yoite
Consiglio di
leggere questa fiction ascoltando nella parte iniziale Fragments
of Memory e nella seconda parte Aerith's
Theme
Questa meravigliosa icon è stata fatta da Princess21ssj *O*
Unica e sola autrice: prendetela senza il suo permesso e se ve la trovo
siete morti ^_____^
Farfalle di luce
Un
fiotto di luce del primo mattino filtrò attraverso la
vetrata rotta del rosone, illuminando con più forza la
navata centrale della chiesa; la polvere ondeggiava lentamente,
accumulata nel corso degli anni tra le fessure delle
colonne marmoree – simile alle rughe di una nonna
che guardava i nipotini scorrazzare in casa, seduta presso la propria
sedia a dondolo.
Yoite rimase seduto
in silenzio con Miharu accanto, entrambi accomodati su una delle panche
in legno che scricchiolavano sotto il loro peso inconsistente. Nessuno
dei due era riuscito a portare avanti il discorso, fu come se
all'improvviso ogni parola avesse perso il proprio significato.
Ad un certo punto
Yoite venne illuminato dalla luce del sole, una mano materna che lo
accarezzò sul volto pallido per fargli chiudere gli occhi;
il ragazzo si abbassò con un gesto delicato il cappello,
nascondendo il mento nel collo alto del maglione.
Miharu si
voltò verso di lui e lo fissò, dicendogli
colpevole:
“Non ho
mantenuto la mia promessa, Yoite.”
Il suo labbro si
incrinò appena perché avrebbe voluto gridare
–
sì, c'era una parte di sé che insisteva per
comportarsi stupidamente seppur con affetto sincero.
Il suo vicino
aprì leggermente la bocca ma rimase muto;
spalancò di poco gli occhi nel
paradossale tentativo di inghiottire le sue paure, lasciandole fuggire
oltre la cornea
dilatata.
Non era scomparso
nella maniera desiderata. Giorno dopo giorno si rifugiava in una chiesa
vuota, come per scappare da quei raggi solari che pure riuscivano
sempre a trovarlo; lui in fondo esisteva, non sarebbe mai stato
evanescente come avrebbe voluto essere.
Però,
nelle ore passate silenzioso a inspirare l'odore fresco della chiesa,
misto ad un leggero aroma di incenso, Yoite si era reso conto che il
miracolo della vita al di fuori di quelle mura continuava; i fiori
sbocciavano dopo l'inverno, la fauna resuscitava dal sonno celebrando
la primavera: solo lui, stanco di provare a risorgere, rimaneva
nascosto per aspettare di eclissarsi, ultimo sole invernale.
“Un
giorno – disse questi improvvisamente, fissando un punto
indefinito dell'altare – ho visto un bozzolo di bruco. Stava
chiuso in sé stesso e sembrava destinato a morire: si era
seccato ma, ostinatamente, continuava a rimanere aggrappato al ramo di
un albero.”
Sospirò
e Miharu, girandosi completamente verso di lui, lo stette a guardare
silenzioso.
Yoite volse la
testa in direzione del ragazzino e si concesse un tentativo di sorriso,
debole ma di una dolcezza quasi nostalgica.
“Improvvisamente...
è diventato una farfalla.
Il guscio secco si
è sgretolato lentamente e il bruco, trasformato in una
creatura bellissima, ha sbattuto un paio di volte le ali poi... ha
spiccato il volo: una bellissima farfalla dalle ali blu si è
elevata in cielo. Io invece avevo creduto che fosse destinata a
morire.”
Quando disse quelle
ultime parole il suo sguardo si fece più sofferente e gli
occhi si chiusero lentamente, ancora accecati dal sole.
Miharu gli strinse
una mano, avvertendo quelle dita sottili tra le sue
– altrettanto fragili – e replicò con
forza, quasi con entusiasmo:
“Allora
prova ad essere tu quella farfalla, Yoite.”
Quest'ultimo si
mostrò apertamente sorpreso, ebbe l'espressione di chi
avesse appena ricevuto una carezza in viso dopo aver creduto di venire
schiaffeggiato.
