Buongiorno a tutti! :)
Ecco qui una piccola one-shot che non ho potuto evitare di scrivere
dopo aver visto la 4x21.
(Piccola confessione: stavo annegando nelle mie stesse lacrime, ad un
certo punto).
I fatti sono descritti solamente dal punto di vista di Danny (si
è capito che è la luce dei miei occhi, vero?) e
sono collegati alle precedenti storie raccolte nella serie "Hidden
track", ma non c'è nessun obbligo di lettura
(però se avete cinque minuti e vi va, ne sarei felice ^-^).
Come al solito spero che non sia una cavolata mostruosa e che i
personaggi siano IC.
Disclaimer: I personaggi
non mi appartengono e questa storia non è scritta a scopo di
lucro.
Ah, sulla mia
pagina facebook trovate una
piccola locandina creata per questa OS :)
Grazie a tutti per il vostro tempo, vi auguro buona lettura!
Vostra,
_Pulse_
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I DECIDED TO SPARE YOU
Vedere Steve conciato così per le feste, con il volto
insanguinato e pieno di lividi, l'occhio sinistro tumefatto per via dei
colpi ricevuti, era stato semplicemente straziante.
Non l'aveva lasciato solo un attimo da quando era arrivato alla base e
l'avevano trasportato nell'infermeria militare per prestargli le prime
cure.
Si era fatto odiare dal personale medico, perché in un modo
o nell'altro se lo ritrovavano sempre in mezzo ai piedi, e quando
finalmente l'avevano stabilizzato era rimasto al suo fianco a vegliare
su di lui, ascoltando il suo respiro rantolante e i suoi lamenti nel
sonno, senza poter fare nulla per tranquillizzarlo.
A causa di tutti i marines che andavano e venivano, Danny non aveva
potuto accarezzarlo né parlargli in tutta franchezza,
dicendogli che era stato un idiota a volersi imbarcare in una missione
del genere per amore di Catherine. Non l'aveva mai odiata
così tanto come allora.
Quando Steve aveva finalmente ripreso i sensi, non c'era stato molto
tempo per i rimproveri – tanto non sarebbe riuscito comunque
a risultare convincente, preoccupato com'era –
perché due ufficiali avevano minacciato il SEAL di sbatterlo
in una prigione militare se avesse agito di testa sua ancora una volta.
Ma la cosa più bella era stata l'ostinazione di Steve: aveva
solo fatto finta di ascoltare quello che avevano detto, come se avesse
subìto dei danni anche all'apparato uditivo, e una volta
andati via aveva cercato di scendere dal letto, affermando che doveva
trovare Catherine. Dire che se le andava a cercare era poco.
In qualche modo Danny era riuscito a farlo ragionare, inaspettatamente.
Forse non era merito delle sue doti di persuasione, forse Steve aveva
semplicemente ceduto perché troppo stanco per fare qualsiasi
cosa, persino per discutere.
Quindi l'aveva ringraziato di essere lì al suo fianco, di
aver fatto tutta quella strada per lui, e il detective avrebbe voluto
rispondergli che non c'era niente che non avrebbe fatto per lui,
assolutamente niente, ma gli sguardi severi dei due marines che avevano
ricevuto l'ordine di tenerli d'occhio l'avevano fatto desistere.
Ora era ancora lì, fermo su quello sgabello scomodo come
poche cose al mondo, a guardare il profilo di Steve, di nuovo assopito,
con l'urgenza e il bisogno quasi fisico di toccarlo. Si
avvicinò e senza farsi notare dai mastini da guardia
infilò la mano in quella del comandante, abbandonata sopra
la coperta e col palmo rivolto verso l'alto. La strinse forte e
chinò il capo, sentendo finalmente le lacrime pizzicargli
gli occhi. Era stato così preso dagli eventi da non riuscire
nemmeno a rendersi conto del reale pericolo che Steve aveva corso.
