LGVVAOED
La Guida vagamente vaga ad Oxford e dintorni
edizione ecchilosapiù
Un
diario di viaggio di Marco Bacchella
Prefazione
Non sono una
persona da prefazione chilometrica, anche perché ne ho scritte
veramente troppe. Circa quattro. Se mi fossi messo d'impegno la prima
volta avrei azzeccato subito, ma vorrei dirvi un paio di
cose.
Questo libro è stato scritto da un diciassettenne,
ora diciottenne e ancora andante, che si annoiava.
Questo
diciassettenne si annoiava tanto quando i genitori erano in vacanza
lasciandolo in casa da solo, quindi decise di scrivere un libro. Un
libro che convogliasse, in qualche modo, la sua visione delle
cose.
Parlando con mio padre mi sono accorto di una cosa che non
avevo mai notato prima di ritrovarmi a pochi giorni dalla
pubblicazione.
Sto pubblicando il mio primo libro.
Anche
se ci sarà un solo compratore, e quel compratore mi manderà lettere
minatorie con scritto che il mio libro è una cagata, io sarò
felice.
Non sarò felice perché il mio libro è una cagata,
ovvio.
Ma sarò felice perché qualcuno mi ha letto.
Un
ragazzino, tra quattro anni, cercherà "Oxford" su Google e
forse comparirò io.
Comparirà il mio faccione barbuto che
saluta la gente.
Questa conversazione con mio padre mi ha
ricordato perché ho cominciato a scrivere.
Perché ho
voglia di farmi conoscere.
Non lo faccio per i soldi, non lo
faccio per le donne, e neanche per il blackjack.
Lo faccio perché
adoro quello che scrivo, e spesso la soddisfazione personale copre la
gratifica monetaria che si può ricevere.
Io sono la prova vivente
che chiunque, a qualsiasi età, può pubblicare un libro.
Buona
lettura e buona fortuna.
Premessa
seconda, a mo' di scusa.
A diciannove
anni, appena prima della mia maturità, un momento in cui dovrei
essere il più concentrato possibile sullo studio, mi ritrovo a
pensare incessantemente a questo testo. Ma proprio ora posso
confermare una cosa: lo stile di uno scrittore, soprattutto di quelli
giovani, è in continua evoluzione. Ogni giorno lo stile cambia,
migliora, si infittisce di finezze impercettibili ai più. Per questo
io non riesco a staccarmi da questo testo. L'ho scritto in una fredda
estate a sedici anni. Merita di essere riscritto altre milioni di
volte. Perché la scrittura è come la stampa 3d. Nessuno capisce di
cosa stai parlando finché non ne sono coinvolti in prima persona. So
le facce che state facendo. Ma molto probabilmente vi sbagliate.
È fin troppo facile dare per
scontato che una volta che si scrive un libro si finisca
immediatamente il processo creativo. Mesi, anni dopo, si ritorna a
rileggerlo, e magari ci si accorge di aver scritto esattamente
l'opposto.
Quale messaggio voglio dare ai
lettori?
Voglio raccontare una storiella senza
nè capo nè coda?
Oppure voglio affermare e dimostrare
qualche cosa? Voglio che sia una storia classica, uno scontro uomo
contro uomo, oppure uno scontro moderno, con un finale dell'individuo
contro sé stesso?
Insomma, qual è il mio obiettivo?
Ci ho pensato tanto, forse troppo, e il
risultato è che la mia meta è la semplice crescita. Io voglio
crescere. Io voglio uscire da questo sentimento di Peter Pan inverso,
in cui mi sento vecchio perché non sono mai riuscito a identificarmi
in nessun range d'età. Quindi ripercorro il mio passato, lo
riscrivo, per risentirmi in contatto con una parte giovane e
malleabile di me. Sembra folle, ma avendo scritto sul mio passato, io
posso riscriverlo. Sono l'unica fonte certa degli avvenimenti che ho
vissuto, eppure sono pure quella meno affidabile.
Prologo
o
"Una guida alla guida"[1]
La Guida
vagamente vaga a Oxford e dintorni non è una guida, al contrario di
quanto suggerisca il titolo.
Sì, elargirò consigli, ma questo
testo è principalmente un romanzo, quindi comprenderà una trama
poco difficile da seguire.
Arrivato oramai
alla terza edizione di questo manoscritto, è giusto cimentarmi in
quello che Manzoni è riuscito a fare bene per anni, ovvero
l'autoerotismo letterario. Mi sono sempre sentito un giusto connubio
di genialità e pigrizia.
Sono sempre stato quel ragazzo che
si siede in fondo alla classe e tenta di dormire, ma che quando
arriva il giorno dell'interrogazione è stranamente preparato anche
sulle battute che ha fatto il prof di filosofia durante la
lezione.
Ero quel ragazzo che avevate in fondo alla classe
alla medie, che parlava raramente ma che ascoltava quella band
italiana particolarmente indie che vi piaceva tanto, ma essendo lui
uno stronzo non glielo avete mai detto.
Ero quel ragazzo
che, appena entrato al liceo, pensava di essere un rivoluzionario, di
essere già arrivato e di essere già in grado di affrontare tutto,
per poi ridimensionarsi di colpo, e arrivato ad un certo punto,
guardava l'università come unica ragione d'essere.
Verso la fine dell'A.S. 2013-2014,
mi vedo assentarmi dalle lezioni, in pieno stile
filosofico-rivoluzionario, per un insolito attacco di pigrizia,
tuttavia era pigrizia giustificata.
Era una noiosa mattinata del
27 maggio, di quelle leggermente piovose, non propriamente estive ma
non classificabili neanche come primaverili, dato che il connubio di
umidità e calore dava un'afa insolita ma piacevole, quando mi venne
voglia di controllare la pagina Facebook dell'STS, l'agenzia di
viaggi studio con cui sarei partito per Oxford da lì a un mese e
qualche giorno.
Scrollando il mouse consunto da ore di ozio
intenso, vidi un post di una ragazza.
In realtà, non prestai
molta attenzione al post in sé, né tanto meno alla miniatura della
signorina sopracitata, prestai attenzione solamente alle date segnate
dalla ragazza come la partenza: 11-31 luglio.
Controllai il
suo profilo per vedere che tipo di ragazza era, per vedere
innanzitutto se fosse necessario cancellare la prenotazione della
vacanza studio, tuttavia anche per semplice e frugale
curiosità.
Aspettate.
C'è qualcosa che non mi torna.
Com'è
che di martedì scolastico ero a casa?
Cioè, sarei dovuto
andare e partecipare attivamente agli ultimi giorni di terzo anno del
linguistico.
Mi ero finto malato?
No, non ce ne era
motivo.
Forse era per le elezioni.
No, la mia scuola non era seggio.
La ragione era da ritrovarsi
probabilmente nella prosecuzione di un nuovo stile di vita.
Doveva essere così, qualcosa sulla
linea del "perché sarei stato più produttivo a casa a fissare
la vernice asciugare piuttosto che a scuola a veder un film
filo-cristiano prodotto con un budget inesistente."
Sì, 7 km da Gerusalemme [2], parlo di
te.
La ragione per cui però ho cominciato
effettivamente a prendere appunti per poi scriverci sopra un libro,
però, non me la ricordo.
Fate una cosa, o miei dodici lettori
sfortunati, perché se vi siete ridotti a leggermi o siete veramente
sfortunati, o siete mentalmente instabili, trovate un motivo poetico
per cui io stia perdendo tempo a scrivere:
Qualcosa sul genere "scrivo perché
mi sento alternativo", "scrivo perché hanno
cancellato Firefly[3]", "scrivo perché spesso sento che
sia l'unico modo di combattere il mio male di vivere dato
dall'inadattamento allo stile di vita della frugal massa."
Ho sempre voluto scrivere, e questa
vacanza è solo un buon pretesto, visto che ho potuto assistere a più
episodi di vita relativamente peculiari, e il tutto si adattava
piuttosto bene ad un libro, ad un primo libro, un libro la cui
copertina stampi e appendi in camera. Ma non stampi tutto il libro
perché l'hai già letto talmente tante volte cercando gli errori che
ti senti praticamente una caricatura autoimposta di te stesso.
Mi rendo anche conto che molti di
voi, circa nove su dodici, non capiranno le varie citazioni che
tirerò in mezzo al tomo completamente a caso solo per raggiungere
una lunghezza decente.
Ma è per questo che ho sviluppato un
ingegnoso sistema di note, che voi potrete o non potrete seguire a
vostro piacimento.
Non vorrei che fosse distribuito su dei
volantini A7 nelle piazze dei paesini, capitemi.
Ho scritto quasi
una pagina e ancora non ho detto nulla di veramente importante.
Beh,
è un prologo, d'altronde.
Ci sono molti autori che scrivono
prologhi fin troppo lunghi che alla fine nessuno legge.
Volete sapere come ho raggiunto lo
status di Parini con tutte le mie riedizioni? Probabilmente no, ma
devo farvi capire che in realtà l'opinione del lettore è valutata
fin troppo da troppi autori.
Dopo la prima pubblicazione, il 31
settembre 2014, il mio stile è evoluto. Indi per cui, il mio testo
andava spedito, ricevuto, verificato, smarrito, ritrovato, soggetto a
inchiesta ufficiale, smarrito di nuovo ed infine sepolto nella torba
per tre mesi e riciclato come cubetti accendifuoco e così via. Sì,
insomma, Parini mi fa un pippone, altro che Il Giorno.
Tornando ai fatti, quella stessa sera
contattai due ragazze che avevano postato sulla pagina, e lì una
ebbi una sensazione orribile, tremenda, altri aggettivi per
dimostrare il mio dissapore.
Era una pagantella.
Puzzava di
Bocconi.
Puzzava di Hollywood.
Puzzava di Marlboro Touch fumate fuori
dal San Carlo pagato dal papi che lavora come assessore della
Lombardia.
Oddio,detto da uno che è nato a
Milano, la cui madre ha studiato proprio alla Bocconi sembra
ipocrita, tuttavia proprio per questo motivo posso dire con certezza
quanto la razza milanese-ruba parcheggio sia una razza corrotta fino
al midollo.
Ma detta così sembra che io sia un
razzista insensato.
Non fraintendetemi, lo sono, ma ho dei
motivi relativamente convincenti.
Sono nato e cresciuto in una
città che, d'estate, si anima di milanesi, e costoro decidono quali
zone diventano pedonali e quali no, quali sono parcheggi "di
proprietà" e quali no.
Ma so che anche dentro Milano i
nativi si comportano così.
Ancora non ho scritto il motivo
per cui scrivo.
Dai, se mi concentro magari
riesco a trovare un motivo scontato, tipico dei finti scrittori con
troppo tempo libero.
"Scrivo perché sento il bisogno
di scrivere, sento il dovere di essere il più sincero, spietato e
critico possibile verso la società, verso le persone e verso me
stesso. " oppure, per semi-citare "The Art of Getting by",
"Mi ricordo una frase che lessi da bambino, viviamo da soli,
moriamo da soli, tutto il resto è solo un'illusione." E io
aggiungerei, sta a noi rendere la vita sopportabile con le nostre
azioni. Forse scrivere rende la mia vita più sopportabile, perché
non posso rendere la vita degli altri un pochetto più sopportabile?
La scrittura è un modo per comunicare,
un modo per trasmettere un messaggio, un modo per essere un tutt'uno
con la cultura.
Forse è questo quello che ho sempre
cercato.
Essere ricordato assieme ai nomi altisonanti che
trovi nei kindle della gente o, se preferite il cartaceo, nelle
librerie.
Forse voglio solo convincermi che un giorno, qualcuno
leggerà un mio testo e mi farà i complimenti.
[1] Il titolo "Una
guida alla guida" è di per sè una semi-citazione a "The
Hitchiker's guide to the Galaxy", almeno in versione integrale,
dove l'autore spiega bene come leggere il libro e cosa
aspettarsi.
[2] Film filo cristiano prodotto con un budget molto
limitato.
[3] Serie fantascientifica del 2002 terminata con
unanime dissenso e dispiacere dei fan
[4] Uno dei protagonisti di Firefly.
Capitolo
Uno
O "Perché hai della birra in una bottiglia del
latte?"
Dando per scontato che voi abbiate
letto tutto il prologo, il sei giugno, l'ultimo giorno di scuola in
Piemonte, decisi di recarmici.
Lo decisi, lo decisi intensamente, e vi
dirò: lo decisi così tanto che misi pure la sveglia, ma infine non
andai, per una mancanza totale di scuse da usare per giustificare la
settimana e mezza di assenze. D'altronde, avevo già usato funerali e
lauree di parenti prossimi e mi ero sottoposto a rinoplastiche e
gastroscopie di ogni genere.
Andai al pranzo di classe, comunque,
perché non avevo ancora mangiato.
Alle nove circa mi suonò
la sveglia rimandata, e, come mamma m'ha fatto, mi diressi verso la
cucina in cerca di caffè e cereali.
Il caffè, nella vita di uno
studente, è cruciale.
Senza di esso nessuno studente
sarebbe capace di sopportare altre persone, figuriamoci scrivere un
libro.
Trovato il
caffè nella caffettiera, mi misi a cercare i cereali, ma finii a
mangiare biscotti per colpa della mia caratteristica pigrizia.
Erano
buoni, per Diana.
Penso fossero quelli al burro.
I
biscotti al burro sono una delle poche cose francesi che riesco a
sopportare. Quelli, e i filosofi pseudo rivoluzionari.
Sono dolci, ma
non troppo. Sono friabili, ma non troppo.
Insomma, sono
fantasticamente medi, in pieno stile "Ègalitè française".
È
anche vero che i galli non hanno inventato tante altre cose.
Ho
pure scoperto che il signor Guillottin non ha inventato la
ghigliottina grazie ad un cartiglio che era dentro la confezione dei
biscotti.
Mi sa che ho iniziato troppo presto a
raccontare.
Passiamo all'azione, che dite?
Alle undici
circa discesi, con ridente gaudio, nella fiorente cittadina di
Arona[1], dove si terrà questa parte di narrazione. Arona è una
polis fantastica, vertice del triangolo della droga
Legnano-Milano-Arona grazie anche al meraviglioso disservizio che le
Ferrovie effettuano una volta all'ora verso i due altri
vertici.
Dalla fantastica veduta del pullman potevo godermi il
paesaggio semi-naturale del Lago Maggiore.
Ci tengo a
sottolineare il "semi" per informarvi delle branchie che
molto probabilmente vi usciranno in caso di contatto, anche
accidentale e fugace, con l'acqua della sopracitata
pozzanghera.
Appena sceso dalla corriera chiamai la mia compagna
di banco che mi espose un problema gravissimo: non le davano la
birra.
Anche la birra è importante nella vita di uno studente, e
le funzioni di quest'ultima sono molto simili a quelle del
caffè.
Rende più sopportabili le persone e aiuta la
scrittura di libri.
In una nota postilla, si ringrazia la
Danimarca, la Repubblica Ceca e l'Irlanda per avermi dato
l'ispirazione in bottiglie di vetro.
Sicché son gentile e
caritatevole, entrai nella prima birreria che riuscii a trovare che,
per casualità da amante di birra, mi circondava. [2]
Allora
chiesi all'oste due litri di bionda "a portar via", ma
aveva solo bottiglie da un litro.
"Poco male, l'importante è
che non siano bucate." dissi accennando ad una risata che lui
non colse.
Infatti rimase fermo a fissarmi finché io non
distolsi lo sguardo.
Successivamente, l'oste sparì in uno
sgabuzzino buio per alcuni minuti, e uscì con due bottiglie di latte
da un litro, che lavò e preparò al trasposto dei preziosi
beveraggi.
Quindi ora sapete il perché del titolo, ma
vorrete sapere altro, tipo della festa che seguì il pranzo.
Il
pranzo non ebbe troppi avvenimenti speciali, forse solo una bottiglia
di latte da cui bevevamo mentre ci abbuffavamo di pizza.
I
camerieri avevano una strana espressione sulla faccia.
Penso
che uno sia andato a vomitare. La pizza con le acciughe è buona con
il latte, che credete.
La classica festa di fine anno
scolastico si tenne in questa spiaggia paludosa, tipica della zona
del Vergante, con il classico presunto diggiei, tipico anch'esso
della zona del Vergante, e le classiche presunte creature senzienti
la cui specie, purtroppo, condivido, quest'ultime comuni a molte zone
del mondo.
I rapporti sociali di queste creature si possono
ritrovare in molte tribù di babbuini dell'Amazzonia.
Questi
gruppi di individui, infatti, si lanciano feci per dimostrare chi ha
più potere nel branco.
Le scimmie, almeno, si lanciano
frutta.
Tentai di accaparrarmi il posto più isolato possibile
per fare il buon alternativo e bere un po' di latte in pace, ma
trovai conoscenti che avevano appena finito di tirarsi neri.
[3]
Fortunatamente per me, i fumi del latte gli avevan fatto
dimenticare come, al mio compleanno, avessi "iettato"[4]
sui pantaloni di uno dei conoscenti sopra citati.
Beh, da qui i
miei ricordi si annebbiano.
So solo che ad un certo punto mi sono
messo a dormire senza scarpe, e che mi sono svegliato con il Pagante
[5] in sottofondo.
Subito dopo ebbi una strana
sensazione.
Mal di testa, nausea, bruciore di stomaco.
Non
sarebbe per niente piacevole, né per il mio orgoglio scrivere, né
per voi dodici sfortunati leggere, ciò che avvenne dopo.
Anche
se penso che oramai l'abbiate intuito.
Facendo un avanti
veloce, andiamo alle nove del mattino dell'undici luglio.
Il
giorno della partenza.
Facciamo un avanti veloce principalmente
per due ragioni: per non dovermi inventare un capitolo per ogni
giorno che passai a oziare, e per saltare un paio di giorni che
trascorsi gozzovigliando a Mediolanum[6], dove feci diverse cose di
cui mi vergogno, come perdermi per Parco Sempione. Di nuovo.
Dicevamo, undici
luglio.
Avevo passato le ultime otto ore, o le ultime due
settimane, a seconda di come la si intende, disteso sul letto a
guardare il nulla.
Non era ansia, non era eccitazione, era
nulla.
Era la completa assenza di sensazioni.
Nei giorni scorsi
mi ero preparato come uno studente che deve preparare la
maturità.
Pur essendoci già stato, avevo la sensazione continua
di aver dimenticato qualcosa.
Non so come, ma mi sono ridotto a
mettere in valigia un kit di sutura.
Va bene essere pronti a
tutto, ma non credo che mi sarebbe mai stato d'aiuto.
A meno
che non ci sia un incidente aereo.
Erano le cinque quando mi
decisi a svuotare la valigia sul tappeto e riempirla solo con
l'essenziale. Una decina di maglie a tinta unita, quattro paia di
pantaloni, una copia de "La Filosofia a fumetti" e dei
maglioni di lana più vecchi di me rubati a mio padre.
Il
kit di sutura rimase comunque in valigia. Non si sa mai.
Il
ritrovo era a Linate alle 11, ma mio padre passava di lì verso le
otto, quindi mi toccò farmi un paio d'ore di solitudine e canzoni
che non ci azzeccavano l'una con l'altra.
Linate non si presta
di certo bene a riflessioni profonde (se non a "vediamo quale
nazionalità ha un culo migliore"), ma ascoltando dalle
stereotipate poltroncine metalliche ebbi uno strano flashback.
Ero
al lago, nella spiaggia che mi ha ospitato per intere estati.
Il
venticello che spirava da Angera mi arrivava dritto in faccia, con
tutto il relativo odore di pesce e di fognatura.
Certo, non
l'immagine più poetica che vi possa venire in mente, ma è sempre
qualcosa.
Leggevo il primo libro del detective olistico, e
avevo la strana preoccupazione che il tempo potesse tornare indietro
senza preavviso e far rivivere la sofferenza già affrontata in
precedenza.
Sì, è una preoccupazione molto stupida, a meno
che tu non sia Giorgio terzo e a meno che tu non passi le tue notti a
caricare orologi o a pensare che un albero sia Federico il Grande.
[7]
"Marco, stai divagando, nessuno vuole sapere cosa faceva
Giorgio terzo" mi disse gentilmente la mia coscienza.
Ancora
non mi ero reso conto che fosse la mia coscienza.
Mi aggirai
per un po' nell'area gruppi di Linate cercando qualcuno che stesse
spiando i miei attimi di riposo, ma nel momento stesso in cui mi resi
conto che erano le nove del mattino e nessuno parte di giovedì
mattina lavorativo, accettai che la mia coscienza aveva una coscienza
tutta sua.
[1] Cittadina sul confine tra Piemonte
e Lombardia ove son cresciuto
[2] I.E. Ci ero dentro.
[3]
Ubriacarsi.
[4] Vomitato
[5] Rapper-Parodia simbolo di
Milano.
[6] Milano.
[7] Re Inglese dal 1801 al 1820, è
ricordato per la sua instabilità mentale forse dovuta
all'avvelenamento da piombo o forse dovuta al semplice fatto che era
pazzo da legare.
Capitolo
Due
O "Le mirabolanti avventure di un finto scrittore a
Linate"
Linate è un
posto noioso.
Essere obbligati a restarci due ore da solo è
noioso.
Se in più imbarchi la tua unica copia della filosofia a
fumetti e il tuo ukulele e rimani solo con un kindle con migliaia di
libri a disposizione, la noia diventa insopportabile. In più, tutte
le informazioni del mondo nella propria tasca danno la nausea.
Per
i primi dieci minuti puoi anche grattarti la barba, poi puoi prendere
un caffè, poi puoi cominciare a contare le persone, puoi andare in
bagno per sbrigare gli affari urgenti con assessori della Regione e
quant’altro.
Oppure scrivere di quanto ti annoi.
Il tutto,
ovviamente, condito da canzoni in sottofondo degne di finire in un
soundtrack di road movie.
"Marco, gli Shins non hanno un
sound da road movie." Disse la mia coscienza con aria
presuntuosa.
"Ma coscienza carissima, se voglio mettere gli
Shins in un road movie, lasciamelo fare. D'altronde, è il mio
libro, e tu non sei altro che il frutto di una solitudine
prolungata."
"Come lo è la masturbazione, ma questo non
la rende un passatempo socialmente accettabile."
"Quindi,
conversare con la propria coscienza è un hobby
malsano?"
"Esattamente. I ragionamenti della tua
coscienza te la fanno pure ripudiare, pensa a che livelli sei
arrivato."
"Dai, non sto così male. In fondo, non
ho ancora iniziato a scrivere libri come quelli di Fabio Volo"
"Lo
reputi uno scrittore così scarso?"
"Coscienza, ti
racconterò una storia divertente.
Una volta presi un libro di
Fabio Volo. Incominciai a leggerlo, mi finii tutto il primo
capitolo, ma, arrivato al secondo capitolo, notai come si chiamasse
"relazioni yogurt". Le immagini che si crearono nella
mia testa non furono del tutto piacevoli.
Inutile dirti che smisi
di leggerlo."
Quella fu l'ultima volta che sentii la mia
coscienza.
