In
un qualunque altro momento, il vento fresco sulla pelle sarebbe
piacevole – la calura estiva, negli ultimi tempi, non ha fatto
altro che soffocarli; ma Alibaba è sospeso in aria, aggrappato
ad una corda consumata dalle intemperie ed abituata a trasportare
pesi ben più leggeri, e il vento sta solo scompigliando i suoi
capelli e impedendogli di avere una visione chiara di ciò che
deve fare. Non è per nulla piacevole.
S'è
fatta sera; le sue gambe sono stanche e non sopporta più il
peso dello zaino, ma prosegue. Le mani arrossate dallo sfregare della
corda la abbandonano a turni, avanzando di pochi centimetri alla
volta; finalmente, a denti stretti, sente la botola nel pavimento
della vecchia casa sull'albero sollevarsi contro le sue dita –
spinto dall'adrenalina, percorre gli ultimi centimetri senza sforzo e
solleva la botola con la testa, aggrappandosi al pavimento con
entrambe le mani e facendo leva.
L'ingresso
della casa non è stato pensato per un adulto, men che meno per
un adulto munito di zaino; Alibaba lo sa: ricorda che, nel
progettarla, aveva specificato che l'ingresso doveva essere grande
abbastanza per far passare solo lui e gli altri due bambini con cui
l'aveva costruita. Per questo motivo scivolare per il foro risulta
più faticoso del dovuto, e Alibaba è costretto a
liberarsi dello zaino e lanciarlo sopra la propria testa, all'interno
della casa, prima di seguirlo; a spingerlo è il pensiero
furioso che la persona che cerca da ore possa non essere lì.
Ha deciso prima di quella faticosa scalata che se Kassim non dovesse
trovarsi lì lo ucciderà alla prima occasione
disponibile, ma nel momento in cui crolla faticosamente sul
pavimento, ansimando per la fatica e ringraziando ogni divinità
conosciuta di essere riuscito a raggiungere la cima, sente
chiaramente la presenza di un'altra persona; anche al buio, sa che
Kassim è accanto a lui.
Non
fa nulla per avvisarlo, però. Non ha fiato per parlare, e
approfitta della necessità di ritrovare il proprio respiro per
radunare i pensieri, metter loro ordine; alla fine, l'unica cosa che
sembra sensato dover dire è un rimprovero.
-
Sono otto ore che ti cerco. - Sibila.
Nel
buio, sente qualcosa scivolare a terra; probabilmente una rivista con
cui Kassim si è coperto il volto, in attesa che il sole
tramontasse. - Complimenti per avermi trovato. - Mormora, un eco
divertito nella voce; Alibaba si solleva seduto, recupera lo zaino e
lo lancia nella sua direzione. A giudicare dal verso che Kassim
emette deve averlo colpito allo stomaco.
-
Mi hai fatto prendere un colpo! - Continua; inizia a sentire di nuovo
la rabbia e la confusione che l'hanno spinto fino a quella vecchia
casa, l'ultimo luogo in cui si sarebbe aspettato di trovarlo –
per più di una ragione, non per ultima il fatto che quasi non
si ricordava della sua esistenza neanche lui. Lo infastidisce pensare
che Kassim non prenda sul serio le sue preoccupazioni. - Non sapevo
più a chi domandare o dove cercarti. Hai fatto preoccupare
tutti. -
La
risposta di Kassim è immediata, priva della risata dimostrata
poco prima. - Tutti chi? - Domanda; la rabbia di Alibaba fa un passo
indietro. China il capo.
-
Tutti quanti. - Borbotta, stringendo le ginocchia al petto.
-
Fammi i nomi. -
-
Kassim... -
Kassim
si alza seduto, imitando il suo gesto di poco prima. Ora Alibaba può
vedere il suo profilo, scarsamente illuminato dalla luna che entra
dalla finestra della casetta: è rivolto verso di lui, e le sue
spalle – no, il suo intero profilo è rigido. È
nervoso; lo percepisce dalla quasi totale assenza di respiro.
Probabilmente sta stringendo i denti, e all'improvviso Alibaba si
sente sopraffatto da quella rabbia non consumata: piccolo e
insignificante, e un amico incapace.
-
Nessuno è venuto a cercarmi. - Sibila. Vede le sue spalle
cedere di colpo, e la cosa lo spaventa: Kassim è un ragazzo
che si finge adulto, e cede solo raramente. E quei momenti sono
terribili, così tremendi che Alibaba tenta spesso di
dimenticarli; ma non può sottrarsi ad essi. Non quando è
l'unica persona a cui Kassim conceda di vederlo così. - Non
mancherei a nessuno, se scomparissi... -
-
Io sono venuto a cercarti. - Ribatte Alibaba, raccogliendo a sé
il poco coraggio che gli rimane. La risposta ha l'effetto immediato
di mettere Kassim a tacere: torna in difesa, per il momento, incapace
di ribattere. Alibaba ne approfitta per avvicinarsi a lui e sfiorare
il suo braccio, ma a quel semplice tocco Kassim si tira indietro. È
una reazione troppo naturale e genuina perchè sia semplice
fastidio, e l'ansia di Alibaba aumenta soltanto.