Mentre lui dormiva, aveva sentito alcuni membri della squadra che
l'aveva salvato raccontare ad altri colleghi di come l'avevano trovato:
rannicchiato nella polvere, in mezzo ai cadaveri crivellati di colpi
dei suoi rapitori, con gli occhi colmi di paura e una scimitarra a
qualche metro da lui.
Steve aveva rischiato di essere decapitato di fronte ad una telecamera,
il cui video sarebbe stato inviato ai militari americani, o forse
addirittura caricato su Youtube, in modo che tutto il mondo vedesse
ciò di cui erano capaci i loro nemici. Ora quel video era
stato recuperato dai marines, così che gli analisti
potessero aggiornare il database dell'Esercito depennandovi i
terroristi eliminati.
Sapeva che sarebbe stato male, ma aveva bisogno di vedere quel filmato.
Aveva bisogno di vedere le facce di chi aveva ridotto in quel modo il
suo Steve, aveva bisogno di vederli morire per accertarsi che fosse
stata fatta giustizia.
Per quanto gli costasse allontanarsi da lui, doveva farlo per mettersi
il cuore in pace. Quindi si alzò e fece per lasciargli la
mano, ma Steve la strinse più forte, aprendo di scatto gli
occhi.
«Dove vai?», gli chiese, le pupille dilatata per la
paura.
«A prendere un po' d'aria. Torno subito, okay?».
Steve non rispose, come non mollò la presa sulla sua mano, e
Danny abbozzò un sorriso, chinandosi un poco verso di lui
per sussurrare: «Non ho intenzione di lasciarti solo un'altra
volta. Ormai è chiaro che senza di me riesci a malapena a
sopravvivere».
Il comandante allentò lentamente la stretta, fino a quando
non gli permise di allontanarsi. Danny gli gettò un'ultima
occhiata prima di uscire dall'infermieria, sentendo il cuore pesante
come un macigno: che cosa avrebbe fatto, se i SEAL non fossero arrivati
in tempo e avessero trovato Steve morto? Il solo pensiero era
insopportabile.
Ci volle un po', prima che riuscisse a convincere il comandante della
squadra d'azione a mostrargli il filmato fatto dai Talebani, e quando
ci riuscì non provò alcun senso di vittoria,
anzi, ebbe come la sensazione di aver appena avuto l'onore di potersi
scavare la sua stessa fossa.
Fu portato in una stanza buia e piena di computer, dietro i quali
lavoravano silenziosi ed efficienti alcuni soldati in borghese. Si
avvicinarono ad una ragazza molto più giovane di Danny e
soprattutto bellissima, tanto che si domandò come avesse
potuto decidere di finire in quel paese dilaniato dalla guerra
piuttosto che ad una festa in barca, e il comandante le chiese di
mostrare loro il video.
Fu addirittura peggio di quanto avesse immaginato e ad un certo punto
la ragazza fu costretta a cedergli la propria sedia per paura che
avesse un mancamento.
La scimitarra a pochi centimetri dalla gola di Steve, il suo ultimo
tentativo di liberarsi, il suo urlo disperato, il sangue che gli colava
dal viso insieme alle lacrime, il modo in cui si era protetto la testa
e si era accovacciato a terra quando i buoni avevano fatto irruzione
per salvarlo... Era stato troppo, decisamente troppo.
«Sta bene, detective Williams?», gli chiese il
militare, posandogli una mano sulla spalla.
Danny si massaggiò gli occhi bagnati ed annuì
piano, poi si alzò, sperando che le gambe lo reggessero. Fu
così e prima di andasene ringraziò il comandante
per aver esaudito il desiderio di un uomo distrutto.
Tentò di calmarsi prima di raggiungere Steve, ma non dovette
riuscirci molto bene, visto che il partner trasalì quando lo
vide entrare in infermeria con il viso ancora irritato dalle lacrime e
le spalle contratte per rendere meno evidente il tremore di cui non
riusciva a liberarsi.
«Sei stato via un'eternità, che cosa ti
è successo?», gli chiese preoccupato, sforzandosi
per tirarsi su seduto.
