Last Soul Online

di Danmel_Faust_Machieri
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Quell'anno, il 12 aprile, molti ragazzi, in tutto il mondo, si svegliarono con le stesse parole che risuonavano nella mente "È oggi".
Dal dicembre dell'anno prima era stato scelto quel giorno come release date di un nuovo VMMORPG dal nome "Last Soul Online". L'emozione era alle stelle soprattutto per il fatto che non erano mai trapelati spoiler relativi al gioco; tutto ciò che gli utenti sapevano è che sarebbe stato l'RPG definitivo: un gioco fantasy in prima persona accessibile mediante il NerveGear.
Nicolò Alderani e Claudio Renero, due studenti all'ultimo anno del liceo scientifico Galilei di Firenze, entrambi frequentanti la sezione D, non vedevano l'ora di scaricare il gioco tant'è che, appena svegli, avviarono il download; infatti questo era disponibile dalle 6:00 di quel quel giorno e avrebbe richiesto otto ore esatte; lo sviluppatore voleva infatti che tutti i giocatori accedessero simultaneamente alla rete per garantire eque possibilità all'interno di questo nuovo mondo virtuale.
Claudio Renero era un ragazzo abbastanza anonimo: altezza nella norma (circa 1.70), capelli castano-chiaro recentemente (e dolorosamente) rasati, occhi ambrati, corporatura snella con un'adorazione totale per l'arte.
Nicolò Alderani invece era poco più alto dell'amico, teneva i capelli neri di una lunghezza medio-lunga, aveva gli occhi color smeraldo coperti dalle spesse lenti degli occhiali ed era follemente innamorato della letteratura, in particolar modo di Dante e dell'ottocento italiano.
Quella mattina, in classe, non si parlò d'altro: voci tenui riempivano lentamente l'aula fin dalle ultime file, una leggera euforia scintillava negli occhi di chi già si immaginava a combattere contro chissà quali creature, ogni parola pronunciata dalla professoressa si perdeva nell'aria che sembrava attendere con i ragazzi il suono della campanella. 
Quando arrivò la ricreazione un gruppetto di 6 amici si ritrovò intorno al banco di Claudio.
"Dai, dai ragazzi! Che da oggi pomeriggio si inizia a tankeggiare allegramente con uno spadone a due mani! Chi è con me?" Gridò il padrone del banco.
"Potrà contare sulla mia alabarda, capitano!" Urlò Alessandro Leoni, un ragazzotto ben piazzato dai capelli ricci e dagli occhi azzurri.
Gli altri tre ragazzi scoppiarono a ridere. Tra loro c'era Riccardo Poggi, il migliore della classe in matematica, un ragazzo dai lunghi capelli ricci, con gli occhi marroni e qualche neo sul viso; Roberto Romeri, era il più alto del gruppo, portava degli occhiali dalla sottile montatura rossa che incorniciava gli occhi azzurri, aveva corti capelli biondi ed era tanto buono quanto impacciato.
"No, no, no ragazzi, non iniziate con questi tecnicismi! Ho deciso di giocare con voi per amicizia e basta! Quindi risparmiatemi almeno questo gergo da nerd" disse Camilla Chiari, l'ultima dei sei. Camilla era una ragazza piuttosto minuta, con lunghi capelli scuri e occhi color olmo.
"Suvvia Camilla" iniziò Nicolò "Vedrai che alla fine ti divertirai anche te!"
"Ma se è la prima volta che gioco ad un RPG!" 
"Massì dai! Tanto si impara giocando!" le fece eco Riccardo.
"Scusate se rovino la magia raga" si intromise Roberto e, additando Claudio e Nicolò, aggiunse "ma voi due non avreste il recupero di fisica questo pomeriggio?"
I due si guardarono sgomenti e ingiurie contro terze persone furono a stento trattenute (infatti una bestemmiuccia sibilò fuori dalle labbra di Claudio).
"Non è che ci aspettereste fino a questa sera?" chiese un supplichevole Nicolò. L'unica risposta fu una sonora risata.