“Ma non
posso. Io sono solo uno sterile bozzolo prosciugato... così
vuoto all'interno. Come faccio a diventare qualcosa di bello se dentro
di me non ho nulla?”
Miharu scosse la
testa, stringendo più energicamente la mano:
“Non
è vero: hai me. Io... sono qui perché non voglio
abbandonarti.”
“Io ho abbandonato
te, Miharu.” ammise tristemente Yoite.
“Finiscila
di dire così! - esclamò all'improvviso il
ragazzino, alzandosi in piedi – Tu sei importante per gli
altri, non ti sembra un motivo sufficiente per vivere?”
Lo prese per le
spalle, costringendolo a guardarlo in quei grandi occhi che avevano
conosciuto un tempo l'indifferenza ma che ora erano travolti da un
insieme di sentimenti; si accumulavano in una spirale di sublime
confusione, come la tavolozza di un pittore malamente gestita da un
assistente incauto che – con un gesto affrettato del pennello
– aveva mischiato i vari colori in una massa caotica.
Il ragazzo in un
primo momento non seppe in che modo reagire, rimase a fissare Miharu
che con insolita decisione non distolse gli occhi da lui; si
voltò quindi in direzione del fascio di luce: la polvere
danzava leggera, padrona solitaria di quel luogo dimenticato.
Infine accennando
ad un sorriso concesse:
“Allora
ti chiedo quest'ultimo favore: aiutami ad uscire dal mio
bozzolo.”
Il possessore
dell'arte segreta annuì con fare rassicurante ed aggiunse,
socchiudendo le palpebre:
“Insieme
ce la faremo.”
Miharu, farfalla fragile, aveva iniziato da poco a volteggiare nel mondo;
era andato incontro a venti che l'avevano fatto turbinare incerto, come
se sbattere le ali lo facesse indietreggiare anziché
progredire.
Per un lungo, interminabile, momento aveva desiderato cessare di volare
per lasciarsi trascinare dal vento, sembrava così facile ed
immediato d'altra parte. Non aveva alcun senso lottare se tutto andava
contro di sé e lo investiva, facendogli perdere il controllo.
Finché
scoprì di non essere solo: tante altre farfalle, come lui,
cercavano di resistere ai soffi della vita. Ostinate, dai mille colori,
volteggiavano lottando per quel poco che restava da vivere, con il solo
obiettivo di non diventare un'aquilone ma parte del vento; fratello e
sorella che giocavano insieme librandosi nel cielo.
Era così
che voleva vivere: libero. Tenendo per mano i propri dubbi come le
proprie certezze.
Allora senza
esitare oltre Miharu abbracciò Yoite con forza; quest'ultimo
rimase immobile, spalancando gli occhi sconvolto, mentre il cappello
era volato leggero alle sue spalle per poi cadere sul freddo pavimento
in marmo.
Silenzioso infine
il ragazzo abbracciò a sua volta Miharu, affondando nelle
sue spalle magre come una nave che – priva di capitano
– aspettava semplicemente di incagliarsi tra gli scogli, al
solo scopo di lasciarsi avvolgere per sempre dal mare senza dover far
ritorno ad un porto sconosciuto.
*°*°*°*
Yoite
riaprì lentamente gli occhi. Il sole di mezzogiorno gli
lambì la pelle; l'ombra dell'albero sotto al quale si era
rifugiato si era spostata, simile ad un bambino dispettoso.
Continuò
a tenere la schiena appoggiata al tronco nodoso ma voltò la
testa in direzione di Miharu che stava seduto dandogli le spalle,
intento a guardare la sconfinata pianura ai loro piedi. Poi
mormorò stropicciandosi pigramente gli occhi:
“Ho
dormito tanto, non è vero?”
Miharu si
voltò verso di lui e sorrise, allegro:
“Giusto
un po', ma non è un problema. Raimei sta preparando il
pranzo, quindi ti capisco se non avrai voglia di mangiare.”