Dannato Fabio Volo, sei un assassino di
coscienze. Basta citargli il titolo di un tuo capitolo per
portarle al silenzio forzato!
Almeno con la Troisi ti tocca
leggere il capitolo.
"Marco, non puoi chiedere a
scrittori famosi di non scrivere. È sbagliato e immorale, se
non da ipocrita. Come ti sentiresti se ti dicessero di non
scrivere?”
"Suvvia, Coscienza, tento solo di passare il
tempo.
E per dover di cronaca, me lo dicono."
Quando
sentii muoversi qualcosa dentro il mio intestino, forse per colpa
dell'immagine della Troisi che ora avevo stampata in testa, mi
diressi verso la prima toilette.
I bagni di Linate si sono
rivelati particolarmente propedeutici alla scrittura di questo
capitolo e alla regolarità intestinale.
"Coscienza, che ore
sono?"
"Sono le otto e cinquanta, Marco."
"Visto?
Metterti in silenzio ha portato via ben cinquanta minuti.
Ma
toglimi una curiosità, come sei risorta?"
"I Bagni di
Linate."
Da che mondo e mondo, le maiuscole, e i bagni, sono
sempre state la risposta a tutto ciò di inspiegabile
logicamente.
Milano combina entrambe le caratteristiche.
Nove e trentanove, la fame dilagava nel mio stomaco neanche fossi
un irlandese nella “Great Potato Famine”. Davanti a una patata,
cosa fare? Mangiarla subito, o aspettare che diventi alcol?
"Coscienza,
pensavo di chiamare questo tomo con un nome evocativo. Qualcosa
come "La guida ai pub di Oxford, 101 modi per svagarsi da
annoiati""
"Troppo lungo."
"Beh, anche
"Guida galattica per autostoppisti" è un nome lungo,
eppure ha più successo dell'enciclopedia galattica"
"Ma
è solo un dato indiziario, l'enciclopedia costa troppo, e qualsiasi
servizio che costa meno, è tascabile, e in più da un’aria da
ragazzo bohemienne verrà comprato da tutti. Soprattutto se lo si può
sfoggiare. Già pensato al tuo target? Dovresti farlo. Modellare il
tuo stile sulle tredicenni che ti compreranno.”
“Ho fatto una
scelta di vita. Il mio culo non è all’asta.
Cambiando discorso,
vorrei darti un nome meno generico, meno da fantasy inglese."
"Marco
andrebbe bene."
"Ma Marco è già il mio nome, creeremmo
confusione nei già pochi lettori."
"Allora Christopher
Wren"
"Come l'architetto?"
"Quello di
Agatha Christie però. Ti ricordi ancora le battute,
nevvero?"
"E come potrei dimenticarmele? Ero un
Christopher Wren fantastico."
"Non sei nato per fare
l'attore, Marco. Quanto a mimica facciale, sei equiparabile a un
manichino di Zara. O a Clint Eastwood.”
"Però mi
piacevano i costumi. Avevo un bel cappotto."
"Marco,
ti stai distraendo dall'unico svago di Linatiche."
"I
culi delle turiste? Com'era? Disegno culi che non saprò
toccare?”
"Era “guardo culi”, e in ogni caso mi
riferivo al Wi-Fi gratis. Pensa a tutte le canzoni che ti possono
aiutare a descrivere i vari mood del capitolo con una sola
connessione a internet. Puoi mettere Nicolò Carnesi o quegli autori
lì che ascolti solo tu.”
E così inizia la guida galattica ai
pub di Oxford.
"Sei a rischio di denuncia."
"Sarà
il primo caso di omicidio-suicidio di coscienza."
"Non
penso, o non si spiegherebbe l'esistenza di molti filosofi."
"Ci
metteranno molto a trovare la tua assenza di corpo."
Passando
oltre a questo soliloquio-dibattito con Wren, alle 11, dopo aver
speso circa mezz'ora della mia vacanza cercando un certo Fabio (che
poi sarebbe spuntato dopo un paio di giorni, come potrete notare
dopo) ebbi l'opportunità di conoscere quelli che sarebbero stati i
miei compagni di viaggio.
Non me ne piaceva neanche uno.
"Marco,
non giudicare in modo frettoloso. Descrivili e forse a casa si
faranno un'idea. Ricordati, devi far sentire il lettore al tuo
fianco."
"Il ragazzino coi pantaloni militari che aveva
abbinato a una polo militare, solo per fare pendant con lo zaino
militare. La polo aveva il colletto alzato. Avrà avuto dodici
anni. Quindi posso tranquillamente dare la colpa alla madre o a chi
ne faceva le veci.”
"Beh, niente di che. Passa al
prossimo."
“Le due ragazze torinesi. Per Diana che
accento terribile. Erano insopportabili quasi quanto la barese.”
“Ancora niente di interessante. Analizza più a fondo.”
“Come posso analizzare a fondo senza mai neanche averci
parlato? “
“Sei sempre stato bravo a tirare giudizi avventati
e inutili.”
“Passivo aggressivo eh? Ti sei svegliato male?”
Tentai di
non interagire con alcuna ragazzina milanese per evitare di farmi del
male. Per attuare ciò, appena uscito dai controlli, scappai in
direzione opposta al gate.
Mi trovai una panchina vicino alla zona
fumatori abbastanza nascosta in modo tale che la mia ora e mezza
potesse passare in fretta, magari ascoltando quelle canzoni che
mettono nei film durante le scene in cui il protagonista fa degli
esami medici e la canzone carica l'atmosfera di energia.
Non fu
così, perché mi misi a litigare con dei bambini che non volevano
stare zitti.
"Per Diana, Marco, non puoi urlare a dei bambini
solo perché giocavano con le macchinine radiocomandate che non ti
hanno mai regalato da piccolo."
In qualche modo, mi
trovarono.
Un trio di milanesi secche si stava avvicinando a me,
dovevo pensare in fretta.
Fortunatamente imparai da un opossum
incantato come fingermi morto in modo credibile, e non mi diedero
importanza.
Però stavano iniziando a imbarcare, e io avevo
fame.
"Avresti dovuto mangiare invece di evitare le
ragazzine cortesi che volevano farti solo compagnia."
"Wren,
sei nato, morto e stato battezzato in poche ore. Vuoi già essere
rinominato "cagacazzo"?"
"No, non direi."
Capitolo
Tre
O "Comprati un ukulele, se tanto lo desideri"
Il 12 luglio
mattina partì come il sei giugno, all'incirca.
Mi svegliai
e scesi in cucina per prepararmi il caffè, accesi il televisore e
misi su Good Morning England[1], seguii un paio di servizi sui
giardini di signore di mezza età, mi misi a mangiare biscotti, notai
che al tavolo c'erano altre persone.
Quattro ragazzi dalle facce
sconvolte (forse per il gene sardo e peloso che porto) che erano
intenti a inzuppare biscotti nel the.
Tuttavia non spesi del tempo
a tentare di collegare il fatto che fossi seminudo quando c'erano 16
gradi (eravamo nel pieno dell'Estate Inglese), ma tentai
semplicemente di coordinare i muscoli del braccio per riuscire ad
accennare un saluto.
Un ragazzo, in puro accento romano, esclamò
"Ammazza aò, che voi del Nord siete pelosi, eh?"
Non
capendo quella lingua mi girai verso l'altro ragazzo dai tratti
mediterranei.
"Dice que tienes pelos.",
aggiunse.
A quel punto mi girai verso il ragazzo dai tratti
nordici, che si complimentò con me per il mio pigiama.
Decisi
quindi di salire nella mansarda che mi avevano messo a disposizione a
mettermi dei pantaloni.
La mansarda in
questione non era una suite presidenziale, per intenderci, era una
classica 4mx4m dove si stivano gli studenti stranieri che non possono
permettersi di fare reclami a proposito.
Il pomeriggio
prima giunsi ad Abingdon-upon-Thames, una piccola cittadina con
piccoli cittadini nella non così piccola contea cittafina
dell'Oxfordshire, e più precisamente in una piccola casa-corridoio
su quattro piani dal lato corto di circa due metri e mezzo (piccolo
inconveniente quando ci sono 4 studenti e 4 membri della famiglia),
quella che sarebbe stata la mia casetta per i 21 giorni seguenti,
tuttavia non me ne ero ancora accorto.
Il mio corpo
ovviamente se ne era accorto, se ne era talmente accorto che aveva
pure conosciuto la famiglia ospitante.
Mike e "l'altra",
la moglie.
C'era un solo difetto in quella casa, o meglio,
due. Due bulldog francesi con una sfrenata passione per il
mordere e per il fare la cacca la mattina presto vicino alla cucina.
Cari ormai
undici lettori, presupponendo che uno se ne sia andato per i troppi
richiami ai miei lettori, sapevate che suono l'ukulele?
Ora vi
chiederete cosa è un ukulele.
Un ukulele è uno strumento che è
come una chitarra malformata, nana e con quattro corde.
Il
suono non è sempre piacevole, e lo si suona più che altro per
rimorchiare.
Esattamente come una chitarra.
Il mio, un
modello molto semplice, porta le firme di tutti i partecipanti della
mia vita che conoscerete o non conoscerete più avanti.
Beh,
tutto iniziò il ventuno luglio del 2013, durante il mio primo
viaggio a Oxford.
"Marco, taglia corto."
"Mi
comprai un ukulele. Fine. Contento, Wren?"
"Pensavo
fosse solo poco interessante."
"Ricordami di chi è il
libro, per favore."
"Tuo."
"E chi decide
cosa scrivere?"
"Un connubio di licenza poetica e fatti
semi casuali?"
"Esatto. Ergo, mi lasci dire perché
è importante sapere che suono l'ukulele?"
"Perché una
ragazzina milanese se che hai conosciuto se l'è preso nello stesso
negozio in cui l'hai preso tu"
"Ah, capisco, ora sei tu
lo scrittore. Deliziaci."
"Marco e un ragazzo
svedese con cui girava avevano formato un gruppo di suonatori
d'ukulele principianti che sono stati cacciati da Piccadilly Circus
con una multa per accattonaggio."
"Così passiamo per
cattivi."
"Eravate cattivi. Avete inciso "Hipster
Jam" su un albero. Su un povero albero che non vi aveva fatto
alcun male. Riesci a dormire sonni tranquilli sapendo il male che hai
causato?"
"Stai aggravando la tua posizione già molto
instabile, coscienza."
"Dai, scrivi il tuo capitolo e
passiamo oltre."
Quindi, dopo lo spoiler che ha fatto
Christopher, sapete come sono finito a suonare l'ukulele.
"Ma
questo che cosa centra con il capitolo?" vi chiederete.
Sapete
il gruppo di tre milanesi che tentò di socializzare con me
all'aeroporto?
Solo una era di Milano, e il 12 mi son ritrovato a
passare tutta la giornata con loro.
Fuori i taccuini,
lettori, presento dei personaggi che difficilmente riappariranno.
La
milanese, che chiameremo "Parrot", era una ragazza
mediamente bassa, capelli tinti e una propensione al parlare che la
faceva assomigliare ad un uccello del paradiso canterino.
Le
due non milanesi, di Torino, che chiameremo "Frida" e
"Venere" per semplice censura, erano sicuramente più
piacevoli da avere nelle proprie vicinanze per il semplice fatto
che emettevano suoni a una frequenza umanamente sopportabile.
Il
primo giorno ero molto eccitato (anche se scoprii che mi sarei dovuto
fare due ore di bus al giorno solo per arrivare a Oxford e tornare a
casa) ma per il semplice fatto di essere ritornato in quel posto mi
faceva stare bene.
C'è un edificio, o meglio, un edificio
ed una piazza, che per qualche strana ragione, vengono sempre
nascosti nei documentari o nei film.
Piazza Bonn e Carfax
Tower.
La prima è nascosta forse per l'immenso traffico di
stupefacenti che avviene nei tunnel vicini, la seconda perché
nessuno ha aneddoti validi con cui spiegare la sua esistenza.
Fino
ad oggi.
Era il 2013, ero arrivato da dieci minuti circa a Oxford
ed era l'una del mattino.
Valeria, la responsabile a cui ero stato
affidato, per spiegarmi come dovevo arrivare a Carfax Tower,
incominciò a gridare, per colpa delle orecchie tappate, "Devi
chiedere di una torre che si chiama Carfax, Car come macchina, Fax
come fax!"
Sorvolando che il mio bus si fermava esattamente a
50 metri da questa torre, riuscii a perdermi comunque.
Io e quello che
era il mio compagno di stanza del 2013 prendemmo un taxi per fare 50
metri. 4£.
"Marco"
"Cosa
c'è, Wren?"
"Ti sei dimenticato di dire una
cosa."
"Cosa?"
"Di dire che è il tuo
secondo viaggio a Oxford."
"Si capiva."
"Non
penso."
"Wren, da ora in poi parlerai quando ti
sarà rivolta la parola, o quando avrai qualcosa di veramente
pertinente da dire. Non puoi rovinarmi i tempi comici. Già
devo faticare per rendere questo libro relativamente piacevole da
leggere, non ho bisogno di tu che mi metti i bastoni fra le
ruote!”
La mattina del 12 luglio andammo a fare il
"sightseeing"[2] di Oxford, e io ebbi l'opportunità di
conoscere le tre ragazze sopracitate.
Con la mia tracolla e
il mio ukulele sotto braccio, ero la guida perfetta.
Sicuramente
migliore della svampita della leader che l'STS ci aveva
dato.
Una ventitreenne di Cuneo che tentò più e più volte
di farci perdere la pazienza che con la sua impreparazione cronica e
con il suo accento da piemontese espatriata a Genova non era per
niente piacevole da avere vicino.
O dietro.
O in un'area di
50km intorno a te.
Era
completamente disorientata.
Non sapeva dove
mettere i piedi, e per poco non si faceva investire in un area
pedonale.
Passando per Cornmarket Street[3], famosa per la
coda che si crea da Starbucks, notai che tutto era rimasto uguale,
tranne per il negozio di dischi, che era fallito.
Strano,
con tutti i soldi che ci buttai in poster e cd avrei potuto tenerlo
aperto.
Parrot era molto
interessata alle mie varie storie da lupo di mare, come quando scalai
il K2 con un gatto.
"Marco, quello non è mai successo"
disse Parrot ridendo.
"Volevo vedere se stavi
attenta. Guarda, lì è dove abbiamo preso gli
ukuleli."
Le indicai il Blackwell Music Shop, affianco
alla Blackwell Library, una delle librerie più vecchie e belle di
Oxford, dove spesi circa 140£ di libri nel 2013.
"Magari me
lo prendo anche io un ukulele. Mi insegneresti a suonarlo?"
chiese gentilmente Parrot.
"Comprati un ukulele, se
tanto lo desideri"
In quel momento ero talmente distratto dal
culo di una norvegese, uno dei culi più belli che io abbia mai
visto, che probabilmente mi avrebbe tormentato le notti del resto
della mia vita, uno di quelli per cui creare pick up lines perfette
tipo “hey bby wunna fuk”, che accettai senza rendermene
conto.
Non sapevo a cosa stessi andando in contro, non
sapevo la tortura infernale che i miei polpastrelli avrebbero dovuto
sopportare subito dopo.
Due ore dopo, stavo girando le corde di un
ukulele da destro perché Parrot è mancina.
Con le mie dita
lunghe è stato difficile fare i nodi, ma, credetemi o no, non è
stata la parte più dolorosa della giornata.
L'STS ha un
modo per punire i propri studenti che, da molte associazioni per i
diritti umani, è stato dichiarato "un secondo olocausto" e
ha lasciato traumatizzati tutti i testimoni di questi riti.
I
Crazy Games.
Se nell'antica Grecia si infilavano ravanelli negli
orifizi[4], a Oxford si fanno strisciare gli studenti in
competizione.
Le regole dei giochi erano abbastanza
semplici.
Bisognava far arrivare una pallina da tennis da un
punto A ad un punto B, e poi dal punto B al punto A.
Dal
punto A al punto B potevi spostare la pallina solo con le ginocchia,
mentre strisciavi. Dal punto B al punto A, ti toccava usare la
testa.
Vi starete chiedendo come sono riuscito a
sopravvivere a tutto ciò.
Semplicemente, sono entrato in
uno stato di ibernazione cerebrale, e il mio corpo svolgeva tutte le
azioni che gli venivano urlate da altri dietro di me.
Dopo questi
spassosissimi e pazzissimi Crazy Games, il mio corpo si diresse dal
parco dell'università a Carfax Tower per prendere il bus e tornare a
casa, dove trovai i miei compagnucci di alloggio, quei ragazzi che si
complimentarono con me la mattina.
Pizza, un ragazzo di Roma
Nord, Thor, un ragazzo del nord, e Juan Pablo Clichè Rodriguez Diaz
de la Vivar, un ragazzo di Barcellona Nord.
Ma è poco
importante, perché non ci feci molta amicizia dato che ero già di
malumore.
Il giorno dopo sarei dovuto andare a
Londra.
[1] Programma mattutino che tratta di giardini
di signore di mezza età.
[2] Giro turistico
[3] Viale
commerciale principale di Oxford.
[4] ραφανιδοω
Capitolo
Quattro
O "Shakespeare si stancò di vedere cadaveri
attaccati ai finestrini."
Verso la fine
del 1600, Londra era devastata dalle malattie e dalla carestia, i
Tudor avevano finito di mettere a rischio la loro dinastia e gli
Stuart non se la cavavano neanche male per essere dei nuovi
arrivati.
Tutti questi fatti erano l'uno causato dall'altro, senza
una vera propria "causa fonte".
Come se non bastasse,
Shakespeare scrive i sonetti e la gente muore.
Detta così
sembra che la gente muoia per colpa di Shakespeare.
Era solo
un poco pesante, ma non mortale.
Beh, è quello che ottieni
quando ti ostini a scrivere come Petrarca.
In questo senso
Il Berni aveva ragione. Le “prose della volgar lingua” del
Bembo e il fatto che pure noi, negli anni 2000, ci ostiniamo a dover
scrivere con uno stile classico soltanto perché scrivere come noi
sentiamo che la lingua sia “bella” è nella nostra testa, è
nelle nostre dita, insomma, tagliamo la cacca di toro (vedi cut
the bullshit) tutto quello che si è tentato di “riprendere”
dal passato dal 1500 al 2015 è solo un accumulo di boiate. Una
lingua va invogliata all'evoluzione, non alla de-evoluzione.
In ogni caso, la
peste dilaga e i servizi igienici sono un lusso.
Esattamente come
i pullman che l'STS affitta per andare a Londra.
Scatolette
da sedici metri costruite solo per stivarci più gente possibile "per
risparmiare", lavate per l'ultima volta probabilmente nel
diciassettesimo secolo, quando Shakespeare si stancò di vedere
cadaveri attaccati ai finestrini e prese in mano un badile.
La
prima cosa che mi colpì quando entrai fu l'odore.
È
veramente difficile compararlo con soggetti ancora in vita, ma è
altrettanto difficile paragonarlo a qualcosa di presente sulla
superficie terrestre.
Non so di cosa sappia l'atmosfera di Giove,
ma se sa anche vagamente come quel bus, non mi sorprendo che il
gigante gassoso non sia adatto alla vita umana.
Mentre
procedevo verso la fine di quella scatoletta, mi ritrovai a parlare
con due padovani.
Ovviamente, per dei veneti, parlare
significa intercalare un bestemmione una volta ogni 4 parole, e ci
ritrovammo a essere guardati storto da una ragazza credente.
Ma
il che poco mi importava, perché Giovanni, uno dei due padovani, mi
informò che avrei conosciuto la sorella diciottenne (molto
probabilmente figa) che in quel periodo stava a Londra a fare uno di
quei corsi che seguono tutte le ragazza diciottenni poco alternative,
tipo fotografia o disegno di lamponi.
Il resto del viaggio non
mi emozionò particolarmente, anche perché l'autostrada M1 non si
presta a riflessioni peculiari, o alla veglia se per questo, quindi
mi assopii neanche usciti dall'Oxfordshire[1].
Certo, avrei potuto
cogliere l'occasione per inventarmi qualche frase poetica da mettere
sotto il mio profilo di Wikiquote, ma preferii recuperare un paio
d'ore di sonno.
Arrivati a Londra, ebbi l'opportunità di
conoscere il mio vero leader, che ebbe un contrattempo all'isola di
Wight il giorno prima.
Non capii bene come finì a Newport,
forse qualcosa che aveva a che fare con degli studenti persi, ma sono
abbastanza sicuro che due giorni prima era all'aeroporto con
noi.
Fabio
"Ilcognomenonlopossoscrivereperchésennòmiarrivaunadenuncia" .
Un
ventiseienne di Forlì con una barba stupenda, in tenuta gialla
dell'STS, con calzoncini caki e calzettoni di spugna, tipico
responsabile di vacanza studio. Look sexy e pratico.
Fin dal primo
momento in cui lo vidi l'unico pensiero che mi girava in testa, oltre
a "che bella barba, fitta e marrone", era "questo mi
somiglia". Non solo fisicamente. Aveva l'espressione e in
generale il comportamento e il savoir-faire del perfetto
musicista/scrittore bohemien.
O meglio, somigliava molto a un
mio padre di vent'anni fa, con il capello lungo e gli occhiali
vintage, e per proprietà transitiva, mi somigliava.
Ad eccezione
del fatto che lui era notevolmente più alto di me e di mio
padre.
Non che io sia basso, porto il mio metro e settanta
con onore, ma Fabio è tanto alto.
Lui mi notò da subito
per l'ukulele che mi portavo appresso.
A quanto pare mi
avevano assegnato l'unico leader che aveva un passato da ukulelista
di strada.
Non che sia una cosa brutta eh, ma il ragazzo
alternativo con l'ukulele sono sempre stato io, avere concorrenza non
è sempre apprezzato.
Fabio fu molto franco con
noi.
"Gireremo per il centro di Londra senza
possibilità di fermarci come delle merde in un tubo. Ma potrete
pranzare dove vorrete. Purché sia dentro il parco vicino
Buckingham Palace."
"Potrai avere qualsiasi birra tu
voglia, purché sia una Corona."
Non mi ricordo chi
citò Vin Diesel, ma mi ricordo che mi fece ridere più di quanto in
realtà facesse ridere.
Così
facemmo. Girammo come delle merde in un tubo e visitammo tutti i
vari edifici più o meno importanti di Londinium[2], come quella
torre sul ponte, la cattedrale di San Paolo, i bagni pubblici di
Westminster, la metro...
In realtà, la cattedrale di San Paolo fu
relativamente interessante da visitare, almeno per Wren.[3]
Fino
a che non arrivammo effettivamente al parco vicino a Buckingham
Palace, dove slacciarono i guinzagli e gli studenti scapparono come
delle cavie quando si tocca per sbaglio quel pulsante rosso che porta
la scritta "non premere per nessun motivo al mondo".
Giovanni
"il Padovano" tirò fuori il telefono e chiamò la sorella,
che spuntò fuori dal nulla con un'amica figa della mia età.
Non
capii bene le loro storie. Erano ad una festa con qualche
ragazzo russo, poi è arrivato Eminem, e in qualche modo avevano
i capelli tinti.