La scuola finì e i ragazzi si incamminarono verso casa allegri tutti tranne Claudio e Nicolò i quali furono costretti a vagare sconsolati tra decadimenti beta positivi, moti astrusi di un qualche elettrone e orbite di pianeti che si muovevano a causa di una qualche alterazione spazio-temporale. In mezzo a quei moti regolati da leggi precisissime ma caotici e senza senso ai loro occhi, i due immaginavano i quattro amici alle prese con chissà quale avventura straordinaria in quel mondo che tanto bramavano.
Mentre la professoressa scriveva alla lavagna l'ennesima incomprensibile formula i cellulari di entrambi vibrarono. I due aprirono Whatsapp e videro una notifica sul gruppo della classe. Un loro compagno aveva postato il link di un articolo; i ragazzi non gli diedero peso però, un secondo messaggio, attirò la loro attenzione: una loro compagna scriveva "In quanti sono dentro?" Claudio e Nicolò si guardarono negli occhi confusi, poi un altro messaggio "Credo una decina… Poveretti". Allora Claudio si decise a prendere il cellulare e, nascondendosi dalla professoressa, scrisse "Ragazzi, si può sapere di che diavolo state parlando?" La risposta non si fece attendere "Claudio! Grazie al cielo non sei entrato! Leggi il link sopra" I due si scambiarono una seconda occhiata mentre l'ansia iniziò a serpeggiare nei loro animi. Aprirono il link.
La notizia gli mozzò il respiro. Si alzarono, non curandosi della professoressa, presero le proprie cose e corsero fuori dall'aula. Claudio, colto da un attacco d'ansia, si ritrovò a vomitare nei bagni dell'istituto mentre Nicolò camminava agitato, avanti e indietro per i corridoi cercando altre informazioni al cellulare. Quella notizia li aveva sconvolti. Nell'articolo si leggeva che LSO si era rivelato una trappola mortale: lo sviluppatore del gioco aveva inviato un video sul web nel quale spiegava che non era possibile abbandonare il mondo di gioco. Non esisteva un tasto di log-out e se il NervGear fosse stato rimosso o si fosse spento questi avrebbe ucciso il giocatore con un'ultima potente scarica elettrica. Ma questo non bastava: a una morte nel gioco sarebbe corrisposta anche una morte nella realtà. Dopo una ventina di minuti, quando i due si furono "calmati" si guardarono negli occhi e, capendosi al volo, ognuno corse a casa sua.

I due cenarono con le rispettive famiglie senza proferire parola ancora rintontiti da ciò che era avvenuto in quel pomeriggio. Il televisore di entrambi era acceso sul TG che continuava a parlare del "Caso LSO". Quasi per caso una notizia li destò dalla loro alienazione: delle squadre di tecnici specializzati erano state mobilitate affinché disinstallassero il gioco dai PC di coloro i quali, per un motivo o per un altro, non erano ancora entrati nel gioco. Claudio e Nicolò finirono in fretta di cenare e si chiusero nelle proprie stanze. In quel momento, entrambi, salvarono una copia del gioco su un hard-disk esterno, senza comprendere la motivazione di un simile gesto e dopo un lungo rigirarsi tra le pieghe del letto si addormentarono.        

Il giorno seguente, poco più di metà classe era presente a lezione: si contavano 11 assenti, tutti all'interno di Last Soul Online. Nell'aula regnava un silenzio inumano, gli alunni pensavano solo ai loro compagni non presenti mentre i professori non sapevano cosa dire e, in un clima simile, trovavano ingiusto svolgere regolarmente le lezioni.
La mattinata proseguì così, in quell'inerme trascorrere delle ore, fino al suono della campanella quando, alla solita allegria generata dalla fine della giornata scolastica, si sostituì un demotivato spostarsi di sedie e un cupo avanzare a testa china verso le proprie case.
In quel momento però Claudio prese Nicolò da parte e disse "Nico; devo dirti una cosa"
Nicolò avviluppato nello sconforto riuscì solo a mugugnare "Dimmi…"
"Ieri sera, dopo aver sentito la notizia delle squadre di rimozione del gioco, ho istintivamente salvato LSO su una memoria esterna…"
 L'amico scosse la testa come se fosse stato appena destato dai suoi pensieri "Cosa? Ma… Ho fatto anche io la stessa cosa…"
"Perché?"
"Io… Io… Non lo so… Tu perché l'hai fatto?"
"Ad essere sincero lo ignoro… Hai presente quando fai qualcosa senza comprenderne le motivazioni? Ecco mi è successo questo"
"Ed ora cosa pensavi di fare?"
Claudio rimase in silenzio senza risposta per quella legittima domanda, bisbigliò solo un "È ora che io vada" e si separò dall'amico.

