Have a little fairy tale

di Cassie chan
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Le onde battono ritmicamente contro lo scafo, inargentato da una piccola e sorridente falce di luna. L’acqua produce un suono meraviglioso per le orecchie della ragazza, che sorride, sporgendosi per toccare con la punta delle dita la superficie dell’acqua. È fredda, rabbrividisce stringendosi nelle spalle, coperte da un piccolo vestito rosa con delle bretelle sottili di madreperla. Torna a guardare davanti a sé il ragazzo che sta remando con energia. Lui la guarda e le sorride, piegando la testa di lato. Poi le chiede: “Hai freddo?”.
Lei nega energicamente con il capo, è tutto così perfetto che le viene da piangere. Non riesce a distinguere bene nel buio il volto del ragazzo, ma sa benissimo di chi si tratta. Il ragazzo, di cui è innamorata; quello che quella stessa sera l’ha praticamente rapita, per farle una sorpresa. Oggi, tredici maggio… il giorno del suo compleanno. Si mette una mano tra i capelli ricci e castani, agitati da una piccola brezza, tipica di un lago montano nel mese di maggio.
“Avanti, Hermione, lo vedo che stai gelando!” sorride lui, mentre si sporge su di lei e le appoggia la sua giacca di panno azzurra sulle spalle. Lei sorride dolcemente, guardandolo, mentre lui si ritrae, riprendendo i remi tra le mani: “Sei sempre così orgogliosa… non è mica un reato avere freddo…!” prosegue lui, ridendo leggermente. Una risata innamorata, Hermione lo percepisce chiaramente. Una melodia celestiale nelle sue orecchie, una voce sicura e ferma che riesce a piegarsi in quella magnifica maniera, quando parla di lei oppure la guarda. Distoglie forzatamente lo sguardo da lui, mentre vede avvicinarsi la riva opposta del lago, che hanno iniziato ad attraversare una mezz’oretta prima. Un piccolo pontile di legno li sta aspettando. Raccoglie la sua piccola borsetta, e prende con particolare cura una scatoletta avvolta in una luccicante carta da pacchi celeste chiaro, che risplende luminosa nella notte primaverile. La apre con affetto ed accarezza con un dito i regali che lui le ha dato poco prima: una scatola di caramelle all’amarena di una marca particolare che lei adora, un rametto di fiori d’arancio, i suoi fiori preferiti. Lui la conosce così bene, sa tutto a memoria di lei. Sa i suoi gusti, le sue passioni, le sue esigenze; è la migliore cosa che le sia capitata, la tratta come una principessa. Sorride ancora, nelle narici il profumo di lui, muschio bagnato, lo riconoscerebbe tra mille.
Finalmente la piccola barchetta si ferma, e lui scende, attraccando. Lega la cima di una corda al pontile, poi le porge la mano, aiutandola a scendere. Mano nella mano, si incamminano diretti in un luogo che Hermione non conosce.
“Dove mi stai portando?” chiede lei, fiduciosa.
Lui sorride: “Sei troppo curiosa!”, si ferma all’improvviso e si guarda attorno. Hermione lo imita, ma vede solamente un piccolo boschetto, attraversato da un piccolo sentierino sterrato. Piccoli versi di animali notturni rompono la quiete notturna, odorosa di pioggia e profumo dei gelsomini notturni. Lui sorride tra sé e sé, e le lascia per un attimo la mano.
Si fruga nella tasca dei pantaloni ed estrae una sciarpa di seta bianca.
“E quella a che serve?”
“Adesso vedrai…” le risponde, mentre la raggiunge alle spalle e gliela lega attorno agli occhi. La bacia sulla guancia, facendola arrossire, e sussurra: “E’ una sorpresa, tesoro…”.
La trascina, tenendola per mano, attento che lei non inciampi. Salgono per un bel po’, lungo quelli che Hermione riconosce come piccoli sentieri di montagna. Li immagina bui e pieni di insetti, che lei detesta, e si stringe più forte alla mano di lui.
Finalmente lui si ferma. Le lascia la mano, ed Hermione rimane in attesa, attenta ad ogni singolo rumore. Lo sente armeggiare con qualcosa, poi il silenzio viene sostituito da qualcos’altro. Una canzone. La loro canzone. Quasi sobbalza, poi si porta le mani alla bocca, piccole lacrime di gioia negli occhi momentaneamente ciechi.
