passi?»
*
Steve lo aspetta fuori
dalla porta, con le braccia incrociate sul petto e la faccia di uno che
aspetta solo di avere una buona scusa per colpire.
«C’è qualcosa che devi dirmi Joe?»
«Fai in modo che il tuo collega ci vada piano con quella ragazza.»
«Tutto qui?»
Joe lo supera. Non si metterà a litigare, non nel corridoio di
un ospedale e non con Alyssa così vicina. «Joe?»
«So di doverti delle spiegazioni…»
«Eccome se me le devi!»
«…ma ora non posso dartele.» Steve lo afferra per un braccio e lo costringe a voltarsi nella sua direzione.
«Hai sparato in testa a un uomo» gli dice tra i denti.
«Era fuori controllo, l’ostaggio era in pericolo. L’avresti fatto anche tu.»
«Certo che l’avrei fatto! Ma dovevo farlo io, o quanto meno a dare l’ordine.»
«Il risultato non cambia.»
«Joe!» Steve si
trattiene a stento dal gridare. «Ti sei precipitato sulla scena
del crimine, hai insistito per entrare con noi, hai chiamato
l’ostaggio per nome e hai sparato senza pensarci due volte!»
«Tu avresti agito diversamente?» chiede Joe guardandolo dritto negli occhi.
«Non è questo il punto.»
«E allora qual è?» Steve si passa una mano sulla faccia.
«Il punto è
Joe che non ti lascerò andare finché non mi dirai chi
è quella ragazza e perché ti conosce come Joe Ford.»
E
siamo finalmente arrivati al quarto capitolo! Quattro capitoli e
neanche una recensione. Non riesco a capire se è Joe che non vi
piace oppure la storia in sè : ( Forse è un po' troppo sdolcinata?
Da qui in poi Steve e Danny saranno un po' più presenti - Steve
soprattutto, dato il suo legame con Joe. Purtroppo però ci
sarà da aspettare un po': sto per partire e non avrò
computer e connessione a internet, perciò... aspettateci!
Intanto, per ingannare l'attesa, vi lascio il link alla canzone a cui è ispirata la storia: potete ascoltare Sonny's dream cantata da Ron Hynes qui, oppure la dolcissima cover di Hayley Westenra qui. Fatelo, perchè ne vale la pena!
E niente, se durante la mia assenza vi scappa di scrivermi una recensione... : )
Un abbraccio,
tartaruga
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