"Niente
è più lo stesso da quando ci sei tu."
Lo dico guardandolo negli occhi, sorrido, mi fissa sorpreso e
spaventato.
“Non
volevo un altro fratello, i nostri genitori già avevano
faticato ad essere presenti con me, pensavo che avrebbero fatto un
disastro con un altro. Io sono stato cresciuto dalla nonna, ma lei è
morta l'anno scorso.” Gli spiego, invitandolo a sedersi con me
sul marmo della finestra, ci sono le inferriate, non rischia di
cadere.
“Non
affiderei a papà un cane, figurarsi un bambino.” Rido
all'espressione del mio fratellino.
“Quando
sono venuto con la zia a prendervi all'aeroporto ho pensato che
sarebbe stato un disastro. Non erano tornati solo con il piccolo di
due anni che avevo visto nelle tante foto dell'agenzia. Loro avevano
anche te, sette anni, lo sguardo terrorizzato e il corpo talmente
magro da far male.” Gli passo un braccio sopra le spalle, come
al solito si irrigidisce qualche secondo, ma poi mi si appoggia
contro. Guardiamo la strada, alcune macchine suonano ad un ragazzo
che attraversa fuori dalle strisce.
“I
primi giorni a casa sono effettivamente stati un disastro. Mamma che
si disperava insieme al piccolo Rafael invece di cercare di capire
cosa avesse e tu, che te ne stavi rintanato in camera, solo e quasi
muto. Ho messo un giorno intero solo per farmi dire il tuo nome.”
Rido divertito. Allora mi ero offeso, non sapevo cosa aveva passato
il mio povero fratellino.
“Poi,
finalmente, la zia ha deciso di salvarci tutti e ci ha portato via da
quella matta che abbiamo per madre. Ricordi la gelateria? Rafael
aveva fatto un disastro con il suo gelato, quando lo sgridai tu mi
dicesti di punire te al posto suo, che lui era ancora piccolo. Poi mi
tendesti le mani, per la punizione. Per la prima volta ho pensato che
ti avessero picchiato tanto, per questo eri spaventato.”
Sospiro mentre lui mi accarezza la mano.
“Mi
dicesti che non ci avresti mai picchiato. Che i bambini non si
picchiano, mai.”
“Quella
è stata la prima volta in cui mi hai guardato sorpreso invece
che spaventato.” Gli do un bacino sulla testa.
“Te
lo ripeto: niente è più lo stesso da quando sei qui con
noi.” Sorrido quando alza i suoi enormi occhioni scuri verso di
me.
“Le
cose sono molto meglio ora. Son passati tre un anni da quando sei
diventato mio fratellino. Papà ci ha anche portato anche a
fare delle gite. Mamma ha ancora le crisi se Rafael piange troppo, ma
almeno ora lui parla e le dice cosa non va.” Lo stringo a me.
“Io
tra pochi giorni andrò via, al capus. Voglio che ti ricordi
sempre che puoi telefonarmi e mandarmi messaggi ogni volta che vuoi.
Io per te ci sarò sempre.” Guardiamo assieme il sole che
sale nel cielo, devo ancora finire di fare le valige, ma possono
aspettare, il mio fratellino ha bisogno di sapere che io, per lui, ci
sarò sempre.
“Ho
capito cosa ha spinto mamma e papà a prenderti con loro e ne
sono felice. Ti amo fratellino.” Lui mi stringe la maglia,
piange. Nella sua breve vita nessuno gli aveva mai detto di amarlo,
prima di me, era stato cresciuto con l'odio. Papà l'aveva
visto mentre attraversavano una terra di nessuno, al confine di non
ricordo più quale paese, era con un gruppo di altri bambini,
seduto sul limitare della strada. Era il più piccolo e magro
del gruppetto, con un fucile in spalla e lo sguardo terrorizzato. Con
la scusa di fare delle foto mamma aveva dato delle arance a quei
piccoli dispersi, ho salvato sul mio pc alcuni di quegli scatti, per
non dimenticare mai. Uno dei soldati adulti aveva offerto il piccolo
agli uomini del convoglio in cambio di soldi. Ho il terrore di sapere
quanti turisti abbiano accettato prima che papà offrisse più
soldi per portarselo via. Documenti di identità falsi,
permessi falsi, tutto falso per il mio piccolo fratellino. Solo una
cosa era vera, prima di fare i documenti papà gli aveva
chiesto il nome. Gabriel... mamma era scoppiata a piangere, io sono
Michael, noi tre siamo gli arcangeli che tanto le piace dipingere.
Aranzos
in bucca a sos pitzinnos
a
sa muda in sa rena setzidos
Fusileddos
in sa pala.
Pedras
in sa bertula.
Issos
cherent una terra.
pitzinnos
in sa gherra
“Arance
in bocca ai bambini in
silenzio nella strada, seduti fucilini
in spalla, pietre
nella bisaccia, loro
vogliono una terra: bambini
nella guerra. “
Partecipa
al 'gioco estivo del giardino di Efp' i prompt richiesti erano:
"Niente
è più lo stesso da quando ci sei tu."; Immagine:
n. 30; Canzone: Una canzone che nomini le arance.
(L'immagine 30 è quella della copertina ^.^ che ad aggiungerla
sotto non sono capace :P)
Spero
vi sia piaciuta <3
A
presto
Veleno
Ps:
Traduzione delle parole dell'immagine:
Il
destino nelle stelle
(scenda
sopra ai bambini) sta
dormendo a pancia all'aria
(un
altro cielo per lenzuolo)
|