Amor ch'a facil preda toglie vita

di BarbraGleekPotter
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Avante che dal sonno mi destassi, 
che non ancor palpebre avo io aperse,
già sentii calda man su me posassi, 
e subito mie teme fuor disperse.

"O Maestro" diss'io con flebil voce, 
pensandomi Virgil vérmi di fronte, 
"infernal fiamma 'l cor m'afferra e coce, 
danno delle doglie che mi fuer conte". 

"Dolce poeta" fé soave tono, 
"perdono priego pe' 'sto malinteso, 
ma parmi 'l sentir tuo non assai buono, 
'ché man di dama per man d'om hai preso".

Quale tizzon ardente 'n sulla brace, 
che di vermiglio rosso si colora, 
così fé mio volto; mia bocca tace, 
temendo altra offesa alla signora.

"Orsù, buon anima dal dir calante, 
non hai cagion di cangiarti di tono", 
e tirandomi a sé, continuò: "Dante, 
non Virgilio, non Beatrice io sono."

I' non so se fue dolcezza di pesca 
con cui parlò, chiamandomi per nome
pria ch'altra dama la bella Francesca,
ma sentii altro strale; nescio 'l come.

Amor ch'a facil preda toglie vita
una ed una volta, e poi sol morte;
Seconde fiate mostran ch'infinita
cangia di genio buona e mala sorte.

Amor che non avviso avanti porge
al colpir colui che già è dolente;
Mai pensai ver tramonto che risorge, 
che subito mie speme vidi spente.

Amor d'un bel desio 'sì mal riposto
mi prese per la donna dentro 'l foco; 
Anco Minos fu certo del suo posto:
di Paolo ell'arde nel solito loco.

"Madonna, partiti da me" le dissi, 
"volgi altrove 'l tuo parlar sí piaggiante".
Conscio ch'al dir suo gentil cuor ferissi,
e ribadì lei, mormorando "Dante...-"

"Cessa di ripeter ciò che non puoi.
Lascia ch'insù mi rechi ove m'espera
miglior dama di te". E com se vuoi
morir per insulto, cosí lei fiera.

"Creo la volpe incapace cacciatrice
distoglier suo rostro dal grappol alto
e dirlo acerbo. Io come Beatrice
dal poeta irriverente ho sguardo tolto.

Vien dunque, Paolo, ch'infer ci richiama
a scontar nostra pena addolorante.
Poscia defunti, maestri a chi ama, 
mostriam la nostra arte. Addio, Dante".

Com'onda ch'in su lo scoglio s'infrange
per poi partirsi e mai più ritrovarsi, 
tal femmo noi; al pensier, cor mi piange, 
e s'incrina 'n mille frammenti sparsi.

In quiete proseguimmo io e 'l Maestro
il viaggio nella cerchia dei dannati,
'ché sapea ei del mio desio maldestro
per colei che già paga i su' reati.

Da l'infer' all'alte stelle mil fiate
ancor pensai ad Amor e su' esca
del nome mio tre volte pronunciate
lettere giammai da Bea, ma Francesca;

Tal che quando innanzi a lei mi trovai,
vedendo immensa beltà di suo viso, 
nul riconobbi di colei che amai: 
poté più nuovo Amor che Paradiso. 





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