CLOMP
CLOMP
CLOMP
Silenzio.
Il
castello di Tartaros era silenzioso come non era mai stato.
Ogni
stanza, ogni corridoio, ogni angolo era addormentato in quel teatro
spento.
CLOMP
CLOMP
CLOMP
L'unica
cosa che interrompeva quell'assordante nulla era il lento e scandito
rumore di passi che percorreva il lungo corridoio principale fino ad
arrivare alla sala del trono; e fu proprio davanti ad essa che anche
quell'unico suono cessò.
La
figura si guardò intorno.
La
stanza del trono consisteva in una grande sala a tre navate, le cui
pareti erano solcate da pilastri verticali; al centro del muro di
fondo, circondata da alcune nicchie e da alcune statue demoniache,
sorgeva una corta scalinata che portava ad una piccola costruzione
cubica, incastonata nel muro, la cui facciata principale era aperta
e, dietro ad alcune tende, sorgeva un maestoso trono dallo schienale
trapezoidale, i cui bordi, come i poggi per le braccia, erano
adornati da orridi teschi deformi e da distorte ossa umanoidi.
La
figura fissò il trono per un po', poi salì la
rampa e vi si trovò
davanti.
Si
girò, si sedette e mise le braccia sui braccioli,
appoggiando la
testa sullo schienale e tirando un lungo sospiro rilassante.
Ma,
insoddisfatto, decise di cambiare posizione, e si sdraiò di
lato,
appoggiando un gomito sul sostegno destro e le gambe sull'altro,
mentre col pugno chiuso si teneva la guancia.
-È
ancora scomodo.-.
CLOMP
CLOMP
Una
seconda sagoma emerse dal buio, fermandosi nell'invisibilità
della
penombra; ma l'altro poteva facilmente vedere il sorriso, anzi il
ghigno, a metà strada tra la soddisfazione e la noia, che
gli
rivolgeva beffardamente.
-Zeref.-
Commentò freddamente il primo.
-Perché
questo trono è così scomodo?-.
-Non
saprei proprio.- Rispose l'altro, uscendo dall'oscurità: era
un ragazzo giovane, se così si poteva dire per quel mago
immortale,
dai capelli corti e neri e gli occhi scuri; indossava un vestito nero
a collo alto con finiture d'oro, adornato da un drappo bianco, e al
collo portava una collana con un ciondolo.
-Solo
Mard Geer avrebbe potuto risponderci, in effetti.-.
-Già,
peccato tu l'abbia ucciso.- Replicò gelido l'altro.
-Perché?-
Chiese poi: -Era un ottimo demone, un eccelso combattente e stratega,
e un mio compagno.- calcò sull'ultima parte.
Zeref
allargò un po' quell'irritante sorriso.
-I
suoi obbiettivi non coincidevano più con i miei. Non
è più mio
desiderio morire, ma distruggere; pertanto, lui era una minaccia per
me, perché era uno dei pochi che poteva uccidermi.-.
-Lo
sono anch'io, eppure non mi hai ucciso; anzi, se sono di nuovo in
possesso di questo corpo lo devo a te.-.
-Perché
di te mi fido.- Fu la risposta.
Le
mani dell'altro si contrassero bruscamente, come in un raptus d'ira,
ma subito si rilassarono.
-Capisco.
Ti fidi, eh? È importante avere qualcuno di cui fidarsi...-.
Zeref
piegò la testa di lato.
-E
ora che sei tornato, che cosa farai...-.
-...E.N.D.?-.
La
figura si sporse in avanti, rivelando il suo volto.
Era
un ragazzo giovane quanto l'altro, ma molto diverso: corti capelli
rosso fuoco appuntiti, occhi scarlatti e saettanti, un lungo mantello
nero pece e un paio di pantaloni dello stesso colore lacerati in
più
punti, alle braccia e al petto numerose fasciature, ai polsi due
bracciali neri puntati di ferro e alla vita una cintura uguale ai
questi ultimi; ai piedi, infine, sandali di cuoio scuri, anch'essi
con le punte nei lacci.
Il
ragazzo abbozzò un sorriso, diverso da quello dell'altro: in
parte
divertito, in parte malefico.
Si
leccò le labbra, famelico, colto da un'improvvisa e ben
accolta
eccitazione.
-Ora
inizia il divertimento!-.
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