Memories... Just another old story...

di Lilith_and_Adam
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Capitolo 1: Un giorno come tanti...
 
La capitale era tutta in fermento, i mercanti si erano accalcati da giorni ai bordi delle strade principali e le guardie all’entrata del paese facevano fatica a gestire il flusso di gente che entrava e usciva, eppure, all’interno della cittadella c’era un silenzio tombale.
Rei quella notte aveva fatto fatica a dormire, da sola in un palazzo che non conosceva, in una camera che non era la sua, non era riuscita a rilassarsi a sufficienza. Quando tutte le luci furono spente, lei uscì sul piccolo balcone e con un balzo arrivò sul tetto. Le stelle erano poche, quasi tutte coperte dalle nuvole e la luna aveva un alone rossastro; era tutto troppo diverso dalle campagne di Konoha dove aveva sempre vissuto.

Una delle domestiche entrò nella camera non appena si fece l’alba e aprì le tende leggere di seta che coprivano la finestra del secondo piano. Rei rimase in attesa nel grande futon sotto la tenda bianca che le avevano allestito. Se quella era la sua stanza non immaginava quanto potesse essere elaborata quella del Daimyo nell’edificio di fronte. Le domestiche in quel palazzo non avevano il permesso di parlare, avevano sempre lo sguardo basso e un sorriso sulle labbra ma a volte sembravano avere un’aria piuttosto scortese, probabilmente la giudicavano come una sempliciotta o qualcuno che non era degno di stare al suo posto, o forse era solo ciò che Rei pensava di sé stessa.  
La vestirono di tutto punto, Rei pensò che dovesse essere illegale indossare dieci kimono uno sull’altro, per fortuna era abituata a portare i pesi alle caviglie, così la cosa non le impedì del tutto di camminare. Fecero una gran fatica ad acconciarle i capelli corti, quella, per le giovani ancelle, fu una vera sfida e la donna acida e anziana che stava coordinando tutto sudava freddo, mentre Rei rideva sotto i baffi; alla fine decisero di lasciarle i capelli acconciati come al solito, le misero solo le due campanelle cerimoniali ai lati che lei non avrebbe più tolto. Il fiocco azzurro che portava sempre al collo, un po’ logoro e scolorito, venne ben nascosto sotto il collo degli abiti.
Quando ebbero finito qualcuno bussò alla porta e, dopo che tutte le domestiche si furono inginocchiate e abbassarono lo sguardo, il Daimyo entrò nella stanza e armato del suo fedele ventaglio prese la mano di Rei e la portò di fronte una piccola porta scorrevole. Per tutto il corridoio e il giardino che aveva attraversato Rei non aveva proferito parola, non perché non potesse, anzi lei era ormai una delle poche persone che poteva parlare al Daimyo liberamente; semplicemente in quel momento voleva solo ascoltare. Lui la rassicurò dicendo che quello sarebbe stato l’unico giorno della sua vita che avrebbe dovuto fare tutte quelle cerimonie.
Appena entrata nella stanza buia Rei fece un piccolo inchino, fino a che una mano non le diede una forte pacca sulla spalla.
«Non essere così rigida, su!» Un uomo alto dai capelli rosso scuro le sorrise gentilmente.
«Kise-san, per favore non spaventarla!» Una donna anziana dalla pelle scura barcollò fino a lei con il suo bastone, le pose la mano e la fece accomodare sulla sedia al centro del tavolo.
Mormorii del tipo «Ecco la carne fresca» o «Non sarà un po’ troppo giovane?» la accompagnarono mentre si sedeva.
I sei erano seduti tutti intorno a lei.
Kise era il comandante del Vento. Era seduto proprio alla sua destra, aveva una personalità esuberante e non stava mai zitto.
Akane era la donna che la aveva accolta così gentilmente, era il comandante del Paese della Nuvola, era la più anziana i tutti e quando parlava aveva un tono quasi materno.
Daisuke era un tipo piuttosto calmo e riservato, per tutto il tempo rimase in silenzio. Era il Comandante del Paese dell’ Erba, non aveva molta influenza ultimamente, ma era pur sempre uno dei nove.
Ayako era una donna dal grande fascino, aveva fatto della sua bellezza la sua arma più letale, era il comandante della Roccia, girava voce che era la figlia illegittima dello Tsuchikage, ma per Rei erano solo inutili pettegolezzi.
Isao era il comandante del Paese della Neve, aveva una carnagione così chiara da riflettere quasi la luce e i capelli completamente bianchi nonostante avesse poco più di trent’anni.
Jin sembrava avere solo qualche anno in più di Rei, sembrava sempre allegro e spensierato, era tutto ciò che Rei voleva essere da anni. Era il comandante del Paese delle Cascate.
Mancava all’appello solo il comandante dell’acqua, si diceva che da tempo fosse malato, ma tutti sapevano che il Mitsukage lo aveva completamente soggiogato; il paese dell’acqua non era più avvicinabile da tempo, gli altri comandanti non avevano nemmeno il permesso di entrarci.
Una sedia vuota era posta a capotavola. Quella doveva essere la sedia del comandante del Paese del Vortice, era rimasta sempre vuota da quando Mito-Sama era morta e, dato che il villaggio era stato raso al suolo tempo prima, sarebbe rimasta vuota per sempre, ma, in sua memoria, quegli otto strani personaggi erano ancora chiamati “I Nove”.
Rei rimase sorpresa quando scoprì che in quelle ore non avrebbero parlato per niente di diplomazie o cose del genere; nonostante tutti quei paesi si erano fatti la guerra per così tanti anni e le tensioni continuavano ancora, erano come una grande famiglia, Kise disse che quelle erano occasioni in cui un comandante deve essere spensierato e sereno perché erano momenti rari. L’unico discorso serio lo fece Akane-Sama.
«Un comandante non ha un cognome.» iniziò Akane,« Non ha un clan né una famiglia. Il suo unico dovere è accudire il suo paese, dare fiducia al popolo e consigliare il Daimyo. Un comandante deve dare la propria vita per proteggere la pace. In passato tutti noi eravamo l’unica linea che separava gli shinobi dal farsi la guerra, non sempre siamo riusciti a mantenere l’ordine tra di noi. È passato del tempo da quando ci siamo riuniti in questo modo, ed è sempre stata un’occasione per rinsaldare i nostri rapporti di pace. Rei, cara, questi saranno i tuoi doveri ufficiali, ma tutti noi sappiamo che il nostro unico compito è quello di proteggere la forza portante che è stata assegnata al nostro paese, e tu più di tutti dovresti capire quanto è essenziale in questi momenti di stallo.» per tutto il tempo in cui Akane parlò, gli altri pendevano dalle sue labbra e il suo tono fu sempre quello di una madre che parla ai propri figli, o forse le veniva naturale data la giovane età di Rei. Le venne un po’ di tristezza quando pensò a Naruto e il panico pensando a Gaara.