So già cosa state pensando. No, non
erano lesbiche.
O almeno, non si sono baciate di fronte a
me.
Ma era altro ciò che a me interessava.
Avevano
i Toscanelli.
I toscanelli sono sempre stati presenti, in un modo
o nell'altro, nella mia vita, e in più, hanno molteplici
funzioni.
La prima è sicuramente mascherare l'odore di sudore con
l'odore di fumo.
La seconda è l'utilizzo come valuta in
prigione...
Quindi, ci imboscammo in un posto pieno di
anatre e ci fumammo i toscanelli.
Ci imboscammo più che
altro per il fatto che sarebbe illegale, ma anche perché l'STS ha
una politca anti-fumo.
L'ultima volta che fumai un Toscanello, ero
a Cambridge, nel 2012.
Il terzo giorno di una vacanza di una
settimana.
Ai tempi avevo 15 anni, e da stupido ragazzino che ero,
mi accesi un toscanello appena fuori dal dormitorio.
Mi beccarono
e mi rispedirono a casa la sera stessa.
Quindi, che modo migliore
per festeggiare due anni dal mio ultimo toscanello se non con un
gruppo di anatre che mi fissano?
Non erano anatre normali, stavano
complottando contro di me, con i loro denti aguzzi e il loro udito
sopraffino.
Il Tamigi ha una tradizione per le anatre
assassine.
Verso la fine della giornata, Parrot, con ritardo
da pop star, tornò al pullman-bara con un paio di scarpe in mano.
A
quanto pare la principessina aveva le fiacche.
La principessina
mi chiese anche di suonare una canzone per lei durante il viaggio di
ritorno sul bus.
Scelsi “Levati”
“Levati di
dosso quella giacca
che senza
scollatura vali molto poco
come me senza
chitarra”
Fortunatamente il resto della giornata passò in
fretta.
Tornato a casa, notai Thor il norvegese impegnato nella
prima stagione di Game of Thrones.
Fu difficile trattenermi
dal dire "Ned perde il cappello nell'ottava puntata".
[1]
Area geografica ove Oxford è posta
[2] Antico nome romano per
Londra
[3] Sir Christopher Wren fu l'architetto della Cattedrale
in questione
Capitolo
Cinque
O "Aveva l'accento cockney, i lineamenti iraniani e un
cognome cinese. "
Secondo l'STS,
non c'è niente di meglio di una caccia al tesoro in un posto che non
si conosce con persone di nazionalità differenti per instaurare
delle amicizie.
Beh, non posso andar contro a questa teoria,
perché proprio durante il "photo quiz" del quattordici
luglio, conobbi Freggia.
“Perché non
puoi semplicemente chiamarla Freja? È il suo vero nome ed è molto
più armonioso.” disse Wren in uno degli spazi tra le edizioni,
“Ma lei non fu
per niente armoniosa”
Freggia è
l'ennesima incarnazione della Laura petrarchesca, della Lotte
werthiana o della Beatrice dantesca: Nata a Göteborg, è composta
per l'80% da gambe lunghissime che terminano in un fantastico culo
degno di un altro Canzoniere. Seppur adornata di splendidi zaffiri
come occhi, il mio collo non poteva sopportare un angolo così acuto
solo per guardarla nelle gemme.
Tornando alla caccia al tesoro, i
leggings che la Venere nordica indossava non facilitavano l'ardua
impresa, dato che distraevano l'unica persona che conosceva
effettivamente Oxford.
L'impresa consisteva in una caterva
di azioni di poco conto, come fotografare monumenti quali “la
cabina telefonica che sa di bagno pubblico” o “il bagno pubblico
che sa di cabina telefonica” e qualche importantissimo college
quale McDonald's o Burger King.
Nulla in contrario a questo tipo
di "prove d'iniziazione", se non fosse che, per deliziare
le dee nordiche quali le leader svedesi, dovetti ballare "Girls
just want to have fun" al fine di ottenere un pacco di
marshmellow.
Il sei giugno di
quell'anno mi ripromisi di non entrare in una scuola per almeno tre
mesi. In realtà lo promisi il 25 maggio circa, ma avete capito il
concetto.
Dovetti rompere quel giuramento.
L'edificio in
cui eravamo stivati era una sinagoga o qualcosa del genere, ma non lo
capii dall'architettura. Lo capii dall'avvertimento che solo i cibi
kosher potevano entrare.
Notai comunque un ragazzo cinese
mangiare patatine al bacon nella sala centrale. Certo, si può essere
distratti. Ma è difficile non notare la stella di Davide che
sovrasta l'entrata, i due cartelli davanti all'ingresso e gli
avvertimenti dei singoli leader in proposito.
Ci stivarono in
quel centro ebraico per effettuare il test sulle competenze
linguistiche che avrebbe deciso a quale classe assegnare gli
studenti.
L'esame era semplice: 100 domande di grammatica varia e
un tema che ti devi inventare di sana pianta.
Ma la prova
non fu per niente interessante.
L'avevo già
fatta, tutto mi sembrava un deja vu infinito.
Quello che avevo per
la testa durante tutto il tema era Oliver, il professore che era lì
presente, vigile come Minòs.
Non perché fosse particolarmente
piacente, sia chiaro, ma perché aveva l'accento cockney[1], i
lineamenti iraniani e un cognome, che purtroppo non posso (e non
saprei) scrivere, cinese.
Il che è peculiare e rimarcabile,
anche per un mondo globalizzato.
Da quello che ho
ipotizzato, il nonno paterno di Oliver era un soldato giapponese. E
la nonna paterna un'infermiera inglese della croce rossa
internazionale.
Si sono conosciuti in uno dei peggiori bar
di Caracas durante l'occupazione dei finlandesi.
Non che io
abbia qualcosa contro i finlandesi, semplicemente non capisco la
lingua.
O l'alfabeto.
O l'intero concetto di
"Finlandia".
Cioè, una nazione che si basa su Babbo
Natale.
Su Babbo Natale e su una passata colonizzazione
russa che ha lasciato il segno sul filo-comunismo diffuso in tutta la
Finlandia.
Una nazione che si basa su una balla che si dice ai
bambini e su un grasso omino rosso.
È come sostenere che lo
stato italiano si basi su tangenti, corruzione, omicidi di stato,
associazioni mafiose e prostituzione minorile!
Per
quanto concerne gli avi materni, il nonno era un cino-iraniano che
gestiva un bar di scambisti a Londra, e la nonna era una levatrice
nata e cresciuta a Soho.
O così, o non si spiega il perché
del suo aspetto.
Altra cosa piuttosto strana di Oliver, era
l'intercalare preferito.
In inglese esiste una gamma di
intercalari che spazia dal classico "merda-e" al più
colorito "pipistrello-cacca pazzo".[2]
Certo, le
traduzioni non hanno senso, per niente, e se per caso accadesse che
qualcuno spendesse del tempo per trovare un po' di senso, non avrebbe
lo stesso impatto, ma in ogni caso, lui usava solo
"Fantastic".
Sempre e solo
"fantastic".
"Marco, it's fantastic that this
is your second time here in Oxford."
Nell'ultima
mezz'ora mi misi pure a contare le volte in cui disse
"Fantastic"
Ventisette.
Ventisette volte in
mezz'ora.
Circa 0.9 "Fantastic" al minuto.
Meglio
del rateo delle multe per eccesso di velocità in Viale Fulvio
Testi.[3]
Finito il test, che occupò tutto il pomeriggio,
tornai a casa per prepararmi al meglio a un'esperienza che, ai primi
viaggi studio, lascia sempre un po' stupiti.
La disco night
STS.
Qua devo fare una premessa.
Non sono un gran
sostenitore delle discoteche in generale, non perché io debba fare
l'alternativo a tutti i costi, ma solo perché non penso che
divertirsi equivalga a chiudersi e strusciarsi in un posto con altre
cento persone sudate, ma malgrado ciò, ho un rapporto amore-odio con
le serate che l'STS organizza.
Ti ritrovi, senza ben capire
come, in questo locale di serie B, senza finestre, senza aria
condizionata, e senza alcolici, e ti dicono di divertirti.
Tu
per i primi dieci minuti ci provi anche. Ci provi e ci riprovi,
finisci sulla pista da ballo a ballare con dei ragazzi spagnoli che
neanche conoscevi, ti ritrovi attaccato ad un palo e poi sopra di
esso, ti ritrovi senza maglietta, finché non trovi il patio
esterno.
Lì. come un oasi in mezzo al deserto, c'è aria fresca,
aria pulita, aria respirabile, ma anche la cosa più importante:c'è
figa nordica.
Fin da quando ero piccolo, e mio padre mi raccontava
di come rimorchiava figa nordica mentre faceva il bagnino d'estate,
ho avuto questo mito di queste donne bellissime, relativamente alte,
ma, soprattutto, facili.
Certo, il cacciatore cerca la
sfida, ma l'uomo cerca la preda.
Ma, oltre a esserci
figa, c'era Seneca.
Non quello nato a Cordoba, bensì quello
nato al policlinico Gemelli nel 2000.
Seneca era un ragazzino
romano che incontrai durante il primo viaggio ad Oxford che feci, e
aveva fatto la mia stessa scelta. [4]
E il che fu bene, perché
ebbi l'opportunità di rimembrare ricordi che pensavo di aver
seppellito sotto strati e strati di traumi.
E di
sopravvivere ad una Disco Night senza dover fare lo
spogliarellista.
"Te la ricordi ancora Charlotte, non è
vero?" mi disse, girando il dito nella piaga quasi chiusa.
"Sì,
adesso sì."
Charlotte era una ragazza svedese.
Capelli
rossi, una topa da biblioteca, e una topa in generale.
E
io me ne ero innamorato.
Ci eravamo dati il primo bacio in
una caffetteria, dopo che lei mi aveva rubato una felpa e mi aveva
intimato di andare in quella caffetteria se la volevo rivedere tutta
intera.
Quando finì il viaggio ci facemmo la promessa di non
cercarci mai più, per evitare ferite ulteriori.
Uscendo dalla
discoteca, quando riaprirono le gabbie, mi misi le cuffie per
ascoltare in loop quella che avevamo stabilito la nostra
canzone.
Hey There Delilah, l'eterna presente nella mia
vita, faceva da sottofondo ai viali di Oxford che mi sembravano di
nuovo freddi e vuoti.
Passai di fronte alla libreria dove
avevamo passato un intero pomeriggio.
Era chiusa.
Mi
sedetti sugli scalini dell'entrata e aspettai.
Non ricordo
per quante volte partì la canzone.
Ricordo solo il freddo.
Non il freddo atmosferico, sia chiaro. Il freddo che senti ai piedi,
il caldo alle guance, la nausea incessante. Il freddo da mancanza di
persone vicine.
[1] I parlanti cockney hanno un
accento e un dialetto distintivo, e utilizzano, occasionalmente,
rhyming slang.
[2] rispettivamente "Shite" e "Bat-shit
crazy"
[3] Viale famoso per l'alto rateo di multe per colpa
di Autovelox nascosti.
[4] i.e. Era ritornato ad Oxford pure lui.
Capitolo
Sei
O "Hipster, Hipster che escono dalle pareti"
Gli hipster sono
una tipologia di persone che hanno assunto una morfologia particolare
durante gli ultimi anni.
In Italia sono spuntati fuori per colpa
della globalizzazione, dello scioglimento dei ghiacciai, per la
deriva dei continenti e per colpa di Giovanardi[1], tuttavia spesso
si fa risalire la colpa a sound particolarmente indie nostrani
provenienti da parti d'Italia sconosciute ai più.
Sì, parlo di
Bologna, Stato Sociale. I componenti di questa sottocultura
applicano tutto ciò che può essere ricollegato alla
“bohémien culture”, ovvero di una sotto-sottocultura che si
basa sull'anticonformismo generale.Andare in un paese estero con uno
strumento musicale, ad esempio, rappresenta la cultura
sopracitata.
Diversi studi hanno dimostrato come semplicemente si
sia preferito cambiare il nome ad una tipologia di persone già
presente e già diffusa equamente su tutto il territorio, ma con
picchi in aree molto globalizzate come il Vergante Novarese, la Val
d'Ossola e il non più esistente confine Piemonte-Lombardia quale il
Lago Maggiore.
Infatti, abbiamo semplicemente deciso di adottare
la parola inglese per "alternativo" semplicemente perché
se lo dici in inglese fai alternativo.
Urban Dictionary li
definisce come trentenni con una propensione alla cultura underground
e ai caffè underground con wifi libero.
In più, sottolinea
come alcuni membri di questa nuova categoria sociale adorino sniffare
tè verde alle prime luci del giorno urlando "Non c'è niente di
meglio dell'odore di Napalm al mattino" per tutta Chicago.
E
queste sono le principali ragioni per cui Urban Dictionary non va mai
utilizzato per la scrittura di un libro.
Ma essere hipster non è
solo essere alternativo.
È anche andare contro tutto quello
che è mainstream
Il problema è sorto da quando essere hipster
coincide con l'essere mainstream.
Lascio a voi i paradossi
generati da queste affermazioni.
Quando ti capita di vedere un
ragazzo, che avrà al massimo quattro anni più di te, che tiene una
lecture [2] sulla letteratura inglese, vestito in modo tale che tutta
la tua attenzione ricada sui suoi calzini blu a quadri, capisci che
la tua vita è relativamente completa.
Prima di morire
vorrei ancora partecipare al mio funerale, ma almeno posso depennare
la "Lecture con l'hipster" dalla bucket list.
Lui non
sarà stato più grande di mio fratello(di cui voi dozzina non siete
a conoscenza), eppure si destreggiava con un'abilità quasi naturale
tra le slide con la faccia di Shakespeare.
Folle come
Shakespeare faccia capolino per la seconda volta nel mio libro.
Ma
questo è un fatto differente.
Ecco, forse differente è la
parola da usare per Tommy, quell'hipster.
Prima di
quella mattinata del 15 agosto, pensavo di essere molto hipster.
O
molto vecchio, a seconda di da che punto di vista la si voglia
vedere. Diciamo che ero vecchio dentro.
Mi ero sempre reso conto
di essere più vecchio, più "vintage" rispetto a tutti gli
altri ragazzi che mi circondavano.
Un esempio è che
preferivo ascoltare artisti sconosciuti o artisti che tentavano di
imprimere un messaggio profondo nelle loro canzoni piuttosto che il
Papeete, tuttavia notai come fino a quel momento io non fossi altro
che un'imitazione spudorata di un iconico messaggio contro il
capitalismo indiscriminato.
In confronto a Tommy, io ero un
ragazzo normale.
I suoi pantaloni,
risvoltati(risvoltinati?) in un modo quasi maniacale, in maniera tale
da apparire, o non apparire, né sciatti, né troppo curati,
erano perfettamente, o non perfettamente, abbinati al maglione di
lana grigio, anche quello risvoltato(risvoltinato?), che lasciava
apparire dal collo una maglia a tinta unita bianca, leggermente
lasciato, o non lasciato, largo.
Insomma, per tutta la
durata della lecture, come feci per Oliver, lo esaminai, in lungo e
in largo, tentando di capirlo.
Era nato in un sobborgo
dell'Oxfordshire, si era diplomato ad Oxford, forse al Worcester[3] o
forse al Queen [3].
Si era diplomato da poco in letteratura, o in
teatro, e questo lo evincevo dal tipo di lessico utilizzato.
Alto,
ma poco formale. Un registro linguistico maniacalmente curato
fino al minimo dettaglio, ma allo stesso tempo lasciato influenzare
da slang di strada e arcaismi in egual misura, tuttavia non come il
mio, creato appositamente per distrarre i lettori dalla mancanza
effettiva di contenuto del libro, o semplicemente perché adoro
obbligarvi a porvi dubbi sulla vostra e sulla mia effettiva
conoscenza della lingua del sì, tuttavia un linguaggio curato in
modo tale da poter essere capito da ogni singolo studente nella sala.
Evincevo,
tuttavia, che qualsiasi teoria potessi formulare non potrebbe essere
stata plausibile,[4] tuttavia non perché sono un detective tremendo,
bensì perché tutti questi dati non influenzavano la domanda a cui
tentavo di dare risposta.
Dove ha preso quei calzini?
Prendere
i calzini è un'azione che si fa, o non si fa, a seconda dell'età
del soggetto, almeno una volta l'anno.
Per i ragazzi dagli 0
ai 17 anni, prendere i calzini semplicemente non è.
Non si
fa, o non si fa normalmente.
Mentre ai 18-19 anni, quando si
va a vivere da soli e a comprarsi i propri calzini, le proprie
mutande, i propri assorbenti, e così via, hai la possibilità di
scegliere i calzini.
E cosa hanno a che fare i calzini con
la vita di tutti i giorni?
Beh, nulla, a meno che tu non abbia i
pantaloni con il risvoltino.
[Nota dello scrittore. Non
sapevo a che livello sarebbero arrivati i risvoltini. Non mi
odiate e non mi fraintendete. A Tommy stavano bene, è al resto del
mondo che stanno male.]
Partendo dal presupposto che il pelo che
esce da sotto il pantalone sta male, lo devi coprire con dei
calzini.
Quindi, Tommy, volendo, o non volendo, scelse quei
calzini per apparire al meglio e fare colpo su quei ragazzini
mentalmente instabili che avrebbero tentato di psicanalizzarlo
raggiungendo il baratro di una pazzia che stava solamente aspettando
di far capolino nel complesso labirinto che è la psiche di Marco
Bacchella.
Che poi sarei io.
O sarei stato io, se
non fosse stato per quei calzini.
Non prestai attenzione alla
lecture in sé, anche se espose...cose... su...
Mi
addormentai alla terza slide.
Pur essendo una guida, non ho
mai dato consigli all'interno del tomo.
O ne ho dato
veramente pochi.
Non perché voglio che il titolo sia
controproducente o fuorviante, o perché non ci sono veri e propri
consigli da dare, bensì perché il primo insegnamento che posso
distribuire al mondo mi è stato tramandato soltanto quel lunedì a
pranzo.
Fabio è considerabile un santone delle vacanze
studio.
Ha fatto molto nella sua vita, tra cui capire come
sopravvivere, ad Oxford, a pranzo, con meno di 1£ a persona.
Il
trucco è molto semplice.
Si prende una baguette lunga da
Tesco[5], integrale o bianca, a seconda della quantità di fibre che
si vuole assumere, da 70 centesimi insieme a un barattolo di hummus
da 1£ e il tutto si divide per due persone.
Immagino
l'espressione sulle vostre dodici facce.
"Dovrei
dividermi un vasetto di materiale organico parzialmente decomposto e
pane con una persona?"
Beh, sì.
Ma l'hummus non è da
confondersi con l'humus.
Entrambi sono parzialmente
decomposti ed entrambi hanno un sapore orribile, ma l'hummus è
parzialmente commestibile.
Insomma, perché bisognerebbe
ingozzarsi di hummus per sopravvivere?
Primo motivo, è fin
troppo economico.
È così tanto economico che ti chiedi
effettivamente da quanti anni sia scaduto.
Secondo motivo,
l'apporto calorico.
Ora, non voglio fare l'esploratore, ma
in un ambiente umido i cui indigeni sono creature scorbutiche e
violente, fare un buon pranzo è richiesto per la
sopravvivenza.
Terzo motivo, mantiene i tuoi organi di
ricambio ben idratati, dato che è idrorepellente.
Quarto
motivo, è una fantastica fonte di energia fossile.
Con un
pranzo del genere sarei dovuto resistere a tutto.
Nel
primo pomeriggio ci avrebbero comunicato in che classe eravamo e
quale prof ci avrebbe infuso sapere.
Oliver mi diede un leak
dicendomi che non ero nel livello più basso.
Bensì,
mi disse "I tried to lower your score, but damn, it was too
high."
Non capii che disse, forse qualcosa
riferita al fatto che ero bravo, o qualcosa riferito al fatto che
puzzavo di ceci e aglio.
Ero preparato a più o meno tutto, da un
invasione di polpette mutanti a ben due studenti cinesi in
classe.
Gli studenti cinesi non sono una vera e propria
piaga come lo sono le polpette mutanti, ma si avvicinano di molto.
La
loro propensione ad essere teoricamente migliori di te e la loro
effettiva superiorità teorica te li rende immediatamente antipatici,
anche se non meritano per forza il tuo disprezzo.
Riaprendo
il libro delle avventure del 2013, io e Charlotte eravamo in classe
con due ragazzi cinesi. Wally era un ragazzo di quindici, forse
sedici anni, che aveva totalizzato il punteggio migliore di tutti al
test, ma ad ogni domanda che gli si poneva rispondeva con un "WHAT"
ben urlato.
Fortunatamente, non successe nulla di tutto ciò.
Ci
dissero che la classe era la Red 2 (non chiedetemi perché si chiami
così, era l'ultima classe in un corridoio verde) e che la
nostra prof avrebbe tardato dieci minuti.
Mi sedetti
in classe e mi guardai attorno.
Due svedesi, un
maschio e una femmina, troppe danesi, un finlandese.
Alla
mia destra, Freddie.
Freddie era questa ragazza di Copenaghen fin
troppo alta un metro e ottanta, a quanto pare allergica al
profumo e così interessata ad informarmi di ciò che mi picchiò nei
seguenti giorni in caso ne avrei messo, sostenendo che stavo tentando
di ucciderla.
Ma questa è un'altra storia.
Quando
Sara, la prof, entrò, ebbi un dubbio esistenziale.
Sono
cresciuto nella media borghesia piemontese, dove il "conformarsi"
era d'obbligo.
I ragazzini vanno in discoteca, si fumano le
canne e si infilano oggetti negli orifizi solo per conformarsi.
Ma
in Inghilterra, "conformarsi" significa "non
conformarsi".
Meno uno era conformista, più era
cool.
L'esatto opposto della mentalità media
piemontese.
Ma questo vi starà facendo ancor più andare in
confusione, nevvero?
Il fatto è che Sara era un hipster.
In
Inghilterra, gli hipster escono dalle pareti.
Non è che sia
una cosa brutta, semplicemente, mette a disagio.
Non perché
Sara fosse particolarmente brutta, ma semplicemente non si conformava
agli standard di "insegnante".
Non era né
particolarmente alta né aveva delle tette particolari.
Ma
era interessante.
Dall'outfit e dal caffè in mano si poteva
evincere quanta voglia di stare in quel posto aveva, e quanto poco la
pagavano.
I pantaloni da uomo [6] lasciati larghi non
rivelavano forme particolari, ma il risvolto lasciava intravedere un
gusto per i calzini veramente raffinato.
Mi accorsi
soltanto una volta uscito dalla classe quanto in realtà volessi
anche io dei calzini così cool.
[1]
Politicante ignorante di destra, ricordato, appunto, per la sua
ignoranza.
[2] Una Lecture è una lezione tenuta a mo'
università. Tanti posti a sedere, un solo prof, tutti che
prendono appunti in una sala enorme.
[3] Due dei più famosi
college di Oxford.
[4] Parafrasi suggerita da un lettore:
"Come evincevo che nessuna teoria potessi avanzare sarebbe stata
plausibile"
[5] Catena di supermercati inglese.
