Arrivammo a destinazione
verso
mezzogiorno. Appena scesi dal treno Nami disse di dover andare a
comprare dell'acqua, così io e Kim rimanemmo soli in uno
spiazzo
davanti al negozietto. Il silenzio era sceso su di noi. Io non sapevo
cosa dire. Del resto mi chiedevo cosa sarebbe successo... Insomma
l'avremmo lasciato a casa sua, saremmo tornate in Corea, avremmo
cercato un modo per tornare ai nostri giorni... e poi...
Già, e poi?
Bella domanda.
Avrei tanto voluto
rispondere. Mi
sarebbe piaciuto potermi avvicinare di più a Wonshik,
conoscerlo
meglio. Almeno dopo tutto il tempo passato con suo nonno io sentivo
come se il mio destino fosse in qualche modo legato ed intrecciato al
suo... però lui non era suo nonno. E dovevano passare ancora
molti
anni prima che lui nascesse e probabilmente a quel punto suo nonno
avrebbe dimenticato la mia faccia o forse più semplicemente
non
avrebbe trovato quest'episodio così interessante da essere
raccontato ad un bambino.
Che stupida! Come potevo
anche solo
immaginare che potesse ricambiare i miei sentimenti solo
perchè
avevo conosciuto suo nonno?!
Mentre mi stavo
autocommiserando
amaramente per la mia ritardataggine (?) sentii qualcuno dietro di me
e mi girai ritrovandomi a pochissimi centimetri di distanza da Kim.
Ero troppo impegnata ad insultarmi per essermi accorta in tempo di
lui e ritrovarmi così vicina a lui di certo non
aiutò il mio cuore
a riprendersi dal mini-infarto che aveva già preso. Insomma
era come
se mi fossi trovata davanti a Wonshik!
Solo in quel momento mi
accorsi che in
effetti si era chinato verso di me e mi guardava sogghignando.
“Che... che
c'è?” chiesi
arrossendo inevitabilmente.
“Per caso mio
nipote non ha ancora
avuto il coraggio di dichiarartisi?”
“Eh?!?”
cosa?!? Ma di che sta
parlando?!
“Ti
piace non è
vero?” insisté ampliando ancora di più
il sorriso.
“Non
capisco di
cosa stai parlando...” Sì, certo... e
mia sorella è Babbo
Natale...
“Avanti
è ovvio!
Voi due vi piacete! Insomma, guardati, stai diventando un pomodoro.
Senza contare che anche a me piaci molto! Poi, dato che mi hai detto
che assomiglio non solo fisicamente ma anche psicologicamente a mio
nipote, allora vuol dire che anche lui ha perso la testa per te. E
non provare a negarlo, si vede benissimo!” Ok, a questo punto
il
mio cuore era andato in vacanza... e s'era preso su pure le valige!!
Non aveva alcuna intenzione di tornare al suo posto... sigh...
“E
va bene, e va
bene... lo ammetto mi piace tuo nipote. Però non parliamone
più.”
E così incrociai le braccia girandomi dall'altra parte.
“Ma
adesso non
c'è bisogno di parlare...” sussurrò con
voce roca.
Mi
voltai di scatto
ritrovandomi il suo sguardo fisso nei miei occhi. E fu in quel
momento che mi baciò.
Il
mondo si era
fermato. C'eravamo solo io e lui. Pian piano mi sciolsi e chiusi gli
occhi.
Le sue
labbra, che
prima si erano limitate ad un semplice bacio a stampo, iniziarono a
muoversi, chiedendomi dolcemente il permesso per entrare. A quel
punto dischiusi leggermente la bocca e sentii il suo profumo
inebriante invadermi e riscaldarmi. Mosse piano la lingua facendola
passare sui denti per poi esplorare più in
profondità. Anch'io
allora iniziai a cercare di seguire il suo ritmo muovendo la mia
lingua in sincronia con la sua e dando inizio ad una specie di danza.
