Tra madre e
figlio
Troppe domande si affollarono nella mente di quel ragazzo che, stretto
nell’abbraccio più intenso ma delicato che Delia
gli avesse mai dato, non riusciva a riorganizzare lucidamente i
pensieri. Inoltre era imbarazzato e lo era da morire.
Considerava sua madre una donna dal carattere forte, era sicuro che per
quanto una situazione potesse farsi difficile lei sarebbe riuscita a
non piegarsi dalla disperazione ma anzi avrebbe infuso coraggio a chi
avrebbe avuto la fortuna di starle accanto. Ma in quel momento lei
piangeva a dirotto tenendo tra le braccia l’unica persona per
la quale avrebbe dato tutta se stessa perché, anche se lo
aveva reputato abbastanza grande per intraprendere il suo viaggio
d’allenatore, lei lo avrebbe considerato per sempre il suo
bambino.
Sciolse l’abbraccio solo quando Ash le mise una mano sulla
spalla sussurrando con voce fioca che non c’era motivo di
stare in pensiero.
Non poté fraintendere di più la situazione, sua
madre non stava in pensiero, al contrario: era felice, immensamente
felice.
Aveva passato un anno a temere che lui non si sarebbe più
risvegliato e quando, mezz’ora prima, le arrivò la
telefonata dall’ospedale quasi svenne dalla contentezza.
Delia si asciugò gli occhi guardando suo figlio, forse
fisicamente sembrava un po’ sciupato ma intimamente sentiva
che la sua psiche non ne avesse risentito nonostante tutto quello che
aveva appena passato. Ma ancora non era finita, non sapeva cosa Ash
avesse provato nell’ultimo anno trascorso in coma.
Tempo prima aveva avuto un’accesa discussione con il dottore.
Egli sosteneva che il ragazzo, per quanto fosse in stato comatoso
avesse ancora una qualche reazione cerebrale, quasi stesse vivendo in
un sogno assurdamente lungo ma se esso continuava, rischiava di
diventare la realtà stessa di Ash, che difficilmente avrebbe
potuto accettarne la falsità una volta risvegliato. Ora che
lo vedeva davanti a se non sapeva cosa dirgli o cosa fare.
Dopo un breve momento suo figlio prese la parola, ripresosi dal
momentaneo subbuglio in cui era la sua mente:
“mamma cos’è successo? L’aereo
è caduto? Tutti gli altri passeggeri stanno bene?
E…”
il ragazzo facendosi cupo in volto e abbassando lo sguardo temeva di
porre quella domanda ma doveva sapere, doveva trovarlo, si conoscevano
da una vita e non poteva tirarsi indietro! Rialzò lo sguardo
e domandò guardando sua madre dritta negli occhi ancora
lucidi:
“Mamma, dov’è pikachu?”
Lei si ritrovò piuttosto basita da tutte quelle domande ma
non poteva fare a meno di notare l’espressione risoluta negli
occhi di suo figlio, quello sguardo per lei era il più
rassicurante al mondo perché ormai aveva la chiara certezza
che davanti a sé c’era Ash Ketchum, o meglio *il
suo* Ash Ketchum.
Delia gli sorrise: “Quel pikachu ormai vive col professor
Oak. Purtroppo al momento è ad una convention e quindi non
tornerà prima di domani”. Il ragazzo la guardava
stralunato, com’era possibile che pikachu fosse col professor
Oak? Aspetta ha detto *quel* pikachu? Come se si potesse trattarne di
un altro! E poi che intendeva con *vive con lui*?
Sconcertato fa la domanda che Delia temeva le potesse mai porle:
“Da quanto sono qui? Faccio perfino fatica a parlare e ho
addirittura una flebo al braccio!”
A Delia le si incrinò il sorriso, da una parte non voleva
mentirgli ma dall’altra temeva di provocargli un forte shock.
Stava per rispondere…
“Ehm, ehm, signora Ketchum, vorrei parlarle
urgentemente” disse il dottore schiarendosi la voce e facendo
trasalire madre e figlio che si erano completamente dimenticati che
c’era una terza persona nella stanza.
Delia ci mise un po’ per ricomporsi ma seguì lo
stesso il dottore nel corridoio richiudendosi dietro la porta e
assicurando al ragazzo che sarebbe subito ritornata.
Ash si ritrovò da solo nella stanza per la prima volta.
Decise di voler ascoltare la conversazione ma per quanto cercasse di
muovere gli arti li sentì pesantissimi. Forse un altro
avrebbe rinunciato ma non lui, se pikachu era vivo doveva tornare da
lui e per farlo doveva capire come si fosse ritrovato in quella
situazione! Con piccoli movimenti che gli costarono non pochi sforzi,
riuscì a spostare la pesante coperta che fino a quel momento
gli era sembrata un’appiccicosa ragnatela che lo incatenasse
a quel letto. Guardandosi, solo ora si rese conto di quanto fosse magro
e che indossava il tipico camice ospedaliero tirante
sull’azzurrino. Non scoraggiato dal dolore che si insinuava
nelle braccia, si aggrappò con tutta la sua forza
all’asta della flebo e si alzò in piedi. Durante
tutto quel movimento si staccarono dal corpo tutti gli elettrodi, che
avevano monitorato il suo corpo fino a quel momento dando alla linea
sul display dell’elettrocardiogramma un moto rettilineo. Il
ragazzo quasi si odiò, com’era possibile che fosse
così debole? Le gambe gli tremarono violentemente ma lui
fece appello a tutta la sua volontà. Doveva saperne di
più e riuscì a muovere il primo passo verso la
porta che celava la verità.
Note dell’autrice:
Ciao a tutti! Finalmente sono riuscita a scrivere questo capitolo e ad
aggiornare! È solo un pelino più lungo
dell’altro ma in quanto a tempo non c’è
paragone :D. Nonostante tutto mi sono divertita a scrivere questo
capitolo *eh eh* e spero che vi piaccia! Ringrazio tanto _happy_04 per
la sua recensione e dirgli/le che ha salvato un personaggio che
all’inizio aveva il destino incerto! Forse però
sono stata sull’OOC :/ ma mentre scrivevo mi ponevo sempre la
stessa domanda: “come si sarebbe comportato Ash?”
Sarò ripetitiva ma spero vi piaccia e… i commenti
sono ben accetti! Un saluto a tutti
Blackama
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