NB: >>Attenzione<<
questa ff contiene Spoiler di alcuni fatti che seguono la fine
dell'ultima serie di Drrr!
Un forte rumore giunse all'improvviso dalla sala ricevimenti, bloccando
a metà Shizuo nell'atto di ruotare la chiave nella toppa, la
quale rimase invece ferma nel mezzo del suo giro, incapace di
spalancare loro la soglia. Tutto il gruppo parve sussultare a quel
suono stridente - simile ad una cascata di cristalli che finivano con
il frantumarsi a terra, o allo scoppio di un tuono -, la tensione si
era fatta pressante sulle loro spalle e infondo alla gola, tanto che a
Mikado sfuggì un singhiozzio da panico (o forse la sua era
solo sorpresa?).
Senza rifletterci Shizuo corse verso la sala, abbandonando la
misteriosa porta e tutti i segreti che dietro ad essa si celavano,
lasciandone però lì la chiave, a beneficio di
chiunque volesse prenderla, quasi che una simile possibilità
non gli fosse minimamente passata per la mente.
Un senso di disagio e paura avvolse la stanza e il resto dei presenti
che, come fossero un unico individuo, oppure perché incapaci
di ragionare lucidamente essendo stati colti alla sprovvista, si
apprestarono a seguire Heiwajima. Solo uno tra loro si
attardò. Una balzana idea in mente per tirare un brutto tiro
tanto per scuotere un po' le acque, solo per il proprio divertimento.
Rapido Shizuo fu il primo a raggiungere l'entrata della sala, il cuore
che pompava veloce nel petto e nei timpani. Ovviamente, come gli altri,
era stato colto di sorpresa da quei suoni e, seppur il suo volto non
tradisse alcun senso di stupore, persino lui aveva avuto un singulto di
spavento nel udirli, che rapidamente si era però tramutato
in un'espressione di rabbia e frustrazione. Aveva subito riconosciuto
il rumore di stoviglie infrante e di tavoli ribaltati, fin troppo
familiare gli era il tintinnio stridente dalle posate gettate
brutalmente a terra (poiché solitamente era lui stesso a
provocare un tale fracasso).
Con sorpresa trovò la sala ricevimenti avvolta da una
pesante penombra. Le luci si erano fatte soffuse, i lampadari che
pendevano dal soffitto, e che poco prima l'avevano fatta risplendere a
giorno in una quasi incantata luce dorata, ora erano spenti, e solo
qualche lampada a muro rischiariva debolmente l'ambiente. A causa
dell'ampiezza della camera, e dalla scarsa illuminazione, a malapena si
distinguevano i contorni dei tavoli, semplici sagome scure su uno
sfondo del medesimo colore.
Con attenzione e i sensi in allerta Shizuo entrò, un sentore
di pericolo aveva acceso un campanello d'allarme nella sua testa,
irrigidendogli i muscoli e serrandogli la mascella in una smorfia
tirata. Gli bastò un passo per avvertire da subito lo
scricchiolio dei vetri rotti sotto le suole. Pezzi di ceramica candida,
appartenuta a piatti finemente decorati, misti a frammenti di
bicchieri, ero sparsi ovunque sul pavimento. Come gli era stato facile
immaginare, della piramide di calici di cristallo non rimaneva nulla,
il suono stridente, simile all'infrangersi di una vetrata, doveva
essere stato provocato dal suo crollo, gli suggerì
l'intuito, mentre l'olfatto ne studiava l'aria.
C'era puzza di vino, ed essendo un ex-barman, ne sapeva qualcosa a
riguardo. Un liquore deciso, secco, dall'alta gradazione alcolica. Non
ne riconosceva la qualità, ma aveva già visto da
qualche parte una bottiglia che poteva avere un contenuto molto simile.
Era nell'armadietto degli alcolici nel salottino elegante del secondo
piano. Una leggera vocina gli ricordò che tecnicamente
quell'armadietto avrebbe dovuto essere chiuso e che quindi qualcuno, in
segreto, doveva aver trovato un modo per aprirlo o, peggio, ne aveva
sempre posseduto la chiave senza informare nessun altro.
Ma al momento non era questo il suo primo pensiero e si ripromise di
rifletterci dopo, anzi, di discuterci con gli altri, poiché
non era abbastanza sveglio da trovare una risposta a simili quesiti da
solo.