Intanto senza accorgermene avevo sollevato piano le mani, facendole
passare delicatamente sul suo torace, sentendo i suoi muscoli
guizzare sotto il mio tocco, per poi intrecciarle con alcune morbide
ciocche dei suoi capelli. Lui nel frattempo aveva appoggiato una mano
sulla mia schiena e l'altra teneva saldo un fianco. I nostri corpi si
completavano a vicenda alla perfezione. Non mi ero mai sentita
così
tanto protetta, tranne quella volta in cui Wonshik mi aveva
abbracciata da dietro dopo essersi allenato lamentandosi del suo duro
lavoro (facendo andare K.O. il mio cuore... inutile anche dirlo).
Probabilmente non se ne era accorto ma è stato quello il
momento in
cui capii veramente di essermi presa una bella cotta per il
“Lucky
Boy” dei VIXX.
“Avete
finito voi
due piccioncini?”
Ci
staccammo
all'istante sorpresi dall'arrivo di mia sorella la quale ci stava
guardando con aria annoiata.
“Ho
sempre
detestato essere il terzo incomodo, quindi se proprio dovete sfogarvi
trovatevi una stanza, ok?”
Scoppiammo
tutti a
ridere. La solita guastafeste.
“Vedi
di dirgli
tutto ciò che provi, va bene?” mi disse Wonshik
mentre il treno
iniziava a muoversi.
“Ma
come?! Non è
detto che sia come dici tu! Magari per lui sono solo
un'amica!”
“Non
è vero.
Fidati!”
“E
va bene, farò
del mio meglio...”
“Così
va bene.
Mi raccomando. Fighting!”
“Sì,
ok. Allora
ci vedremo fra un bel po'. Vedi di innamorarti di qualcuna,
altrimenti se non ritrovo Wonshik dove l'ho lasciato vengo a
cercarti! É una minaccia!”
“Ok!
Ciao!”
urlò mentre ormai il treno si stava allontanando
“Ciao!”
- - -
Arrivate
a casa ci
mettemmo disperatamente a cercare in tutte le biblioteche possibili
una qualsiasi informazione che ci permettesse di tornare al nostro
tempo.
Passarono
tre mesi.
Fu
molto difficile
riuscire a trovare un modo per tornare ma finalmente in un vecchio
libro trovammo oltre a due millepiedi stecchiti la risposta al nostro
dilemma. In realtà non dovevamo assolutamente fare nulla per
tornare
indietro ci bastava aspettare poche settimane e si sarebbe verificata
un'altra modificazione nel tempo che ci avrebbe riportate a casa.
Ammetto
che è
stato interessante vivere quest'esperienza, del resto è
stato come
aver studiato storia a scuola a livello di informazioni
ricevute…
ma vivendo queste situazioni non permetteva solamente di comprendere
gli avvenimenti storici, ci permise soprattutto di capire
profondamente e dal vivo tutto ciò che la gente comune
pensava
veramente: i libri di storia sono limitativi, ma anche i romanzi
storici lo sono spesso, purtroppo.
Per
esempio,
prendendo il considerazione la condizione femminile: uno dei motivi
per cui ci fu più difficile trovare le nostre risposte fu
che, nel
momento in cui volevamo informarci leggendo libri, in pochissimi
accettavano il fatto che delle donne potessero essere abbastanza
intelligenti da leggere dei libri riguardanti materie scientifiche.
Nei libri di storia non viene fuori questo aspetto così
desolante e
duro della vita delle donne dell'epoca…
Finalmente
tornammo
a casa, nel nostro appartamento a Seoul, una mattina di dicembre.
- - -
La vita
ricominciò
tranquilla come prima, Nami continuava a lavorare come insegnante di
inglese ed io continuavo a frequentare l'università in
contemporanea
al mio lavoro part-time di cameriera al bar dell'edificio della
Jellyfish (mi son sempre chiesta da dove questo nome saltasse
fuori...).