-
Che ti è successo? - Chiede. Kassim non risponde; esasperato,
Alibaba torna a stringere il suo polso – e crolla, quando
Kassim emette un mugugno dolorante. Istintivamente fruga all'interno
della tasca destra dei pantaloni, alla ricerca del cellulare.
-
Non accendere la luce. - Intima Kassim, tentando di fermarlo. Segue
una breve colluttazione, con Kassim che più di una volta quasi
riesce a strappargli il cellulare dalle dita. - Alibaba, vattene! Non
posso passare una giornata senza avere te che mi ronzi attorno?! -
Alibaba
smette di ascoltarlo; sa che Kassim ha l'abitudine di urlargli
cattiverie, per allontanarlo da sé. È una dolorosa
routine – e non ha mai funzionato. Riesce finalmente ad
accendere la luce del cellulare e Kassim smette immediatamente di
lottare, rigido contro la sua presa e spaventato dalla reazione
sconvolta di Alibaba. È molto, molto peggio di quel che
credeva.
Le
sue braccia sono piene di lividi violacei di varie forme e
dimensioni; salgono fino a scomparire sotto le maniche della sua
maglia, e qualcosa gli dice che continuano anche sotto di esse, sul
suo petto e sul torace. Alibaba solleva la mano che regge il
cellulare senza lasciare il polso di Kassim, stringendolo senza che
lui emetta un verso, fino ad illuminargli il viso. Il labbro
inferiore è gonfio, spaccato – un rivolino di sangue
asciugato male macchia il mento; l'occhio sinistro è socchiuso
e umido di lacrime, con la guancia livida e gonfia. Kassim non lo
guarda in volto – di fatto, evita del tutto di guardare nella
sua direzione. Tiene le labbra strette in una rigida richiesta di
essere lasciato andare, e Alibaba lo accontenta, restio ma deciso a
metterlo a suo agio come può. La mano di Kassim si posa sul
pavimento, stretta in un pugno rigido, ed entrambi rimangono a
valutare in silenzio tutto ciò che non è necessario
dire. Alibaba si inumidisce le labbra; è più triste che
arrabbiato, ed è deprimente che si senta in quel modo a causa
della forza dell'abitudine.
-
Non torno più indietro. -
Solleva
lo sguardo quando Kassim parla, anche se il cellulare abbandonato sul
pavimento gli permette di vedere solo parte della sua figura. Il
resto è in ombra – ma ciò che Alibaba vede è
l'espressione di una persona distrutta, che fatica a trattenere le
lacrime. Lui non ci prova neppure; ha molte debolezze, e Kassim è
una delle più forti. Piange in silenzio, e in silenzio cerca
le sue dita e le carezza piano – movimenti circolari che
servono a calmare Kassim quanto lui.
-
Cos'è successo? - Domanda. Vuole che smetta di pensare a
qualunque piano gli sia venuto in mente. Vuole che si allontani da
qualunque idea malsana.
-
Ha iniziato a parlare male di lei. - Risponde, la voce tremula e
debole. - Non so cosa mi è preso. Ho pensato di dirgli che la
sua tomba inizia a rovinarsi, che nessuno ci va mai a parte me. Era
ubriaco. Ricordo solo di avergli sentito dire che è grato che
sia morta, perchè ora deve preoccuparsi di sfamare un figlio
inutile in meno... -
Solo
allora Kassim esplode; la sua voce, che si è fatta via via più
debole, diventa un mugolio di dolore – e lui cede, si fa
piccolo, si getta contro Alibaba che lo accoglie. Può fare
soltanto quello, in quel momento, a parte piangere assieme a lui. Il
dolore di entrambi ha la forma e il nome di Mariam, di una morte
arrivata troppo presto; ha il sapore nostalgico di giorni passati
senza preoccupazioni terminati in maniera drastica. È per
Mariam che Alibaba pensava che Kassim non fosse andato alla casa
sull'albero – d'altronde era stata lei per prima a chiedere
loro di costruirne una. Ora capisce che rifugiarsi in quel luogo è
l'unico modo che Kassim ha di scappare a una realtà troppo
brutale e cercare il conforto di sua sorella. Ha sempre odiato che il
mondo sia cattivo nei confronti di Kassim, che le persone lo
incolpino, che gli estranei lo guardino male; nessuno di loro va
oltre le apparenze. Nessuno di loro prova a capire, e nessuno di loro
sa.
