Britannia,
461 d.C.
Ciaran
parò un affondo di sua sorella, mettendo la spada di taglio.
Nonostante avesse tre anni in più di lei e fosse fisicamente
molto
più forte, il giovane era visibilmente affaticato sotto i
colpi che
Ainslee gli indirizzava con incredibile maestria. La ragazza si
muoveva in maniera armoniosa e letale, con una tecnica degna di un
cavaliere addestrato. Ciaran e Ainslee si sfidavano alla spada da
quando erano bambini, ma le volte in cui Ciaran era riuscito a
battere sua sorella si contavano sulle dita di una mano. Eppure
avevano avuto entrambi lo stesso insegnate: il loro padre, Eachann,
che era un fabbro appassionato dell’arte della spada; ma
Ainslee
sembrava avere un dono innato che Ciaran, per quanti sforzi compisse,
non era in grado di eguagliare.
Quel
pomeriggio caldo e assolato di giugno i due ragazzi erano nella
stalla della fattoria dei genitori, impegnati in un finto duello con
due spade di legno. In teoria, la frescura in cui era immersa la
stalla e la brezza che soffiava attraverso le porte spalancate
avrebbero dovuto rinfrescarli. In pratica il finto duello, che
entrambi prendevano incredibilmente sul serio, li affaticava e li
faceva sudare. Ogni tanto un affondo di uno dei due fratelli centrava
una delle balle di fieno che erano state ammucchiate in cataste
ordinate alla fine della trebbiatura. Le spade finte sollevavano
spruzzi di paglia che finivano invariabilmente nei capelli e fra gli
abiti dei due accaniti contendenti.
Quando
Ciaran e Ainslee cozzarono contro lo steccato di legno uno dei
cavalli nitrì, spaventato, ma poi si calmò
subito, riprendendo a
brucare il proprio fieno. Perfino gli animali erano abituati ai
combattenti dei ragazzi ormai, e non ci facevano troppo caso.
Ciaran
si preparò a un altro affondo quando Ainslee, spiazzandolo
completamente, lo schivò compiendo un breve giro su se
stessa. Si
portò così al fianco del fratello e
riuscì a fargli perdere
l’equilibrio. Ciaran cadde sulla paglia e prontamente Ainslee
gli
torreggiò sopra, puntandogli la spada alla gola.
“Se
fosse stata una spada vera saresti morto, fratellino!”,
esclamò la
ragazza con una risata.
Anche
a Ciaran venne da ridere, nonostante fosse stato sconfitto per
l’ennesima volta da sua sorella minore. Ma non era un ragazzo
orgoglioso, e chi lo conosceva lo aveva visto perdere le staffe forse
due volte in tutta la sua vita.
“Va
bene, va bene mi arrendo”, disse con finto tono implorante.
“Solo
per questa volta!”, lo ammonì scherzosamente
Ainslee.
Ciaran
si schermò gli occhi con la mano per guardare la sorella.
Nel caldo
sole di mezzogiorno sembrava che Ainslee riflettesse la luce,
irradiandola a chi gli stava intorno. Se avesse dovuto trovare una
parola per descrivere sua sorella Ciaran avrebbe scelto
“argentata”.
I lunghi capelli erano di una sfumatura di biondo talmente chiara che
pareva argento, perfino le ciglia e le sopracciglia erano dello
stesso colore. E gli occhi erano di azzurro simile al ghiaccio. Tutte
sfumature abbastanza insolite per la popolazione di quei luoghi della
Britannia.
Per
il resto Ainslee era una ragazza di diciotto anni molto simile alle
sue coetanee, se non per il temperamento impetuoso e ostinato che la
caratterizzava. Non si lasciava intimidire facilmente, riusciva a
tenere testa a chiunque e non mancava di testardaggine. Spesso non
riusciva a frenarsi dal rispondere per le rime, anche ad uomini
più
anziani, cosa che era considerata davvero sconveniente per una donna.
Sua madre Gwenael le rimproverava in continuazione questo suo
comportamento sfrontato, e nei momenti in cui la faceva arrabbiare
arrivava a definirla “la sua disperazione”.
I
due ragazzi si gettarono a sedere sulle balle di fieno, ancora
ansanti, poggiando le spade finte accanto a loro. Rimasero in
silenzio qualche secondo; Ciaran notò che sua sorella stava
riflettendo. Se ne accorgeva perché aggrottava sempre le
sopracciglia quando pensava intensamente. Sapeva che avrebbe solo
dovuto attendere che lei gli facesse la domanda che aveva a fior di
labbra.