Passarono
due
settimane prima di rivedere Wonshik. Fu difficile stargli vicino. Era
venuto insieme ai suoi compagni al bar dove lavoravo: nel momento in
cui li vidi entrare, dire che volevo scappare a gambe levate
dall'uscita sul retro sarebbe stato un eufemismo. In effetti l'unico
motivo per cui restai fu per non far venire un infarto al cliente a
cui stavo servendo un drink.
Si
sedettero tutti
ad un tavolo e, dato che l'altro cameriere era già occupato,
andai
verso di loro, con penna e taccuino in mano e col cuore in gola.
Mi
salutarono tutti
in coro, tranne Wonshik, che aspettò che gli altri avessero
finito
per salutarmi per bene. Sempre il solito gentiluomo.
Presi
le loro
ordinazioni e mi diressi verso la cucina, sentendo il suo sguardo su
di me (o almeno... questo è quello che il cuore voleva
credere,
mentre la testa mi diceva ben altro).
Appena
il cuoco
ebbe finito di preparare tutto, recuperai il vassoio con su cibi e
bevande e lo portai al loro tavolo (cercando di non cadere).
“Perchè
non ti
fermi un attimo con noi?” Chiese il leader, Hakyeon.
“Non
credo che il
capo mi possa permettere una pau...”
“Scherzi?!
Riposati pure un po'! Il tuo turno, tra l'altro, sta anche per
finire.” Disse improvvisamente il mio capo che giusto in quel
momento stava passando dietro di me, dandomi anche un pacca sulla
spalla.
“Beh,
allora
suppongo che possa andar bene...” Dissi poco convinta. Bene?!
Altro
che bene! Il posto libero era giusto accanto a lui! Volevo
sprofondare sotto terra...
“Allora?
Come va
da queste parti? Noi siamo appena tornati da un viaggio in Cina per
la promozione dell'ultimo album.” Chiese Hongbin.
“Abbastanza
bene.
Nami ha appena ricevuto la notizia che il liceo ha accettato la sua
richiesta. Dal prossimo anno potrà insegnare al liceo e non
più
alle medie.”
“Era
il suo sogno
vero? Dev'essere molto contenta.” Chiese Jaehwan sorridendo.
Aveva
un cotta per mia sorella. Lo sapevamo tutti, tranne lei ovviamente.
“Sì,
sì è
molto contenta.”
“Tu invece? Ti stai preparando per gli esami
di gennaio?” Mi chiese Wonshik, improvvisamente rivolgendosi
verso
di me e facendo andare in tilt la mia testolina per qualche secondo.
“Sì,
infatti
dopo questa settimana ho chiesto al capo di lasciarmi libere le
vacanze. Non credo che sarei riuscita a conciliare lo studio con il
lavoro.”
“Se
hai bisogno
di una mano per studiare sappi che io ci sono. Ci hanno lasciato un
periodo di vacanze proprio adesso.” A questo punto credo
seriamente
di essere rimasta senza il cuore, se n'era andato stufo delle mie
emozioni troppo forti.
“Ci mancherebbe altro! È da luglio che
stiamo lavorando senza sosta! Spesso ci chiamano anche per i
weekend.” Esclamò, un po' arrabbiato, Sanghyuk.
“Grazie
per
l'offerta, ma credo sia meglio lasciarvi riposare.” Sorrisi a
Wonshik, sperando di avergli trasmesso la mia gratitudine.
Continuammo
a
parlare ancora per un quarto d'ora, quando mi accorsi che ormai era
ora di tornare a casa. Il frigo era rimasto vuoto e avevo promesso a
Nami che sarei andata io a fare la spesa.
Mi
alzai dal tavolo
dopo averli salutati e, presa la borsa, andai verso il centro. Non
potevo fare a meno di ripensare a come Wonshik fosse stato
così
gentile da offrirsi per darmi una mano. Stentavo ancora a crederci.