Non poté però far a meno di pensare che, un
atteggiamento simile, nascondere informazioni e/o oggetti importanti
per tenerseli per sé, come asso nella manica, era un
atteggiamento tipico di quella sporca pulce.
Se solo non fosse stato bloccato quella sedia a rotelle, probabilmente,
Shizuo non si sarebbe fatto remore ad accusarlo, chiamando a gran voce
il suo nome pronto a massacrarlo con una qualsiasi arma impropria
avesse a disposizione.
Se non lo avessero convinto del contrario, sarebbe stato ancora certo
che la pulce li stesse giocando per l'ennesima volta. Ma gli era stato
dimostrato che l'informatore non fingeva la sua disabilita e, a
saperlo, qualcosa del suo atteggiamento era cambiato.
Non poteva dire che non fosse disagio il suo. Era sempre stato
preparato ad affrontare una pulce bastarda ed attaccabrighe, capace di
sfidarlo e combatterlo sul suo stesso piano. Un Izaya che, invece, non
era in grado di fronteggiarlo e, anzi, pareva persino temerlo era
qualcosa di spiazzante. Non era minimamente pronto ad accettarlo. Non
voleva accettarlo.
Per questo non era piombato nella sala urlando a squarcia gola,
chiamandolo con quel tono rabbioso e velenoso che precedeva la sua
perdita di controllo. Il segnale con cui davano sempre inizio alla loro
sfida ad acchiapparello. Pur sapendo che non vi erano altri in quella
sala, se non la pulce, non se la sentiva di dire quel nome. Avvertiva
qualcosa di sbagliato nel pronunciarlo, quasi la persona che sapeva gli
avrebbe risposto non fosse quella che si aspettava.
Avanzando a tentoni nella semi oscurità, Shizuo
attese che i suoi occhi si abituassero alla scarsa luce e, dopo aver
urtato un paio di tavoli, inciampandovi praticamente sopra, causando la
rottura del probabilmente ultimo bicchiere ancora integro della sala,
finalmente cominciò ad orientarsi.
L' assetto della stanza era cambiato molto da quando vi era entrato non
più di venti minuti prima, le due file di tavoli che si
trovano ordinatamente sistemati ed apparecchiati lungo le pareti, ora
erano per la maggior parte rovesciati verso l'interno, in un disastroso
effetto domino che pareva essere partito dal centro della sala, dove
prima stava la piramide di calici. Uno dei pesanti lampadari stile art
nouve - con i manici in ottone che curvavano simili a volute e colmo di
decorazioni a foglia d'edera -, era precipitato, schiantandosi al
suolo, causando il frastuono che avevano udito e la reazione a catena
che aveva portato ad una simile devastazione.
Uno degli anelli da cui il lampadario era sostenuto, attaccato al
soffitto, pareva essere stato scalfito da qualcosa e, una volta
indebolito, la forza di gravità aveva fatto il resto.
Per un istante Shizuo pensò che sotto vi potesse essere
finito qualcuno, e l'immagine della pulce spiaccicata al suolo fece
inorridire dal disgusto la sua mente, provocandogli una serie di
brividi lungo la spina dorsale. Ma era unicamente una fantasia, a parte
qualche resto di vino rosso, non vedeva altre tracce allarmanti che si
potessero confondere con il sangue. In più era certo fosse
stata la mano dell'informatore a far cadere il lampadario.
Riconosceva le sue capacità nel lancio dei coltelli e la sua
mira incredibile.
- Shizuo!.. M-ma cosa successo qui!? - la voce allarmata di Shinra lo
raggiunse alle spalle, poco distante, e con il suo arrivo, la luce che
nella stanza era venuta a mancare, tornò improvvisamente. -
Shizuo? - insistette a chiamarlo il medico senza licenza, il biondo che
imprecava a mezza voce trovandosi d'improvviso accecato. Si era
abituato all'oscurità e ora gli occhi gli bruciavano, la
retina che si riempiva di una serie di luci ad intermittenza simili a
lucciole.
Quando era entrato non aveva neppure provato a cercare un interruttore,
ora si sentiva uno sciocco per non averlo fatto.