“Ciaran?”
disse, spostando lo sguardo su di lui.
“Sì?”
“Tu
pensi che mi sposerò mai?”
Ciaran
non rimase spiazzato dalla domanda. Anzi, si chiedeva perché
Ainslee
avesse impiegato tanto tempo a formularla. Da anni ormai, la ragazza
guardava le sua amiche prendere marito, una dopo l'altra, persino
mettere al mondo dei figli, e non aveva potuto far altro che
rallegrarsi per loro e restare in disparte.
“Io...
credo che nostro padre stia solo aspettando il pretendente
giusto.”
“Non
prendermi in giro! Sai che non è così. Conosce
Owainn da una vita,
lo considera quasi un altro figlio... eppure ha rifiutato qualsiasi
proposta lui gli abbia fatto. Non capisco cosa abbia in mente per me.
Fra poco sarò talmente vecchia che nessun uomo mi
vorrà più!”
Ciaran
rise, scuotendo il capo. “Non credo proprio! E comunque non
dirmi
che avresti davvero voluto sposare Owainn?” Forse non era
molto
lusinghiero da parte sua non considerare il suo migliore amico degno
di sua sorella, ma per quanto Ciaran volesse bene ad Owainn era
pienamente cosciente dei suoi difetti. Uno spirito ribelle come
Ainslee non sarebbe mai andato d'accordo con l'ottusità di
Owainn;
l'amico voleva una moglie obbediente e sottomessa, e inoltre non
brillava particolarmente per intelligenza.
Ainslee
intanto stava riflettendo sulla domanda di Ciaran. Non che ci avesse
riflettuto molto, ma aveva pochi dubbi. “No, non credo
proprio. Non
mi piace, e anche se gli sono affezionata alcuni suoi comportamenti
non mi piacciono affatto.”
Appunto,
pensò
Ciaran.
“Arriverà
anche l'uomo giusto per te, sorellina”, la
rassicurò
abbracciandola. “Ma non lui e non adesso.”
“E
tu?”
“Io...?”
“Tu
pensi che ti sposerai mai? In realtà devo confessarti che
odio
pensarlo, non vorrei che lasciassi la fattoria.”
“Prima
di tutto mettiti in mente che non lascerò mai la
fattoria” sorrise
Ciaran. “Non ti libererai di me così facilmente!
Se mai dovessi
sposarmi sarà mia moglie a venire ad abitare qui. Non voglio
certo
rinunciare a proseguire il lavoro di papà.”
Ainslee
gli indirizzò un sorriso complice che Ciaran
ricambiò. Poi sembrò
incupirsi.
“E
poi, sai... ho già trovato la donna che vorrei come mia
moglie, ma
lei non ha scelto me.”
Ainslee
sfiorò con le dita il braccio del fratello.
“Mi
dispiace, io... ho provato a parlare ad Enid, ma lei...”
“Non
era necessario, sorella.”
“L'ho
fatto per te. Anzi, ho il rimorso di non aver fatto abbastanza, che
avrei potuto fare di più... in fondo è la mia
più cara amica...”
“Lei
amava un altro, non c'è altro da aggiungere”
Ciaran fu secco. “Non
posso costringerla a provare qualcosa per me, e non voglio. Da quando
si è sposata, non ho fatto altro che augurarle di essere
felice.”
“Questo
lo so. Tu sei l'uomo più buono e dolce che abbia mai
conosciuto”
disse lei posandogli un bacio sulla guancia. “E sono sicura
che
troverai la ragazza più bella, più buona e
più... bé, più tutto,
che esista da qui ad Alba*!”
In
quel momento la voce della madre che li chiamava rimbalzò
fra le
pareti della stalla, interrompendo i loro discorsi.
“Ragazzi,
dove siete? E’ pronto e vostro padre è
già in tavola”, gridò
Gwenael affacciandosi alla porta della stalla.
I
due giovani abbandonarono le spade e si affrettarono verso casa,
consapevoli che Eachann rientrava in casa solo il tempo necessario
per mangiare e poi tornava alla fucina.
“Finalmente!”,
li apostrofò Gwenael come misero piede in cucina,
“e guarda come
siete ridotti! Ainslee, hai la paglia nei capelli e sei tutta sudata!