Lui le si avvicina, e le scioglie la benda. Mentre rimane alle sue spalle, stringendola per la vita con il viso al lato della sua guancia, Hermione vede finalmente dove sono, le note che ancora feriscono di dolcissimo dolore le sue orecchie e i suoi ricordi.
Lontana, nella vallata, si intravedono le luci luccicanti di Hogwarts, accompagnate a breve distanza da quelle di Hogsmeade.
Crede di riconoscere ogni luogo, lo soppesa con affetto, si volta e lo abbraccia forte, baciandolo con foga sulle labbra.
Lui sorride ancora, stringendola, e le sposta con affetto un ricciolo dalla guancia, dicendole: “Ti ho portato qui, perché tutto è cominciato qui… e vorrei che anche la nostra nuova vita cominciasse da qui… Hermione, mi vuoi sposare?”.
Lei scoppia a piangere, stringendolo ancora, mentre annuisce con il capo, incapace di parlare ancora. Le fa male la gola, e le parole non escono. Lo bacia con tutta la forza di cui è capace, abbracciandolo. Lui estrae dalla tasca una scatolina in velluto, che apre con un piccolo suono metallico. Sotto le stelle, nella notte, splende un altro astro, un piccolo diamante a forma di cuore che provvede ad infilarle all’anulare sinistro, mentre lei continua a piangere, le sue lacrime adamantine compagne delle stelle e del suo anello. Lo bacia ancora, mentre, come per magia, sente i piedi sollevarsi da terra e migliaia di lucciole apparire all’improvviso. Balla con lui la loro canzone, e luci di ogni foggia e natura splendono nei suoi occhi innamorati. E’ la sua fiaba. La sua piccola e stupenda fiaba.
“Ti amo Hermione…” le dice lui in un sussurro, mentre ballano sospesi nell’aria.
“Ti amo anche io…” si blocca a disagio, sta per dire il suo nome, ma non se lo ricorda. Terrorizzata, si stacca da lui, cadendo a terra. Prova dolore per la caduta, ma non è niente in confronto al suo sguardo ferito. Cerca di sforzarci, ma non c’è niente da fare. Il nome non le esce dalle labbra.
All’improvviso, tutto sembra distorcersi in un turbinio di colori. Hogwarts, Hogsmeade, la vallata, le montagne, il bosco… ed alla fine anche lui. Hermione piange disperata, poi urla di dolore, mentre anche lei si sente strappare via.
 
“Dean!” urlo, sobbalzando dal letto. Madida di sudore, allungo un braccio accanto a me, tra le lenzuola umide, solo per accorgermi che chiaramente lui non c’è.
“Che c’è?!” urla a sua volta lui dalla cucina.
Sospiro di sollievo, mi ha fatto prendere un colpo! Prima mi alzavo sempre io per prima, e adesso si diverte a fare il galletto che si sveglia alle sei e mezzo. E io mi alzo alle sette, non sono decisamente una dormigliona, anzi… se volessi, mi alzerei anche prima! Ma soltanto se volessi… in fondo, se non devo lavorare, essendo da ben tre mesi una disoccupata cronica, un’aspirante al sussidio mensile, un numero nell’ufficio di collocamento, e chi più ne ha più ne metta, che cavolo mi alzo a fare presto? Per girarmi i pollici, o per studiare?! Questo, prima lo facevo abbondantemente! Ma adesso che studio? L’orario dei treni, il ricettario di Suor Germana, o il catalogo di prodotti per la casa di Nonna Acetosella? E, comunque, nel caso ve lo state chiedendo, sì… non lo faccio perché li so già a memoria tutti e tre.
“Si può sapere che vuoi?! Mi hai fatto rovesciare mezza caraffa di succo di frutta!” sbraita ancora Dean dalla cucina. Mugugno nervosa, vai a vedere che l’aveva rovesciato già prima, ed ora dà la colpa a me! Un attimo, un secondo! Il succo di frutta! Quello all’ananas che, se non bevo alla mattina, mi viene una crisi nervosa?! Quello che centellino con sorsi di un millilitro per farlo durare di più?!!! E che tanto per cambiare, avendo finito i soldi, non potrò comprare fino al prossimo sussidio?! Quello, proprio quello?! L’UNICO VIZIO CHE HERMIONE JANE GRANGER SI CONCEDE NELLA SUA PICCOLA VITA??!!! IL SUO SOLO ED UNICO LUSSO?!!