I tecnici addetti alla rimozione del gioco entrarono in casa Renero verso le 16.30, chiesero a Claudio dove avesse installato il gioco, compirono il proprio dovere e  dopo una ventina di minuti erano già fuori. A quel punto fissò l’hard-disk su cui aveva salvato il gioco. Perché lo aveva fatto? Cosa lo aveva spinto a compiere una scelta tanto stupida? Quel gioco era pericoloso, mortale. Eppure il solo fatto che ne avesse ancora una copia era comparabile ad un tentativo di suicidio. In fondo, se lo aveva messo da parte era perché  non escludeva un suo entrare nel gioco, no? Era questo ciò che non era riuscito a dire quella mattina a Nicolò. Era stata un’azione avventata ed irrazionale. Stupida. Ma ormai l’aveva fatta. Il resto della giornata scivolò via, senza alcun fatto degno di nota. Claudio si barricò semplicemente in camera, senza fare nulla, tormentato dai sui pensieri. Niente svago, niente studio, niente cena. Solamente tante lacrime, ed un consapevolezza straziante: anche lei era entrata in quel maledetto gioco. Lo aveva scoperto quasi per caso. Non sapeva nemmeno che avesse intenzione di prendere parte al gioco. Così, quando il giorno prima non aveva risposto ai suoi messaggi non si era nemmeno preoccupato più di troppo, essendo conscio della difficile situazione che la sua famiglia stava passando. Ma poi gli era caduto l'occhio sulla lista di quei  tecnici, quella coi nominativi di tutti coloro che avevano scaricato il gioco in città, ed aveva casualmente visto il suo nome, il suo indirizzo… e la sigla GD: "Già Dentro". Ed ora era da solo. Certo, c’erano  ancora Nicolò, la sua famiglia, suo fratello, altri amici  là fuori, nel mondo reale ma… ma non c’era lei. E senza di lei non c’era alcun senso per rimanere. Era ancora giovane, glielo dicevano in tanti, perché fasciarsi la testa con una sola ragazza? Troppe ce ne erano là fuori. Ma nel suo profondo sapeva che lei era, e sarebbe sempre stata, l’unica donna che avrebbe voluto al suo fianco. Ripensò a quei chiari capelli castani che si fermavano bruscamente poco sopra alle spalle, alle labbra delicate, a quel  tenero naso appuntito. Ai suoi splendidi occhi: quello destro era verde chiaro mentre l’altro azzurro cristallino. Passò la notte affogato nel dolore, mentre una malsana idea si faceva strada nella sua mente. Aveva bisogno di parlare con Nicolò.

Nicolò fissò con uno sguardo perso l'hard-disk; i tecnici avevano rimosso il gioco dal PC ma lui aveva ancora quella copia. Si sedette sul letto e iniziò a pensare contemplando quel parallelepipedo nero. Perché l'aveva fatto? Perché aveva salvato quel gioco mortale? Quella mattina non aveva saputo rispondere a questa domanda postagli da Claudio. Doveva trovare una risposta. Aveva bisogno di una risposta. Si alzò e si mise a fissare i libri esposti nelle suo librerie. Ogni volta che aveva dei dubbi si fermava lì davanti, cercava di capire perché sapeva che le risposte, il più delle volte, si trovavano tra quelle pagine scritte secoli prima. Indicò con l'indice il primo libro dello scaffale più alto e iniziò a farlo scorrere come se stesse cercando un qualcosa. In realtà non sapeva cosa cercare. Quel suo passare in rassegna ogni dorso bisbigliando i vari titoli era il suo rituale segreto. Non sapeva quando l'indice si sarebbe fermato. Sapeva solo che quel libro, o quei libri, gli avrebbero risposto. Il primo libro sul quale si fermò fu "Aiace", la tragedia di Sofocle; il secondo il "Cyrano de Bergerac" di Rostand; poi "Le ultime lettere di Jacopo Ortis" di Foscolo; i due volumi della U.T.E.T. contenenti tutte le tragedie di Alfieri; ultimo della lista fu il "Don Chisciotte" di Cervantes. Prese tutti quei libri e li poggiò sulla scrivania accorgendosi che altri due lo stavano aspettando lì, lasciati in giro probabilmente da dei giorni: il "De prouidentia" di Seneca, aveva iniziato a tradurlo giorni prima per prepararsi ad un compito di latino e lo aveva amato sin dalle prime pagine, e la "Commedia" di Dante, in assoluto il libro al quale era più legato da sempre. Guardò quelle copertine che aveva consumato. Rilesse per la settima volta quelle parole così antiche che ormai conosceva a memoria. Tradusse il latino, lesse il francese, tirò un sospiro tra le pagine italiane e provò a capire un qualcosa del greco, lo spagnolo era troppo per lui: lesse la traduzione. Mentre riscopriva quelle storie impresse tra le pieghe della sua anima pensava ai suoi amici, a come si dovevano essere sentiti alla scoperta di essere imprigionati in quel mondo, al fatto che lui era là fuori e non poteva fare nulla… No! Doveva fare qualcosa! Muoversi! Decidersi! Lesse, rilesse e alla fine comprese. Sì, capì e si capì. Il mondo reale non gli aveva mai dato modo di dimostrare ciò che era in grado di fare. Scriveva. Amava scrivere. Ma aveva bisogno di dimostrare a se stesso che la sua virtù poteva riuscire! Aiace, Cyrano, Jacopo, Antigone, Saul, Don Chisciotte e poi Catone, Socrate, Dante! Tutti loro avevano affrontato ogni sfida che gli si era posta davanti e alcuni si erano lanciati alla ricerca di quelle sfide. "Per alta uirtus it". Rimise tutti i libri al loro posto tranne la "Commedia". Ormai aveva deciso.