Perché non ci aveva pensato subito? Semplice,
perché era stato distratto dal puzzo dell'alcool che pareva
essere stato sparso un po' ovunque, dal pavimento trai cocci rotti, ai
tavoli, le tende.
- Oh, no...- un sentore di gelo attraversò Shizuo mentre il
suo sguardo si spalancava, colto da un improvvisa rivelazione, nelle
orecchie il sottile fischio provocato dalla messa in funzione del
vecchio impianto elettrico.
- Merda! – esclamò, sta volta a voce
più alta, schioccando stizzito la lingua.
Le fiamme si propagarono alla svelta, partendo dai fili elettrici
rimasti scoperti a causa della caduta del lampadario, sopra ai quali
qualcuno si era premurato di versarci una buona dose d'alcool.
Per un momento Shinra ebbe una stretta allo stomaco nel vedere uno dei
suoi pochi amici investito in pieno da un'esplosione di fiamme che,
seppur circoscritta in uno spazio non superiore ai sei metri, e non
raggiungesse quindi l'intera superficie della sala dei ricevimenti
(solo meta di essa), avrebbe potuto uccidere, o danneggiare
mortalmente, una persona qualunque. Fortunatamente per loro, Shizuo
Heiwajima non era affatto una persona normale. E il fuoco, che avrebbe
potuto divorare le carni di un uomo comune, provocandogli ustioni di
secondo o addirittura di primo grado sul 70% del corpo, lo
danneggiò minimamente. In tutta tranquillità,
seppur visibilmente seccato, Shizuo se ne uscì dalla sala
sulle proprie gambe, con unicamente i vestiti vaporizzati e qualche
escoriazione sul corpo - provocata da alcune schegge di vetro
volanti.
Un'altra fortuna fu che nessun altro era ancora entrato nella sala dopo
l'arrivo del biondo. Shinra era stato il primo a seguirlo, e come prima
cosa aveva provveduto a far scattare ingenuamente quella sorta di
trabocchetto che qualcuno aveva escogitato.
"Qui pare esserci lo zampino di un lupo" si trova sorridere
l'occhialuto, il viso gelato in quell'espressione mentre il riflesso
dell'esplosione gli riempiva le lenti degli occhiali e gli bruciava le
sopracciglia. Le fiamme lo avevano tramutato in pietra, bloccandogli le
gambe e lasciandolo immobile sul posto simile ad uno stoccafisso o ad
un palo della luce. Qualcosa gli diceva che non poteva non essere stato
che Izaya ad escogitare un simile piano ai danni dell'Heiwajima, e
seppur fosse lieto che Shizuo ne fosse uscito indenne, per quanto
praticamente privo di indumenti, sapere che il corvino avesse tentato
di ucciderlo, come era suo vizio fare, in qualche modo, lo rincuorava.
Ovviamente non stava facendo sul serio, dedusse, o la catastrofe
sarebbe stata ben peggiore di quella che gli si palesava di fronte. Non
dava il meglio di sé, ma si limitava a punzecchiarlo. Tipico
di Izaya. Allora aveva solo finto sino a quel momento, recitando la
parte del vinto orgoglioso, arreso alla sconfitta, simile ad una belva
ferita mortalmente o ad un nobile decaduto - pronto per la
ghigliottina.
- Kyaaaah! Foto, foto, foto!! - la voce esaltata di Erika che, assieme
agli altri del gruppo, era giunta per assistere appena in tempo
all'esplosione, cominciò a farsi udire estasiata in mezzo
alla confusione generale.
Un adone nudo dal fisico statuario e scolpito era appena spuntato dalle
fiamme come una qualche divinità apocalittica, e quel pezzo
di marcantonio non era altri che Shizuo Heiwajima!
Da brava fujioshi Erika sapeva che mai gli si sarebbe ripresentata
davanti un'occasione tanto ghiotta. Per la prima volta aveva
l'opportunità di raccogliere materiale di prima mano per le
sue future fan fiction o fan art di cui Shizuo sarebbe stato
protagonista. Il suo lavoro non poteva non venir incentivato e
migliorato da una simile visione! In più, da sapiente e
scaltra artista quale era, era consapevole che, più ci si
teneva fedeli alla realtà, più le sue storie
avrebbero avuto presa. E allora tutti avrebbero capito che la Shizaya
era l'unica via!