[6]
Sono sicuro che fossero da uomo, perché me li provai il giorno prima
da Topman
Capitolo
Sette
O "Fabio era Obi-Wan Kenobi"
Al tempo
della prima riscrittura di questo capitolo, mi ritrovo in un'aula di
biologia. La prof, convintissima, forse perché ingannata dai
miei cenni del capo, che io stia prendendo appunti, spiega ad un
livello di decibel umanamente insopportabile il sistema
cardiocircolatorio.
Non so esattamente cosa mi abbia fatto pensare
al fatto che voi non sappiate molto della storia del libro che state
leggendo.
Certo, state leggendo la storia NEL libro,
tuttavia ignorate la storia DEL libro.
Se non vi interessa,
potete saltare il paragrafo. Personalmente, ho sempre adorato
sapere cosa ha causato la scrittura di un libro [E.G. Ingestione
di alcolici, noia]
Tutto inizia il 17 luglio del 2013. La mia
partenza per Oxford. La prima.
Conosco Charlotte in una
serata afosa alla fermata del bus grazie ad Aiden, che si era messo a
strimpellare qualche accordo alla fermata del bus e lei attaccò
bottone.
Passiamo una dodicina di giorni tra peripezie poco
interessanti per essere raccontate (ad eccezione dei vari giri
in bici fatti da brilli per le viuzze dei college).
Quando
torno a casa mi viene in mente di poter scrivere un libro su quello
che avevo passato, ma l'idea tramontò presto, quando mi resi conto
di non esserne in grado senza appunti.
E proprio per “prendere
appunti”, il 14 luglio 2014 torno a Oxford.
Tornato ad
agosto, i miei genitori son partiti per un viaggio di tre settimane
dove io decisi di scrivere il libro.
Vado a Milano da mio
zio dove scrivo l'80% del libro, e ogniqualvolta che terminavo un
capitolo, lo pubblicavo su EFP, dove potevo ricevere feedback diretto
sui vari fattori.
Il 31 settembre, la prima edizione del
libro.
Oxford ha ospitato un susseguirsi di autori,
più o meno validi(o più o meno famosi, se per questo), che hanno
popolato (e che hanno speso le loro fortune guadagnate con la
scrittura dentro) alcuni pub, rendendoli anche famosi per ciò.
Uno
tra questi, l'Eagle and the Child, è famoso soprattutto per aver
pulito le bevute che avrebbero portato a Narnia e al Signore degli
Anelli, oltre che per fare un menù economico di fish and chips
piuttosto decente, per gli standard del fish and chips.
E io
odio il fish and chips.
Per uno che è cresciuto a lembas e
corteccia di noceferro, quello potrebbe essere l'unico pub degno di
nota.
Infatti, quando Fabio ci disse che avremmo dovuto fare una
ricerca su un edificio che ritenevamo importante, la scelta mia e
della ragazza svedese a cui mi avevano accoppiato, fu abbastanza
ovvia.
La ragazza svedese, purtroppo, non era Freggia.
Era una
ragazza che chiameremo Lesbo, per il suo taglio da appartenente alla
comunità LGBT+.
Non voglio insultare nessuno della comunità
lesbica, semplicemente mi fece molto strano vedere una ragazza con i
capelli più corti di me.
Non che ci voglia tanto.
Io e
Lesbo, quindi, ci dirigemmo verso il leggendario pub, che,
per dovere di cronaca, ospitò una vomitata che portò, in un modo o
nell'altro, alla scrittura di questo libro, ma quella vomitata risale
oramai al 2013, e la base di pesce che fece da base era il menù
economico sopracitato di quello stesso pub.
Attraversata tutta
Cornmarket Street, vedemmo L'Aquila dell'insegna fare capolino da
dietro il Bohemian Museum, che detto in inglese fa più figo, da lì
continuammo per una decina di metri per poi ritrovarci una porta
chiusa.
Si, perché la mattina i pub sono chiusi.
Avrei dovuto
pensarci.
Magari stavano pulendo altro vomito.
Chissà
che tipo di scrittore aveva vomitato lì dentro la sera prima.
"Mi
trovai, di colpo, a rigettar l'effluvità di tutte le mie sensazioni
in iconica forma fisica, e sentii ogni singola sensazione scatenare
dissapori all'interno della mia gola come un bicchiere di acido
cloridrico e pesce crudo", avrebbe scritto uno scrittore di
tardo 800. Ma non è questo quello che ci importa, infatti
quello di cui dovrebbe importare a voi è che io e Lesbo eravamo
bloccati fuori dal locale che non esagererei ad epitetare come "il
miglior" locale di tutti i tempi.
Non ci disperammo troppo,
perché notai un fantastico Internet Cafè molto underground sulla
sinistra del pub.
E, non essendo io un amante di quella famosa
catena di caffè internazionale ove tutta la gente mainstream cerca
ristoro, ma essendo, sempre io, tenuto in vita dai caffè,
entrammo.
Il posto non era malaccio. Era decorato come un
grande salotto, con divani di pelle consunti intorno a un tavolino
con delle fantastiche prime edizioni lasciate lì per i clienti.
Il
paradiso degli Hipster.
Lesbo si rivelò un'amante di libri, e io
un amante di band indie italiane, e queste due caratteristiche ci
fecero trovare così bene a parlare di tutti quelli scrittori
indipendenti che la Svezia ha, o di tutte quelle band indipendenti
che Torino ha, che ci dimenticammo completamente di cercare
informazioni sull'Eagle and the Child.
Ups, my bad.[1]
Per
approfondire ancor di più la mia conoscenza con Lesbo decisi di
dividere l'hummus con lei.
Quando andammo da Tesco, però, notai
che nel frigorifero delle salse, l'hummus non c'era. Il che mi
intristí molto.
Dopo un leggero dibattito sul sapore di tonno e
mais, prendemmo pollo e curry.
Il problema principale, però,
è che mi piacque.
Per usare una metafora capibile dai più,
Fabio era Obi-Wan Kenobi, e io ero Anakin Skywalker.
Lui mi aveva
insegnato le vie dell'hummus, e io l'avevo tradito.
Avevo scelto
l'oscurità, il pollo al curry, solo per l' avidità caratteristica
dell'uomo.
perché questa è la natura dell'uomo.
L'avidità, e
l'avidità per il potere.
Ma sinceramente, non ho voglia di
scrivere una trilogia originale per far vedere che posso
redimermi.
Non saprei che inventarmi dopo questo libro.
"Neanche
George Lucas sapeva che inventarsi" aggiunge Wren.
Il pomeriggio,
per forza di routine, avevo lezione.
Sara, con ritardo da pop
star, entrò in classe con un fantastico caffè il cui aroma mi
arrivava proprio sotto il naso, dandomi una crisi d'astinenza degna
del peggior cocainomane ancora vivo.
Non realizzai subito di avere
un gran problema di dipendenza, lo capii solo durante la pausa,
quando mi aggirai come un cacciatore intorno alla macchina del caffè
sperando che qualcuno avesse da cambiare una banconota da dieci
sterline.
È lì che Sara si avvicinò e incominciammo a
parlare.
In italiano.
Perché Sara, completamente al contrario
di quanto suggerisca il nome, era italiana.
"Anche io i primi
giorni avevo problemi con il caffè." Mi disse mentre inseriva
le monete nel distributore.
"E da quanto sei qua?"
"Un
paio d'anni” Sospirò con calma, sorseggiò il caffè. “Tu
conosci Ruth, vero?"
Ruth. Diana franco-tedesca,
insegnante dell'STS per cui mi presi una cotta.
Non una cotta
pesante, eh. Una di quelle per cui ti svegli sudato la notte
delirando sul fatto che i lunghi capelli ricci ti piacciano da
morire, ma niente di che.
E glielo dissi, alla fine delle tre
settimane.
"Mi ha parlato di come scrivi. Ti ho voluto
nella mia classe per curiosità e perché in questo periodo mi annoio
particolarmente. Voglio vedere se riesci a farmi ridere come hai
fatto ridere Ruth.”
"Quindi son famoso?"
"Non
tutti scelgono due volte la stessa città. E sei ancora l'incubo
di Asterix."
Mentre il caffè scendeva, lei si avviava verso
le scale che portavano alla classe, senza che io le avessi ridato i
soldi.
Appena rientrato in classe con il mio caffè ancora
caldo in mano, Sara mi sorprese dicendomi "Questo te lo offro
io, ma mi devi far ridere nel prossimo tema che vi farò fare."
Beh,
le mie doti da scrittore hanno fruttato un caffè da una sterlina in
un anno. Di questo passo potrò prendermi un caffè da Starbucks
entro il 2020.
Sara, come ho già detto, era un soggetto
interessante.
Ero curioso di sapere dove era nata, perché aveva
un cognome francese e un nome tipicamente italiano, ero curioso di
conoscerla più a fondo.
So cosa state pensando.
"Marco,
vuoi solo entrarle nei pantaloni."
Ed è vero, non lo nego,
ma quello era solo secondario.
D'altronde, chi non lo
vorrebbe?
[1] "Mannaggia, colpa mia."
Capitolo
Otto
O "Costanti e Variabili"
Milano, se non
fosse per il rateo milanesi-zanzare fameliche, sarebbe anche un bel
posto per scrivere.
Certo, puoi
usare il repellente, ma prima o poi tutti gli estranei che non hanno
sviluppato una resistenza a quel tipo di parassiti si ritrovano
circondati da milanesi arrabbiati.
Almeno quelli che non sono
partiti a ferragosto.
E forse è quest'ultimo il motivo per
la tristezza e il rancore dei milanesi visibili.
Come dicevo, non
è una città brutta, e offre molti svaghi relativamente
divertenti.
Si può oziare, come si farebbe nel divano di casa, a
parco Sempione.
Si può vagare, come se non si avesse una meta
apparente, dentro parco Sempione, cercando l'uscita.
Si può
chiedere, a gente non proprio definibile rispettabile, l'uscita, per
poi rincontrare, sempre la stessa gente rispettabile, due minuti
dopo, perché ci si è persi.
Di nuovo.
Il college di
Christchurch, a Oxford, offre più o meno gli stessi svaghi.
Ad
eccezione forse di tutti quelli che ho elencato in
precedenza.
Christchurch è famoso per molte cose.
Hanno girato
ben tre scene del primo Harry Potter e una della Bussola D'oro.
Ed
è tutto qui.
Non so perché
l'STS si ostini a mandare lì gli studenti.
Costa ben 8£ se tutte
le aree sono aperte (in caso contrario, costa 6£), e occupa meno e
per meno tempo di una confezione di gelato dello stesso prezzo.
Avrete già
intuito che sto per raccontarvi di come io abbia speso del tempo di
qualità a pedinare Freggia dentro Christchurch.
L'edificio
del college si divide in diverse zone, tutte peculiari: coda alla
cassa, coda per entrare nella sala grande della Rowling, che grande
non è, coda per la cappella interna, e coda per l'uscita.
La
totalità delle code, se messe una dietro l'altra, riempiva
quell'edificio circa sedici volte, violazione delle leggi della
fisica a parte.
Già si sapeva che gli inglesi avevano una
passione per le code, ma mai fino a questo punto.
Un vecchio detto
recita "non c'è sogno troppo grande o sognatore troppo
piccolo", e anche se Freggia mi superava di almeno due teste con
le sue gambe autostradali, mi feci coraggio e le chiesi di uscire, in
svedese.
"Marco
carissimo, ce ne hai raccontate di tutte in questo tomo, ma ci viene
difficile credere che tu sappia anche solo una parola di svedese."
Penserete voi lettori.
Per quanto io sia tentato di dire "Fatevi
i cazzi vostri", oramai ho introdotto l'argomento.
Ho già
accennato a Charlotte, ma non ho accennato al fatto che anche lei era
svedese.
Io e Charlotte eravamo in classe assieme, e un giorno,
mentre Ruth spiegava l'alfabeto IPA, io, consapevole della figura in
cui mi sarei potuto imbattere, chiesi a Charlotte come si invitasse
uscire una ragazza in svenska.[1]
"Vil du
toen fika memei imorron?" Fu la risposta.
"Marco, non ce
la dai a bere, sappiamo cosa significa fika."
Ma che ci
crediate o no, significa pausa caffè.
Appena finita la lezione
con Ruth, feci la domanda a Charlotte.
So anche dire “Potatis”
e “Grönsaker”, per la cronaca.
Quindi, a
distanza di quasi un anno, feci la stessa domanda a Freggia, ma la
risposta differì.
"Solo se
non è un appuntamento." Mi disse ridendo.
"Constants
and Variables", diceva DeWitt. [2]
Ma non voglio parlare
di fisica teorica, poiché è un argomento che ignoro, se non per
alcuni concetti fondamentali.
Dando per scontato che voi abbiate
letto la nota chilometrica, per spezzare un po' la tensione che il
vostro cervello ha in questo momento, scriverò una barzelletta.
"Dottore,
dottore, mi sento un cane!"
"E da quando?"
"Da
quando ero cucciolo"
*risate finte*
Ricadere su
questo tipo di battute mi rende una persona molto triste.
Spesso, il
nostro multiver... universo, ha uno strano modo di migliorarci
la vita.
Spesso mette
nella stessa stanza più persone, conoscitrici e apprezzatrici dello
stesso argomento senza che le persone se ne rendano conto, a meno che
una di queste due persone faccia un'affermazione che la renda
individuabile.
Sara, quel
giorno, aveva pianificato una lezione "New Age", in modo
tale che i testicoli, miei e di Neil, il ragazzo svedese che avevo in
classe, non cadessero nell'immediato per colpa di un'altra lezione di
fonetica.
Sara ci distribuì dei fogli pre-stampati con un testo
di una canzone.
"***** ***
- Arctic Monkeys"
E di seguito il
testo con dei gaps[3] da riempire.
Alle prime note la riconobbi
subito.
Era Mardy Bum.
Ora, ragioniamo, quante erano le
possibilità che io fossi assegnato ad una prof, ascoltatrice degli
Arctic Monkeys, e che quella prof scegliesse proprio la canzone che
avrei potuto scrivere a memoria?
Poche, pochissime, e infatti,
nella pausa, mentre lei era a bere il caffè, controllai il suo pc,
infrangendo anche un paio di leggi.
La sua libreria musicale
comprendeva tutta la discografia degli Shins, tutta quella dei
Radical Face, i soundtrack di Garden State[4] e di the Art of Getting
By[5]...
"Marco, che controlli?"
Merda.
"Sara!
Da quanto sei qui dietro?"
"Un paio di minuti."
"Sto
solo controllando la tua libreria perché
ero...interessato..alla..canzone che ci hai fatto ascoltare."
"Marco,
mi devi fare una domanda?"
"Lo sapevi fin da prima che
io entrassi nella tua classe che ero un fan di tutti questi gruppi,
vero?"
"Hai un profilo Facebook abbastanza pubblico."
Si ammutolì, mi scrutò per bene, per poi terminare con un "Ma
in ogni caso no, è solo stata una coincidenza."
"Quindi
hai controllato il mio profilo sì o no?”
"Knowledge is
power, diceva Pancetta.[6]"
La sera, per un
terribile scherzo dell'STS, c'era un'altra Disco Night.
Nell'aria,
però, c'era un'aria differente. Mi venivano in mente le parole
di una canzone mentre tornavo da solo al locale a caccia di lanterne
prendendole per lucciole,
Mi feci offrire da bere da Fabio e
cercai lei, ricolmo di sobbalzi liceali, cercando la posa, la mira,
il tempo atto a ordire un inganno. Il suo amico che ho buggerato
oggi mi buggererà, mi fa felice mi accolga con quella sua faccia da
gongolo.
Gli chiedo di salvarmi la vita lui mi dice: "Va da
lei, è la tua fan più affezionata" Ed è lei che avevo
cercata.[7]
Non avendo trovato Freggia, decisi di uscire a
prendere una boccata d'aria.
Annoiato nel
patio esterno, strimpellando "I'm Yours" sull'ukulele con
Fabio, che, tra l'altro, mi insegnò a fare un capotasto mobile con
una matita e un elastico per capelli, feci la terribile mossa di
suonare troppo bene.
Una finlandese,
a quanto pare cantante amatoriale, si mise a cantare la stessa
canzone.
Dico terribile mossa perché non mi ricordavo metà delle
note e mi toccò improvvisare.
Tutto andò a buon fine, e le
ragazzine che si erano messe ad ascoltare, dopo aver raccolto le loro
mutandine e i loro reggiseni, mi fecero i complimenti.
[1] Svedese, in
svedese
[2] Disambiguazione:
Bryce DeWitt, il
fisico teorico, fu uno dei primi a formulare l'ipotesi del multiverso
basato su costanti e variabili, “constants and variables”, ovvero
su sistemi principalmente binari, dove la costante 0 è sempre
presente, ma la variabile 1 varia in numero, in posizione o in
qualità.
Booker DeWitt è
il protagonista di Bioshock:Infinite gioco in cui si ripete più e
più volte quella frase per suggerire al giocatore la risoluzione
della trama, che si basa sul concetto di multiverso, e quindi sui
concetti di costanti e variabili.
In ambedue le
opzioni, non c'è bisogno che vi informiate, la lezione di fisica
teorica è finita.
^nota più lunga mai scritta senza copiare da
Wikipedia
[3] Buchi
[4]
Film ideato e diretto da Zach Braff (JD di scrubs) il cui soundtrack
è stato redatto dagli Shins
[5] Film il cui soundtrack compare
nel mio telefono tra gli album più ascoltati, il cui intro è stato
fatto dagli Shins.
[6] "Francesco Bacone" aka "Francis
Bacon" aka "Franci Er Pancetta", fu un filosofo
umanista inglese che coniò l'espressione "Knowledge is
power"
[7] Inesatta traslitterazione di "Ladro di cuori
col bruco" de Lo Stato Sociale, band indie bolognese.
In
questo capitolo mi sono sbizzarrito con le citazioni colte.
Capitolo
Nove
O "Quel film mi fece piangere quasi quanto Frozen."
Quando Fabio ci
disse che la mattinata del diciotto luglio avremmo avuto tutte le ore
antimeridiane per fare sport, ebbi un mancamento.
Il mio fisico
scultoreo non è affatto adatto allo sport, figurarsi in una
mattinata piovosa.
Nel capitolo precedente, mi dimenticai di
accennare ad una sezione del Christchurch college, forse l'unica
sezione degna di finire in questa guida.
I Christchurch
Meadows.
I Christchurch Meadows sono un parco che comprende tutta
l'area intorno all'omonimo college, una riva del Tamigi, delle anatre
e degli spacciatori.
Non sono molto sicuro per gli ultimi, ma le
anatre erano molto cattive.
Pensate a delle anatre con denti
aguzzi, piedi palmati, ali da rapace e intelligenza minima ma
funzionale.
Dei killer naturali.
Fabio, con una
palla in mano si presentò con Amir, il leader svedese, verso le
nove, ora in cui io ero già su un albero a pennichellare.
Durante
la pennichella mi venne in mente che Freggia ancora non mi aveva dato
una risposta vera.
Lasciai passare la mattinata senza chiederle
nulla, magari era timida.
Sara, quel giorno, aveva altro di
meglio da fare piuttosto che insegnare a noi. Come comprarsi dei
pantaloni da donna. O l'erba. Era il perfetto stereotipo di
insegnante hippy e new age, mancava il costante odore d'erba.
Al
suo posto c'era Ramsey.
Ramsey era il classico trentenne
barbuto, quello che dieci anni fa poteva essere il ventenne medio, e
dieci anni prima il bimbo della quinta elementare medio.
Non solo
mi fece rendere conto di quanto sembro vecchio, visto che mi
somigliava, ma mi diede anche un'opportunità per vedermi nel
futuro.
Io, di fronte a una decina di studenti distratti, con
neanche la più pallida idea su cosa fare.
E lì mi viene in
mente: "gli farò scrivere su ciò che gli piace, così saranno
indaffarati e posso andare a fumare in cortile."
È così che
Ramsey fece.
Il titolo totale della traccia era "Cosa ti
rende felice"
"E tu, anche se ne avevi l'occasione, non
hai scritto "il porno"."
"Christopher, si
notava la tua assenza."
Come Christopher ha sottolineato, non
scrissi "il porno".
Perché non scrissi il porno è un
altra cosa, però.
Non solo perché non lo considero un passatempo
adeguato, ma perché c'è qualcosa che, a mio parere, va ben oltre il
piacere di un orgasmo.
La scrittura.
Ramsey,
correggendo il mio tema, sembrava sconcertato.
"Marco, da
quanto scrivi?"
"Non so. Anni. Da quel che mi ricordo ho
sempre voluto scrivere."
"Si nota. C'è un'affermazione
che vorrei mi spiegassi. "Mi ricordo una frase che lessi da
bambino, viviamo da soli, moriamo da soli. Il resto è solo
un'illusione.[1] Sta a noi rendere la vita sopportabile con le nostre
azioni." La condividi a pieno?"
"Certo."
"Non
ti sembra una visione pessimistica della vita?"
"No,
anzi. Mi spinge a essere sempre migliore, a essere sempre al massimo
delle mie capacità per essere felice, opponendomi in questo modo
alla tendenza al risparmio che è presente e che dilaga tra le
persone che conosco. Voglio dibattermi come un pesce appena pescato.
Spacciato nella costa della vita, eppure lotta con tutte le energie
che gli rimangono. Se poi con le mie azioni riesco a migliorare la
vita di altra gente, il tutto si fa divertente.
Ti faccio un
esempio. Sei al supermercato, e una ragazza fa cadere il sacchetto
dove aveva le uova. Io vado al banco frigo e le compro un'altra
confezione di uova. Gliele porgo, e nella peggiore delle ipotesi ho
risollevato la giornata ad una persona, e nella migliore lei mi da il
suo numero e io guadagno un'amica."
Ramsey si mise a fissarmi
con un'espressione concentrata.
Tentava di analizzarmi. Lo capivo
dal fatto che i suoi occhi verdi stavano tentando di sbucciarmi come
una banana.
"Bel pensiero. Un po' drastico e controcorrente,
forse.
90/100 è il tuo voto. Ben fatto."
"Ramsey,
permetti una domanda?"
"Fai pure."
"Sei
felice facendo il professore?"
"La domanda che mi vuoi
fare in realtà è se saresti felice se mai farai il professore,
vero?"
Non ricordo chi questa volta mi disse che i professori
hanno un'abilità inesplicabile nell'analizzare le persone.
"Secondo
me sarai un ottimo professore.
In fondo, ci sono centinaia di modi
per essere un buon professore, e altrettanti per essere felice. Devi
solo trovare la giusta combinazione."
L'espressione "Trovare
la giusta combinazione" mi ronzò in testa tutto il giorno.
Cosa
voleva dire?
Mi ronzò in testa finché non andammo, io e
alcune altre ragazze italiane che ancora non ho introdotto, non per
pigrizia, ma perché quella che sto per narrarvi fu la prima
occasione che ebbi per conoscerle a fondo, al cinema.
Per colpa di
Giorgia, una ragazza romana troppo pallida, andammo a vedere "The
Fault in our Stars".[2]
Dico per colpa perché quel film mi
fece piangere quasi quanto Frozen.