"Io entro" disse un convinto Claudio al termine delle lezioni "Ho scoperto che lei è dentro: devo andare a riprenderla"
Nicolò guardò sbalordito l'amico. Gli scappò un sorriso complice e, ripensando a ciò che aveva sentito la notte prima, non fece altro che rispondere "Vengo anch'io!"
Claudio sapeva che l'amico aveva le sue motivazioni e che non le avrebbe rivelate tanto facilmente quindi si limitò a domandare "Ne sei sicuro? Sai che non si torna indietro, vero?" 
Il sorriso del compagno diventò più deciso "Sono pronto a tutto!"
"Oggi, a mezzanotte, io effettuerò il log-in; se tu sarai ancora convinto della tua scelta ci vedremo di là"
"Va bene, sfrutteremo questa giornata come se fosse l'ultima, non ci contatteremo se non all'interno del gioco, quindi… Ci vediamo dentro!"
Claudio diede le spalle all'amico e fece per andarsene, poi si fermò e, senza guardarlo negli occhi, disse "Nel caso non ci vedessimo più… Addio…"
"A presto" disse Nicolò dirigendosi verso la sua strada.

Quel pomeriggio, dopo aver avviato l’installazione del gioco, Claudio trascorse tutto il tempo con la propria famiglia. Niente di eccezionale, si fecero solamente un giro per la città,  tutti assieme: quattro chiacchiere, due passi  ed un gelato. A sera cucinò del pollo al curry, uno dei suoi piatti preferiti: carne, verdura e tanto sapore più quella nota di piccante che non guasta mai. Gli sarebbe dispiaciuto non cucinare più, in fondo. Poi si rinchiuse in camera, augurando alla famiglia una buonanotte che aveva il sapore di un addio. Non sapeva se anche Nicolò alla fine sarebbe entrato, ma non gli importava più di tanto. Lui lo doveva fare per Luna. Prima di procedere con il log-in fissò i poster alle pareti: il solitario promontorio di Etretat, la vivace colazione dei canottieri, il magnifico blocco scultoreo di Apollo e Dafne del Bernini, il Guernica ed il grido di dolore straziante che pare provenire da quel cavallo,  l’eccezionale gioco di luce nella Vocazione di San Matteo.  Poi sfogliò un suo libro di storia dell’arte, ed ad ogni quadro un’emozione diversa: tranquillità, ammirazione, pathos, dolore. Si soffermò un'ultima volta su quelle pagine lette e rilette, ammirando la fiera "libertà che guida il popolo", gli onorevoli Orazi compiere il proprio giuramento, le colorate ballerine di Degas, i movimentati dipinti futuristi e le dorate opere di Klimt. Lo chiuse solamente verso le 23.30. Altri trenta minuti. Si mise le cuffie ed iniziò ad ascoltare i suoi brani preferiti, cercando di sedare le palpitazioni del proprio cuore. Ora che era così vicino al fatidico momento dubbi e paure si stavano impadronendo della sua mente. Infatti la musica aveva sempre avuto su di lui un'innata capacità terapeutica: spazzava via ogni stato d'animo negativo, e lo lasciva solo coi suoi pensieri. Si ritrovò a ragionare sul fatto che era un pazzo. Era semplicemente un pazzo. Cosa avrebbe ottenuto entrando lì dentro? Davvero credeva che sarebbe stato l’eroe della situazione? Entrare nel castello e salvare la principessa, come in una fiaba? Ma per favore! 
 “No” si ritrovò a pensare” se entrerò là dentro lo farò per vederla di nuovo. Nessuna presunzione. Nessun  eroismo. Solo una voglia matta di stringerla ancora a me” 
 Mezzanotte. Nessun ripensamento. Mise il casco, ed effettuò il Log-in.