Non è così che dovrebbe comportarsi una ragazza
in età da marito…”
Si
avvicinò alla figlia per sfilarle dei fili di paglia dai
capelli.
“Ora non c’è neanche tempo per andarvi a
lavare, altrimenti si
raffredderà tutto!”, continuò a
brontolare.
Eachann,
già seduta a tavola di fronte a una scodella di zuppa
fumante, non
poté fare a meno di sorridere. “Su cara, sono solo
dei ragazzi e
non mi pare una grande tragedia, no?”
Ma
sua moglie fece finta di non sentirlo e fece cenno ai figli di
sedersi mentre portava il pane in tavola, continuando a borbottare
tra sé.
“Padre,
avete finito quella spada che vi ha commissionato il figlio del
governatore della provincia?”, chiese Ainslee con la voce
colma
d’ammirazione, improvvisamente dimentica del cibo che la
madre le
aveva messo davanti.
“Quasi.
Quel riccone pazzo ha voluto una spada che nemmeno i Cesari
avrebbero
potuto desiderare.”
rispose, ignorando l'occhiataccia di Gwenael per il modo in cui aveva
definito il figlio del governatore. “L'ha voluta con intarsi
in
oro, nientemeno! Bé, finché è suo
padre a tirare fuori il denaro,
per me può chiedermela anche intessuta con i baffi di
lucifero in
persona!”
Ainslee
e Ciaran non riuscirono a trattenere una risata. Era risaputo che il
governatore e la sua famiglia erano tra coloro che si erano
convertiti alla nuova fede, e Eachann non aveva grande stima dei
cristiani o dei loro Vescovi, e non ne faceva mistero. Li trovava
pittoreschi, come li
definiva spesso. In quanto al figlio del governatore, ciò
che aveva
sentito e appreso di lui, bastava a classificarlo come un ragazzo
viziato e borioso.
“In
ogni caso è una delle spade più elaborate a cui
abbia mai lavorato,
e io e tuo fratello ci siamo rotti la testa per trovare un modo di
creare quell'elsa così elaborata senza rendere la spada
troppo
pesante. Bilanciarla bene poi è stato anche peggio. Comunque
riuscirò a finire entro domattina se tuo fratello
tornerà alla
fucina con me, questo pomeriggio”.
“Mi
sono allontanato solo per un paio d’ore!”,
protestò Ciaran sulla
difensiva, addentando contemporaneamente un pezzo di coniglio.
“Chissà
se Ainslee riuscirebbe a batterti anche nella costruzione di una
spada?”, disse Eachann strizzando l’occhio alla
figlia.
“Non
mettere queste idee in testa ad Ainslee, Eachann. Una ragazza della
sua età deve aiutare in casa e non
fare un lavoro da uomo”, intervenne Gwenael brusca.
Quel
pomeriggio Ciaran andò a lavorare con il padre nella fucina,
mentre
Ainslee rimase come al solito ad aiutare sua madre nella gestione
della fattoria. Oltre ad alcuni campi coltivati, la famiglia aveva
diversi animali: mucche, maiali e polli. La fattoria e
l’officina
di fabbro di Eachann consentivano alla famiglia di vivere
agiatamente. Oltretutto Eachann era un fabbro di grande talento, e
fin da lontano la gente veniva a richiedere i suoi servigi. Le spade
da lui forgiate erano veri capolavori d’artigianato, e mai un
cliente era rimasto deluso del risultato, neppure i più
ricchi o i
più esigenti.
Intenta
a raccogliere le verdure per la cena, Ainslee ne mise alcune nel
cesto, poi si raddrizzò asciugandosi la fronte col dorso
della mano.
I capelli le davano impiccio nei movimenti, anche se li teneva
legati. Ma sua madre non le aveva mai permesso di tagliarli, anche se
lei avrebbe tanto voluto farlo e gliene aveva chiesto spesso il
permesso. Ma Gwenael sosteneva che i capelli lunghi erano
ciò che
rendeva bella una donna, che la bellezza era la cosa più
importante
per una ragazza in età da marito, e che nessun uomo
l'avrebbe mai
voluta se avesse avuto l'aspetto di uno spaventapasseri appeso in un
campo di grano. Fosse come fosse, quella pesante treccia che le
sbatteva sulle gambe irritava Ainslee come non mai, e la spingeva a
chiedersi che importanza potesse avere per lei tutto questo se i suoi
genitori non avevano intenzione di trovarle marito. Ainslee si
fermò
ad osservare sua madre a pochi passi da lei, china nell'orto, la
chioma ingrigita e la schiena curva. Un sorriso di tenerezza le si
dipinse sul volto, nonostante le amare riflessioni. Anche se spesso
la trovava troppo rigida e severa – più nei suoi
confronti che in
quelli di Ciaran, a dire il vero – Ainslee amava molto sua
madre.
