Foresta
di Argoer
Monastero
della beata Laodamia
“Dove
si è cacciata quella piccola peste e la sua
bestiaccia?” L'umore
di Sorella Jania, già cupo da quella mattina, si era
ulteriormente
deteriorato quando la delegata dell'Alleanza delle Otto Stelle aveva
mancato di presentarsi per portare via la ragazza.
Aveva
frugato nelle stanze delle novizie, poi in quella delle protette del
monastero, senza mancare di buttare all'aria il baule con i pochi
averi appartenenti a Marissa. Le altre bambine l'avevano guardata con
un misto di paura e rimprovero nel loro sguardo, ma era bastata
un'occhiataccia di Sorella Jania per far loro immediatamente
abbassare il capo.
Sciocche
orfanelle! La
monaca non
nascondeva il proprio disprezzo per quelle pezzenti, nemmeno con le
altre consorelle. Forse perché la irritava dover fare da
balia a
delle mocciose plebee, lei che proveniva addirittura da un ramo
cadetto degli Arlington!
Stanca
di sprecare le sue
forze in quell'ingrato compito di ricerca Jania aveva preso per le
trecce Orlen, tra tutte le bambine la più legata a Marissa.
“Ora
sono stanca di questi
giochini Orlen!” le disse guardandola dritta negli occhi.
“Dove
si è nascosta la tua amichetta?”
“Non
lo so, sorella”
balbettò la ragazzina, arrossendo fino alla radice dei
capelli.
“Io
scommetto di sì,
invece” ghignò la donna con espressione malvagia.
“Lo sai che
mentire a una consorella è una grave infrazione delle
regole, vero
Orlen?”
“Sì
sorella, ma vi giuro
che io....”
“Dovessi
anche mettere a
soqquadro l'intero monastero, fin nelle stanze della priora, io la
troverò e affogherò quella sua bestiaccia
puzzolente. Quindi con il
tuo aiuto o meno, Marissa salterà fuori, ma se lo
farà senza il tuo
aiuto tu sarai in guai seri, questa è la differenza. Ti sono
ben
chiare le mie parole, lei hai stampate in quella testolina
vuota...?”
“Lei
non sa niente,
sorella Jania!” tentò di intervenire la quattordicenne
Anyel in difesa
della più giovane Orlen.
“Non
ti immischiare tu!”
latrò la monaca, per poi tornare immediatamente ad infierire
sulla
bambina.
“Ancora
non vuoi dirmi
niente allora?” chiese in tono dolciastro.
Orlen
scosse la testa.
Senza
che il ghigno di
soddisfazione sul suo volto accennasse a spegnersi, la donna
sfilò
dalla cintura un paio di forbici e afferrò una delle trecce
di Orlen
fra pollice e indice. Guardò la bambina, e al suo ennesimo
rifiuto
tagliò di netto la lunga treccia castana, che cadde floscia
e
silenziosa sul pavimento.
Orlen
aveva gli occhi pieni
di lacrime ma si rifiutò di cedere e le trattenne,
sollevando
ostinatamente il mento.
Ma
quando sorella Jania
avvicinò le forbici anche all'altra treccia, la bambina
cedette e
scoppiò a piangere.
“Va
bene, sorella... ve lo
dirò!” urlò in preda al panico e al
rimorso.
“Molto
bene, vedo che
cominci a ragionare” ghignò la donna, soddisfatta.
“E'
nascosta nel
ripostiglio del secondo piano. Ma cosa le farete?”
“Sarà
punita, questo è
ovvio” Sorella Jania ripose le forbici con noncuranza.
“Ma tu non
lo sarai, e di questo devi essere soddisfatta.”
La
porta del ripostiglio
venne spalancata di colpo e un fascio di luce investì la
tremante
Marissa, che cercava in tutti i modi di proteggere qualcosa che
teneva tra le mani.
“Ti
ho trovata piccolo
mostro!” esultò sorella Jania, apparendo nel cono
di luce.
