cap 2
-"Fallo e basta." mi disse.
Era appeso fuori dalla finestra della mia stanza, ed era in una
posizione scomoda. Le mani aggrappate alla mensola e i piedi puntellati
contro il muro esterno della casa. Il suo corpo era in visibile
tensione per lo sforzo, ma la voce non poteva essere più
rilassata.
-"Fare cosa?"chiesi dopo un po'.
La nostra conversazione si svolgeva più lentamente di una
conversazione normale, perché mi ero persa dentro me stessa, in
quel luogo della mia testa dove vivevano tutti i miei tormenti. Lui
c'era abituato.
-"Piangere."sussurò in risposta con calma.
La mia vecchia me ci avrebbe messo un secondo per sbattergli la
finestra in faccia e vietargli l'acceso sia alla mia stanza che ai miei
pensieri. Ma quello che feci fu aggrapparmi a lui con un singhiozzo
soffocato, sbilanciandolo dalla sua già precaria posizione.
Si tirò su velocemente facendo leva con un ginocchio e mi
strinse forte. Come al solito in tutto quello che facevamo ci vidi un
duplice significato, lui si appigliava a me per non cadere di sotto, ma
io mi aggrappavo a lui per non precipitare nel mio di baratro.
Poggiò i piedi per terra e mi abbracciò cominciando ad
accarezzarmi la schiena e i capelli con movimenti lenti e calcolati,
come un medico che applica la sua cura.
Poi si allontanò da me per guardarmi negli occhi, quando scorse
una singola lacrima solitaria che si apriva la sua strada sulla guancia
destra, sorrise e ci depositò sopra un bacio, catturandola con
le labbra. Le altre seguirono la prima aprendosi nuovi sentieri lungo
il viso, nella loro fatale discesa. Alcune evitavano la caduta arginate
dai suoi pollici sulle mie guance. Ancora abbracciati l'uno all'altra
ci spostammo verso il letto e lì soffocai contro il suo petto i
miei singhiozzi bagnandogli la camicia di lacrime.
Lui stava zitto e perfettamente immobile sapendo che altrimenti non
avrei tollerato la sua presenza, solo l'alzarsi e l'abbassarsi
del suo ampio torace mi ricordava che non mi stavo sfogando su
qualcosa di inanimato.
Quando, dopo un tempo infinito, esaurì le lacrime e i respiri
convulsi, mi misi a fissare la sua camicia blu (che occupava tutto il
mio campo visivo), mentre lui mi strinse ancora di più e mi
depositò un bacio leggero sulla fronte, poi sussurrò il
mio nome con la voce piena di dolcezza e di qualcosa molto simile allo
stupore, come chi si ritrova davanti un regalo inaspettato. Quella fu
l'ultima cosa che registrai prima di cadere in un sonno profondo e
privo di sogni.
Dopo un eternità mi sentivo a casa. Mi sentivo al sicuro.
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