Nonostante
volesse molto bene ad entrambi i suoi genitori, Ainslee sapeva che
non erano stati loro a metterla al mondo. Su questo loro erano stati
sempre molto chiari. D’altra parte non avrebbero potuto
tenerlo
nascosto in ogni caso: Ainslee era talmente diversa
nell’aspetto da
loro da spiccare come un lupo in un recinto di pecore.
In
Britannia convivevano diverse etnie: i discendenti dei romani avevano
i classici lineamenti spigolosi e i capelli neri e ricciuti; i
discendenti del Piccolo Popolo, gli antichi abitanti dell'isola che
vivevano come selvaggi, pitturandosi di azzurro quando andavano in
battaglia, e nutrendosi esclusivamente dei frutti spontanei della
terra, erano piccoli di statura, con la pelle olivastra e i capelli
neri; i discendenti dell'antica stirpe reale erano alti e con i
capelli di un tipico oro rosso. Ma Ainslee non sembrava appartenere a
nessuna di queste stirpi. Il suo aspetto era del tutto particolare, e
lei si era spesso domandata da dove potesse essere venuta e chi
fossero i suoi veri genitori.
Non
appena aveva raggiunto l’età per capire, Eachann e
Gwenael le
avevano spiegato che era una trovatella e che era stata abbandonata
nei pressi della loro fattoria da qualcuno che probabilmente non
aveva i mezzi per prendersene cura. Ma non per questo –
sottolineavano i suoi genitori – loro l’amavano di
meno, e
Ainslee non aveva veramente mai potuto dubitarne.
Quella
sera a cena Eachann annunciò che la famosa spada con intarsi
in oro
commissionata dal figlio del governatore era finalmente pronta, e
chiese a Ciaran di andare in città il giorno seguente per
consegnarla.
“Domani
c’è anche il mercato”, intervenne
Gwenael, “Dovresti portare a
vendere i nostri prodotti”. Una volta al mese, quando
c’era il
grande mercato di Eburacum**, la famiglia portava lì la sua
mercanzia.
I
prodotti della fattoria si vendevano meglio lì che non al
piccolo
mercato del loro villaggio.
“Dovrò
partire all’alba, credo…”, disse Ciaran.
“Perché
non porti con te anche Ainslee?”, propose Eachann.
“Davvero,
padre? Oh magari, mi piacerebbe tanto. Vorrei tanto rivedere
Eburacum”,
esclamò Ainslee battendo le mani, felice come una bimba.
“Ma
sì, perché no? Ormai sei una donna, e a tuo
fratello servirà un
aiuto in più per scaricare la merce”, rispose suo
padre in tono
bonario.
Ainslee
gli buttò le braccia al collo e lui sorrise, intenerito.
Più
tardi però Eachann prese da parte Ciaran.
“Stai
attento ad Ainslee, figliolo”, gli disse, “sai di
cosa parlo,
vero?”
“Sì
padre”, mormorò il giovane facendo un cenno di
assenso.
Comprendeva a cosa si riferisse suo padre: l'aspetto così
insolito
di Ainslee attirava spesso degli sguardi, non necessariamente
malevoli, più che altro curiosi, pensava Ciaran, ma suo
padre
sembrava sempre stranamente preoccupato che la sorella potesse
attirare troppa attenzione su di sé. Così aveva
preso l'abitudine
di chiedere a Ciaran di tenderla d'occhio quando si allontanavano da
casa, ma non aveva mai voluto spiegargliene esattamente il motivo. Le
sue risposte erano sempre state vaghe, e avevano scoraggiato Ciaran
dal porre ulteriori domande.
Angolo
Autrice: Eccomi di nuovo a voi! Spero che il nuovo capitolo
vi
piaccia, l'ho modificato varie volte prima di esserne soddisfatta.
Come al solito ringrazio tutti quanti per le recensione. Come si
dice... they mean the world to me!
Alla
prossima,
Eilan
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