Ma
Alibaba sì. Alibaba conosce la storia di ogni sua cicatrice;
sa che è cattivo, e meschino, e schivo solo perchè è
l'unico modo che conosce perchè la vita possa non mettergli i
piedi in testa. Lo comprende, e lo abbraccia; lascia che possa essere
soltanto il ragazzo spaventato che è, almeno tra le sue
braccia – pur senza sentirsi in grado di confortarlo come
dovrebbe. Kassim si stringe a lui, tira la sua maglia e piange contro
il suo petto; è violento, e disperato, e fa male – fa
male anche quando si solleva e lo bacia, troppo irruento. Ma ad
Alibaba non importa. Lascia che graffi, che si sfoghi; cerca il suo
volto nel buio e lo carezza con tutta la gentilezza che il mondo si
rifiuta di donargli, aprendo le labbra per fargli spazio e
circondando le sue spalle con il braccio libero. Baci umidi di
lacrime scivolano tra di loro, li avvicinano e separano, fino a
lasciarli senza fiato. Kassim si china, posa la fronte sul suo collo;
riprende a respirare regolarmente, il ritmo che segue le carezze di
Alibaba sulla sua schiena.
-
Scappa con me. Ti prego. -
È
a malapena un sussurro. Piccolo, debole, così lontano dal
Kassim a cui Alibaba è abituato eppure così familiare;
è la richiesta di un bambino solo e spaventato. Lo sguardo di
Alibaba è fisso aldilà della finestra, sul cielo scuro.
Ricorda che una sera si erano fermati tutti e tre a guardare le
stelle, indicando le più luminose e cercando di riconoscere le
costellazioni con l'aiuto di un libro preso in prestito dalla
biblioteca.
Allora
c'erano molte più stelle in cielo.
Allora,
Mariam e sua madre erano ancora vive.
-
Sì. -
*
* *
Anche
il giorno della partenza tira un vento leggero, ma questa volta più
che essere infastidito Alibaba non può che vederlo come il
segnale di un qualcosa che deve ancora cominciare. O una semplice
coincidenza; non importa davvero. Ciò che importa è
vedere Kassim riemergere dal vano bagagli dell'autobus.
-
Sicuro di volerlo fare? -
Rotea
gli occhi al cielo, esasperato. - Non se me lo chiedi un'altra volta.
-
-
Era solo per essere sicuro. - Borbotta Kassim, raggiungendolo. Si
guarda attorno per un momento, chinandosi poi su di lui per donargli
un bacio rapido; Alibaba è più veloce, e posa una mano
sul suo collo nudo per tenerlo a sé un momento più del
necessario, sorridendo quando si separano. Lo osserva allontanarsi
per salire sull'autobus, promettendo di raggiungerlo subito; ma
Kassim si ferma con un piede già sul primo gradino del
pullman, e si volta a guardarlo. Per la prima volta da quando Alibaba
lo conosce, ha davvero l'aspetto di un adulto – non solo per i
capelli raccolti, non solo per l'aspetto più curato del
solito: qualcosa nella sua espressione è maturato.
-
Non ti mancherà niente di questo posto? - Gli domanda. Alibaba
cala lo sguardo, pensandoci seriamente; pensa all'infanzia trascorsa
con sua madre, Kassim e Mariam – ai giorni di giochi andati
perduti. Sono gli unici ricordi positivi che ha: poi arrivano i
ricordi dolorosi, e le ore di solitudine passate ad essere
considerato l'ultima ruota del carro in una casa non sua. Ma
comprende la domanda di Kassim, per una volta diversa da una semplice
preoccupazione di star facendo la cosa sbagliata: là dove
Kassim non ha scelta, Alibaba può rimanere; farsi una vita,
cambiare idea.
Quando
torna a guardarlo, Kassim ha ancora impressa sul volto l'espressione
seria e matura del ragazzo di cui si è innamorato; e Alibaba
non sa come dire che non gli mancherà nulla – perchè
tutto ciò che gli rimane di importante sta venendo via con
lui. Per cui gli corre incontro, e lo trascina giù dal
pullman, al riparo da occhi indiscreti; e lo bacia di nuovo, e di
nuovo ancora, nella speranza che Kassim possa sentire tutto ciò
che non può essere detto ad alta voce.
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Questa
piccola shot è un regalo per una mia cara amica, che spero
possa perdonarmi la camionata d'angst e apprezzare ahahahahahaha
grazie di avermi introdotta a questa coppia, Laisacchi. Ti voglio un
sacco di bene, anche se non sembra xD
-Joice