Per quelli di voi che non hanno
visto il film o non hanno letto il libro, uscirete dalla sala urlando
insulti a quelli che fino a 92 minuti e 11£ prima chiamavi amici e
subito dopo chiami in modi che adesso, a distanza di quasi un anno,
mi rendo conto che rischiai di essere arrestato per crimini contro
l'umanità.
Sconvolto e con le tracce di sudore oculare sulla
faccia, andai verso il centro.
Oxford, dopo le ventuno e trenta,
si rianima, contrariamente al trend british.
Tutto è dovuto al
fatto che Itsu, il fast food di sushi principale, proprio a quell'ora
faceva il 50% di sconto, e con 3£ potevi portarti via un piatto per
3 persone, ma che solitamente mangi da solo, seduto sul marciapiede,
perché sei una persona triste e sola che non avrà mai una storia
d'amore idilliaca dove uno dei due partner muore con dolore e l'altro
muore subito poco dopo il funerale anche se il finale è
relativamente aperto e non descrive la morte della signorina.
[1]
Questa è la frase d'apertura di The Art of Getting By, dove George,
il protagonista, tenta di trovare se stesso e il suo futuro per tutto
il film, e l'unica sua certezza è questa frase.
[2] Romanzo
di John Green che tratta di una storia d'amore tra malati di cancro
terminale.
Capitolo
Dieci
O "Hipster o Homeless"
Secondo una
strana filosofia dell'STS, gli studenti sono creature immortali che
sopravvivono grazie ad aria e acqua e che vogliono, a tutti costi,
perdere ben due giorni della loro vita a Londra.
Non che sia
brutta ma semplicemente la ritengo un covo di dispersione, dove
rischi di perdere metà della tua giornata solo per prendere la
metro.
Giorgia la ragazza pallida, colei che presentai nel
capitolo precedente, mi convinse a perdere una giornata insieme a
lei.
Il viaggio sui pullman STS ve lo ricordate ancora,
immagino.
Questa volta ci andò un po' meglio, con la sola
differenza che questa volta, al posto dei cadaveri sui finestrini,
c'erano sedimenti di muffa.
Il tutto odorava come del
gorgonzola.[1]
Sul pullman misi lo shuffle casuale sul mio
audioriproduttore, e per casualità fatale, partì "E Londra e
Londra".
Me la godetti come si può fare solo con L'Officina
della Camomilla, e me la godetti così tanto che Fabio mi chiese per
favore di abbassare la voce, per quanto la cantavo forte.
"E
Londra e Londra è morta in discoteca, solo musica classica dal cuore
delle tasche"
L'Ironia ha uno strano senso di parlare alla
gente.
Una volta arrivati all'entrata autostradale di
Londra, si poté vedere la coda per il museo di Madame Tussauds, uno
dei monumenti immortali di Londra, chiamato, scherzosamente, "la
coda da dieci minuti o più".
Ma in fondo, ai Brits[2] piace
perdere tempo l'uno di fronte all'altro.
Lettori, se per caso
avete una cartina di Londra, o meglio, del tube [3], tiratela fuori,
e vi mostrerò come suddividere Londra.
Se avete delle uova vicino
a voi, prendetene uno e spiaccicatelo nell'area nord di Londra.
La
parte oscurata dal tuorlo dovrebbe essere Camden Town.
Dico
dovrebbe perché non l'ho lanciato io l'uovo.
Ora, prendete
un fazzoletto e asciugate l'albume da Buckingham Palace, facendo
attenzione a non sporcare Oxford Street, che è ricordabile solo
perché c'è Victoria's Secret, e buttate il tutto nel
cestino.
Proprio a tuorlo-town si svolge l'odissea, mia
e della ragazza pallida, per trovare un HMV[4].
Arrivammo a Camden
Town verso mezzogiorno, e appena usciti dalla metro vedemmo il
nemico.
Un gruppo della WG[5], con le loro sporche
magliettine fluo che fanno male agli occhi e la loro politica di
rispedire a casa i ragazzi solo perché fumano un toscanello andando
a lezione.
"Marco, com'è che odi così tanto la
WG?"
"Due motivi particolari. Prima di tutto, mi
hanno rimandato a casa perché ho fumato un toscanello andando a
lezione. Secondo, perché l'anno scorso io e Charlotte eravamo a
piazza Bonn [6] a parlare con dei ragazzi italiani della WG. Ad un
certo punto uno dei sopracitati mi lancia una sigaretta che prendo al
volo. Dopo due secondi arriva un leader in tutina fluo che mi dice
che "non posso fumare vicino ai suoi studenti" e che mi
caccia.
E in più, mi danno fastidio le loro maglie."
"E
quindi li odi perché hanno fatto il loro
lavoro?"
"Esattamente."
Quando
si entra a Camden Town comincia un gioco di "Hipster o Homeless"
continuo.
E credetemi, è molto difficile distinguerli, in
Inghilterra.
Certo, a Londra il 90% della popolazione è composta
da emigrati italiani, ma la regola rimane.
Devi ricordarti tutte
le regole che ti eri studiato guardando i video di youtube sul tuo
android perché Apple è troppo mainstream, e soprattutto guardare
cosa hanno in mano.
Se il bicchiere di Starbucks è a terra,
allora è un Homeless.
Se è in mano, è Hipster.
Con
l'avvento dell'internet e di programmi come uTorrent, negozi del
genere sono andati via via scomparendo per colpa dei pirati, ma
Giorgia, convintissima che a Camden Town ce ne fosse uno, mi trascinò
per fin troppo tempo per quel buco pieno di homeless conformisti.
Ce
la girammo per quattro volte, entrando in ogni singolo negozio di
scarpe che avesse in vetrina le Dr. Martens per vedere se almeno un
paio le stessero bene e alla fine fummo costretti a chiedere ad una
commessa rossa di cui mi innamorai la strada per HMV, che ovviamente,
era fallito.
E il che è male.
Ma nessuno può
fermare una ragazza romana e la sua voglia di CD.
Infatti, grazie
allo stesso strumento che distrusse, in qualche modo, HMV, trovammo
un HMV in Oxford Street, dove c'è Victoria's Secret.
Ovviamente,
l'internet non serve solo a distruggere compagnie.
L'internet
fa tante belle cose.
Auto-pubblicare un libro non è una di
quelle cose.
Bisogna sfatare un mito secondo il quale agli
uomini non piace comprare biancheria intima.
E questo è
vero solo in parte.
Noi ci metteremmo anche uno straccio
umido come sottopantaloni [7], ma passeremmo le ore a scegliere
mutande femminili.
Soprattutto se della nostra
frequentante.
Arrivati a Oxford Street,che, per intenderci, è
quella che avreste dovuto pulire dall'albume, ci buttammo in
direzione HMV e Victoria's Secret, che per una coincidenza che il
nostro multiverso ci ha messo a disposizione, erano l'uno davanti
all'altro, quindi non avrei neanche perso tempo a cercarlo.
Ma lo
persi comunque, perché da HMV trovai la trilogia completa con
cofanetto degli Hunger Games che, anche se la lessi tempo addietro,
comprai immediatamente per sole 7 sterline.
Giorgia trovò
altrettante cose di suo interesse, infatti comprò un numero
imprecisato di CD di musicisti che fatico a ricordare,ma che non
comprendevano nessun cantante troppo mainstream.
Ebbi solo una
ventina di minuti per fare lo stalker dentro Victoria's Secret, ma
quei venti minuti valsero diciotto anni di attesa.
Trovai
l'amore circa quindici volte in quel posto.
Arrivati
sull'agognato pullman per il ritorno a Oxford, Giorgia aprì i suoi
CD.
Da uno di questi uscì una cimice, e metà del pullman,
composto da ragazze danesi e svedesi, forse un pochetto spaventate
dall'animale, si mise a urlare.
E io che volevo dormire.
In un universo
parallelo, Londra è composta al 100% da Hipster veri.
O da
barboni, la differenza è poca.
[1] Non sono un amante del
Gorgonzola, anzi, mi sorprende che ci siano persone a cui
piaccia.
Ma de gustibus.
[2] Britannici.
[3]
Metropolitana Londinese
[4] Nome completo "His Master's
Voice", etichetta discografica nonchè negozio principalmente di
CD e di materiale da collezionisti.
[5] Altra associazione
organizzatrice di vacanze studio, ma non con la sigla vera, o rischio
la denuncia.
[6] Piazza a circa 100 metri da Carfax Tower, nel
centro di Oxford
[7] Vedi "underpants"
Capitolo
Undici
O "Non tutte le cartoline sono perfette."
Precedentemente
ho parlato molto degli hipster in tutte le loro forme, Hipster
mainstream[1], Hipster non mainstream e barboni, ma ho evitato di
citare qualsiasi ritrovo underground[2] per evitare che diventi, in
futuro, mainstream.
E, se ci
pensate, la storia della letteratura dal 1500 in poi è stato un
continuo susseguirsi di hipster e conformisti, e si cambiava stile e
corrente letteraria soltanto grazie agli hipster che si discostavano
dalla massa.
Sembra contorto
e senza senso, ma lasciatemi spiegare: ci troviamo alla fine del
1700. Prima ci fu l'illuminismo, condotto da anticonformisti parigini
che diventarono conformisti da cortile una volta assaggiata la
popolarità. Subito dopo ci fu il romanticismo, condotto in parte
dall'hipster degli illuministi, Gian Giacomo Russò, che apri le
porte, insieme all'impronunciabile Ghete o Goete o Gote o come
diavolo volete chiamarlo, al romanticismo. Hipster che si ribellano
al conformismo. Vedete, non sono il primo che dice ciò: Giambattista
Vico, filosofo della “nuova scienza”, ovvero la storia oggettiva,
ipotizzò e formulò la teoria dei corsi e dei ricorsi storici nel
1700 circa.
Ma finiamola con la lezione di
filosofia-storia-supercazzola.
Bath, cittadina
inglese del sud-ovest, era conosciuta fin dal tempo dei romani per le
terme e per le caffetterie.
O solo per le caffetterie, faccio
sempre confusione.
Quando arrivammo lì, Fabio ci disse le
uniche cose importanti da sapere su Bath, ovvero che fu dimora di una
delle scrittrici, ahimè, madre del femminismo moderno[3], e che
c'era un parco carino dove poter dormire.
Certo, per quanto
mi attraesse la casa di una scrittrice fondatrice della terza ondata
del movimento femminista moderno che ha come base tumblr e le
relative tag #feminism, decisi di passare il pomeriggio al
fresco.
Per quanto riguarda la mia crociata contro le
femministe new-age:
*Cough Cough*.
Il 4 luglio 2014, giorno
dell'indipendenza americana, partecipai, come uno degli anonimi
"shitposters" con username "christopherwren", nel
"raid per la neutralità di 4chan."
Quando delle
attiviste di tumblr tentarono di chiudere 4chan con la tag
#shutdown4chan, sostenendo che 4chan fosse un covo di folli che non
avevano nessun diritto di esprimersi, Io, in quanto forte sostenitore
della libertà di espressione, fui uno dei primi a tentare il
dialogo....ma in qualche modo, con ragionamenti logici piuttosto
basilari, finii ad essere reputato un misogino.
Com'era
successo?
Opera dei "Social Justice Warrior", la terza
ondata del femminismo, che non si occupa più dell'equità dei sessi,
ma preferisce impiegare il proprio tempo coniando nuovi termini per
categorie "oppresse" dalla società, che manipolano più e
più volte foto, notizie e atteggiamenti per far sembrare stupro
anche il più minimo complimento fatto.
Ma detta così
sembra che io porti rancore ingiustificato.
Per appianarvi i
dubbi e portarvi dalla mia parte, ecco delle "nuove categorie
oppresse".
Prego, mettete la sigla di Voyager.
“Grigio A”:
Questo lo copincollo perché non ha senso.
“Gray-A
1) do not normally
experience sexual attraction, but can sometimes. 2) Have sexual
attraction but a low sex drive 3) Have sexual attraction and drive
but no desire to act upon it. 4) Those who have sexual attraction and
drive but only under limited and specific circumstances."
"Demisessualismo":
condizione in cui una persona non può essere attratta da una persona
se non ne è attratta in precedenza.
"Fluidità di genere":
la condizione in cui una persona cambia identità di genere con
repentinità.
"Transetnico": Una persona, nata
appartenente ad un'etnia ben definita, si definisce transetnica
quando si sente nato nel corpo sbagliato e appartenente ad un'etnia
differente.
"Cis": maschio caucasico adulto senza
disabilità, quindi possedente tutti i "privilegi" su cui
tumblr basa il livello di "oppressione", si dice
cis.
Torniamo alla scatoletta puzzosa.
Quella
volta la scatoletta non puzzava, o meglio, non mi ricordo il puzzo,
perché riuscii subito a distrarmi coi paesaggi dell'area di
Bath.
Sapete tutte quelle cartoline che vi ritrovate a
guardare involontariamente, ammirandone la bellezza naturale quasi
forzata?
Tutte le colline intorno a Bath sono esattamente
così.
Sono perfettamente ondulate, con questi prati verdi
interminabili che si buttano a strapiombo in un mare...grigio.
Ma mia nonna lo
diceva sempre:
“Non tutte le cartoline sono perfette.”
“Diceva anche
che gli uomini o si prendono per la gola, o per le palle”
“Grazie per il
tuo contributo, Wren. Ora che parlo di femminismo meno male che ci
sei tu a relegare la donna a cuoca o concubina.”
Appena sceso
dalla scatoletta di latta, con un mal di testa classico di chi ha
bevuto il mirto che si era portato dall'Italia con il suo
Host-padre[4] la sera prima, incominciai a cercare Fabio per fare una
conversazione con lui che era da troppo tempo che
procrastinavo.
Appena radunato il gruppo italiano, ci
mettemmo in viaggio verso la casa di Jane Austen[5], la scrittrice
citata in precedenza.
Certo, non era un viaggio così
mostruosamente arduo, ma erano comunque 700 metri di camminata.
Jane
Austen non è mai stata una scrittrice tremenda, anzi, era una donna
affermata nonché un'autrice di successo. Ovviamente non in vita. Lei
si rifiutò di mettere il suo nome sui suoi manoscritti e solo grazie
al fratello e della sua fortunatissima prematura morte sappiamo chi
fosse e chi scrisse i suoi romanzi.
Il problema gravissimo è che
molte pseudo-attiviste per i diritti della donna hanno trasformato
"Orgoglio e Pregiudizio" in un libro rosso[6] per la
propaganda femminista.
Ma le mie riflessioni sul
post-femminismo me le tenni per me, per colpa delle troppe ragazze
che avevo attorno.
Però le mie riflessioni sul filone
romanzesco che face partire la Austen le posso riportare
qui.
Proprio Pride and Prejudice fece partire lo stereotipo
della trama da romanzo "giovanile". C'è la Lei, che è
particolare in quanto è fuori posto nei riguardi del suo sistema di
riferimento. C'è Lui primo, che è misterioso, che è innamorato di
lei ma non può ammetterlo. C'è Lui secondo, che è più piacione,
ma che prima della fine della trama tradirà o Lui o Lei e si
rivelerà il cattivo della situazione. Questo schema poi verrà
ripreso in tutte le salse. Post-apocalittico, vampiresco, zoofilo e
fantasy.
Proseguendo per
il giro turistico di Bath, trovammo l'altro punto di interesse
di quella città: Il Royal Crescent.
Un parco fatto a forma
di mezzaluna, [Inserire qui tipico aneddoto inglese, di quelli che ti
spiegano come la regina ci abbia pisciato dopo una notte di fuoco con
il Kaiser Guglielmo e Owen Wilson], e che ha un bellissimo prato
verde.
Fabio ci diede il permesso di andarcene, un permesso
relativamente agognato, visto che ci eravamo svegliati da più o meno
un quarto d'ora, e che il pullman non sarebbe partito prima delle 16,
ma io e la ragazza pallida avevamo già deciso cosa fare.
Ci
saremmo rintanati dentro una caffetteria fresca per 3 ore.
E così
facemmo.
Con un cappuccino enormemente grande in mano
scendemmo nel sottoscala-tavernetta di una fantastica caffetteria
underground di cui non ricordo neanche il nome, ahimè.
Insieme a
noi c'erano anche due ragazze milanesi, ma per questo non
discriminabili.
Non avevano ancora la patente al tempo,
quindi non potevano rubare il parcheggio.
Tuttavia, per
colpa del meteo inglese, cominciò a diluviare a dirotto proprio
quando dovevamo uscire dalla caffetteria e spostarci a
Primark.
Primark è un negozio di vestiti perfetto per gli
studenti squattrinati.
Se per caso vi avessero rubato tutti
i vestiti in aeroporto, non disperate, cercate il Primark più vicino
e con 25£ avrete un armadio nuovo.
Il sistema economico su
cui si basa Primark, però, e un mistero.
Tu puoi entrare,
dirigerti nella sezione scarpe, e pagare 3£ per un solo paio, o
andare nelle magliette e comprarne 5 a tinta unita per 12, oppure
prenderti dei maglioni di lana viola orribili solo perché
costano poco.
Non so esattamente se basa la sua economia
sullo sfruttamento intensivo di piante di cotone geneticamente
modificate in modo che nascano a forma di pecora o sul buon
marketing, tuttavia funziona.
"Marco, perché hai preso quel
maglione di lana orribile?" mi chiese Giorgia sul pullman di
ritorno.
"Perché costava poco."
Si sapeva, fin
da tempi immemori che in Inghilterra, d'estate, piovesse.
E
non sono qua per sfatare questo mito.
Anzi, sono qui per
confermare che non c'è cosa più bella di tornare a casa a piedi
nudi nella pioggia.
C'è un particolare momento, quando
nelle orecchie hai Meringa Lexotan[7] e senti solo il tintinnio
leggero della pioggia sulla cassa dell'ukulele che hai in cartella,
in cui tutti i problemi scompaiono.
Piano piano vanno
via, e quando sei oramai zuppo, ti rendi conto che non hai
problemi.
Ti rendi conto che sei un ragazzo normale, senza
particolari difetti, con una crescita pilifera facciale forse
esagerata, ma a te non importa, perché la barba fa uomo maturo, che
sa suonare uno strumento relativamente apprezzabile e che prima o poi
troverà la relazione che ha sempre agognato.
Se mi andrà
di culo pubblicherò un libro, magari due. Mi laureerò, mi
trasferirò in un altro paese.
L'Islanda è un bel
posto.
Certo, ci vorrà del lavoro, ci vorrà sudore, ci vorrà
fatica, ma alla fine, tutti ci sono passati, perché non dovrei
superare anche io questi ostacoli?
Chi sono io per non mettermi in
gioco?
Appena tornato a casa, ormai drenciato[8],
chiesi a Mike, il mio host-padre, come funzionasse il clima in
Inghilterra.
"Oh, It doesn't."
Dalla
cucina potevo sentire Thor, il mio compagno di stanza urlare
"Helvete!"[9].
Aveva finito l'ottava puntata di Game of
Thrones.
[1] Ossimoro voluto
[2]
Non-mainstream
[3] Con "femminismo moderno" non intendo
il movimento che tenta di dar più diritti alle donne, ma il
movimento che tenta di screditare l'uomo, nato e cresciuto negli
ultimi anni.
[4] Una Host-Family è la famiglia dove vai a stare
in un viaggio studio, da quello, Host-padre.
[5] Autrice di Pride
and Prejudice
[6] Meglio noto come Libretto Rosso o Il libro delle
Guardie Rosse, fu pubblicato la prima volta nel 1966. Si compone di
un'antologia di citazioni tratte dagli scritti e dai discorsi di Mao
Tse-tung. Fu creato per la propaganda maoista.
[7] Canzone
dell'Officina della Camomilla
[8] vedi Drenched, Fradicio.
[9]
"Al diavolo!"
Capitolo
Dodici
O"In culo alla balena"
Un consiglio
che si può dare in una guida, forse non questa guida(tuttavia
troverebbe tranquillamente posto in una guida vagamente vaga alla
Danimarca), è sicuramente "mai urlare "knep en
ged" in mezzo alla strada".
Questo perché questa
fantasiosa nonché impronunciabile frase significa "procrea con
una capra".
All'inizio feci anche io la faccia che state
facendo voi adesso.
Ero abbastanza scandalizzato, ma,
d'altronde, noi italiani abbiamo dei modi di dire molto più strani
sempre incentrati sulla zoofilia.
Un esempio tra tutti è "in
culo alla balena".
Quanto è grosso l'interno di un culo
medio di una balena?
Un uomo di medie dimensioni può
entrarci?
Perché dovrebbe essere augurio di buona
fortuna?
Sono le motivazioni alla base delle lauree di molti
linguisti, immagino.
Ma come sono giunto a conoscenza di questo
fantasioso modo di dire?
Freddie,la
ragazza rossa danese con un nome di battesimo
impronunciabile(contiene ben tre "K" danesi, che sono
pronunciate "kloeh"), era intenta a scaccolarsi,
probabilmente per trovare segreti di stato danesi, di fronte a tutti,
e io le chiesi gentilmente di smetterla.
Con la complicità del
fatto che erano le otto e trenta, lei reagì male,mandandomi a
procreare violentemente con una capra.
Non solo, ma prese il mio
taccuino[1] e scrisse"kraftpedervaltemig"[2]
Ah, che bel
posto la Danimarca.
Pur avendo un governo di per sé conservatore,
riesce ad avere la mentalità per ottenere senza problemi un sistema
di previdenza sociale basato sulla ridistribuzione di risorse.
Sara, entrata
dopo gli auguri di rapporti zoofili, iniziò la sua lezione
sugli idioms british, e,
principalmente, cockney.
Quest'ultimi, a cui si era già
stato accennato in precedenza, sono coloro nati nella classe
proletaria di Londra, caratterizzati soprattutto da una parlata
nasale e da linguaggi gergali che, a meno che tu non li abbia
studiati o non ti sia informato, sono letteralmente incapibili, e
questo è perché si basano sulla rima e su ciò che rima con quello
di cui si sta parlando.
Detto così sembra molto complicato.
E
in realtà lo è, e per questo passeremo ad un esempio pratico.
"I
went to my pope in rome, then up the apples and pairs to search formy
dog and bone."
La frase che vi ho appena riportato,
che ci crediate o meno, significa "sono andato a casa, poi al
piano di sopra per cercare il mio telefono."[3]
Un'altra
parola, rimarcabile per il semplice fatto che ora è entrata nel
miodizionario british, è "swell".
Usatacome verbo "to
swell" significa "inghiottire", ma un londinese degli
anni 50 l'avrebbe utilizzata come aggettivo alposto di "cool".
Ne
ho abusato durante il mio soggiorno rimanente semplicemente perché
fa figo, dando per scontato che qualcuno capisca cosa tu
stiadicendo.
Altrimodi di dire piú famosi sono quelli
che con il ragionamento sono capibili da tutti senza troppi
sforzi: "Cool your jets" ne è un
esempio.