Mi alzo dal letto che sono la brutta copia della strega di Blair. Quella ammazzava solamentequelli che entravano nella sua stupida foresta e si avvicinavano alla sua stupida casa, ma io, se Dean-Cervello-Spento-Thomas ha fatto quello che penso, ammazzo tutto il genere umano, partendo da quella specie di microcefalo che dovrebbe essere il mio fidanzato! Oddio, fidanzato è una parola grossa; come si chiama uno che di sabato si stravacca in poltrona a vedere il Quidditch, lascia in giro i suoi luridi calzini, e pretende che gli cucini la sera pollo fritto tre sere a settimana, considerandolo “alta cucina”? Questa, è la definizione di maiale, giusto. Aggiungiamoci che, giusto una volta al mese, andiamo al cinema assieme, ci baciamo sulle labbra e, a volte ma sempre per puro caso, andiamo leggermente oltre i bacetti, e troviamo una specie di fidanzato. Al massimo, arriviamo al fidanzato a mezzo servizio, se contiamo che dormiamo assieme nella stessa casa.
Mentre entro in cucina, inciampo in una delle sue maledettissime scarpe appositamente venute dall’inferno, quelle con i tacchetti che usa per il calcio. Che, tanto per dovere di cronaca, dovrebbero essere nel ripostiglio, non davanti alla nostra camera da letto in bella mostra di sé. Mi sfracello il piede, ed impreco, zoppicando, mentre raggiungo la cucina. Calma, Hermione, calma.Per la stizza, con il piede sano, prendo a calci la poltrona del soggiorno e Grattastinchi, che era appollaiato sopra, scappa via, soffiandomi contro. Stupido gatto, ci si mette anche lui. Arrivo in cucina, come un sopravvissuto ad un disastro nucleare o come uno che ha fatto un lunghissimo percorso ad ostacoli. Mi siedo stancamente su una sedia, massaggiandomi il piede che sta rapidamente diventando violaceo. Perfetto, non mi potrò neanche mettere le ballerine beige che mi ha regalato Ginny; oggi che è anche uscito il sole, e si sa che a Londra è un vero miracolo! Maledizione! Con lo sguardo rovente di rabbia, cerco l’artefice della mia rovina; e lo trovo intento ad asciugare poco più in là un enorme lago color giallo canarino, sparso per terra davanti al frigorifero. Un giallo canarino che assomiglia molto al succo d’ananas, al miosucco d’ananas! I miei occhi si stanno rapidamente trasformando in due spade e, se potessero, lo infilzerebbero, lasciandolo stecchito come uno spiedino, mentre io godo della mia vittoria, improvvisando una danza tribale.
“Ciao tesoro! Hai dormito bene?” mi fa lui con quell’aria innocente da piccola peste in colpa, che mi dà tanto ai nervi. Nemmeno Grattastinchi, quando si lima le unghie sulle poltrone del salotto, la sa fare così bene.
“Benissimo…” brontolo, alzandomi ed aprendo la credenza alla disperata ricerca di qualcosa di dolce. Se la mattina non mangio qualcosa che fa venire il diabete e che i dentisti mettono nelle liste nere, mi viene l’ulcera per il nervosismo. Deve essere una sorta di reazione inconscia a quando vivevo con i miei, i più pignoli dentisti dell’Inghilterra, che mi costringevano a lavarmi i denti almeno trenta volte dopo aver ingerito mezzo grammo di glucosio. Ora che vivo da sola, mi è venuto l’istinto di strafogarmi di dolcettini, cioccolato e caramelle, che nella mia dispensa non mancano mai. Mai… batto a terra il piede, come una bambina capricciosa, e chiedo innervosita: “Dean, hai mangiato tu la scatola dei miei biscotti al burro?!”. Se mi dice di sì, quant’è vero Iddio che lo getto da una finestra, pregando un tir di passargli sopra…
Si gratta la testa…
Non ci credo…
…prima il succo e adesso i biscotti!
