Unraveling the world

di Coffy_taco_tuesday
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Ormai era abituato a viaggiare. Non si riusciva a stare per più di un mese in uno stesso posto, bisognava subito ripartire. Era questa la vita di Nathan: continui trasferimenti e solo il suo portatile con cui poter distrarsi tramite qualche videogioco. Tempo prima aveva avuto interi scaffali pieni di videogiochi di qualsiasi tipo, ma ora non era più così. Tutto era cambiato nel giro di poche ore, a partire da quel giorno.

Già all'epoca del suo primo spostamento non capiva cosa stesse succedendo e nemmeno perché dovesse abbandonare casa, i suoi genitori non gli diedero nessuna spiegazione. L'unica cosa che capì fu che non sarebbe mai più ritornato in quel luogo che solitamente chiamava casa. Intuì non sarebbe nemmeno più andato alla sua solita scuola. Su quest'ultima non fu troppo dispiaciuto: non gli dispiaceva studiare, ma essa era popolata da persone a suo parere spregevoli. Era sempre stato abituato ad assistere ad ogni scena da un angolo della classe: vedeva amori e amicizie sbocciare tra due persone, andava sempre a finire che una delle due pugnalasse alle spalle l'altra, che una parlasse male alle spalle... insomma, tutte doppie facce. Non si era mai fidato veramente di qualcuno e mai lo avrebbe fatto, non era uno stupido, non si sarebbe lasciato abbindolare dal primo che capitava.

Erano passati quattro anni da quell'avvenimento, dalla sua partenza, e ormai cresciuto aveva capito la situazione in cui stava vivendo e aveva capito perché suo padre, quel giorno, lo aveva con forza strappato dal computer fisso per gettarlo in macchina e portarlo via il più distante possibile, assieme alla moglie. Ricordava le prime settimane: praticamente avevano vissuto in piccole osterie e Bed&Breakfast in quei primi momenti, per il resto stavano sempre in macchina, il padre che guidava a folle velocità, come se stesse fuggendo da qualcosa. Ed era così.

Da sempre suo padre era stato un vigliacco, fuggiva sempre dalle situazioni che gli sarebbero state dannose e non si faceva mai carico di nessuna responsabilità, era una persona debole. Non voleva avere a che fare con nessun problema, era un Don Abbondio, si può dire.

Lui non aveva voluto arruolarsi come soldato, non aveva voluto proteggere il suo paese e non voleva che nemmeno il figlio lo facesse. La morte gli incuteva troppo timore, fuggiva di fronte ad essa, senza nemmeno pensare a chi veniva ferito a causa del suo comportamento. Era egoista, da questo punto di vista, gli importava solo della sua vita. Era una persona vuota, agli occhi di Nathan, il suo corpo era un involucro vuoto privo di qualsiasi valore morale. Nathan ci avrebbe scommesso, se suo padre si fosse ritrovato con le spalle al muro avrebbe rinunciato senza problemi a lui e a sua madre. E lei, come aveva potuto innamorarsi di tale persona? Certo, il marito stava cercando di trarre lei e il figlio in salvo, ma tutti questi spostamenti da un paese all'altro, sempre più distante, avrebbero mai avuto fine? Lui li avrebbe protetti a qualsiasi costo? No, lui stava facendo ciò che stava facendo solo per far la figura del buon padre agli occhi degli altri. Se fosse stato per lui li avrebbe benissimo lasciati a casa e sarebbe partito di nascosto per salvarsi le penne.

E mentre la Terza Guerra Mondiale raggiungeva l'apice della sua distruzione e il confine del loro stato continuava a indietreggiare, loro fuggivano, di paese in paese, allontanandosi da quel caos per trovare un luogo in cui vivere più serenamente. Ma questo era impossibile, era solo un'illusione del padre, non è possibile fuggire dai propri problemi e pensare che in questo modo essi si risolvano da soli. Nathan era stufo di questa situazione, voleva fare dietrofront e andare incontro al problema e affrontarlo, faccia a faccia, non importa cosa, ma non osava far sentire la sua voce e ribellarsi al volere del padre e della madre. Gli adulti, mentre continuavano a scappare, lo avrebbero sicuramente zittito con un "Non essere stupido, ci tieni alla tua vita o no?".





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