Quando hai il tuo jet nell'hangar in condominio, e
rientri senza raffreddarei motori, devi dire "cool your
jets" al vicino a cui hai appena rovesciato la casa.[4]
In ogni caso, se
state considerando la Danimarca o Londra dei posti strani, la
Norvegia detiene il primo posto.
Fabio ci concesse un pomeriggio
libero, che io passai con il mio romkamerat[5] e con il suo
gruppo.
L, una ragazza asiatico-scandinava, colse subito la mia
attenzione.
Vorrei citare un filosofo contemporaneo che una volta
disse "sei bella da mordere i fili dell'alta tensione,
sei bella da chiudersi in ascensore con un testimone
di Geova" perché è il modo migliore che ho per
descrivere quella donna.
Non solo per il fantastico maglione di
lana color salmone che indossava, e sicuramente non per il culo,
visto che il maglione era troppo lungo e glielo copriva, ma per
quello che stava leggendo.
Era una copia in lingua originale di
"The Lord of Flies".[6]
Questo mi faceva capire che non
solo aveva buon gusto in fatto di libri, ma anche che sapeva bene
l'inglese e questo avrebbe abbattuto anche le eventuali barriere
linguistiche, visto che il mio norvegese si ferma a "Vil du pula
med meg?", una delle peggiori frasi per attaccare bottone.
O
almeno, bottone già ce lo attacchi, ma per l'ultima volta in vita
tua.
Chiesi a Thor di presentarmi questa L, e lui eseguì,
sbagliando la pronuncia di romkamerat.
Thor disse
"Runkekamerat" e questo scatenò ilarità generale, tanta
da chiedermi che cosa avesse potuto dire.
Disse "compagno
di masturbazione".
Fantastico inizio per un Flirt con L.
Ma
fortunatamente questo ci diede spunto per una conversazione su quanto
possa essere difficile evitare errori come questi parlando in
norvegese.
Passammo un
pomeriggio relativamente calmo, parlando di letteratura, di uva, di
cinema, di lamponi, e di come avrei voluto scrivere un libro su
Oxford e sulla vacanza che stavo facendo, tutto questo nel reparto
frutta di Tesco.
Ad un certo punto, annoiati, entrammo al
Blackwell BookShop[7].
Qualcosa d'altro lì colse la mia
attenzione, qualcosa di più importante del culo magnifico di L che
si era appena tolta il maglione lungo, La Guida in edizione integrale
a poche sterline.
Ovviamentenon mi riferisco a questa guida,
ma alla Guida di DNA [8].
Quella Guida era bellissima, aveva la
copertina rigida e le immaginette olografiche, una mela dell'Eden in
un negozio di libri, in pratica.
Mela presi, poi esaminai meglio
il culo di L.
Per essere asiatica aveva un bellissimo culo.
Alla fine,
quando ero sul bus in direzione casetta, mi arrivò un messaggio da
uno dei due padovani.
"Dove possiamo trovare
dell'oppio?"
I conoscitori, anche vaghi, quali ormai sarete
voi, di Oxford sanno chei tunnel dietro piazza Bonn diventano un
ritrovo di spacciatori dopole sei emmezzo circa, ma solo nei giorni
feriali.
Anche i criminali vanno in vacanza.
[1]Quello dove
presi appunti per il tomo che state leggendo
[2]traduzione non
disponibile
[3]La parafrasi è "I went to my home, then
upstairs to search for my phone"
[4]Traduzione vera:
"Calmati"
[5]"compagno di stanza" in
norvegese.
[6]Romanzo Nobel per la letteratura dell'83, scritto da
William Golding.
Per qualche strana ragione poco letto negli
ultimi dieci anni.
[7]Libreria più antica di Oxford, famosa
perché contiene 600km discaffali.
[8]Douglas Noel Adams
Capitolo
Tredici
"Gesù uccide le droghe"
Ritrovarsi
davanti alla valigia cercando delle magliette pulite e non trovarle
può scatenare differenti tipologie di reazioni a seconda della
persona in questione.
La persona senza evidenti psicosi
annusa le ascelle della maglietta più vecchia e copre l'eventuale
odore con profumi e/o infusioni di ormoni.
La persona un po'
meno normale decide di non uscire.
Lo studente in viaggio di
studio va da Primark e compra delle maglie usa e getta da 2£.
Non
è una tattica applicabile sul lungo termine, ovvio, ma può essere
una tattica utile a sopravvivere quel paio di giorni in più prima
che la tua host family faccia la lavatrice con la tua roba sporca che
continua a procrastinare da oramai dieci giorni.
Ma tutto questo
ragionamento non può essere applicabile quando ti svegli con un mal
di testa e senza ricordi del giorno prima.
Presi il
telefono per guardare che giorno fosse e per controllare che non
fosse semplicemente una giornata storta.
Ma no, avevo perso
un giorno.
Letteralmente.
Non ricordavo nulla del 22
luglio e per qualche strana ragione mi ritrovavo con un mal di testa
al posto di esperienze vissute.
Nel mentre Thor era ancora nel
letto a fissare la strana scena dall'esterno. Un omino peloso che
inveisce in un'altra lingua che, a detta di molti nordici,
"sembra sempre una canzone", non è una vista comune.
"Thor, a
che ora sono tornato ieri sera?"
"Sei entrato zoppicando
con Pizza verso l'una."
"Pizza?"
"L'altro
coinquilino italiano."
I quesiti, ovviamente, aumentavano,
quindi scesi in cucina dove trovai Pizza che stava avendo una
colazione a base di toast e burro.
"Hai fumato oppio."
Disse placidamente mentre spalmava il burro sul toast.
La scena
era la classica.
Io con il cuscino ancora attaccato alla faccia
che vedevo Pizza fare da padrone di casa come se fosse stato
effettivamente il padrone.
"Oppio?"
"Oppio."
"Ti
sembro un cinese del diciottesimo secolo?"
Ci fu un intenso
scambio di sguardi.
Io guardai il toast.
Il burro guardò
me.
Pizza guardava il burro.
Il toast veniva mangiato da
Pizza.
"Mi hai chiesto di prendere appunti sul tuo taccuino,
ieri sera."
Il taccuino, effettivamente, riporta ancora oggi
diversi geroglifici con la scrittura di Pizza.
Una volta
decifrati, riportano "Poca percezione dello spazio e del tempo,
battito cardiaco accelerato, tanto freddo. Tu sai chi ha fatto un
pompino a quello lì. Marco perché cazzo hai fumato"
Certo,
forse il mal di testa da hangover mi avrebbe dovuto suggerire che la
sera prima finì così.
Dai pochi
ricordi che ero riuscito a raccogliere nel tempo che il caffè
avrebbe impegnato per bollire, evincevo che la sera prima, dopo le
attività serali, fumai oppio con i Padovani.
O almeno credo.
Non
bisogna mai fidarsi di quello che pensa un caffeinomane prima del
caffè.
Dopo l'espresso andai a cercare una maglia qualsiasi e mi
misi dei pantaloni qualsiasi, per poi dirigermi verso la fermata del
pullman.
Le gambe erano piene di acido lattico come se avessi
corso chilometri la sera prima, la testa mi faceva male come se
avessi avuto un clacson all'orecchio per tutto il giorno, e come se
non bastassero le mie sventure fisiche, si mise pure a piovere.
Che
giornata di merda.
Sul pullman
trovai un po' di pace, almeno per un paio di minuti, finché non salì
Parrot.
"Marco, stai bene?" mi chiese in tono molto
preoccupato.
"Dovrei stare male?"
"Beh,
sì."
"E perché?"
Incominciò a guardarmi in un
modo piuttosto peculiare, come se avessi detto qualcosa di
strano.
Si alzò e salì al secondo piano del double
decker[1] senza dire una parola.
Me ne rimasi lì con le cuffie
nelle orecchie finché non arrivai aOxford e lì mi venne in mente
una cosa che forse mi sarei dovuto ricordare prima.
Dovevo
essere a scuola.
Mezz'ora prima.
Arrivato a
scuola, con una scusa già in mente, qualcosa di relativamente
credibile come "stavo mangiando Gorgonzola e sono morto",
notai che c'era troppa gente fuori dall'edificio.
A quanto
pare molti bus erano in ritardo a causa di un qualche arresto di
massa nei tunnel di piazza Bonn e quindi ebbi l'opportunità perfetta
per mescolarmi e saltarmi una ramanzina da Sara.
Salii
quatto quatto all'aula Red 2, appena dopo il corridoio verde, dove
c'era Sara in attesa.
"Marco, ci hai graziato della tua
presenza"
"Beh, il pullman era in ritardo e..."
"Stavamo
intavolando una fantastica discussione sull'abuso di stupefacenti.
Vuoi sederti e favorire?"
Non poteva saperlo.
A mala
pena lo sapevo io, Sara non poteva effettivamente essere capace di
essere a conoscenza di ciò.
E infatti non lo sapeva, ma scelse le
giuste parole nel momento sbagliato.
"Sì, insomma...le
droghe..Uccidono Gesù?" affermai facendo il classico sorriso
del colpevole di omicidio che tenta di nascondere il cadavere della
sua ultima vittima la domenica mattina ma il vicino gli chiede "Vuoi
una mano?".
"In Finlandia Gesù uccide le
droghe."[2]disse Peruna[3], il ragazzo finlandese.
Dopoi
dieci minuti in cui tutta la classe restò ferma, tentando di capire
da dove uscisse quel ragazzo e soprattutto perché disse una frase
del genere, andai a sedermi, ma mi addormentai quasi subito.
Al momento del
mio risveglio notai, per la seconda volta, che era il 23
luglio.
Eral'ultimo giorno della mia seconda settimana a
Oxford.
E l'ultimo giorno del gruppo italiano che stava due
settimane, tra cui Parrot, Pizza, i Padovani..Insomma, tutti quelli
che ho presentato ad eccezione di Giorgia, escludendo due ragazze che
erano riuscite a farsi concedere una settimana in più, le non ho
conosciuto, almeno in quelle prime due settimane, a fondo, e il che è
male, poiché mi sarei sbattuto violentemente una delle due.
...Che
molto probabilmente sta leggendo questo.
Tagliando le vane
narrazioni manieristiche, introduciamo il vero avvenimento della
serata.
Ebbi l'occasione di parlare con i Padovani che ebbero la
cortezza di spiegarmi che era successo.
"Siamo andati in una
piazzetta infrattata[4] e abbiamo fatto su un paio di joint.Ti sei
fatto un paio di tiri e sei finito in uno stato pre-fetale."
Affermarono i due padovani completandosi le frasi a vicenda.
"E
perché sono rientrato a casa zoppicando?"
"Sei
inciampato sul marciapiede." Aggiunse Pizza.
"E perché
hai scritto "Tu sai chi ha fatto un pompino a quello lì."
sul taccuino?"
"Perché poi l'avresti scritto sul
libro."
"Pizza, vaffanculo, mi hai fatto stare in
pensiero tutto il giorno."
"Lo sai che è grazie a
noi che non sei già in Italia, vero?"
"Cosa?"
"Quando
ti abbiamo riportato a casa c'era un leader sul bus e siamo stati noi
quelli che ti hanno fatto calmare."
"Penso che per
stasera passerò."
Nel mentre che mi allontanavo dalla
piazzetta e mi dirigevo verso piazza Bonn, sentivo l'odore dell'oppio
che veniva bruciato.
O almeno, sentivo che non aveva odore.
Perché
l'oppio non ha un odore particolare come le altre sostanze
stupefacenti che io...non ho mai provato, mamma. Giuro.
La mia prima
ultima sera fu deprimente. Io e Charlotte ci facemmo la promessa di
non vederci e non parlarci più, perché sarebbe stato più semplice
dimenticarci in questo modo. Io non tenni fede alla promessa. La
mattina alle cinque del mattino ero davanti al suo pullman verso
Gatwick per salutarla con un ultimo bacio. Forse per evitare di
pensarci, quella sera andai al pub. Ma non c'è modo di non pensare
ai tuoi amori passati. Sfido chiunque a non pensare per ventiquattro
ore a chi ti ha modificato a tal punto da non riconoscere più la
persona che eri prima di entrare in sintonia con lei.
Quando tornai a
casa notai che c'era Pizza sull'uscio. Sembrava triste.
"Ultimo
giorno?"
"Ultimo giorno."
"Avrei voluto
conoscerti di più. Ma sai com'è, orari diversi.."
"....la
scuola..."
"...la figa."
Immagino che anche
Pizza abbia tante cose da dire, delle voci di corridoio mi dicono che
si è sbattuto come un ovetto mezza Norvegia. Ma ehy, è de Roma, non
mi vien facile intervistarlo. Ora che ci penso, mi ricordava molto
Trilussa. Stessi baffi.
Una volta
tornato a Milano strinsi di molto il rapporto con Parrot.
[1]Autobus a due
piani tipicamente british
[2]Semicitazione: "Nella Russia
sovietica, Gesù uccide le droghe".Il tutto ha senso visto che
la Finlandia era una colonia Russa.
[3]"Patata" in
finlandese.
[4]Luogo oscurato per il rispetto della privacy degli
abitanti di quella piazzetta
Capitolo
Quattordici
"Asciugamani-mantello"
"La guida
galattica per autostoppisti dice alcune cose sull'argomento
asciugamano. L'asciugamano, dice, è forse l'oggetto più utile che
un autostoppista possa avere. In parte perché è una cosa pratica:
ve lo potete svolgere intorno perché vi tenga caldo quando vi
apprestate ad attraversare i freddi satelliti di Jaglan Beta; potete
sdraiarvici sopra quando vi trovate sulle spiagge dalla brillante
sabbia di marmo di Santraginus V a inalare gli inebrianti vapori del
suo mare; ci potete dormire sotto sul mondo deserto di Kakrafoon, con
le sue stelle che splendono rossastre; potete usarlo come vela di una
mini–zattera allorché vi accingete a seguire il lento corso del
pigro fiume Falena; potete bagnarlo per usarlo in un combattimento
corpo a corpo; potete avvolgervelo intorno alla testa per allontanare
vapori nocivi o per evitare lo sguardo della Vorace Bestia Bugblatta
di Traal (un animale abominevolmente stupido, che pensa che se voi
non lo vedete nemmeno lui possa vedere voi: è matto da legare, ma
molto, molto vorace); infine potete usare il vostro asciugamano per
fare segnalazioni in caso di emergenza e, se è ancora abbastanza
pulito, per asciugarvi, naturalmente [...]"
"Marco, non
spiega perché tu abbia un asciugamano attaccato alle spalle."
Disse Sara.
A Fabio venne
un'idea tremendamente fantastica per il pomeriggio del 24 luglio.
Per
festeggiare le prime due settimane di vacanza senza crimini
conosciuti ai più, organizzò un BBQ.[1]
Lo pensò piuttosto
bene: comprò diverse confezioni di "svizzere", come il
dialetto di Forlì recita, e ci disse di portare degli asciugamani,
visto che avremmo fatto questa grigliata ai Christchurch Meadows,
dove, per rinfrescarvi la memoria, c'è una sponda del Tamigi e
maggior parte del traffico di droga di Oxford dopo l'arresto avvenuto
il giorno prima.
Quando preparai la borsa, controllai il meteo
preventivamente, che recitava esplicitamente "sole che spacca le
pietre", quindi non portai la felpa e misi un telo-fiume nella
borsa.
Ma è dell'Inghilterra che parliamo.
Solamente perché
non avevo preso la felpa, si alzò un vento proveniente direttamente
dall'Artico.
Con quel poco che avevo nella borsa tentai di
proteggermi dalla tempesta sopracitata, e quel poco comprendeva un
asciugamano e una copia della Guida.[2]
Quando scesi dal bus a
Carfax, feci l'unica cosa possibile per ripararmi dal gelo: mi legai
al collo il telo e ne feci un mantello.
In questo caso, la regola
"sappi dov'è il tuo asciugamano" mi ha salvato la
vita.
Beh, diciamo che mi ha salvato da una congestione.
"Sara,
avevo freddo."
"Sei una delle persone più strane che io
abbia mai conosciuto, Marco, non sai neanche sopportare un po' di
vento." aggiunse Sara.
"In Finlandia, questo tempo lo
chiamiamo siccità" disse Peruna, con un accento fin troppo
russo.
Da quel punto della lezione in poi, mi rinchiusi in un
bozzolo di microfibra per pensare alla linea di mantelli-asciugamano
che lancerò come fece Beckham con le mutande, ovvero con spot in cui
appaio con solo il mantello addosso, per i quali diventerò famoso in
tutto il mondo, ma finii per addormentarmi, e dormii anche bene,
finché Sara non mi svegliò per dirmi che dovevo andare a
pranzare.
"Il tempo è un'illusione, l'ora di pranzo una
doppia illusione[3], Marco."
"Ancora cinque minuti per
favore"
"Muoviti su che ho fame anche io. E per
favore, domani non farti vedere con quell'asciugamano addosso che è
sporco di dentifricio e chissà di cos'altro."
Nell'atrio del
centro ebraico c'era Fabio con due buste piene di hamburger e, subito
dopo aver riso per come ero vestito, me ne passò una. Il solo fatto
che era nell'atrio di quel posto con della carne poteva essere
religiosamente molto offensivo, ma almeno non eravamo in un centro
vegano.
Il clima nel frattempo cambiò leggermente, ma cambiò
quel poco che basta per far piovere a dirotto come se Diana la
mandasse.
Dopo dieci minuti uscì Apollo, poi tornò il gelo
polare, poi il sito del meteo morì.
Fortunatamente, appena
arrivati ai Meadows, un leggero tepore si disperse per tutta Oxford,
e potemmo iniziare a scaldare le griglie usa e getta.
Il locus amoenus
sorgeva come una piccola scenetta bucolica a cui la maggior parte dei
miei lettori non potrà associare nulla perché sto per ammettere uno
dei miei più grandi difetti: la mia assurda convinzione che tutti
abbiamo il mio livello di esperienza e conoscenza.
E non sto
parlando di vane nozioni empiristiche relative a questo o quell'altro
argomento che servono a riempire frasi, né benchemmeno a funzioni
muscolari meccaniche come "scrivere un libro". Sto parlando
della conoscenza di base del mondo. Parlo di politica, di geografia,
di storia, di filosofia e di lessico.
Forse per un ottimismo
innato penso che tutti sappiano che significhi una tal parola
piuttosto che un'altra, tuttavia attraverso dei confronti mi accorgo
che non tutti riescono a capirmi per colpa di muri che io stesso
erigo per i quali la gente mi scarta o mi sopravvaluta. E questi muri
sono miei, miei per natura.
Questo vale per la scrittura
come vale per la vita. Mi aspetto che la gente riesca in
caratteristiche che so di avere, mi aspetto che la gente abbia la
testa per starmi dietro quando mi getto in voli pindarici che di per
sé sono atti a dimostrare quanto io sia o non sia abile con la
dialettica o con qualche argomento di maggior o minor importanza,
tuttavia non sono apprezzati. Spesso mi immedesimo nella storia di
Rousseau. Chi non è stato apprezzato durante l'infanzia, rischia di
aver paura di non essere apprezzato per tutta la vita.
E qui
potrei continuare per veramente molto tempo, narrandovi di eventi che
mi hanno portato a rifiutare comunque un adattamento al viver comune,
scegliendo la mia felicità alla felicità del mio ascoltatore,
rinunciando in questo modo alla comprensione e all'accettazione, ma
questa digressione si è protratta a sufficienza.
E capisco
anche che a molti di voi non possa fregar di meno, ma
un'autobiografia è anche questo. Introspezione.
Dicevamo, il
locus amoenus.
Il profumo di hamburger bruciati aleggiava
nell'aria da qualche minuto quando ci ricordammo di non averne messi
sulla griglia: questo perché una delle due buste con la carne aveva
preso fuoco.
Tra l'isteria di massa generale solo Fabio mantenne
la calma, e con quest'ultima che governava ogni sua mossa, prese il
mantello e lo utilizzò per prevenire altri danni.
Il fatto che io
avessi il mantello aiutò a spegnere l'incendio, visto che non
potevamo urlare alla busta "buttati a terra e rotola".
O
avremmo potuto farlo, ma saremmo ancora lì ad aspettare la reazione
del sacchetto.
Almeno ci mangiammo le rimanenti svizzere senza
pericolo di incendi involontari.
C'era, tuttavia, ancora il
problema delle anatre che, tra l'altro, ho scoperto solo negli ultimi
giorni come non fossero anatre ma in realtà oche.
Non è molta la
differenza, eccetto il fatto che sono due animali completamente
differenti.
Ma le chiamerò comunque anatre.
Quelle creature
malvagie, con denti aguzzi e mentalità da killer seriale, provarono
più e più volte a beccare la busta con il rancio rimanente, e solo
l'intervento di Fabio con un asciugamano bagnato utilizzato come arma
impropria[4] le allontanò definitivamente.
Dopo il
barbecue, la Disco aspettava.
La Disco in sé non fu troppo
malvagia, mi intrattenni con L nel patio esterno, durante e
dopo.
Durante la Disco giocammo ad uno dei giochi più in voga in
Svezia, il "Bostongurka", ovvero al "Cetriolo di
Boston", a cui ho scoperto di essere veramente bravo, anche se
non ho ben capito le regole.
Ci si mette in cerchio, si canta
questa canzone che ritrae un cetriolo povero in vacanza a Boston e si
batte le mani.
In qualche modo si viene eliminati, ma non ho
capito come.
Sicuramente non si viene eliminati se non si ha la
più pallida idea di cosa si stia facendo.
Dopo la Disco,
io, L, Thor e un'"amica" di quest'ultimo, andammo a fare un
giro per il centro, quando si alzò un vento gelido. Sia io che L
avevamo solo una maglietta, ma io avevo un asciugamano,
precedentemente comprato da Primark per sostituire quello oramai
carbonizzato, che ci offrì un bozzolo di intimità che scacciò Thor
e la sua amica, e che ci permise di conoscerci più a fondo.
Eravamo
accucciati a parlare su una panchina, con del sushi in mezzo a noi
due, quando lei prese l'iniziativa e mi baciò.
"Marco, mi
piaci davvero tanto." disse subito dopo.
Ah, i vantaggi che
ti può dare un asciugamano nuovo.
Fa addirittura innamorare le
ragazze di te.
[...] la
citazione continuò, ma non la riporto tutta, dovreste aver
capito il concetto. Tratta direttamente dalla Guida Galattica per
autostoppisti.
[1] Diminutivo di Barbecue, ovvero grigliata.
[2]
Guida galattica per autostoppisti.
[3] Altra citazione dello
stesso libro.
[4] si ricorda la pericolosità degli asciugamani
bagnati o degli studenti universitari di Forlì affamati.
Capitolo
Quindici
O "Peter Parker"
Si consiglia la
lettura in inglese del testo che segue principalmente perché è
stato ideato in inglese e i giochi di parole risultano divertenti
solo in lingua originale.
"When
a tornado, formed in the middle of the sea, meets a pack of
genetically modified sharks, a genetically modfied horrible film is
created. Excellent opening line
The Asylum, the producer of
this jaw-dropping (hehe, Jaw) pile of fuming biological waste was
already know in half the western world for creating the "mockbuster"
genre.