“E io che mangio?!!” chiedo più a me stessa che a lui. Sto decisamente per avere una crisi nervosa… o mi danno una cosa dolce, fosse anche un chiodo di garofano con un po’ di zucchero spolverato sopra, o vado in escandescenze.
“Ieri sera, è avanzata un po’ di pizza…” dice timidamente, indicando il frigo “Io e Seamus non ce l’abbiamo fatta a finirla tutta…”.
Inarco un sopracciglio, in questi momenti so di fargli venire un attacco di panico perché gli ricordo troppo la McGranitt, che lui vedeva spesso in questa particolare espressione, essendo un Troll in Trasfigurazione. Quindi sa perfettamente che ha detto qualcosa di sbagliato. E la cosa sbagliata è che sa perfettamente che odio la pizza fredda. O meglio dovrebbe saperlo perfettamente; infatti, eccolo lì che si lambicca il cervello per cercare di capire che cosa ha detto di male. Nell’attesa, apro un altro paio di cassetti alla ricerca di qualcosa di edulcorato, tanto non è per adesso che ci arriva.
“Hai ragione, io e Seamus non dovevamo prendere la pizza extra gigante…” tenta, mentre io gli do le spalle infilata nell’ultimo cassetto della credenza.
Sospiro rumorosamente: “Dean… anche se costa ben tre sterline e mezzo, non me ne frega niente della tua stupida pizza…”.
“Anche se io e Seamus ci siamo addormentati davanti al televisore, e non siamo potuti andare alla mostra che volevi vedere?”.
“Neanche” borbotto, scavando nel cassetto come un cane da caccia.
“Anche se quando i Cannoni hanno segnato, abbiamo rotto la lampada del soggiorno…” aggiunge, pigolando.
Questa mi mancava, ora capisco quel fragore con il corollario della voce colma di bestemmie della signora Sanchez al piano di sotto, nostra padrona di casa. Per intenderci quella a cui paghiamo l’affitto, che questo mese dovrà pagare uno che evidentemente non abita in questa casa, dato che entrambi i due coinquilini non hanno mezza sterlina in due.
Sospiro ancora, trattenendo l’istinto omicida di scioglierlo nell’acido solforico. Bofonchio qualcosa che può intendere come un no.
“Anche se è venuto anche Ron a vedere la partita…” sussurra terrorizzato.
Che cosa??!!! Ho sentito bene??!! Ronald Bilius Weasley ha messo piede nella miacasa, ha respirato il mio ossigeno, ha calpestato lamiapolvere?! Mi accascio per terra, in ginocchio, credo che sto per sentirmi male. Non ho mangiato nemmeno un po’ di zucchero, ho per fidanzato una rapa secca, e Ronald Maledetto-al-giorno-che-l’ho-incontrato-su-quel-dannato-treno Weasley è entrato a mia insaputa a casa mia??!! Non è possibile, devono avermi fatto il malocchio.
Mi alzo, respirando a fondo. Espirare, inspirare, espirare, inspirare. Questo diceva il mio maestro di yoga al corso per diventare Auror; ma dopo dieci secondi in cui sembro un mantice, non sono neanche lontanamente calma come vorrei, anzi sto diventando color melanzana matura. Il traning autogeno non funziona per niente, e in fondo uno che faceva il maestro di yoga d’estate e vita ascetica d’inverno, che diamine ne può sapere? Non era nemmeno fidanzato, quindi che ne sa di quando ti capita uno che deve avere il cervello in rottamazione?
“F-fammi capire bene…” chiedo, alzandomi ed incrociando le braccia. Mi avvicino minacciosamente a lui, che indietreggia. Poi finisce contro il frigorifero e la sua corsa si arresta qui.
“Ti ho mai impedito di vedere i tuoi amici?” il tono di minaccia mi esce sempre benissimo. Unito poi a quello recriminatorio, è anche meglio.
Lui nega con il capo, balbettando: “N-no…”.
“Anche quando si parlava di Neville, che sporca dappertutto, o di Anthony Goldstein, che beve Whisky Incendiario come acqua? O ancora meglio di Ernie, che fuma quelle orribili sigarette alle violette che mi fanno venire un cerchio alla testa?!” ripeto, piantandogli un dito nello sterno.
Lui soffoca un gemito e nega ancora, terrorizzato.