Si
avventò sulla ragazzina
tentando di afferrarla, ma Marissa fu più rapida e
sgusciò sotto le
gambe della monaca, uscendo nel patio del convento. Corse verso le
colonne ad arco e il basso muretto che delimitava il perimetro del
cortile. Se solo fosse riuscita a scavalcarlo avrebbe avuto qualche
possibilità di sfuggire alla sua inseguitrice. Ma la donna
in
quattro passi l'aveva già raggiunta e l'afferrò
per la manica
proprio mentre Marissa era già cavalcioni del muretto. Ne
seguì una
lotta disperata in cui Jania cercò in tutti i modi di
strapparle ciò
che teneva tra le mani. Marissa sapeva che in pochi secondi sarebbe
riuscita nel suo intento: lei era una donna adulta, e Marissa solo
una ragazzina. Non poteva competere con lei in quanto a forza.
Con
la disperazione nella
voce, pronunciò alcune parole incerte, quasi sussurrate.
Immediatamente
sorella Jania
si ritrasse con uno strillo, tenendosi la mano ferita. La sua furia
ora era fuori controllo.
“Tu....
piccola idiota!
Come hai osato! Ucciderò quella bestiaccia con le mie mani e
nessuno
ti risparmierà una bella dose di frustate!”
Si
lanciò di nuovo su Marissa, ma lei fu più rapida. Un'altra frase, stavolta
detta
con più sicurezza, le scaturì dalle labbra. E
improvvisamente il
piccolo fagotto che teneva in mano si alzò in volo,
rivelandosi per
una piccola palla di pelo. Era un prilne, un
piccolo
scoiattolo con il folto pelo dalle sfumature azzurrine.
“No!”
gridò la monaca,
tendendo una mano verso l'animale che avrebbe voluto con tutte le sue
forze annegare in una tinozza, e che invece le stava sfuggendo.
Marissa
rimase concentrata
quel tanto che bastava per guidare il volo del prilne oltre
il
tetto del monastero e nel cielo aperto, per poi farlo posare
delicatamente sulla cima di un albero che cresceva vicino alle mura
dell'edificio.
La
porta secondaria delle
stanze della Priora veniva usata ormai di rado. Pochi visitatori si
spingevano fino agli scoscesi dirupi di Argoer, e quei pochi che lo
facevano non erano abbastanza importanti da necessitare l'uso di un
ingresso riservato e appartato. Fu per questo che la piccola porta di
legno verde cigolò sui suoi cardini quando un servitore
l'apri,
accompagnando il gesto con un movimento plateale del braccio. La
Priora Adeliz impiegò qualche istante ad abituare gli occhi
alla
luce penetrante dell'esterno, così in contrasto con la
penombra in
cui versavano perennemente le sue stanze. La donna che aveva di
fronte, valutò Adeliz, era giovane. Vestita con abiti
pratici che le
avevano permesso di coprire la non indifferente distanza che separava
il monastero dalla Cittadella di Letha, la delegata indossava uno
spesso mantello verde e il cappuccio calato sulla fronte.
Entrò a
passo deciso, in un modo che non piacque alla Priora. Cosa si
insegnava alle ragazze in quella terra selvaggia e amorale? Ad essere
sfrontate e sfacciate come quella ragazza? Comportamenti ben
più
adatti a un uomo, questo era certo! Quando la donna le porse la mano,
Adeliz la strinse senza preoccuparsi di nascondere uno sguardo di
riprovazione all'abbigliamento e ai modi della sua ospite.
Perché la
delegata non indossava un semplice abito da cavallerizza,
bensì un
paio di pantaloni da uomo. Adeliz si disse che se fosse dipeso da
lei, mai e poi mai avrebbe permesso a quella donna di portare via una
delle sue protette. Se ne avesse avuto il potere avrebbe tenuto
ognuna di quelle giovani al sicuro tra le mura del monastero,
insegnando loro una vita di modestia e rettitudine.
Ed
invece ecco che si
presentava alla sua porta una donna abbastanza giovane da poter
essere sua figlia, che la guardava da pari a pari, quasi con
arroganza, e che incarnava tutto ciò che lei più
temeva della
sregolatezza e della lascivia del mondo esterno.
Tuttavia
si impose di essere
cortese e salutò la donna con un cenno misurato del capo.
“Benvenuta
ad Argoer,
delegata” disse con voce piatta. “Avete fatto un
lungo viaggio
fin da Letha.”
“Eterno,
oserei dire!”
commentò l'altra, scoprendo finalmente il capo e sfilandosi
i
guanti, che porse con noncuranza al servitore che l'accompagnava.