Stavo cercando di rivivere quel momento nella mia testa per non
scordarlo più quando sentii chiamare il mio nome da dietro.
Mi girai e mi
trovai di fronte lui. Sembrava che avesse corso per raggiungermi.
“Hai
detto che
dovevi andare al supermercato? Posso accompagnarti?” Ci fu un
attimo di pausa. “Cioè devo... comprare anch'io
qualcosa
comunque... Quindi... Se non ti dispiace...”
“No
figurati!
Anzi mi fa piacere!” Cercai di non sembrare troppo
entusiasta.
Forse avrei trovato il momento giusto per confessarmi... O forse no?
Ripensandoci... credo proprio che non sarei riuscita a dirgli niente
dei miei sentimenti. Conoscendomi sarei svenuta sul colpo. In ogni
caso di certo un supermercato non è l'atmosfera
più adatta per
confessarsi. Con questo pensiero mi misi l'anima in pace.
Camminammo
insieme,
parlando ogni tanto, anche se spesso preferivamo stare in silenzio.
Erano
ormai le sei
e mezza e il sole aveva deciso di lasciare il cielo già da
un po',
permettendo al buio di subentrare al suo posto.
Senza
che neanche
me ne accorgessi eravamo già arrivati al negozio, dove
Wonshik mi
aiutò a scegliere la carne e le verdure che sembravano
migliori.
Dietro alla cosa per la cassa però mi venne in mente che
aveva detto
che voleva comprare anche lui qualcosa.
“Non
avevi detto
che volevi prendere qualcosa?” Mi guardò un
attimo. Sembrava che
non avesse capito. Poi però si riprese e rispose:
“Sì!
Sì...
Giusto... Devo prendere...” E senza terminare la frase
iniziò a
correre finchè sparì in un corridoio.
Intanto
avevo
raggiunto la cassa. Stavo pagando, quando, tutto trafelato,
arrivò
anche lui, trovando però la cassa senza coda e quindi
depositando
sul bancone un pacchetto di biscotti.
Quando
finì di
pagare gli chiesi:
“Hai
fatto tutta
questa strada per un pacchetto di biscotti?”
“Beh...
mi
piacciono molto.. eheh” Rispose, portando un mano dietro al
collo.
Molto sospetto il ragazzo. Lasciai perdere la cosa e ci dirigemmo
sulla strada del ritorno.
Ad un
certo punto
arrivammo ad un incrocio, dove, se non mi ricordavo male, lui avrebbe
dovuto girare per tornare a casa sua.
“Non
devi girare
adesso?” Gli chiesi.
“In
realtà...
posso accompagnarti ancora un po'? Anzi... poco più avanti
c'è un
parchetto. Devo dirti una cosa, ma forse è meglio che prima
ci
sediamo da qualche parte...”
Non mi
guardava
negli occhi e sembrava imbarazzato. Chissà cosa voleva
dirmi...
Però, devo ammettere che le sue parole e il suo
atteggiamento di
quel pomeriggio sembravano tradirlo: forse... forse suo nonno aveva
ragione... forse anche suo nipote provava qualcosa per me. Fu
difficile cercare di tenere a freno la speranza mentre ci
appoggiavamo ad una staccionata che si affacciava ad un fiume.
Mi
girai verso di
lui e vidi che era arrossito,appoggiato a braccia conserte sulla
staccionata. Era bellissimo...
“Senti...
Chiara... Io... Allora... Mio nonno...” Il cuore mi si
fermò.
Chissà cosa gli aveva detto?! “Mio nonno ha detto
che... che...”
Si girò verso di me. Eravamo più vicini di quanto
credessi.
Mi
guardava negli
occhi stavolta e senza rendermene conto i nostri visi si stavano
avvicinando.
Vedevo pian piano il paesaggio intorno riflesso nei
suoi occhi, fino a che...
Le
nostre labbra si
incontrarono. Nessuno di noi due osava muoversi. Mi staccai e riaprii
gli occhi. Gli sorrisi.