“Mi sono mai minimamente lamentata che usciamo una sola volta all’anno, e che sabato quando esci dagli allenamenti, non mi porti mai a ballare, o da qualche altra parte?!” .
Nuovo tremante segno di diniego.
Continuo a brandire il mio indice perforante, alternando come obiettivo sensibile le sue costole, lo sterno e l’addome. Lui si ritorce dal dolore come il verme strisciante che è.
“Ti ho spaccato il cranio, quando hai messo la tua maglia rossa del Manchester United nella lavatrice, facendo diventare il mio bellissimo abito di lino bianco rosa shocking?!”.
“N-no, tesoro…”
“E ti ho per caso ucciso, quando ho trovato la pila di riviste pornografiche che tenevi nascoste sotto al letto?!”.
“Ma non erano mie, erano di Seamus!” tenta di ribellarsi lui timidamente, ancorando la mia mano omicida. Ma pensa che sono cretina?!! Mi stacco bruscamente da lui, riprendendo nella mia estenuante operazione di trivella umana.
“E adesso ti ho trucidato, quando hai versato il mio succo di frutta? Quello che dovrei bere solamente io, perché per me è vitale?!!” blatero, alzando la voce in tono melodrammatico. Sembro Violetta della Traviata poco prima che tiri le cuoia. La signora Sanchez non apprezza, perché ricomincia a battere la sua scopa contro il soffitto di casa sua, intimandoci di fare silenzio che suo marito sta dormendo. Che lei non lo svegli con quella sua voce, mi sembra altamente improbabile.
“Scusami, davvero… me ne ero completamente dimenticato!” fa lui, spalancando gli occhi meravigliato. Per un attimo, resto interdetta e rimango immobile, le mani protese verso di lui, adesso praticamente congelate. Possibile che viviamo assieme da un anno e passa, e lui non si ricorda che bevo tutte le mattine il succo di ananas? O peggio… un’ondata di brividi mi travolge in pieno… non lo sa proprio? Non se n’è mai accorto? No, non è possibile… insomma, che cavolo! Lo compro ogni sabato, prendo un brick da tre litri, e lo bevo tutte le mattine! È solamente cretino! Sarebbe il colmo dei colmi, se non lo sapesse! Lo sanno anche Ginny, Lavanda, Luna, Harry, e persino quel celebroleso di Ron… un attimo! Era di quello che stavamo parlando! Il celebroleso!
“Insomma!” urlo, riprendendolo per il collo della camicia azzurra che porta, quella che gli ho regalato io per il suo compleanno “Nonostante il delicato fatto del succo di frutta, non è quello che mi interessa adesso! Ieri, hai invitato qui Ron?! E come te ne sei uscito?! Non ti ricordi che cosa mi ha fatto?! Che cosa ci ha fatto?!!”.
Lo lascio andare, permettendogli di rispondere; se continuavo a stringerlo così, non avrebbe potuto rispondere mai più a nessuna domanda di nessun genere da parte di alcuno.
Lui si porta, esageratamente a mio dire, la mano attorno al collo diventato solo leggermente rosato. Mi dà le spalle, aprendo lo sportello del frigorifero e prendendo una lattina di cola. La apre, strappando la linguetta, e inizia a berla, dopo essersi seduto sul tavolo della cucina. Assume la sua consueta espressione da James Dean, rimanendo a gambe semidivaricate, e torna a guardarmi. E’ in questi momenti che mi ricordo, anche se abbastanza vagamente, perché mi sono messa con lui; capelli color sabbia, occhi castano chiaro con piccole scintille dorate, fisico asciutto e muscoloso, esaltato dalla camicia azzurra e dai pantaloni stretti neri. Insomma, un David Beckham dei poveri. È proprio un bel ragazzo, e lo sa.  Mi ricordo una frase che diceva sempre Ginny, dopo che si era lasciata con lui… per trovare il suo cervello, devi scavare un po’. Ma in fondo scavi in un bel figo, quindi non è totalmente tempo perso!
Mi viene da sorridere, ma ricaccio la risata indietro. Stavolta l’ha fatta proprio grossa!
“Ascolta, piccola…” mi dice, prendendomi per il polso e trascinandomi di fronte a lui. Mi trattiene con le mani appoggiate sui miei fianchi, mentre io cerco di restare impassibile, le braccia conserte. D’accordo, non sono totalmente impassibile, ma non importa! L’importante è che lui lo pensi, no?
