Io e Pandora

di Keyrim
(/viewuser.php?uid=739679)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lo seguo rimanendo a distanza di circa due passi, superiamo la specie di dormitorio del mio gruppo proseguendo dritti fino alla fine del gelido corridoio.
Sento gli altoparlanti richiamare con voce ferma i soggetti 02. 
Svoltiamo a destra, lui apre la prima porta in metallo sulla sinistra con un passe-partout e mi invita ad entrare con un gesto della mano. 
La stanza in cui mi ha condotta ha l’aspetto di un semplice studio appena ripulito. 
L’odore di alcool rosa mi investe violentemente dandomi un lieve senso di nausea che mi fa storcere istintivamente il naso. 
Ci sono diversi fascicoli sulla scrivania posti ordinatamente in un porta documenti di metallo.
Non riesco a distinguere completamente le parole a causa dei capelli che mi coprono gli occhi. 
Sento la serratura scattare alle mie spalle e il rumore dei suoi passi dall'andatura pesante ma decisa farsi sempre più vicini.
La sua mano destra e la sinistra si posano sulle mie esili spalle, sono molto più grandi rispetto a quelle di mio fratello e le sue dita lunghe ed ossute terminano con delle unghie corte e curate. 
«Qual è il tuo nome?» Mi domanda con la freddezza di un padre severo, il mio. 
«Tiara Mander.» Rispondo senza voltarmi. 
«Sai perché sei qui?» Mi chiede. 
«No.» Affermo.
La parete che osservo è adornata da una lavagna di sughero a cui sono affisse diverse foto di giovani come me.
Scorgo la mia nell'angolo in basso a destra, è l'unica ad essere fissata con una puntina bianca. 
«Ti interessa saperlo?» Mi domanda. 
Scuoto la testa in segno di negazione, lo sento annuire pensieroso. 
«Tu sei niente.
Sei senza personalità, senza scopo.
Tu non sei nemmeno Tiara Mander, sei solo un corpo vuoto.» Mi sussurra all’orecchio. 
La grande quantità di mentine che ha ingerito non è in grado di mascherare il suo presente da fumatore accanito che invade prepotentemente il mio naso lasciandomi, però, indifferente. 
Immagini e ricordi un tempo pieni di significato e sentimento scorrono davanti ai miei occhi senza che io ne sia minimamente influenzata. 
«E quindi? Non mi importa.» Commento voltandomi verso di lui. 
«A te non importa di niente, nemmeno di te stessa.»  Aggiunge squadrandomi. 
«Forse.» Replico. 
«Forse?» Ripete inarcando lievemente il sopracciglio.
Sembra sorpreso. 
«Si.» affermo convinta. 
Un sorriso accennato compare sul suo volto, non ne comprendo né il motivo né il sentimento scatenante. 
«Torna dal tuo gruppo.» Mi dice facendomi cenno con la mano, senza dire una parola gli passo accanto dirigendomi alla porta che scopro essere apribile senza chiave dall'interno. 
Girato l’angolo vedo Pandora ferma al centro del corridoio. 
Passano alcuni secondi durante i quali continuiamo a fissarci senza muovere un muscolo e, nonostante la mia folta frangia, sento che lei mi sta guardando dritta in quegli occhi da me ormai dimenticati.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3510307