“Cosa
ti ha detto
tuo nonno?” Dissi in un soffio di voce.
“Che
tu eri
quella giusta.” Sussurrò, con gli occhi appena
socchiusi. Poi mi
rivolse il più bel sorriso che avessi mai visto. Si
girò del tutto
verso di me e, prendendomi per i fianchi, mi sollevò in aria
e mi
fece girare due volte prima di depositarmi sulla staccionata.
Non
avevo smesso di
ridere un momento da quando mi aveva presa in braccio. Anche lui non
aveva smesso di sorridere. Mi trovavo più in alto di lui
adesso e
posai le mani sulle sue spalle, mentre lui aveva appoggiate le sue
sulle mie cosce e mi guardava dal basso.
Stavolta
presi io
l'iniziativa. Se il ragazzo non si sbrigava non ce la si cavava
più.
Lo
baciai io.
Piano. Avevo comunque paura, nonostante l'impazienza. Ma questa volta
non fu un semplice bacio a stampo. Mi sembrava di rivivere le stesse
emozioni provate con suo nonno. Ma era diverso. Non era come vivere
un sogno. E questo era confermato da tutto, dal suo sapore al profumo
di shampoo dei suoi capelli che mi inondavano mandandomi in vacanza
il cervello e facendomi salire i battiti cardiaci. Era ancora meglio
che baciare suo nonno. Era come se tutta l'essenza di questo ragazzo
fosse stata destinata a me e soltanto a me. E mi esaltava ancora di
più sapere che, forse, avrei passato una vita con lui. Una
vita con
Wonshik.
Ebbi
improvvisamente bisogno di respirare. Mi allontanai quasi a forza e
appoggiai la fronte alla sua. Meno male che ero seduta. Non sentivo
più le gambe.
Intanto
notai che
le sua mani erano salite e adesso mi cingevano saldamente i fianchi.
Le mie dita invece avevano già trovato il loro lavoro,
intrecciandosi con le ciocche dei suoi capelli, che adesso erano del
loro colore naturale. Neri.
Non
c'era una
nuvola e la luna era alta in cielo, rischiarando il suo volto e
riflettendosi nei suoi occhi. Era difficile recuperare il fiato in
questa situazione. Anche lui però non sembrava messo meglio
di me.
Senza rendermene conto avevo scompigliato i suoi capelli e anche il
suo giubbotto si era stropicciato. Chissà io com'ero
conciata.
Rimanemmo
così per
un po'. Lui ogni tanto mi baciava mentre io gli accarezzavo prima i
capelli poi il collo e le guance, fredde per il vento pungente. Non
smettevamo mai di sorridere.
Questo
durò un
po', finchè le sue labbra trovarono altri posti: si
spostò dalle
labbra e concentrò la sua attenzione verso il mio collo.
Partì da
sotto al mento, poggiando una mano sulla mia nuca e costringendomi a
sollevare la testa per lasciargli libero accesso. Lentamente
tracciò
una scia di baci fino a dove la pelle era coperta dal cappotto. Poi
tornò su, soffermandosi su ogni tratto di pelle come se
volesse
assaporarla, mordicchiandomi delicatamente, lasciandomi riscaldata,
nonostante la temperatura, ma con la pelle d'oca. Finì
baciandomi di
nuovo sulle labbra. Ormai non c'era più un centimetro di
spazio
vuoto fra noi. Si era avvicinato al mio corpo facendosi spazio tra le
mie gambe che si erano appigliate ai suoi fianchi, mentre un suo
braccio era avvolto intorno a me e mi spingeva contro il suo petto
facendomi inarcare la schiena. L'altra mano invece aveva trovato
posto sul lato del mio viso, mentre ricambiava le carezze ricevute
prima da me. Intanto anche le mie braccia, come le gambe, si erano
avvinghiate a lui, portandolo, se era possibile, ancora più
vicino a
me.
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