“So che sia Ron che Lavanda ci hanno fatto male…” mi dice, la voce carezzevole, avvicinandomi di più a lui “Ma ormai sono passati tre anni… e tra altri due, sarà tutto finito, Herm. Tu sarai di nuovo la più brava delle Auror, e ci compreremo una bella casa nel centro di Diagon Alley, proprio accanto alla gelateria di Fortebraccio. Così anche nel cuore della notte, mi comprerò tutto il gelato che voglio. Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza…”.
Annuisco leggermente, so che ha ragione, ma mi dà enormemente fastidio ammetterlo.
“E’ solo che…” rispondo, guardandolo finalmente in viso. Deglutisco e porto le mie braccia attorno al suo collo, stringendolo a me. Finalmente mi decido a continuare: “Non voglio che venga a casa nostra… non voglio che invada ancora il mio mondo, questo piccolo mondo che ci siamo ricostruiti a fatica. Lavanda passi, ma lui non lo sopporto a casa mia!”.
Dean chiaramente freme per contraddirmi, ma sa benissimo che non può. Glielo ho detto mille volte che Ron non deve mettere piede dove sono io, già da grande ragazza magnanima che sono, gli concedo di vivere sul mio stesso pianeta e nella mia stessa galassia, non gli basta? Che razza di ingrato…
“So che voi continuate a vedervi…” dico, staccandomi da lui.
“E’ Seamus che continua a vederlo, non io! Se lo porta dietro, io che dovrei fare? Scannare prima lui, e poi Ron??!!” mi risponde, sollevandosi dal tavolo e raggiungendo camera nostra, visibilmente stizzito ed irritato.
Lo seguo, attraversando il piccolo salotto del nostro appartamento. Sospiro ancora tra me e me, non ho voglia di litigare, ma mi sa tanto che stamattina non sarà storia. Come sempre, Dean, per mettere le cose a posto in fretta ed in maniera relativamente indolore, inizia a sparare balle in quantità industriale. E’ un campione in materia e, per questo, lui e Lavlav sono stati assieme per cinque anni, prima di farla finita. Giocavano a chi la sparava più grossa. Peccato che io non sono la Brown, la ritardata che pensa solamente ai trucchi e a vestiti e a come abbinarli tra loro. Sono pure troppo intelligente, a volte vorrei essere più stupida.
Mi fermo davanti alla porta del bagno, mentre lui davanti allo specchio si fa la barba. Ovviamente spargendo schiuma su tutto lo specchio, essendo un imbranato cronico. Ed ovviamente lasciando tutto così… già lo so che pensa…tanto Hermione che fa dalla mattina alla sera? Niente! Io lavoro al Ministero, lei almeno qualcosa deve pur farla. Se mi metto anche a pulire, finisce proprio male. Si impigrisce e non fa più niente di niente!
Decido di prendere il discorso alla larga, tessendo una abile tela per farlo capitolare, l’ingenuo. È peggio di una mosca troppo cresciuta e a me piace troppo fare il ragno della situazione. Ragno… mi faccio paura! Ho sempre idee fin troppo perfette.
“E’ davvero una cosa impossibile che Ron e Seamus continuino a vedersi, non credi?” inizio con tono noncurante “A scuola, non si sopportavano… o meglio facevano finta di sopportarsi per te e per Harry… che cavolo hanno in comune, non lo so… a parte la passione per gli insetti, specie i ragni… ma per il resto…”.
Attendo che il mio piccolo pesce abbocchi all’amo. Tre, due, uno…
“Infatti, Herm…” mi dice il merluzzo con cui vivo “Si vedono perché a entrambi piacciono molto i ragni. Pensa che barba, quando esco con loro! Stanno sempre lì a confrontare esemplari in scatola. È una vera noia mortale!”.
Sorrido tra me e me. Il merluzzo ha abboccato fin troppo facilmente. Che pizza, volevo maggiore soddisfazione, magari un po’ di resistenza! Con Dean, è veramente troppo semplice farlo cadere in trappola.