Un leggero attacco di epistassi colse la otaku, la quale
ignorò bellamente la cosa, troppo persa a fantasticare per
notarlo. Nel suo delirio, non si accorse neppure che Anri le si era
avvicinata per poterla prendere delicatamente per le spalle,
così da allontanarla dalla stanza in cui il fuoco aveva
cominciato pericolosamente a propagarsi. Smarrita in un mondo tutto
suo, un'espressione stupidamente felice le decorava il volto e pareva
quasi che uno sfondo a fiorellini la circondasse.
- Dovrebbe farsi curare... - fu il commento di Walker, cui sguardo
sottile non perse neppure per secondo l'amica mentre veniva condotta
via, del tutto preda di quella malsana (a sua detta), vena artistica.
"Senti da che pulpito" pensò Togusa guardandolo storto, un
segno rosso sulla fronte dove si era inavvertitamente colpito
nell'udire un simile commento. Era nel dubbio se dovesse ricordargli
quante volte il loro "incredibile duo" avesse dato di matto,
degenerando da una semplice discussione sui manga.
Al contrario, Kadota sorrise ad un simile commento, consapevole invece
che Walker era semplicemente geloso di come Erika ed Anri si fossero
avvicinate "in una parentesi secondaria degli avvenimenti della saga di
Ikebukuro", o come lui l'aveva definita.
- Ohi, mocciosi! Piantatela di fare gli stoccafissi, fate qualcosa! -
la voce alterata e giustamente furente di Akabayashi(Mizuki)
ricordò a tutti dell'incendio che rischiava di devastare
tutta la struttura in cui erano rinchiusi.
- Qualcuno pensi a staccare la corrente! Il quadro elettrico dovrebbe
trovarsi nel sottoscala, c'è anche un estintore
lì, prendetelo. Gli altri intanto si procurino delle
coperte, lenzuola o anche asciugamani bagnati, dobbiamo soffocare le
fiamme prima che si propaghino oltre - fu più
rapido ad impartire gli ordini e a prendere il comando Shiki, il quale
sapeva come farsi obbedire alla svelta.
Sotto alle direttive del mafioso, il gruppo si divise. Togusa e Kasuka,
che furono i primi a scattare sull'attenti, si presero l'incarico di
togliere l'elettricità alla sala. Non potendo
però raggiungere la scala principale, nel cui sottoscala
doveva trovarsi il quadro generale, per la via più rapida
(essendo la sala ricevimenti impraticabile), si trovarono costretti a
prendere una lunga e tortuosa deviazione. Con l'adrenalina a mille,
seppur dal volto del più giovane Heiwajima non trasparisse
alcuna emozione, corsero verso la stanza degli ascensori e, nonostante
le norme antincendio lo sconsigliassero caldamente, scesero con uno di
essi sino al piano sottostante. Lo percorso a perdifiato per tutta la
sua lunghezza, così da raggiungere la parte opposta della
magione e risalire da lì, al punto esatto dove si trovava la
scalinata.
- C-certo che stata una bella corsa - borbottò
Saburo ansimante, privo di fiato ora che era arrivato a destinazione.
Cercava di mostrarsi indifferente, di celare con una falsa nonchalance
i suoi tentativi di normalizzare il respiro, piegato su se stesso
simile ad un vecchietto con l'asma. O per lo meno
così si sentiva, nel sostenersi con le braccia tese
appoggiate sulle ginocchia. A confronto Kasuka pareva appena uscito da
un lungo bagno rilassante, non aveva né una goccia di sudore
in viso né un capello che fosse fuori posto. In
più il suo volto era rimasto splendidamente inespressivo per
tutto il tempo. "QUESTO NON E' UMANO! UN AUTOMA, ECCO COS'E'"
pensò Saburo costringendosi a raddrizzare la schiena,
cercando di darsi un contegno schiarendosi rumorosamente la voce,
occultando le vergognose boccate di ossigeno che si trovava a fare.
