Portraits of modern lives

di Osage_No_Onna
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Ritratto n˚12: La barista


Uscendo da scuola alle quattro del pomeriggio almeno due volte alla settimana, quasi tutti i liceali del circondario finivano per incontrarsi sempre nello stesso luogo: un bar dalle notevoli dimensioni, quasi tutto sulle tonalità del rosso, e dalle piante di ibisco che troneggiavano, come due gendarmi, ai lati dell’ingresso principale.
Erano soprattutto ragazzi a riunirsi, anche dopo le corrispettive attività sportive, a bere cappuccini d’ inverno e granite d’ estate, oppure anche solo per sorbirsi un caffè, addentare cornetti, comprare pacchetti di chewing gum da portarsi dietro per ogni evenienza, ma anche e soprattutto per fare occhi di triglia alla barista.
Era venuta dalle Bahamas, più precisamente da Long Island, ormai quasi vent’ anni addietro, e si avviava alla trentina: era una bella mulatta dagli occhi color dell’ ambra che scintillavano maliziosi, con labbra carnose, belle curve e la camminata che pareva una danza. Anche solo quando camminava reggendo il vassoio sembrava pronta per scendere in pista e scatenarsi al ritmo di un tango.
Si mormorava che in gioventù avesse tentato la carriera di ballerina e che fosse arrivata persino a New York per affrontare uno stage che però poi non avrebbe passato. Vero era che il pallino per la danza l’aveva e talvolta si esibiva per le feste del paese o per piccole manifestazioni, ma nulla di più.
Ad ogni modo lei piaceva non solo ai ragazzi, dei quali accettava le battute maliziose con una sonora risata, ma anche a molto uomini che potevano permettersi di guardarla solo per un attimo prima di sentirsi conficcare nella carne le unghie delle mogli particolarmente gelose. La donna era motivo di pettegolezzo anche perché non era sposata né aveva intenzione di farlo; ma aveva avuto comunque varie relazioni, anche se non prettamente sentimentali… Evidentemente era troppo per certe famiglie benpensanti, che quindi si tenevano alla larga da lei.
Che di quelle voci, ad ogni modo, non si curava affatto.
La sua vita era la sua, pensava, e anche se non fosse stata capace di viverla in modo “profondo” e “stabile” era lei che decideva cosa farsene.
Aveva un libero arbitrio, in fondo, e lo voleva sfruttare come meglio credeva.  




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