Whenever a blockbuster came out, The Asylum had a
horrible copy of it ready to be released.
Everyone remembers Jaws.
Jaws was a nice thriller/horror movie, with a nice concept and a plot
that actually made sense.
In Sharknado, Mr Sixpack, surf champion,
has to save his family from this tornado made out of sharks.
The
main problems are that Mr Sixpack's IQ is practically zero, and Los
Angeles's streets are flooded.
Basically, the film makes
little to no sense until the only actress capable of more than two
facial expressions falls from an helicopter and gets eaten.
But
then, Asylum decided to break the laws of logic and of the digestive
system of a shark, because in the following scene, we can find a
chainsaw-wielding Mr Sixpack cutting in half a shark that changes
dimension from every angle from the inside.
In fact, Mr
Sixpack leaps into the Shark's mouth with a chainsaw only to emerge
afterwards from this shark's split corpse, carrying the completely
unchewed and undigested actress who was previously eaten.
If your
brain still hasn't been made into spaghetti by now, you may see the
final scene of this masterpiece.
Sharks fall.
They
just fall from...up.
Everything our incompetent actors did,
involving launching a home made A-bomb inside a tornado and dying,
was useless.
But this isn't the worst part.
The
main problem, apart from its mere existence, is that it has a
sequel.
With Anthony "Why do you even exist"
Ferrante behind the camera, this film will be remembered for the
eternity as the main cause behind self-harming teenagers.
The
only reason you'd watch this film is because you're nuts.
Fantastic
work, Marco.
Near-perfect grammar and spelling, very
sophisticated and varied vocabulary, and your humour is
spot-on.
Unfortunately, you kind of made me want to watch this
film just to see if it's humanly possible to be that bad.
You deserved
that coffee."
Traduzione per i
non anglofoni:
"Quando un
tornado, formato nel mezzo del mare, incontra un branco di squali
geneticamente modificati, un film geneticamente modificato è
creato. Buona linea d'apertura
L'Asylum, la casa produttrice
di questa pila fumante di scarti biologici era già famosa in metà
dell mondo occidentale per aver creato il genere del
"mockbuster"[1].
Ogni qual volta un blockbuster venisse
pubblicato, l'Asylum aveva già pronta una brutta copia pronta per
essere pubblicata.
Tutti si ricordano "Lo Squalo". "Lo
Squalo" era un buon thriller/horror, con un nice concept e una
trama che effettivamente aveva senso.
In Sharknado, Mr
Addominali, campione di surf, deve salvare la sua famiglia da un
tornado fatto completamente da squali.
I problemi principali
sono che il QI di Mr Addominale è rasente allo zero, e le strade di
Los Angeles sono allagate.
In pratica, il film ha poco senso
(lett. poco a niente) fino a che l'unica attrice capace di più di
due espressioni facciali cade da un elicottero e viene mangiata.
Ma
poi, l'Asylum decide di rompere le leggi della logica e dell'apparato
digestivo di uno squalo, perché nella scena seguente possiamo vedere
Mr Addominali con una motosega in mano tagliare a metà un squalo,
che cambia dimensioni a seconda dell'inquadratura,
dall'interno.
Infatti, Mr Addominali si lancia dentro la bocca di
questo squalo con una motosega, e subito dopo, emerge da una metà
del cadavere di questo animale, portando con sé il corpo
dell'attrice precedentemente mangiata completamente intatto, non
masticato e non digerito.
Se il tuo cervello ancora non è
diventato pappa reale (lett. diventato spaghetti) fino ad ora, puoi
riuscire a vedere il finale di questo capolavoro.
Gli squali
cadono.
Semplicemente, cadono da...sopra.
Tutto ciò che
i nostri attori incompetenti hanno fatto, tra cui lanciare una bomba
atomica improvvisata e morire, si dimostra inutile.
Ma
questa non è la parte più brutta.
Il problema, tralasciando la
sua sola esistenza, è che ha un sequel.
Con Anthony "perché
esisti" Ferrante come regista, questo film resterà negli albi
come la principale causa di teenager autolesionisti.
L'unica ragione
per cui guarderesti questo film è perché sei impazzito.
Lavoro
fantastico, Marco.
Grammatica e ortografia quasi perfette,
vocabolario vario e sofisticato, e il tuo humour è
azzeccato.
Sfortunatamente, mi hai fatto venire voglia di
vedere questo film solo per vedere se è umanamente possibile essere
così terribili.
Ti sei meritato
quel caffè."
Sara di certo
non si aspettava questo tipo di recensione quando sfidò tutta la
classe recensire il film che più aveva influito sulla nostra
vita.
Sarebbe stato troppo semplice fare la recensione di un
film bello, come l'ultimo Transformers.
Ma in quel caso,
sarebbe stato veramente difficile non scrivere *BOOM 'XPLOSIONZ* fino
a coprire tutta la pagina.
Bel lavoro, Michael Bay, ci
vediamo l'anno prossimo con altre esplosioni e meno trama!
Ma
torniamo all'argomento centrale di questo capitolo.
L'odio
che tutta l'umanità dovrebbe provare per Anthony Ferrante.
Tony,
seriamente, cosa ti è venuto in mente?
Avevi fumato
oppio?
Dovrei incolpare questo Anthony Ferrante per qualsiasi cosa
accada di brutto al mondo.
Anthony Ferrante, è colpa tua se
stamattina mi si è spezzato il biscotto nella tazza.
Uno dei musei
completamente gratuiti di Oxford che indubbiamente vale almeno tre
ore del vostro tempo è il Pitt Rivers Museum.
Prima di
tutto perché è gratis, e a caval donato non si guarda
nell'intestino crasso.
Secondariamente perché ha una delle
collezioni di oggetti di uso comune di quasi tutte le civiltà al
mondo più grandi del globo.
Pitt Rivers fu un buon archeologo con
troppo tempo libero. A quanto pare suo zio era George Douglas, e io
ipotizzo una eventuale parentela con Michael Douglas.
Non perché
si somiglino, ma perché anche Michael Douglas ha troppo tempo
libero, infatti partecipa a qualsiasi cosa.
Sapevate che ha
fatto delle voci per Phineas e Ferb?
Io l'ho notato solamente
quando ho premuto il tasto giallo del telecomando per sbaglio e ho
esclamato "Ehy, quello è il cattivone che vuole male a quello
di Transformers!"[2]
Il Pitt Rivers museum è molto bello
anche per i dodo.
Non solo perché a quanto pare sono lontani
parenti di una specie di volatili assassini che oramai conoscerete
benissimo (e non solo perché erano animali fondamentalmente stupidi,
bensì perché erano animali altamente territoriali, esattamente come
la tipica milanese).
"Marco, a
questo punto la nostra pazienza sta per finire. Tutti sanno che i
Dodo sono estinti.", direte voi lettori.
E avete ragione.
I
dodo sono estinti.
Ma sapete dove vengono studiati i
resti?
Nel Pitt Rivers Museum.
Un punto a me,
Lettori miscredenti.
Oltre ad avere una collezione enorme di
oggetti di uso quotidiano, quel museo ha anche alcuni degli scheletri
di animale meglio realizzati e categorizzati al mondo.
E con
questo intendo dire che le anatre sono vicino agli squali perché
sono entrambi predatori spietati che fanno più di 300 vittime ogni
anno.
Beware of the goose. [3] Citava un cartello.
Ma questo non
era quello di cui mi preoccupavo.
Infatti, in quel momento il
museo mi sembrava più una prigione.
Dopo quello che era successo
la sera prima ero solo ansioso che L mi rispondesse al telefono, così
sarei potuto evadere da quel museo e fuggire verso le coccole al
parco, parte integrante di una relazione tra studenti, come le
malattie veneree e Starbucks.
Quel messaggio non arrivò.
Quindi
tornai a casa e notai un ragazzino cinese in camera mia.
"Come
hai detto che ti chiami?"
"Peter Parker"
"Da
grandi poteri derivano grandi responsabilità"
"Cosa?"
"Esatto"
Non
penso si chiamasse veramente Peter Parker, poiché per qualche strana
ragione l'STS cinese permette agli studenti di assumere nomi
anglofoni per facilitare le interazioni sociali.
Però dai, devi
essere cattivo se dai a un tuo studente il nome "Peter
Parker".
Vi risparmio la serie di battute che lui non
colse ma che io e Thor ci divertimmo a fare a cena.
Durante
la notte ideai un piano fantastico per andare in Cina e fingermi
Bruce Wayne, con tutti i vantaggi del caso, compreso avere ben 5
Robin di cui solo uno morirà per colpa mia, ma il tutto si concluse
con una russata talmente rumorosa che mi svegliò.
[1] Un
Blockbuster è un film molto famoso o creato con un alto budget, un
Mockbuster è un film creato per prendere in giro la precedente
categoria, da to mock=prendere in giro.
[2] I.E. Michael Douglas è
l'antagonista di Shia LaBeuof in "Wall Street Il denaro non
dorme mai"
[3] Attenzione all'anatra.
Capitolo
Sedici
O
"Straffor'iupen Ivon è un posto bello"
In una guida
vagamente vaga che ha come luogo principale l'Inghilterra non poteva
mancare una descrizione vagamente vaga alla città che ospitò la
nascita di uno degli scrittori inglesi che ha incrementato il tasso
di mortalità nelle opere teatrali negli spettatori di
quest'ultime.
Ma d'altronde, Shakespeare è apparso più volte nel
mio libro, non voglio fargli troppa pubblicità.
Stratford upon
Avon [Straffor'iupen Ivon] è una cittadina inglese famosa per due
cose: la nascita di Shakespeare e i mercatini dell'usato.
Mentre
per il primo argomento un libro di letteratura copre sicuramente
l'argomento in modo più esaustivo, per i mercatini dell'usato si
deve constatare personalmente spendendoci delle sterline, oppure, se
non si ha in progetto un viaggio, si può leggere questa guida.
Angelica e
Sandra, entrambe di Roma, erano le due ragazze che riuscirono,
tramite bustarelle e suppliche ai genitori, a farsi rinviare la
partenza di una settimana.
E il che è bene, perché questa
fantastica combinazione di eventi mi permise di conoscere una vera
attrice.
Angelica, infatti, era un'attrice.
....e un
Hipster.
Bisogna dire che anche l'Italia produce Hipster.
È
una cosa che mi viene difficile da spiegare, ma l'Italia produce
Hipster.
E di prima qualità, per altro.
È strano
ammettere che il paese che ha fatto della conformità la sua bandiera
(come possiamo notare nella generazione 92-95), che ha fatto
dell'anticonformismo un conformismo totale, se questa proposizione ha
un minimo di senso, possa produrre degli anticonformisti veri come
Angelica, Sandra e Fabio. Forse perché non abbiamo molti modelli di
anticonformisti veri. O meglio, li avevamo e li avremmo, ma nel
momento stesso in cui ci si propone di somigliare di più a questi
tutto si risolve in una grande matassa di anticonformisti
conformizzati.
Credo di essermi dimenticato di cosa stessi
scrivendo.
Oh, già, dei mercatini dell'usato di Stratford.
Io
non sapevo molto, al tempo, delle Romane. Tutto quello che sapevo e
che a Roma c'erano i Parioli, e i ragazzi cresciuti in quel quartiere
erano definiti Pariolini. E secondo una nota canzone sui Pariolini,
essi fanno, in quest'ordine, compravendite di cocaina, le aperte coi
motorini, mettevano adesivi sui caschi per dimostrare il proprio
fascismo. Non ho mai trovato nessun riscontro di questa generale
concezione nella vita reale.
Stratford offre
agli studenti squattrinati, quali io, Sandra e Angelica, una serie di
bancarelle specializzate in vendita di cimeli vintage che rischiano
di essere la causa del termine delle poche sterline rimaste alla fine
di un viaggio.
Questo non ci fermò minimamente dal comprare
oggetti potenzialmente inutili, come un paio di binocoli usati del
38.
Rimangono comunque le quattro sterline meglio spese della mia
vita.
Per quanto riguarda Angelica e Sandra, spesero i loro soldi
in articoli che rappresentano perfettamente l'espressione "Old
World Blues".[1]
Si riferisce a coloro così ossessionati con
il passato che non riescono a vedere il presente, e tanto meno il
futuro.
Ora, i lettori più attenti si faranno la domanda: "ma
una persona che scrive del suo passato non descrive perfettamente
quell'espressione?"
Ebbene sì, mia cara dozzina, ma
intendevo un'altra cosa.
Intendevo dire che nella situazione
di precaria squattrinatezza in cui ci trovavamo, spendere soldi per
qualcosa di così lascivo e non essenziale non fu una mossa
intelligente.
Ma ehi, YOLO[2].
Come capitammo in mezzo a quelle
bancarelle però è una storia più interessante.
Io, Angelica e
Sandra, annoiati poiché eravamo già stati a Stratford Upon Avon in
tempi passati, giravamo per il centro quando ci capitò tra le mani
un volantino su un museo di treni.
Il percorso dal
luogo dove raccogliemmo il volantino al museo passava in mezzo alle
bancarelle e ci siamo distratti, ecco tutto.
Che belli i
treni.
Sapevate che sono il principale mezzo di locomozione
italiano?
Cioè, sarebbero il primo, se funzionassero e se
fossero puliti.
In una nota
completamente secondaria, a quanto pare Straffor'iupen Ivon ospitava
uno dei miei sei-dodici-ventiquattro sosia, a seconda della teoria
utilizzata.
Angelica mi convinse a fermarlo per una foto.
Non pensate mai
che siete unici soltanto perché non è mai stato trovato uno simile
a voi?
Cioè non si è
unici se si pone la possibilità che ci potrebbe essere una persona
simile a voi, si è solo "uno come quello lì" e non si
tratta di trovare il tuo sosia, ma di accettare di non essere unici e
quindi di essere rimpiazzabili da qualcun altro.
Devo smetterla
di pensare al conformismo e all'anticonformismo.
Il
pomeriggio ci trasferimmo al Worwick Castle [uo'uic cassol], famoso
per...cose.
Cose che non so definire. Se
devo dire la verità, non sapevo dell'esistenza di questo uo'uic
cassol fino alle 14 del 26 luglio.
Ma questo castello mi diede
l'opportunità per provare il binocolo.
Solitamente, come la
canzone "Night Vision Binoculars" descrive bene, i binocoli
li portano solo gli stalker, nella canzone descritto come ragazzo
innamorato.
Ma io non sono uno stalker. Purtroppo non ho ancora
trovato la ragazza che mi ha fatto trasformare in stalker.
Spero
di trovarla.
Credo.
Ma anche i miopi dovrebbero portarsi
sempre dietro dei binocoli.
Infatti, se ci si ritrova in un posto
come il Uo'uic cassol, dove gli spettacoli con gli attori che si
prendono a mazzate sono in un prato dove l'unica zona d'ombra è a
cinquanta metri, i binocoli sono perfetti.
Ma mi viene in dubbio
di carattere linguistico.
"Binocoli" è come pantaloni e
forbici, vero?
Ma avrete capito.
Perdonate gli eventuali errori
dati dalla confusione.
Tornato a Oxford
verso le cinque, mi aggregai a Giorgia per una cena a base di
baguette e Philadelphia che si concluse con un ammissione di tutte le
calorie che avevamo ingestito e con il susseguente senso di
colpa.
Andando verso la fermata del bus, pensando che la giornata
fosse finita, mi ritrovai Peter Parker con uno zaino di Spider-man al
seguito.
Multiverso carissimo, ho capito a che gioco stai
giocando.
Avevo annunciato la scrittura di questo tomo a maggio, e
tu mi hai preparato tutta la vacanza in modo tale che io scrivessi il
libro meno credibile possibile.
Non so se ringraziarti o
odiarti.
Ma è okay.
Il libro è quasi finito e tu non mi hai
impedito di scriverlo.
Multiverso 7 io 1.
[1]
L'espressione deriva dal videogioco e dal fumetto di Fallout:New
Vegas
Non penso sia stata effettivamente inserita nell'elenco
delle espressioni utilizzate.
Ma in questo caso "The more you
know"
[2] Motto molto diffuso sui social media che sta a
significare "you only live once".
Non particolarmente
divertente, a meno che non usato in modo sarcastico.
Capitolo
Diciassette
O "Le teorie sono poco utili”
Secondo alcune
visioni del mondo, gli studenti di viaggio studio sono creature che
trasformano il caffè in pomiciate furiose.
Secondo altre
visioni, sono creature che trasformano il caffè in country
internazionale.
Il 27 luglio ebbi l'opportunità di
comprovare una di queste teorie.
Quella domenica
ci erano state poste differenti attività dai vari leader. Chi voleva
andare al parco a "polleggiare"[1], chi voleva andare
a prendere il gelato, chi voleva andare a vedere "The Fault in
our stars"..
Insomma, si poteva fare a grandi linee ciò che
si voleva con chi si voleva.
Io, nel tentativo di parlare
con L (bisogna ricordarsi che erano ormai tre giorni che non si
degnava di parlarmi), mi aggregai al gruppo della leader
norvegese.
Non perché volessi entrare nei pantaloni di..
uh.
"Wren, come si chiamava?"
"Non so.
Kraken?"
"Kraken."
"Credo. Dovresti essere
tu quello attento.
Vuoi seriamente dirmi che non hai appreso
appunti su quella topa?"
"Beh, no."
"Porca
troia Marco, dovevi fare una sola cosa e non ci sei riuscito."
"Wren,
ti ho riportato a casa solo con delle lievi lesioni, cosa ti
aspettavi?"
"Beh, che chiedessi il numero a Kraken. O
almeno che ti annotassi il nome."
Quindi mi aggregai a
Kraken, ma non perché volessi entrarle nei pantaloni..
Anche
se ci starei, i pantaloni di un mostro marino sono abbastanza grossi.
Insieme a me
speravo venisse L, che forse avrebbe colto il leggero consiglio,
sarebbe stata una cosa carina da fare.
Ma no, non lo fece.
Però
nel gruppo c'era Freggia.
“Karen. Il nome era Karen.”
“Wren,
interrompi la narrazione. Ricordati che non siamo in uno spettacolo
teatrale, i tempi comici sono importanti!”
“Sì, i tempi
comici sono una cosa bellissima, ma qualcuno deve pur aiutarti a
vendere sto libro. Non puoi basarti sulla disinformazione, non sei
mica un qualsiasi partito di destra!"
C'è una teoria
che tento sempre di comprovare ovunque io vada.
Le camice a
quadri oramai sono passate di moda, a meno che non si è in presenza
di un boscaiolo o di una lesbica.
I boscaioli sono abbastanza
facili da riconoscere.
Camicia a quadri, barba fitta,
solitamente con un tronco da qualche tonnellata su una spalla,
insomma, il classico boscaiolo canadese.
Per quanto riguarda le
lesbiche, il ragionamento si fa molto più selettivo: basta
controllare se il soggetto in questione possiede una camicia a
quadri.
Freggia, quella domenica, portava una camicia a
quadri.
Capii molte cose tutte di colpo.
Certo, avrebbe
potuto dirmelo, non mi sarei di certo offeso.
Ci sarebbero
state così tante frasi di circostanza da dire.
"Scusa, non
esco con te perché non mi sento in dovere in quanto donna
indipendente con capacità di scelta"
"Scusa, non esco
con te perché mi piace la passera."
Sarebbe stato
piuttosto divertente.
Non per me, ovvio.
Presi quel
minimo di palle che mi erano rimaste e glielo chiesi una volta per
tutte.
"Freggia, quindi non sei uscita con me perché
sei...di là?"
"Cosa?"
"Lo sai...della
sponda opposta."
"Mi stai chiedendo se mi piacciono le
donne?"
"Sì."
"No."
Questo
comprovò effettivamente l'inefficacia della mia teoria.
Fortunatamente,
a salvarmi da quella situazione imbarazzante arrivarono Angelica e
Sandra, che mi portarono in un posto degno di una guida a parte
solo per descriverne la..Figaggine.
Questo posto di cui non
posso citare né l'indirizzo né il nome completo, è il primo
pub-caffetteria che mette a disposizione giochi da tavolo ai
clienti.
Immagino che non tutti i miei lettori siano così
eccitati di sapere che esiste un posto che ti permette, per sole 5
sterline o 3 se effettui una consumazione, di spendere rinchiuso in
un posto piccolo e freddo un pomeriggio caldo e soleggiato.
Ma
per persone come me, quella caffetteria è la Mecca.[2]
Quando ci
entri, vieni pervaso da un odore indescrivibile.
In parte sudore
di giocatore di Dungeons&Dragons[3], in parte milkshake alla
vaniglia.
Ci addentrammo nella tana con passo felpato per non
disturbare le sessioni hard core di jenga giocate da quelli che
sembravano ingegneri appena usciti dal lavoro e poco a poco
raggiungemmo e ci appropinquammo allo scaffale delle scatole. Questo
mobile dominava l'intero locale come il silenzio: si sentiva solo il
lento muoversi di mani e bisbigli sparsi quando il telefono di
Angelica risuonò, rompendo il silenzio estivo come uno sparo a
Quartoggiaro.
Era Fabio, che voleva giocare a "Bang!".
A proposito di spari.
Non fate quella faccia come se steste
cercando una risposta da me.
Non ho la minima idea di cosa
sia Bang.
Cioè, vi posso dire che è un gioco di carte
ideato da Emiliano Sciarra, ed è divertente, soprattutto quando
Fabio, con il suo marcato accento romagnolo tentava di spiegarci le
regole.
Dieci minuti dopo, io e Angelica ci stavamo
dividendo un milkshake mentre tentavamo di capire chi di noi fosse il
fuorilegge.
Tre ore dopo eravamo in coda a pagare circa 4
cheesecake al cioccolato.
Hanno trovato il business
perfetto.
Prima stordiscono le persone con i giochi da
tavolo, poi ti presentano una torta troppo buona per essere
rifiutata.
Tornato a casa
stanco, speravo che la giornata fosse finita. Mi levai le scarpe come
si levano gli scarponi da sci dopo una lunga giornata, ma non
riuscendo a prender sonno alle cinque del pomeriggio, decisi di
tornare in centro. Arrivato in piazza Bonn, vidi due amazzoni belghe
suonatrici di Ukulele. Da uomo di mondo che ero, non potevo lasciarmi
scappare un'occasione del genere per sfoggiare le mie abilità, non
sapendo quando mi sarebbe potuta ricapitare.
"Ad una
qualsiasi convention belga di suonatori d'ukulele." consigliò
Wren.
In meno di cinque secondi sfoderai l'ukulele dallo zaino
come i germani sfoderavano l'iconica zweihander, mi misi il profumo,
e stavo già tentando di ricordare i quattro anni di francese
scolastico che erano in me per poter approcciarmi
con...Olgaliet.
"Olgaliet è un bel nome per essere stato
inventato."
"Il Belgio mica è tra Francia e
Germania?"
Dopo che mi offrirono un fantastico caffè io feci
un assolo country di ukulele che piacque molto, piacque così tanto
che mi offrirono un altro caffè.
Ma il mio francese si ferma a
"J'ai un tour Eiffel dans le pantalones"[4] e a
"Voulez-vous regardez ma baguette?"[5] e, dopo queste due
frasi, infatti, incassai il mio schiaffo e chiamai Angelica per
raccontargli cosa era appena successo.