- Ci penso io a questo Heiwajima - disse appoggiando una mano sul vetro
sottile e trasparente dello sportello del quadrante, si stava
costringendo a tenere un'aria decisa, sicura, e forse un tantino
arrogante. Voleva far capire alla grande stella della tv che, seppur
non avesse avuto né un ruolo di primaria importanza,
né un lavoro stabile, non gli era certo di meno. Per amor
del proprio orgoglio, doveva rendergli chiaro il concetto che,
nonostante fosse Kasuka Heiwajima, l'attore del momento, personaggio di
successo e dal grande talento, nonché strapagato, non se
sentiva affatto messo in soggezione. Per quanto, invece, lui fosse
ricordato come "l'amico di Kadota che guida il furgoncino/utilitaria".
- Tu pensa pure a cercare l'estintore - si sposto i capelli dalla
fronte imitando un atteggiamento che, nella sua mente, avrebbe dovuto
risultare elegante e risoluto, ma finì con l'essere solo
impacciato ed artefatto. E se qualcun altro avrebbe riso per il suo
strano comportamento, l'espressione inalterata di Kasuka lo mise
più a disagio di quanto avrebbe fatto se fosse scoppiato a
ridergli in faccia. Quell'assenza di reazioni cominciava ad irritarlo.
- Bene - fu l'unico commento del più giovane Heiwajima, lo
sguardo che subito andava all'angolo della parete, a due metri da loro,
dove faceva bella mostra di se l'estintore, in tutto il suo rosso
fulgore. - Trovato - aggiunse in tono monocorde, indicando l'oggetto
che Togusa, per quanto palese, non aveva minimamente notato. Il castano
imprecò tra se e se per la sua incapacità di fare
una mezza figura decente, soprattutto avendo davanti una
celebrità.
- Vo-volevo essere sicuro che un simile momento di crisi non avesse
messo fuori uso le tue capacità d'osservazione –
balbettò cercando di salvare la faccia, sapendo quanto con
ciò, invece, si stesse praticamente scavando la fossa da
solo. Sentiva le proprie unghie stridere contro la superfice liscia e
piana degli specchi.
- Capito - a Kasuka non pareva importarne un granché delle
motivazioni dell'altro, quell'eterna espressione eterea, tra l'annoiato
e l'impassibile ancora sul viso.
"Se non avessi visto i suoi film o le serie televisive in cui ha un
ruolo crederei che abbia una paralisi facciale" pensava intanto Saburo,
avvertendo l'irritazione montargli - non sapeva neppure lui per quale
motivo, forse solo per nascondere l'imbarazzo che provava per la
propria magra figura.
- E sono certo che lei, signor Togusa, abbia già pensato ad
un metodo per aprire quel lucchetto -
Il tono formale e rispettoso con cui il ragazzo gli si rivolse non fece
che renderglielo ancora più antipatico, si stava forse
prendendo gioco di lui con quel "lei" e quel "signore"? Quanto
più giovane di lui poteva essere? Non c'era poi
così tanta differenza d’età tra lui e
Shizuo. O almeno così ricordava... Ma non era il momento di
pensarci! Piuttosto, di che accidenti di lucchetto stava parlando?
Solo quando Togusa si decise ad osservare con più attenzione
il quadro elettrico finalmente capì cosa l'altro indicasse.
C'era un vistoso e pesante lucchetto a serrarne lo sportello, la cui
chiave era ben visibile, attraverso la finestrella in plexiglas,
all'interno del suddetto impianto, in mezzo a una serie di cavi ed
interruttori. Pareva osservarli con una nota beffeggiante, quasi fosse
stata la chiave stessa a giocarli.
Con l'ansia che gli prendeva la gola e le mani tremanti, Saburo si
afferrò con forza allo sportello e tirò,
tirò nella speranza di far saltare quel dannato impedimento,
o tutto lo sportello con lui, ma entrambi rimasero fermi dov'erano, ben
saldi ai loro posti. L'unica cosa che ottenne fu di scuotere il
lucchetto, producendo solo un irritante fracasso che andava a
sottolineare la sua incapacità di trovare una soluzione.
- Così non va bene - si sentì sbiancare,
avvertendo panico e frustrazione crescere in egual modo in lui, "ma
quale sadico ha pensato ad una simile bastardata?"
Vi era una crudeltà profonda intrinseca in un simile gesto,
un conto era nascondere la chiave in un qualche luogo celato agli
occhi, un altro era palesarla davanti a loro, quasi a gridargli "sono
qui, sono qui". La soluzione al problema era proprio lì, ad
un soffio, eppure irraggiungibile per quando si tentasse di allungare
le mani per afferrarla.
