STORIE
DALL'ALTRO MONDO
PRESENTAZIONE
Isabeau,
una scrittrice di racconti fantasy, riceve visite inattese –
e non
necessariamente gradite –. Che cosa mai vorranno da lei,
questa
volta? E perché proprio in quel momento, quando
invece dovrebbe
assolutamente portare a termine il suo lavoro, in fretta, prima che
l'editore inizi a tramare vendetta contro di lei. Isabeau si augura
solamente di non finire nuovamente nei guai, come già
successe
dodici anni prima; ma per come si stanno mettendo le cose, ci crede
poco.
PROLOGO
L'unico
suono distinto che si poteva percepire all'interno della camera,
illuminata dal sole invernale che irrompeva dall'ampia finestra, era
il rapido ticchettare dei tasti del portatile. Tutto il resto era
assoluto silenzio e dedita concentrazione.
Fuori
dalla finestra il pomeriggio era freddo e ventoso, ma all'interno
della camera la temperatura era piacevolmente tiepida e l'aria
profumava alternativamente di tea verde al gelsomino oppure di
zenzero e cannella, in base alle voglie del momento di chi sedeva di
fronte allo schermo del PC.
Si
trattava di una giovane donna dall'incarnato pallido incorniciato da
lunghi capelli neri – al momento tenuti a bada da un sottile
fermaglio di metallo argentato – e dagli occhi verdi, la cui
attenzione era tutta per ciò che le sue dita riportavano
fedelmente
all'interno del documento di scrittura ora aperto sullo schermo.
L'instancabile
ticchettio proseguì spedito per diversi minuti ancora,
riempiendo
fittamente pagine e pagine di densa scrittura. Tuttavia d'un tratto,
bruscamente, venne interrotto mentre la sedia girevole scivolava
all'indietro e l'occupante si voltava rapidamente alle proprie
spalle.
«Chi
diamine sei, tu? E perché accidenti sei qui?»,
sbottò la donna,
piantando duramente lo sguardo sulla figura da poco comparsa nella
sua stanza.
Il
nuovo arrivato – ma evidentemente affatto atteso –
aveva
l'aspetto di un uomo normale, di mezza età – forse
–, abbigliato
di grigio alla moda di un impiegato di banca – compresa la
valigetta portadocumenti – e con un paio di occhiali dalla
montatura nera appesi al naso. Il problema non era il suo aspetto, ma
piuttosto il fatto che trenta secondi prima non si trovava
lì e che
non era affatto entrato dall'unica porta presente nella camera
– né
tanto meno dalla finestra al settimo piano –.
La
donna, dato che non aveva ancora ottenuto alcun genere di risposta, e
dato che insieme alla pazienza stava perdendo anche una gran
quantità
di tempo prezioso, dovette alzarsi in piedi ed insistere.
«Mi
hai sentita? Capisci la mia lingua?».
«Sì,
certo. Capisco perfettamente», si decise, finalmente, a
rispondere
lo sconosciuto.
La
donna aggrottò le sopracciglia ed irrigidì la
mascella, prima di
berciare, «E allora che cavolo aspettavi a rispondermi?
L'invito
ufficiale?!».
«Beh,
uhm... Ero solo sorpreso», provò maldestramente a
difendersi lo
sconosciuto.
«Ma
sorpreso di cosa?!», si infuriò a quel punto la
donna. «Questa,
fino a prova contraria, è casa mia. Tu sei entrato senza
invito, non
io!».
«Ma
appunto...», riprovò quello. Tuttavia non
poté in alcun modo
continuare perché lei riprese la parola, ancora
più seccata
di prima.
«Senti,
io ho da fare. Il lavoro non si conclude di certo da solo. Se non
arrivi al sodo in fretta ti assicuro che, demone o non demone, ti
sbatto fuori! Chiaro?!», strillò a quel punto.
«Come
fai a saperlo?», si sorprese di nuovo l'altro.
«Ma
sei stupido o cosa? Sei comparso dal nulla – puff!
–, e
hai un aspetto talmente mediocre e insignificante... Avete dei gusti
orrendi, lasciatemelo dire. Se io fossi un demone e potessi
modificare il mio aspetto esteriore a piacimento, andrei in giro con
abiti di alta sartoria e accessori costosi, giusto per fare una buona
impressione e togliermi qualche sfizio. Ma voi no, certo... Siete
così deprimentemente prevedibili e noiosi! E tu,
addirittura,
scialbo», rincarò.
«Ehi!»,
si offese – alla buon'ora – lui. «Come
osi, infima umana?!».
«Oh,
ma sta' un po' zitto, idiota! E per carità, sparisci, prima
che mi
saltino i nervi e ti prenda a calci».
Lo
sconosciuto – il demone – avrebbe voluto ribattere,
ma quella
pazza – come l'aveva appena soprannominata nella
propria testa
– gli aveva lanciato in testa il thermos d'acciaio, che si
era
aperto e aveva riversato su di lui il proprio bollente contenuto,
ustionandolo.
«Ahu!
Brucia! Tu sei pazza, donna!», si lamentò lui.
«E
tu sei idiota. A ognuno il suo», replicò
prontamente lei. «Ora
evapora, o ti assicuro che ti pentirai amaramente di essere ancora
vivo», era stata l'aperta minaccia, che lui –
miracolosamente –
sembrò recepire al volo, scomparendo rapidamente in un fioco
puff.
«Era
ora», sbuffò lei, rammaricandosi unicamente di
aver sprecato
dell'ottimo tea verde.
Infine
aveva ripreso posto alla scrivania e si era rimessa al lavoro di
buona lena.
|