Ma tutto quello doveva aspettare, le campane iniziarono a suonare in modo molto rumoroso quando arrivò mezzogiorno e il chiasso della folla che sia accalcava iniziò a sentirsi ben distinto anche nella cittadella quando furono aperte le porte. La grande scalinata era gremita di gente.
Rei venne accompagnata da Tsunade fino in cima e si sentì sollevata quando tra tutta quella gente intravide Naruto che nel vederla quasi gridò.
Non ci furono grandi discorsi, l’unico a parlare fu il Daimyo che elencò i doveri che un comandante doveva avere di fronte al popolo, l’unica cosa che però aspettavano tutti era che Rei rinforzasse la cupola di protezione che ricopriva il Paese. Si diceva che il colore del raggio di chakra che si sarebbe unito alla cupola era in grado di indicare il futuro del Paese.
Rei si posizionò di fronte la piccola colonna al centro del patio, prima dell’inizio delle scale, e mentre intorno calò il silenzio, concentrò le sue forze sulle sfera di vetro che le era stata porta dall’Hokage.
Quando le sue mani la poggiarono sulla colonna di marmo, un raggio di luce bianco puro partì alla volta del cielo e si separò in nove piccoli raggi che si sparsero in tutte le direzioni non appena toccò la cupola.
Le urla di giubilo della gente le fecero sentire che il suo sogno ormai si era realizzato. Mentre sorrideva a tutta quella gente, ai suoi amici, ai suoi maestri e ai suoi compagni, una sola persona le venne in mente...
Onii-Sama spero tu sia fiero di me...
L’ombra di suo fratello era lì a guardarla e, quando lei lo vide, lo guardò con un’aria fiera e serena per la prima volta in vita sua.




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