Togusa aveva una mezza idea, o almeno un'intuizione su chi avesse
potuto pensare ad una tale tiro mancino, ma sul momento lo tenne per
se, per quanto certo che tutto fosse stato orchestrato da lui sin dal
primo momento.
- è inutile - sbuffò dopo l’ennesimo
tentativo di sradicare il lucchetto, una mano ad arruffarsi i capelli a
lato della testa, spostandone i lunghi ciuffi castani dagli occhi. Se
solo avesse avuto qualcosa, anche una forcina, con cui scassinarla. "Se
Erika non fosse partita per il suo mondo da fujioshi potrebbe
facilmente pensarci lei. Magari Walker può creare qualcosa
con cui farla saltare in ari... -"no, non è una buona idea
far creare una bomba incendiaria ad un piromane che si trova in un
edificio che già rischia di andare a fuoco" sudava freddo
anche solo per il fatto di aver potuto pensare ad un idea simile.
Gridava: "pericoloso" anche a 243 chilometri di distanza. Eppure non
riusciva ad evitarsi quel senso di frustrazione indolente e di
inettitudine, accompagnata dalla convinzione che "gli altri" del suo
gruppo, i suoi amici insomma, in un caso simile avrebbero tirato fuori
una delle loro idee strampalate a risolvere la situazione. –
è irremovibile - sbuffò ancora chino a studiare
il lucchetto, lo sguardo fattosi sottile ed attento, quasi sperasse che
quello si aprisse ad una semplice occhiata. "No, era Walker quello che
tentava di sviluppare poteri Esp" - Dobbiamo trovare un modo per...-
- La prego di spostarsi, signor Togusa - Kasuka lo interruppe
bruscamente, facendolo sussultare. Non era cambiato nulla nel tono di
voce del più piccolo Heiwajima, monotono ed inespressivo,
eppure Saburo ne percepì in qualche modo l'urgenza. Spinto
da un perspicace istinto di sopravvivenza si gettò
immediatamente di lato, così da non occupare lo spazio di
fronte al quadro elettrico, appena in tempo per evitare che la pesante
base dell'estintore lo colpisse sul retro del cranio.
Senza troppi complimenti Kasuka, capendo che ci stavano mettendo troppo
a risolvere l'inghippo, aveva staccato l'estintore dal muro, decidendo
di usarlo, in maniera non del tutto ortodossa, come fosse un ariete.
Bastò un colpo, assestato con una leggera rincorsa,
perché la finestrella in plexiglass si frantumasse in tante
piccole schegge di plastica, che schizzarono ovunque simili ad una
ventata di grandine.
Istintivamente, Saburo si era coperto la faccia con un braccio, temendo
di poterne essere ferito, ma una simile preoccupazione non pareva aver
minimante toccato Kasuka, il quale, agendo di slancio, non aveva preso
alcuna precauzione. Un graffio sottile comincia sanguinargli poco al di
sopra dell'occhio destro, vicino al sopracciglio, il punto dove la
scheggia l'aveva colpito.
- M-ma che pensavi di fare!? – sbottò di colpo
Saburo, saltando in piedi ancora mezzo sconvolto, il cuore che gli
martellava in gola e una strizza allo stomaco che gli causava una
pesante nausea. Non era neppure sicuro di come ci fosse finito a terra.
- Ho risolto il problema... - fu la laconica risposta dell'altro, il
quale l'osservava impassibile, seppur il sangue avesse preso a colargli
copioso dalla ferita, finendogli nell'occhio. Teneva ancora l'estintore
tra le braccia, e pareva decisamente pesante, Saburo quasi si stupiva
che fosse riuscito a maneggiarlo in quel modo, poi si
ricordò di chi fosse fratello.
- Avresti potuto distruggere il quadro elettrico! O peggio, causare un
altro incendio! Non sai che questi aggeggi sono delicati!? - lo
ammonì, la paura ancora in corpo, e la voce che gli tremava
leggermente. Se si contava quanto vecchia paresse essere la casa e che
qualcuno sembrasse aver piazzato dei trabocchetti in giro per ucciderli
tutti, i timori di Saburo non erano poi così assurdi. - Da
chi cavolo hai imparato ad agire in maniera tanto avventata?! - e, di
nuovo, si dovette ricordare di chi fosse il fratello. Allora, alla
fine, a parte la bella faccia avevano altro in comune.