[1] Dal
dizionario internazionale di Forlì: Rilassarsi, perdere tempo.
Comparabile all'otio latino.
[2] Luogo sacro musulmano, dove è
nato Maometto.
[3] Gioco da tavolo
[4] "Ho una Torre
Eiffel dentro i pantaloni"
[5] "Vuoi vedere la mia
Baguette?"
Capitolo
Diciotto
O "Battelli-Zattera"
Il mondo
civilizzato per gli scrittori indipendenti è un posto brutto e
cattivo.
È una cosa che tento di dire oramai da
molto.
Fu proprio questo l'argomento principale dello
speaking test che si tenne il ventotto luglio.
Fin dal medioevo,
infatti, gli scrittori si prestano a questa battaglia eterna contro
la censura.
Se nel quattordicesimo secolo c'era
l'inquisizione che tentava di bloccare le fonti di sapere "non
convenzionali", dal 2005 abbiamo inventato i fandom. O
meglio, si sono auto generati con l'uscita di Pamela di Richardson (i
Pamelists e gli Anti-Pamelists, ndr)
La funzione è la stessa:
Nascondere i libri o le storie effettivamente rilevanti,
interessanti, o innovative.
Sara, da quello che ho scoperto
navigando un po' nel suo profilo facebook, era una frequentatrice di
Wattpad, un sito che permette a degli scrittori di postare le proprie
storie.
Nulla di nuovo per me, in fondo. [1]
Però
Wattpad ha subito, negli ultimi tempi, un calo di stile e di qualità
per colpa di ragazzine appartenenti a diversi fandom grazie ad una
forma di amykettismo[2] su scala mondiale.
Il che ha
nascosto, spesso e volentieri, talenti internazionali, che non sono
riusciti a sfondare o ad avere la giusta visibilità per colpa di una
mandria di amichette mafiose, che, pur essendoci un regolamento che
dovrebbe garantire la giusta esposizione a una giusta bravura,
sponsorizzano storie di dubbia qualità.
Non fraintendetemi,
alcune storie raggiungono la soglia della decenza, ma devo dire che
lo standard di quelle che ho letto non è molto alto.
Quindi,
tutto questo mi porta a pensare che, se pur la società e gli
scrittori cambino, rimarrà sempre la costante della censura.
È una costante
complicata da affrontare. Il mercato è composto dalle stesse
ragazzine che sponsorizzano storie sgrammaticate, è giusto che si
lasci che queste siano le più pubblicizzate? Il mercato vuole
davvero questo? Vuole che la dicitura di "storia" sia
complicata da definire? Vuole storie senza né capo né coda? Oppure
siamo solo in un periodo buio, e tra poco vedremo la luce alla fine
del tunnel grazie agli autori che si distinguono dalla massa?
Facciamo un
esempio concreto.
Io ho un
fratellino. Il mio fratellino si è trovato in prima liceo con una
classe di casinisti. Nel primo periodo dell'anno ha avuto alcuni
problemi ad approcciarsi con molte materie, parte perché, come me,
non apre un libro, parte perché è in un contesto in cui la cultura
è posta all'ultimo posto. Se l'intera classe viene promossa,
significa che c'è qualcosa di buono in loro, qualcosa che la scuola
vuole che loro espandano. Quindi possiamo dire che la scuola promuova
il casino. E invece no. La scuola vuole che i 4 ragazzini studiosi
arrivino in seconda, in modo tale che si possa incominciare a
lavorare seriamente una volta che si sono tolti di mezzo chi va a
scuola "per sport".
Potevo
inventarmi una metafora meno azzeccata.
"Marco, hai
spiato il mio profilo facebook?" chiese Sara, allegando uno
sguardo inquisitore.
"Hai fatto la stessa cosa con me."
"Ma
è differente!"
"In cosa?"
"Beh, io sono
una prof, tu sei uno studente."
Subito dopo ci fu una gara di
sguardi imbarazzanti.
"Beh, Marco, buon lavoro. Hai
confermato l'idea che avevo di te."
"Ovvero?"
"Completamente
folle e sconclusionato, con dei sintomi di una rabbia repressa che
devi sfogare mantenendoti attivo leggendo, scrivendo e "espandendo
il tuo giardino". Ovviamente, se questo non ti porterà ad
un'autodistruzione precoce, finirai con troppo tempo libero. Un tempo
libero che tu non vuoi, perché rimarresti solo. E di questo hai
paura.
Da tempo hai problemi a dormire, da tempo sei in una crisi
esistenziale, e questi due sintomi ti fanno pensare di non essere
sano.
Da tempo tenti
di mascherare il fatto che ti senti debole e solo, e lo mascheri
bene, con questo savoir-faire interamente costruito sulla
teatralità. Vuoi un tuo spettacolo, lo spettacolo della tua vita,
dove indenne usciranno solo il tuo personaggio e i suoi cari.
Però
questo non ti porterà alla felicità. Porterà felicità solo al tuo
personaggio, ma non all'attore.
Ti porterà ad un'estenuante
ricerca di te stesso, che si concluderà solo con la rinuncia a
qualcosa. A cosa sei disposto a rinunciare?
Tutto quello che
fai è per appianare un vuoto che ti senti dentro, ma tutto quello
che hai provato non è servito a molto. Ora speri che fare lo
scrittore ti aiuterà, in qualche modo. Ma se questa non fosse la
strada giusta? Non ti hanno mai abituato al lavoro fisico, non ti
hanno mai fatto annusare la vita vera. Quel paio di occasioni sono
state governate da un'incommensurabile fortuna. Rispondimi in cuor
tuo. Senza usare citazioni. Chi sei?"
"Se sapessi
veramente chi sono, non verrei in Inghilterra e non scriverei un
libro a riguardo. Se lo sapessi sarei in un cottage con un cane a
pescare."
Ci fu un'altra serie di sguardi imbarazzanti che mi
portarono ad un'eventuale fuga al bagno dove rimasi per l'ora
rimanente della lezione.
Se avessi controllato meglio il profilo
di Sara, avrei scoperto che aveva un master in psicologia.
Ora, siccome non
sono un professionista, cambiamo scena.
Il Tamigi offre
delle fantastiche escursioni su dei battelli-zattera per passare i
rari, caldi pomeriggi.
Sarebbe una fantastica scena di vita
pittoresca degna dei quadri di Constable, con dei gondolieri-piloti
di battello in maglia a righe che cantano canzoni felici mentre
pilotano un'imbarcazione pulita su un fiume pulito..
Ma così non
è stato.
Il signor Scorbuto, il pilota che faceva galleggiare
quel catino su quella fantastica distesa di fanghiglia, era un
signore di mezza età che possedeva una massa tale che in realtà è
la Terra ad orbitare intorno a lui.
Ma questi erano dettagli
sorvolabili.
Infatti, la cosa che mi preoccupava di più
durante quella gita, oltre al fatto che ci fossero delle cinture
sulla barca, erano le anatre che ci fissavano dalla riva.
Mentre
utilizzavo i binocoli per esplorare meglio l'anatomia delle
studentesse universitarie che facevano stretching, un'anatra, nel
pieno della sua furia omicida mi entrò nel campo visivo.
Dentro i suoi
occhi neri come la pece potevo vedere le fiamme dello Stige che
eternamente puniscono i dannati, ma ancor più a fondo si poteva
vedere il piano per dominare il mondo che l'anatra covava dentro
sé.
Anche se erano del 38, quei binocoli avevano uno zoom
infinito.
Quando aumentai
l'inquadratura notai come il volatile si stesse pulendo l'ascella con
il becco e intuii che quell'azione serviva alla preparazione di
qualcosa di più grande, qualcosa di superiore alla vita
stessa.
Tornati sulla terraferma, io tornai a casa per prepararmi
all'ultima Disco Night della vacanza.
Appena entrato in
Disco, sentii un sound piuttosto familiare.
*Bom, bom,
shubiribubambem, Bom, bom, shubiribubambem. "Vero è vero è
che, al terzo pezzo in disco, ci ha già rotto il cazzo!"
Magellano,
l'autore di questo pezzo, di certo non si aspettava che qualche
ragazzino italiano la richiedesse al deejay ultracinquantenne di
quella disco di serie D.
Andai a prendere una boccata d'aria, e
notai come la gente si stava abbracciando ed era triste.
A
quel punto dovetti effettivamente accettare come la mia vacanza fosse
passata in fretta.
Nascosta in un angolo del patio esterno, c'era
L intenta a farsi la treccia ai lunghi capelli corvini. Mi avvicinai
non sapendo esattamente cosa dirle, ma quando fui abbastanza vicino,
le mie preoccupazioni aumentarono inversamente proporzionali alla
concezione delle altre persone intorno a me.
"Perché
mi eviti?" le chiesi quasi sussurrando, temendo la
risposta.
"Non voglio soffrire."
"Non avresti
dovuto baciarmi, perché ora sono io quello che soffre."
"Ma
in quel momento io volevo baciarti."
Dopo che disse ciò, il
silenzio governò la nostra intimità. Le nostre labbra si
avvicinarono assaporando la suspance di ogni secondo di attesa, per
poi collidere in un bacio. In quel preciso istante saremmo potuti
essere ovunque, ma non era il luogo quello che mi importava
realmente: contava solo il singolo momento.
Dopo un lasso di tempo
incalcolabile per la poca coscienza che avevo di me, lei disse che
aveva fame.
La portai da
Itsu.
Così, solo io e
lei, andammo a mangiare del sushi.
Uscendo da quel
locale intravidi Thor che mi faceva il cenno internazionale per “Hai
bisogno di preservativi?”
Sapete, quello
che si fa mantenendo il pugno e facendo muovere verticalmente il
braccio. Provatelo, soprattutto se siete in un luogo pubblico.
Non avevamo
asciugamani ad isolarci dal mondo, avevamo solo il presentimento che
la mia ennesima storia d'amore finirà per forza di cose in modo
terribile.
Ma quello non ci frenò.
Non mi frenò
dall'accompagnarla a casa.
Non mi frenò dal baciarla per così
tanto tempo dal perdere il bus per tornare alla mia, di casa.
Ma a
quel punto non mi importava.
Datole la buonanotte, mi
incamminai verso la fermata del bus e mi misi "Hey There
Delilah" in sottofondo.
Le costanti e variabili
riapparivano, ma non facevano meno male.
Anzi, mi facevano rendere
conto di come, per quanto io provassi, rimanessi infelice.
[1] EFP è la
stessa cosa, la differenza sta che EFP è nato un paio d'anni
prima.
[2] "trattasi di una specie di "lobby" di
almeno tre utenti che si recensiscono a vicenda e si difendono a
vicenda a spada tratta, spesso ricorrendo a metodi infantili e contro
il regolamento e il comune buon senso.[...]" presa direttamente
dal testo "Dell'amykettismo e di altri demoni" scritta da
"Lilith in Capricorn", utente di EFP.
"Il
Gran Finale"
Il ventinove
luglio, purtroppo, fu privo di avvenimenti.
Non successe
nulla degno di nota.
Ed è frustrante, perché ho anche
tentato di inventarmi un argomento, ma questo avrebbe reso tutto
l'esperimento che rappresenta questo libro invalido.
Ma è un
rischio che avrei dovuto calcolare.
Il trenta
luglio, invece, per festeggiare la nuova amicizia che si era creata,
o semplicemente per trascorrere le ultime 24 ore rimaste assieme, io,
Sandra e Angelica decidemmo di passare un pomeriggio ai Christchurch
Meadows.
Tra una cosa e l'altra, Angelica mi spinse a
trovare gli accordi per "Hey there Delilah" e di provare a
suonarla. Ovviamente, non del tutto contro la mia volontà, ma
sicuramente le anatra non gradivano.
Abbiamo già parlato in
precedenza di quanto le anatre siano effettivamente degli animali
spregevoli senza nessun tipo di pietà.
Ma non pensavo potessero
arrivare fino a questo punto.
Mentre Angelica e Sandra si
rivelavano ottime coriste, uno sciame di anatre assassine ci circondò
senza darci via di fuga.
Questo ci portò a difficoltà
estreme.
In primis il fatto che non potevamo scappare.
In
secondo piano il fatto che ci stavano attaccando.
Ma
d'altronde, la reazione è capibile.
Sapevano che stavo
suonando male.
Forse non erano apprezzatrici del suono del
mio ukulele.
Forse è ora di cambiare le corde.
Pensavo
di iscrivermi a un qualunque talent show tanto per farmi due
risate.
Fortunatamente per me e per il mio ukulele, un baldo
giovine scacciò questo branco di predatori affamati di carne di
hipster, ma quando la polvere si era posata, non c'era traccia del
baldo giovine.
Secondo la Rowling quel baldo giovine ero io.
Sapete la
passione che mette il mio multiverso mette per rendermi la vita
in-narrabile?
Beh, neanche io, ma scommetto tanta.
Neanche cinque
minuti dopo che i volatili si erano dispersi in piccoli gruppi
broccolanti, una barca piena di studenti approdò davanti a me.
Ora,
quando intendo "barca piena di studenti" intendo dire che
si può, per poco più di 20 sterline, affittarsi una barca a remi
per cinque persone e pilotarla per un paio d'ore.
Questi studenti
non erano i migliori navigatori sulla piazza: Infatti dovetti salire
io per aiutarli.
Vi ricordate la balla del fatto che sono
gentile e caritatevole?
Non sono mai
stato ad un corso di nautica, dovetti imparare nel 2013 come far
andare una di quelle barche, quando io e Charlotte ne prendemmo
una.
Filò tutto liscio finché lei non mi lanciò in
acqua.
Come riportai quegli studenti a riva, però, è
difficile da narrare. Mi tolsi le scarpe e imbracciai entrambi i
remi, e forse solo grazie alla Dea Bendata non feci annegare 4
persone quel giorno.
Quindi, studenti romani che ho salvato,
io ci ho rimesso un paio di calzini, mi aspetto una birra la prossima
volta che scendo a Roma.
Quando tornai a casa per fare la
valigia e farmi una doccetta, mi dimenticai il taccuino.
Ma
fortunatamente, lo ritrovai quando tornai la sera, con l'aggiunta di
una frase: "Dimentico il taccuino al parco e Sandra lo ritrova.
La adorerò e venererò per sempre".
Ed effettivamente
accadde proprio questo: Per la fretta lasciai il taccuino dove questo
libro una volta stava nascendo sotto forma di appunti nei
Christchurch Meadows.
Prego,
ringraziate tutti Sandra Di Leo per la lettura che state per
concludere.
Quindi devo
ammettere che senza Sandra questo libro non ci sarebbe stato.
Quando tornai e
ripresi il taccuino dalle mani di Sandra, vidi con la coda
dell'occhio L. Non era felice. Mi avvicinai tentando di ritrovare
l'intimità del giorno prima, ed L fece la stessa cosa. Ci
avvicinammo e ci baciammo, come per ricordarci dei secondi felici del
giorno prima. Lei, con le lacrime agli occhi, io con la speranza di
un bacio infinito. Per un attimo eravamo soltanto io e lei, il
fresco dell'estate inglese che entrava nelle maniche, la calma del
bacio.
Dopo la fine di questo, lei si avvicinò e mi sussurrò
piano:
"Se tu abitassi ad Oslo mollerei tutto per stare con
te." La guardai negli occhi, senza sapere realmente che dirle.
Di certo non la amavo, ma lei era l'unico fatto realmente positivo
dopo Charlotte. Ed esattamente come Charlotte, avrei voluto fare
pazzie per stare più tempo con lei, solo perché i miei attimi di
felicità erano con loro, ed erano il placebo al dolore radicato più
profondamente, un dolore che mi porto dietro da troppo tempo.
L
non interpretò bene il mio silenzio e scappò in lacrime. Non la
seguii e non so perché. Non volevo che soffrisse come avrei sofferto
io, forse.
Come molti
ragazzi con problemi d'amore, mi rifugiai nell'alcool.
Ma
non fui il solo.
Infatti decidemmo di rifugiarci nell'alcool
in diversi.
Io, Sandra, Angelica, due ragazzini norvegesi di
quattordici anni e un finlandese di cui non ricordo il nome, ma
ricordo che puzzava di redbull.
Andammo in una piazzetta
"infrattata"[1] dove stappammo delle birre comprate da
Tesco per festeggiare.
Tutto filava liscio, fino a che uno dei
quattordicenni non chiese perché bevevamo alcool.
Non ne
capiva il motivo.
"Perché bevete alcool? Ha un sapore
terribile!"
"Non si beve l'alcool per il sapore.
Si beve il succo ai frutti rossi per il sapore. Si beve alcool per
mascherare l'odore di rancido che è dentro di noi."
"Wow
Bukowski, tieni a bada il tuo pessimismo." mi rispose. Neanche
finì di sminuire la mia fantastica locuzione che la polizia guidò
piano piano all'interno della piazzetta. L'arrivo delle forze
pubbliche scatenò una fuga, ovviamente.
Alcune persone,
come me, Angelica e Sandra, riuscirono a salire sul bus giusto, altri
no.
Infatti, Neil, il ragazzino svedese a cui ho tentato di
insegnare qualcosa, finì sul pullman sbagliato.
Finì a cinquanta
miglia da casa sua.
Non riuscimmo a sederci sul double
decker che il mio telefono suonò.
“Fabio”.
"Marco,
mi hanno appena chiamato dall'ufficio, che è stato chiamato a sua
volta dalla polizia. Hanno visto degli zaini gialli canarino
scappare. Ne sai qualcosa?"
"No, io sono già a casa."
Arrivato per
l'ultima volta ad Abingdon, vidi Fabio e Amir dentro un pub. L'omino
di Forlì mi vide. Lo aspettai fuori dal locale.
“So che userai
l'espediente dell'ultima conversazione che hai avuto con me per una
rottura del quarto muro all'inglese, ma devi smetterla di proiettarti
nelle altre persone. Prima pensavi che la tua verve polemica fosse
quella di Parini, poi ti sei proiettato su Tommy, poi su Ramsey, poi
su me. La verità è che sei troppo giovane per avere le idee chiare.
Non pensare al futuro. Ragiona su come vuoi il tuo presente e
combatti perché sia come vuoi.”
Fabio non si
smaterializzò nell'aria, ma ci facemmo un cenno di saluto, per poi
avviarmi a casa. Con calma tornai, nel modo più lento possibile, per
respirare a pieni polmoni l'aria di Abingdon-upon-Thames.
Se state
leggendo questo capitolo mentre siete a Oxford o in qualsiasi altra
località in vacanza studio, spegnete immediatamente l'ebook (o
chiudete il libro) e vivete senza l'aiuto di questa pagina il vostro
ultimo giorno.
Con me dovreste aver capito come ci si può
divertire, ma questa pagina porterà solo tristezza.
A me ha
portato tristezza viverla e scriverla.
Lasciatela stare
finché non sarete in Italia o in qualunque sia il vostro paese
d'origine.
Parlo di voi Molisani.
Per questa
ultima parte immaginatevi uno di quei montaggi da film con una
canzone relativamente triste, probabilmente di qualche cantante
italiano indipendente molto malinconico in sottofondo mentre le scene
più importanti passano con la sola canzone in sottofondo.
Io che
bacio per l'ultima volta L, Thor che mi abbraccia con uno zoom delle
sue labbra che sussurrano "Runkekamerat", il gruppo
norvegese che parte.
Io, Angelica e Sandra che fumiamo
l'ultima sigaretta inglese, il gruppo italiano che sale sul pullman
diretto all'aeroporto, io che saluto i ragazzi di Roma al gate e gli
prometto che a capodanno mi avrebbero visto a Campo dei Fiori, io che
salgo sull'aereo, uno zoom finale sulla campagna inglese che si
allontana, mio padre all'aeroporto che mi aspetta, una stretta di
mano a Fabio, e poi, il mio letto.
Lo schermo diverrebbe
nero, e a caratteri italici bianchi apparirebbero i versi di una
qualsiasi canzone inerente anche solo vagamente.
Dissolvimento a
stella perché fa tanto anni 90, poi un primo piano della mia faccia
barbuta che sorride, per poi vedere dei titoli di coda davanti alla
mia faccia, e come sfondo ai titoli di coda un me chinato sulla
tastiera a digitare, digitare e digitare.
Poi, una classica
rottura del quarto muro e io che mi giro per dirvi qualcosa di
stupido, tipo "comprate il libro, devo mangiare".
La realtà è
che in due anni che sono stato a Oxford ho conosciuto sì l'amore per
ben due volte, ho conosciuto si una felicità passeggera, ma è anche
vero che entrambe le vacanze sono finite con io che venivo
abbandonato.
Questo libro, essendo di spunto auto-biografico non
avrà un lieto fine.
Il finale è abbastanza ovvio.
Io torno a
casa e mi metto a scrivere, e proseguo con la mia vita di tutti i
giorni.
perché questa non è una commedia romantica dove alla
fine io e L coroniamo il nostro amore facendo dei figli
sardi-scandinavi-asiatici, e non finisce neanche con un volo dritto
in Svezia per rivedere Charlotte.
Finisce in un modo piuttosto
monotono, senza nessun avvenimento interessante.
Grazie per aver
letto "La Guida vagamente vaga ad Oxford e dintorni",
esperimento sociale, diario di viaggio, documentario su quanto
l'umanità sia fantastica.
Molte storie necessitano un
finale.
Altre un
prequel.
Io mi
accontenterò di un finale semi aperto.
O di un film.
Qualcuno vuole
fare un film tratto dal mio libro?
[1]
Nascosta.
[2] In Inghilterra sono verniciati così i
camioncini della polizia
"Sono le
sei e un quarto. Ora è finita? "
"All'incirca.
Devo rompere il muro un'ultima volta."
"Dai, su,
muovi il culo"
Ringraziamenti.
A Garrincha
Dischi, che ha gentilmente deciso di non denunciarmi per tutte le
citazioni agli artisti che essa rappresenta.
A Samanta Porrini,
che mi ha spronato con le sue recensioni positive durante uno dei
miei tanti blocchi dello scrittore
Alla mia fan numero uno,
Lucrezia Tatriele
A Sandra di Leo, per aver raccolto il mio
taccuino da terra
A Giorgia Nicchiarelli, ufficialmente la prima
lettrice di questo libro, anche se in uno stato piuttosto differente
rispetto a quello che si vede ora.
A mio zio, che mi ha donato il
fantastico divano che ha aiutato alla scrittura di questo testo.
Ad
Angelica Aureli, per avermi fatto imparare "Hey There
Delilah"
Non potete immaginare quanto si rimorchi se sai fare
quella.
A Hiro Fuji per aver speso del tempo per creare quella che
è la copertina di questo tomo
Quindi, hai
finito il libro.
Sei contento?
Dimmi, quante
ore ci hai messo?
Quante ore
impiegheranno per districarsi nelle tue frasi?
Quante ore
verranno sprecate per colpa tua?
C'è qualcuno
che ha voglia di leggerti?
Non è
importante. Io ho dato il meglio.
L'unico perdente
è colui che non prova neanche.
Fin
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