“Ma
vi ringrazio per il vostro caloroso benvenuto.”
Che
ci fosse una traccia di
sarcasmo in quelle parole? Adeliz ne ebbe il sospetto, ma non
riuscì
a stabilirlo con certezza. Preferì soprassedere.
“Il
mio nome è Siobhan
della Quarta Stella” si presentò infine la donna.
“Siete
molto giovane”,
commentò la Priora.
“Vi
assicuro, Priora, che
sono più che qualificata a portare il mio titolo... e a
portare a
termine questa missione” ribatté la delegata senza
scomporsi.
Adeliz
rimase in silenzio
qualche secondo, annuendo quasi impercettibilmente con il capo.
Quindi si riscosse e disse, con perfetta cortesia: “Sarete
stanca... lasciate che vi faccia preparare una stanza.”
Siobhan
fece un gesto di
diniego. “Vi ringrazio, ma intendo ripartire
subito.”
“Subito?”
L'anziana
donna era scandalizzata. “Ma sono più di otto
settimane di viaggio
per tornare a Letha. Non sentite il bisogno di riposarvi?”
Siobhan
scoppiò a ridere.
“Vedo che non avete davvero fiducia nelle mie
capacità, Madre.
Sono stata addestrata per questo, e il mio compito è
riportare la
ragazza a Letha il prima possibile. Gradirei però, se non vi
spiace,
avere qualche informazione su di lei.”
“Ma
certo, prego
accomodatevi” disse Adeliz, indicandole due comode poltrone
di
pelliccia di fronte al camino. Batté le mani e il servitore
si
avvicinò solerte.
“Fai
portare una coppa di
vino zuccherato per Lady Siobhan. Forza, che aspetti?”
Siobhan
sprofondò grata
nella poltrona assegnatale, allungando le gambe verso il fuoco.
Fortunatamente quella missione non le era stata assegnata d'inverno,
almeno di questo poteva essere grata. Se fosse stato così,
se avesse
dovuto avanzare nella neve alta e in mezzo alle bufere di neve,
avrebbe dovuto usare gran parte della sua energia mentale per isolare
se stessa e il suo servitore dal freddo, e avrebbe proceduto ad un
ritmo molto più lento.
“Volevate
sapere della
ragazza...” cominciò Adeliz, sedendosi accanto e
lei e posando le
mani rugose compostamente in grembo.
“Avete
qualcosa di
particolare da comunicarmi su di lei? E' indisciplinata? Crea
problemi?”
Dritta
al punto, pensò
Adeliz piccata.
“Marissa
è una brava
ragazza, delegata. Ha buon cuore, ma tende spesso a violare le regole
del monastero. È refrattaria all'autorità e ha
avuto spesso scontri
con le sue insegnanti e con la responsabile del dormitorio, sorella
Jania. Ma è sveglia e intelligente e apprende davvero in
fretta.”
“Ha
qualche parente in
vita?”
“Non
che noi sappiamo. È
un'orfana, per quanto ci concerne; sotto la nostra autorità
da
quando fu portata qui da neonata, come tante delle nostre protette,
d'altra parte.”
“Il
fatto che sia così
indisciplinata non è promettente...”
commentò Siobhan assorta.
“Ma a questo provvederemo noi all'Accademia. C'è
altro che
dovrebbe interessarmi, Madre?”
Siobhan
credette di cogliere
una lieve esitazione nella voce della monaca. “No, credo di
avervi
detto tutto. Volete che la faccia convocare ora?”
“No”
rispose Siobhan
alzandosi in piedi. “Preferisco che mi portiate da lei.
Voglio
vedere con i miei occhi l'ambiente in cui è
cresciuta.”
Nota
dell'autrice: Questa
è la
prima volta che mi cimento con una storia fantasy e non so bene dove
mi porterà questo tentativo. Questa storia è nata
così, d'impulso,
e forse avendo già un'altra storia in corso avrei dovuto
aspettare a
pubblicare ma, anche se non potrò aggiornare velocemente, ho
voluto
comunque buttarmi e vedere se la storia poteva riscuotere interesse.
E' tutto molto nuovo per me, quindi mi farebbe piacere sapere se vi
piace o se sto toppando alla grande^^.
Alla
prossima
Eilan
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