- Mi dispiace - si formò una leggera ruga tra le
sopracciglia di Kasuka (quasi impercettibile per essere aggrottata, ma
abbastanza visibile perché Togusa la notasse), nello sguardo
un velo di confusione e di rammarico, tipico di chi comprende in
ritardo di aver commesso un errore.
- N... non serve c-che ti scusi... - sentì immediatamente
freddare i bollenti spiriti Saburo, avvertendo invece salire
l'imbarazzo. Quella era la prima reazione che riusciva ad ottenere da
lui. In qualche modo se ne sentiva appagato, quasi avesse conseguito
una vittoria, ma dall'altra parte era a disagio, poiché
stava pur sempre ricevendo delle scuse da una star a livello nazionale.
In più, seppur uomo, doveva riconoscere che la bellezza di
Kasuka, infondo, un poco in soggezione lo metteva.
E automaticamente, assieme all'imbarazzo, cominci a sentirsi in colpa
per essere esploso in quella maniera. Forse aveva esagerato?
Ah, che brutti effetti poteva avere su di lui un bel faccino... No! Si
era ripromesso di non farsi fregare più a quel modo da un
celebrità. E poi Lui usciva pure non l'adorabile Ruri-chan!
E questo per un fan delle Idol era imperdonabile!
Togusa sbuffò, passandosi stancamente una mano trai capelli.
No, decisamente non stava gestendo al meglio quella situazione.
Shizuo si tappò la bocca, cercando di evitarsi di rigettare
il fegato sul pavimento, un raschio in gola che gli segava la laringe
ad ogni colpo di tosse, il sapore di sangue nella bocca mescolato al
retrogusto di fumo. Si sentiva sudare e pizzicare la pelle, appoggiato
con le braccia contro al muro, solo una tovaglia bianca a coprirgli le
vergogne, una delle poche che non stesse venendo usata per soffocare le
fiamme o fosse stata bruciata da esse. Shizuo tossì
convulsamente, sentendosi soffocare nella sua stessa saliva nel
tentativo di trattenersi. Per quanto all'apparenza sembrasse essere
uscito incolume dall'esplosione, aveva comunque respirato un certo
quantitativo di fumo, che ora il suo corpo tentava di rigettare senza
però riuscirci. Nessuno pareva accorgersi del suo malessere,
troppo presi a sedare l'incendio per notarlo, neppure Shinra prestava
attenzione all'amico, nonostante avesse dovuto essere il primo a
verificarne lo stato di salute, essendo un medico (per quanto privo di
licenza).
-Heiwajima, si sente bene? – a notarlo fu Mikado, quel
moccioso che secondo Shizuo aveva l'aspetto di un coniglietto timido ed
innocente ma capace di nascondere una pistola nella manica della
giacca. In qualche modo gli ricordava qualcuno di sua conoscenza ma,
fortunatamente per lui, non si era ancora attirato il suo odio. Forse
era ancora in tempo per essere recuperato, si era detto un paio di
volte, quando aveva appena abbandonato i Dollars, ma non era
né suo padre, né un suo amico. La cosa non lo
riguardava minimamente e non si interessava di lui al punto da volersi
far coinvolgere, non più di quanto, con la sua color band
senza colore, fosse già accaduto.
- Si sto bene... – mentì Shizuo soffocando un
colpo di tosse che si tramutò in un raschio in gola,
- Non è che è rimasto intossicato dal fumo?-
insistette il liceale con aria sinceramente preoccupate, per quanto
Heiwajima sospettasse che, in realtà, una tale situazione
sul reale, lo eccitasse più di quanto non desse a vedere.
Probabilmente faticava a trattenere il sorriso che gli nasceva
spontaneamente a fior di labbra, doveva starsi divertendo un mondo,
mentre tutti loro, invece, erano frustrati e impauriti dalla
prospettiva di essere stati sequestrati e rinchiusi in quel luogo
sconosciuto. A rifletterci dubitava che loro due sarebbero mai potuti
andare d'accordo, soprattutto se avesse cominciato a conoscerlo un po'
meglio. Certe similitudini che condivideva con QUEL individuo ne
mettevano a rischio l'incolumità in suo presenza.