“Dean…” ribatto seria, appoggiandomi allo stipite della porta “Seamus e Ron non si sopportano da anni”, la mia voce diventa quasi quella di una maestra elementare, mentre soggiungo: “E quel che peggio è, che dire che Ron è aracnofobico, è dire poco!”.
Lui chiaramente sbianca, colto sul fatto. Fa finta di essere tranquillo, mentre si asciuga pensosamente il viso con l’asciugamano, ma so che questi fatali secondi gli servono per elaborare un’altra bugia. Sospiro, è così maledettamente prevedibile… ed altrettanto prevedibilmente, non arrivando una soluzione, si gira rosso in viso, nervoso per lo sgambetto che gli ho fatto.
“E allora perché mi hai detto che avevano tutti e due la passione per i ragni?!” mi urla contro, mentre io rimango passivamente a braccia incrociate, ignorando il suo sfogo di ira repressa. Va sempre su di giri, quando scopro le sue chiacchiere.
“Perché volevo che tu mi dicessi la verità… cosa che chiaramente fai molto di rado…” rispondo per nulla intimidita dal suo tono violento di voce “Preferisco che tu mi dica che vedi Ron, piuttosto che menta in maniera disgustosamente intuibile…”.
“Ma se prima stavi per uccidermi quando ti ho detto che vedo Ron? Le mie costole portano ancora i segni… o me li sono fatti da solo?!” grida ancora, venendomi contro e sovrastandomi con la sua altezza certamente superiore alla mia.
Anche questo è uno spettacolo trito e ritrito. Sto quasi per sbadigliare per dare più senso drammatico alla patetica scenetta quotidiana, ma mi trattengo. Mi verrebbe troppo da ridere.
“Non è mica un buon motivo per raccontarmi una balla colossale, Dean!” urlo anche io, fronteggiandolo. Sinceramente non sono poi così tanto arrabbiata, ma per non deluderlo gli do corda. Lo conosco ormai troppo bene, e so perfettamente che mi mentirà sempre. È un discorso fatalistico, lo so, ma è meglio questo che credere in maniera inutile di poter cambiare un uomo. Le donne che lo pensano sono solo delle povere illuse.
Lui mi sorpassa e raggiunge camera nostra, prendendo dall’armadio la sua giacca e la valigetta di cuoio. Essendo di origini babbane, si veste perfettamente da persona normale, non come Ron che si vestiva in una maniera assurda, quando dovevamo andare in giro per Londra. Ma, dovendosi Smaterializzare e lavorando al Ministero della Magia nell’Ufficio per la Cooperazione Internazionale, mi chiedo sempre perché mai lo faccia. In fondo, chi cavolo lo deve vedere? E poi in Ufficio, sono tutti maghi… vestendosi da babbano, non corre il rischio di essere preso in giro come un povero allocco?
“Ed invece sì… è un buonissimo motivo…” prosegue lui. Per un attimo, lo guardo sconcertata, avevo perso il filo del discorso. Spesso quando parlo con lui, la mia mente vaga ed insegue pensieri non molto razionali. Mi piace spesso passare nella mia mente da una cosa all’altra, la mia maestra delle elementari diceva che era un ottimo metodo di apprendimento fare associazioni di idee, e così non mi sono repressa mai, anzi ho incoraggiato la mia tendenziale capacità di evasione. Poi, con Dean la mia mente può tranquillamente farsi un giro di palazzo, saltellare un po’, prendersi un bel gelato, e tornare giusto in tempo per replicargli qualcosa di acido, senza rischio di essermi persa niente di vitale.
Ritorno malvolentieri alla realtà: “E perché mai sarebbe un buon motivo?”, non mi riesce nemmeno più fingere di essere arrabbiata. Sono mortalmente stanca di queste litigate quotidiane e del loro tono. Mi ricordano enormemente quelle che facevo ad Hogwarts con Ron. E ciò mi dà fastidio: 1) perché pensavo di aver decisamente archiviato quel lato di me 2) perché tutto quello che mi ricorda Ron mi fa venire il nervoso.
“Il buon motivo sarebbe che sei capace di farmi paranoie assurde per ogni cosa…” inizia in tono scocciato “Tutto perché ti fissi sulle cose e non molli più… dovresti essere più elastica, Hermione…”.