Danny lo raggiunse e gli mise le mani sulle spalle per farlo stendere
nuovamente, ma ignorò le sue domande per rivolgersi ai
soldati ancora fermi dove li aveva lasciati: «Ehi, potete
voltarvi un attimo, per favore?».
I due lo guardarono come se fosse impazzito e Danny scrollò
le spalle, fregandosene, prima di chinarsi ancora di più su
Steve e prendergli il viso tra le mani per baciarlo.
Lo fece con irruenza, ben poco delicatamente, perché voleva
che anche lui provasse il dolore che lo stava lacerando. Il capo della
Five-0 non si lamentò però, non ad alta voce, e
si aggrappò alle sue spalle per approfondire il bacio. Nel
farlo una ferita sul labbro si aprì, riprendendo a
sanguinare, e questo fu il solo motivo per cui si scostarono l'uno
dall'altro.
Con la coda dell'occhio, Danny si accorse che alla fine le loro guardie
del corpo avevano deciso di concedere loro un po' di privacy, voltando
loro le spalle.
Steve lo guardò pieno di aspettative, desideroso di ricevere
una risposta per tutte le domande che gli frullavano in testa in quel
momento, ma tutto ciò che ottenne fu una sorta di
giustificazione.
«Ero indeciso se baciarti o prenderti a pugni», gli
sussurrò il detective con l'ombra di un sorriso sul volto.
«Dato che ne avevi già prese abbastanza, ho deciso
di risparmiarti».
«Come sei caritatevole», rispose con affetto,
accarezzandogli i capelli per poi attirarlo di nuovo a sé ed
abbracciarlo forte.
«Che cosa ti è successo, Danno?», gli
chiese dopo un po', sussurrando con le labbra vicinissime al suo
orecchio.
Il detective sentì nuovamente quel dolore lacerargli l'anima
e riprese a piangere col viso nascosto nell'incavo della sua spalla,
confessando: «I SEAL hanno recuperato il video dei Talebani e
l'ho visto. Ho visto tutto».
Steve gli posò dei leggeri baci sul capo e
mormorò: «Non avresti dovuto guardarlo».
«No, sei tu che non avresti dovuto metterti in un guaio del
genere. Non posso immaginare un mondo in cui tu non ci sei, non posso!
Io...».
«Shhh, lo so».
«Promettimi che non mi farai mai più una cosa del
genere. Promettimelo,
babe».
Steve costrinse Danny a sollevare il capo per poterlo guardare dritto
negli occhi. Quindi rispose: «Prometto che ci
proverò».
Il detective rimase in silenzio, soppesando le sue parole,
finché non annuì con un cenno. Allora si
alzò e si passò una mano tra i capelli,
riacquisendo il proprio autocontrollo.
«Te la senti di andare a casa? Odio questo posto».
Steve sorrise, nonostante il dolore al labbro, e gli porse una mano
perché lo aiutasse ad alzarsi. Danny l'afferrò e
la strinse, come avrebbe sempre fatto, fino alla fine dei suoi giorni.
*
Trovava stranissimo guidare la propria auto, ma non poteva essere
diversamente con Steve conciato in quel modo.
Danny l'aveva portato a casa, eppure aveva la sensazione che fosse
ancora là, in Afghanistan, lontanissimo da lui. Lo
guardò con la coda dell'occhio, trovandolo addossato
completamente al sedile e con la fronte posata contro il finestrino, lo
sguardo perso sulle strade illuminate di Honolulu.
Aprì la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa che potesse
farlo sentire meglio, ma questo avrebbe comportato seppellire tutto il
rancore che provava nei confronti di Catherine e questo non poteva
farlo. Non ancora, almeno.