- Con tutte le sigarette che consumo sarebbe piuttosto ironico se fosse
davvero così... – rise senza allegria alla sua
supposizione, sudori freddi gli bagnavano la fronte, si sentiva
accaldato per quando sulle braccia gli fosse venuta la pelle d'oca.
Appoggio la fronte contro il braccio con cui si sosteneva alla parete,
cominciava a trovar difficile pensare coerentemente. Al punto che era
arrivato a chiedersi: "ma dov'è quella stramaledetta pulce
quando ho bisogno di sfogarmi su qualcuno?"; già dimentico
delle condizioni in cui versasse Izaya, vinto dal senso d'irritazione
datogli da quel malessere. Se fosse stato sicuro di reggersi sulle
proprie gambe avrebbe gettato lui stesso qualche altro tavolo all'aria,
tanto per sfogarsi, anche se forse il suo atteggiamento avrebbe potuto
peggiorare la situazione in cui già si trovavano.
- Heiwajima..!- si allarmò Mikado quando, infine, il biondo
si accasciò per terra in stato confusionale, incapace di
rispondere ai suoi numerosi richiami, le pupille dilatate e acquose,
incapace di mettere a fuoco. Cominciò ad esserci confusione
attorno a lui, ma tutti parevano ombre indistinte, avvertiva tutto come
se percepisse il mondo
- ... zuo? Shizuo!- la voce di Shinra lo raggiunse come se venisse da
molto lontano, il suo stato di semi incoscienza non gli
faceva neppure percepire le mani del medico su di lui, a scuoterlo per
le spalle, nel tentativo di renderlo vigile.
- Dobbiamo portarlo fuori di qui, subito – ordinò
l'occhialuto, corso subito da lui quando l'amico si era accasciato
contro la parete. Per quanto non sembrasse, aveva tenuto l'amico
sottocchio, anche se da lontano, temendo per l'appunto una simile
reazione. L'intossicazione per ossido di carbonio era pericolosa, i
globuli rossi non erano più in grado di trasportare ossigeno
al cervello e al resto del corpo, il soggetto cominciava a soffocare e,
se non si interveniva tempestivamente, ciò poteva portarlo
alla morte. - Mikado, dammi una mano, veloce –
intimò al ragazzo, l'unico nelle vicinanze che potesse
aiutarlo, purtroppo, nessuno dei due era famoso per la propria
prestanza fisica, e al momento chi poteva aiutarli era troppo impegnato
a sedare le fiamme per prestargli aiuto. Si ritrovarono a trascinare il
povero Shizuo, incapaci di sostenerne del tutto il peso, afferrandolo
per le spalle riuscirono a sollevarlo solo parzialmente, lasciando che
le sue gambe strusciassero per terra. "Speriamo solo che non perda la
tovaglia" fu il pensiero di Mikado che temeva in una brutta reazione
del biondo nel caso avesse scoperto di essere stato lasciato
completamente nudo.
- Portiamolo nella sala lettura, lo facciamo distendere sul divanetto,
vista la sua posizione, lì l'aria non dovrebbe avere residui
di fumo... –
- Non c'è altro che possiamo fare per lui?..-
domandò invece Mikado, faticando a sostenerne il peso, un
leggero fiatone per lo sforzo. Doveva sul serio considerare la
possibilità di iscriversi ad un palestra o qualcosa di
simile.
- Al momento è la cosa migliore che possiamo fare...
– gli rispose il medico, - Non che l'unica –
chiunque li avesse trascinati lì non gli aveva concesso di
portare con se alcuno strumento medico, ne medicinale. Forse quel
qualcuno non voleva che esercitasse la sua professione, o aveva qualche
motivo per impedirglielo. – Se fosse qualcun altro sarei
preoccupato per la sua vita, ma trattandosi di Shizuo, alla fine credo
che se la caverà – rivolse un sorriso a Mikado, e
per un momento i suoi occhi furono nascosti da un riflesso sulle lenti
degli occhiali. Sembrava non essere del tutto sincero, intuì
Ryugamine, il quale nell'ultimo periodo era divenuto al quanto abile a
riconoscere la menzogna nel volto degli altri. Forse Kishitani non
credeva del tutto alle proprie parole.
|