“CHE COSA?!!” inizio a gridare come un’ossessa; se anche questa fosse una finta rabbia, sarei veramente un’attrice da Oscar, ma io sono sempre stata fin troppo cristallina, e ADESSO sono veramente arrabbiata! Cioè arrabbiata è un pallido eufemismo, sono incazzata nera! Allora, premettiamo che essendo una persona estremamente razionale, non mi arrabbio così tanto di solito. Spesso mugugno e brontolo, ma cerco di reprimere le mie reazioni eccessive. Una sola persona aveva il dono di farmi completamente le staffe, tale Ronald Weasley che ha frequentato Hogwarts nello mio stesso periodo, è stato un Grifondoro come me, è stato il migliore amico con me di Harry Potter ed è stato assieme a me per tre anni e cinque mesi. Quindi, si può dedurre che, se Dean non mi fa mai incavolare tanto, questa frase doveva essere tipica di Ronald Weasley. Poco prima che ci lasciassimo, lui blaterava sempre sul fatto che io ero troppo poco elastica. Potete dirmi che sono brutta, stupida, persino un’asina nello studio di prima categoria, e nel caso, convocare Draco Lucius Malfoy per avere manforte negli insulti contro la mia persona, ed avrete solo un’alzata di spalle. Ditemi che sono poco elastica e vi siete scavati da soli la fossa.
“Sei pocoelastica, te lo ripeto… non scendi mai a compromessi con te stessa…!” ripete Dean, come se stesse parlando ad una bambina deficiente.
“Io scendo fin troppo a compromessi con me stessa!” urlo ancora, agitando i pugni praticamente lividi, poi colta da un’improvvisa ispirazione, soggiungo: “Se non fossi scesa fin troppo a compromessi con me stessa, ora certamente non starei con te…”.
Ho detto troppo, lo so, e infatti vedo Dean girarsi a guardarmi prima incredulo, poi stupito, infine imbestialito. Ma ha sottovalutato il potere della parola Elastica con avverbio Poco; l’orgoglio mi scorre nelle vene a fiotti.
“Che cosa hai detto?!” mi chiede lui, avvicinandosi a me, rosso in viso. Decisamente non sembra il bel ragazzo di prima, in cucina. Ha le nocche bianche a furia di stringerle.
Senza ombra di esitazione, quasi come se da questo dipendesse la mia stessa vita, ripeto le stesse identiche parole di poco prima.
Lui stringe le labbra con rabbia, poi mi afferra per le spalle, scuotendomi: “Significa forse che tu sei evidentemente troppo per uno come me?! La grande Hermione Jane Granger meriterebbe di stare con il principe d’Inghilterra, ed invece sta solo con il povero e deficiente Dean Thomas!! Stiamo assieme da un anno e mi fai questi discorsi…”, la presa delle sue mani si allenta fino a lasciarmi andare. Le braccia ricadono lungo i suoi fianchi, evita il mio sguardo e poi alla fine dice: “Hermione, non sei costretta da nessuno a stare con me. Ma è ben chiaro che ogni giorno ti imponi questa cosa, per chissà che assurda ragione. Sarò anche troppo stupido per capirla, evidentemente, ma non sono così masochista da continuare a viverla ‘sta sceneggiata. Tu non sei innamorata di me, né mai lo sei stata. Quindi lasciamo perdere che è meglio…”.
La sua voce è stranamente cambiata, si è fatta più dolce ed infinitamente malinconica. Mi fa male dentro, come un’assurda nostalgia che mi imporrebbe quasi di fermarlo, di stringerlo e baciarlo. Ma non lo faccio. Invece, resto immobile, mentre lui raccoglie le sue cose, lascia le sue chiavi in cucina, apre la porta e se ne va.
Solo quando sento i suoi passi sulle scale, sento l’orgoglio di poco prima evaporare come aria.
Come una stupida, sussurro tra le mie labbra nella casa vuota: “Vuoi dire che mi stai lasciando, Dean?”.
Mi porto le mani alla bocca, nauseata sia per quello che ho detto, sia perché praticamente sto parlando da sola. Grattastinchi si viene  a strofinare sulle mie ginocchia, ma lo ignoro, sedendosi sul letto, dal lato dove dorme sempre Dean. E, sebbene non me lo aspetti da me stessa, mi porto il viso tra le mani e inizio silenziosamente a piangere.

 




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