Nicolò tornato a casa iniziò ad installare il gioco poi disse ai suoi genitori che quel giorno non sarebbe rimasto a casa per pranzo. Andò a mangiare in una panineria vicino a Santa Maria del Fiore: prese una spianata con la porchetta e un bicchiere di Chianti. Poi iniziò a girare per Firenze, per salutarla, per dirle che sarebbe partito e per giurarle che sarebbe tornato. Passò Ponte Vecchio e percorse la salita per arrivare a San Miniato al Monte. Amava il panorama da lassù. Poteva vedere tutta la sua amata Firenze. Poi tornò per le vie del centro: passò davanti a Santa Maria Novella, di nuovo davanti a Santa Maria del Fiore, poi via per Piazza della Signoria e per il Piazzale degli Uffizzi giungendo poi alla Biblioteca Nazionale. Ma il suo "viaggio" si poté dire concluso solo quando giunse finalmente in piazza Santa Corce. Guardò il monumento di Dante per una decina di minuti senza dire nulla, senza pensare a nulla. Pagò il biglietto ed entrò nella chiesa. Guardò quelle due tombe, quella di Machiavelli e quella di Alfieri, ed infine il cenotafio di Dante. Rimase davanti a loro stregato… come ogni volta. Pensava a quei tre uomini, fondamentali nella sua vita come pochi altri. Si sedette sulle panche davanti all'altare e tornò a pensare. Certo il giorno prima era sicuro della sua decisione ma ora invece… Ora nuovi dubbi lo assalivano… Che differenza c'era tra quello che stava per fare ed il suicidio? Il suicidio è rinnegare la vita, abbandonarla, gettare via questo dono meraviglioso in favore di un altro mondo. Fare il log-in consapevolmente in quel gioco sarebbe stata la stessa cosa. Avrebbe sacrificato la sua vita reale, avrebbe sacrificato la luna, i monti, le tegole della cupola del Brunelleschi, le pesche, il cioccolato fondente… Insomma: avrebbe sacrificato ogni dono della sua vita per immettersi in un altro mondo. Era un suicidio con la certezza di un "aldilà"… Era così… Non poteva negarlo a se stesso… Eppure… No… C'era dell'altro… Lui non sarebbe entrato in quel mondo per restarci: sarebbe entrato per portare indietro i suoi amici, per vincere su un folle che si atteggiava a dio! Sarebbe entrato in quel mondo per far vincere la giustizia! Per riportare tutti alla loro vita! Quel suo possibile suicidio, quella sua possibile, definitiva rinuncia alla vita sarebbe stata in nome della giustizia. In nome della vita stessa! Sorrise. Recitò un "Pater Noster" e corse a casa con due versi che iniziarono a martellargli nella testa. Cenò con i suoi genitori, quando avrebbe effettuato il log-in si sarebbero sicuramente infuriati con lui, avrebbero forse pianto ma lui lo doveva fare; loro forse non avrebbero capito ma sapevano com'era fatto loro figlio, si fidavano ciecamente di lui. Tornò in camera sua alle 21:15 e si mise a leggere mentre la "Boheme" di Puccini risuonava per la stanza. Pochi minuti prima della mezzanotte decise di scrivere un qualcosa ai suoi genitori, glielo doveva. Prese un foglio e provò a scrivere una lettera ma l'inchiostro si perdeva tra i pensieri svanendo in un foglio appallottolato e gettato nel cestino della camera, poi però ebbe un'illuminazione: sarebbero bastati due endecasillabi. Prese un foglio e con la penna verde scrisse: "Giustizia vo cercando ch'è sì cara / come sa chi per lei vita rifiuta". Aprì la "Commedia" dantesca sul primo canto del Purgatorio, la lasciò così sulla scrivania e sopra quelle pagine posò quei due versi appartenenti a quello stesso canto e parzialmente modificati. Mezzanotte era scattata. Indossò il NervGear ed effettuò il login.   

La prima schermata che i due si trovarono davanti fu quella per dare il nome al proprio personaggio. 
Claudio digitò "Ashel", il nome che aveva scelto in uno dei primi giochi al quale legò il cuore. 
Nicolò digitò "Orpheus", il nome di chi trionfò su se stesso in nome della giustizia.
 




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