Non appena aveva risposto a quella chiamata e sentito la sua voce,
disturbata ed intermittente, aveva sentito un macigno crollargli sul
petto, già consapevole che doveva essere successo qualcosa
di terribile. Per quale altro motivo Catherine avrebbe dovuto chiamarlo
nel bel mezzo di una folle missione in Afghanistan? Ciò
nonostante, venire a sapere che Steve era stato catturato dai Talebani
era stato un colpo tremendo: aveva sentito gli anni in più
che stava disperatamente cercando di conquistare seguendo i consigli
salutari di Grace scivolargli via dal corpo e i primi capelli bianchi
spuntargli nella folta chioma, ma lo shock era stato tanto da non
preoccuparsene nemmeno.
Non gli era mai piaciuto il loro piano e l'aveva detto chiaramente a
Steve, ma questo gli aveva impedito di prendere quell'aereo con
Catherine? Assolutamente no.
Danny stava scendendo le
scale - dopo l'ultima volta aveva deciso di non usare l'ascensore per
un po' - quando sentì il passo veloce di Steve alle sue
spalle. Dopodiché arrivò la sua voce, stranamente
eccitata: «Yo, Danny!».
Il detective si
fermò, fingendosi sorpreso di vederlo. «Non eri
andato via un'ora fa?».
«Sì,
ma sono tornato. Non è che mi accompagneresti
all'aeroporto?».
«Vai a trovare
tua sorella?».
«No, vado in
Afghanistan con Catherine».
Il volto di Danny perse
colore, mentre il suo stomaco si accartocciava come una pallina di
carta straccia.
Avevano appena risolto
un caso in cui aveva visto coi propri occhi cosa poteva accadere ai
soldati che mettevano piede in quei paesi devastati dalla guerra,
durante il quale aveva più volte ringraziato il Signore che
quei tempi per Steve fossero finiti... Che aveva fatto di male per
ricevere certe batoste dal destino?
«Non
è un bel posto per fare una vacanza romantica»,
riuscì a dire comunque, riprendendo a scendere le scale,
più nervosamente e velocemente di prima, anche a costo di
sentir pizzicare il fianco.
Il SEAL allora gli
spiegò della chiamata ricevuta da Catherine, delle sue
intenzioni e della sua testardaggine.
«Sotto questo
aspetto ti somiglia», esclamò, abbozzando un
sorriso.
«No, invece!
Non mi somiglia per niente!», replicò il
detective, furibondo. Si puntò entrambi gli indici sul petto
e guardandolo negli occhi concluse a bassa voce: «Io
non ti trascinerei mai in una
missione suicida, col rischio di perderti!».
Sul volto di Steve
comparve un sorriso dolce, come non gliene vedeva fare da tempo. Gli
avrebbe sciolto il cuore, se in quel momento non fosse stato
pietrificato dalla paura.
«Non mi ha mai
chiesto di andare con lei», gli disse. «Ma devo
farlo, capisci? Siamo appena riusciti a trovare un equilibrio e io
non... non posso voltarle le spalle».
Danny lo
fissò in silenzio, pensando che non poteva trattenerlo in
alcun modo: era la sua vita, poteva fare quello che voleva. In fondo
aveva scelto Catherine già una volta, il fatto che l'avesse
scelta di nuovo, decidendo di voltare le spalle a lui
, non avrebbe dovuto affliggerlo
più di tanto. Ma lo fece, e lo fece se possibile con ancora
più intensità.
«Ti
accompagno, ma non aspettarti altro da me»,
borbottò infine, vedendo solo di sfuggita il sorriso
soddisfatto di Steve.
A quanto pareva il comandante aveva preso sul serio le sue parole, per
questo si era stupito tanto quando aveva ripreso i sensi e lo aveva
visto seduto al suo capezzale. Stupido, stupido di un Navy SEAL.
Fece in tempo a parcheggiare la Camaro di fianco alla Silverado prima
che il proprio cellulare iniziasse a suonare. Pregò
perché non si trattasse di un nuovo caso - non ce l'avrebbe
fatta, né mentalmente né fisicamente - ma quando
lesse il numero sul display capì subito di chi si trattava.
«Ehi, scimmietta», rispose con un lieve sorriso
sulle labbra.
Steve, con una mano già sulla maniglia interna della
portiera, si voltò verso di lui. «È
Gracie? Salutamela».
«Ti saluta Steve», fece come gli aveva chiesto,
stringendo però forte il volante con la mano sinistra.
«Quindi sta bene», disse Catherine, tirando un
sospiro di sollievo.
«Questo è tutto da vedere».
Danny guardò il partner scendere dall'auto e recuperare con
una sola mano i suoi pochi bagagli dai sedili posteriori, poi gli fece
segno che lo avrebbe raggiunto subito. Steve scosse il capo, con un
sorriso stanco sul viso, e si girò per aprire la porta di
casa.
Una volta sparito all'interno, Danny abbandonò il capo al
poggiatesta e parlò a Catherine senza più
sotterfugi: «Spero tu sia soddisfatta. Steve è
quasi morto, Catherine. È stato torturato, minacciato di
venir sbattuto in prigione da un agente della CIA e da un'ufficiale
dell'Esercito e tutto questo perché
tu l'hai trascinato
in una missione in cui non c'entrava assolutamente nulla.
Bell'equilibrio che avete trovato!».
«Non doveva andare così, lui non doveva
venire...», farfugliò e fu per puro caso che Danny
capì quello che stava dicendo. Ciò nonostante,
incredulo, le chiese di ripetere.
«Lo so», cambiò risposta, soffocando un
singhiozzo. «Però tu l'hai portato a casa sano e
salvo, come sempre».
«Per l'amor del cielo, mi vuoi dire perché hai
chiamato me? È Steve quello preoccupato per te».
«Lo farò, non appena mi prometterai che ti
prenderai cura di lui».
«Cosa? Catherine, seriamente...».
«Ascoltami, Danny. Quello che è successo
è l'ennesima prova che è di te che ha bisogno. Io
e Steve siamo troppo simili, non potrebbe mai funzionare. Per quanto lo
ami...».
«È assurdo!», la interruppe, sentendo la
rabbia mandargli il viso in fiamme. «Hai capito?
Ciò che stai dicendo è assurdo! Lui ti
ama!».
«Può darsi, ma per ora... le nostre strade si
devono separare. Puoi promettermi che gli starai vicino,
Danny?».
Il detective si portò una mano sugli occhi e dopo un breve
attimo di esitazione rispose: «Lo farò per lui,
non per te».
«Non avevo dubbi.
Aloha,
Danny».
Avrebbe voluto risponderle di andare a farsi fottere, ma
optò per un più cortese silenzio, terminando la
conversazione con un pugno sopra la bocca e gli occhi fissi sulla porta
di casa McGarrett, in attesa.
Non dovette aspettare molto. Catherine aveva fatto in fretta a
scaricarlo, specialmente dopo tutto quello che lui aveva fatto per lei.
Steve aprì la porta di casa e Danny sentì il
proprio cuore sbriciolarsi definitivamente: non aveva mai visto i suoi
occhi così rossi a causa delle lacrime, così
pieni di dolore e tristezza. Incredibilmente però vennero
attraversati da una scintilla di vita quando trovò la Camaro
ancora lì, con Danny seduto al posto di guida.
Il detective uscì dall'auto ed appoggiandosi al tettuccio
con una mano esclamò: «Pensavi davvero che ti
avrei lasciato solo dopo tutto quello che hai passato?».
Steve riuscì in qualche modo a stiracchiare un sorriso e lo
invitò in casa con un cenno del capo.
Si sistemarono sul divano in salotto, davanti a due birre intoccate e
alla TV accesa su un documentario, e pian piano Steve cercò
il suo abbraccio, posando il capo nell'incavo della sua spalla.
Quella volta nemmeno Danny trovò parole per riempire il
silenzio e forse fu meglio così, per entrambi. Non era il
momento di parlare del loro bacio, né della scelta di
Catherine.
Si fecero bastare la vicinanza l'uno dell'altro, fino a quando non si
addormentarono su quel divano troppo stretto per entrambi, ancora
abbracciati.