Yoite
ridacchiò; si alzò in piedi e si sedette
lentamente accanto a Miharu, distendendo in avanti le braccia dopo
averle poggiate sulle ginocchia. Si aggiustò il cappello
sulla fronte, infine incurvò leggermente le spalle nel
tentativo di raggomitolarsi su sé stesso.
Miharu si
lasciò andare, sdraiandosi sull'erba smeraldina dal colore
dei suoi occhi; quando la schiena toccò terra
espirò lentamente, concedendosi un sorriso liberatorio. Al
suo fianco Yoite lo osservò, voltandosi quasi con
delicatezza, come se avesse paura di scomporre quella posa per lui
così protettiva; alzò infine gli occhi verso il
cielo e i raggi solari gli illuminarono il volto pallido, visto che
nessuna nuvola sembrava intenzionata a schermarlo.
“Non
credevo potesse essere così bello.”
commentò il ragazzino contemplando il cielo terso.
“Che
cosa?” chiese Yoite, lasciando correre lo sguardo verso
l'orizzonte.
“Il
sole.” ammise Miharu.
Sempre lui, con i
suoi raggi. Lui che scovava Yoite anche quando si nascondeva dal mondo;
non importava: ovunque fosse, trovava sempre il modo per raggiungerlo e
impedirgli di vedere.
“Vorrei
poterlo ammirare un giorno.” confessò Yoite,
girando la testa verso l'amico.
Senza aspettare
un'eventuale replica si sdraiò lentamente sull'erba, come se
fosse stato un anziano timoroso di ritrovarsi paralizzato, oppure uno
stanco pugile con qualche costola rotta di troppo. Socchiuse le
palpebre e aspettò silenzioso che Miharu parlasse.
Quest'ultimo
improvvisamente osservò:
“Non puoi
vedere il sole o rischieresti di diventare cieco. Eppure... siamo
proprio uguali a lui: gli altri non si sono avvicinati a noi
perché avevano paura di rimanere feriti; quanto ci siamo
cullati in questa convinzione, l'abbiamo persino usata per nutrire la
nostra solitudine. In realtà è molto
più semplice di quanto non credessimo.”
Guardò
Yoite e i loro occhi, un tempo sofferenti, si incontrarono.
“Lo
è davvero, Miharu?” chiese il ragazzo, mentre il
cappello aveva abbandonato silenzioso la sua testa; i capelli scuri,
liberi, fluirono come una cascata verso il prato accarezzando la fronte.
“Basta
chiudere gli occhi e volgersi nella sua direzione.”
“Ma
così non puoi guardarlo direttamente.”
mormorò pensoso.
“No
– Miharu fece un accenno di risata, poi aggiunse –
ma almeno non devi fuggire da lui, è questo ciò
che conta. Non allontanarci da ciò che ci fa
vivere.”
E
noi, Yoite, insieme siamo rimasti. Non siamo scappati.
Il giovane
possessore del kira non disse nulla, si limitò infatti a
girare la testa rivolgendola verso il cielo; chiuse gli occhi e per la
prima volta non distolse lo sguardo dal sole: rimase immobile
– con le labbra leggermente secche appena dischiuse
– a lasciarsi scaldare da quelle mani trasparenti ma piene di
calore.
Non poteva vedere
il disco solare ma sentiva come mai gli era capitato il bruciore sulle
guance,
il caldo al collo, all'improvviso gli sembrò persino di
dimenticarsi cosa fosse il freddo: tutto pareva così
sfolgorante di vita da fargli credere che l'universo intero altro non
fosse che una gigantesca macchia di luce.
Allora
allargò le braccia, nuotatore nell'oceano luminoso, e
respirò lentamente. Quello voleva dire essere vivi:
percepire
il calore, la terra, l'aria; lui stesso era divenuto parte di quel
mondo, senza che si trovasse costretto ad evitarlo.
Improvvisamente
sentì la mano di Miharu stringergli la propria; anche lui
aveva spalancato le braccia e attendeva che il tempo scorresse, secondo
dopo secondo. In quel momento Yoite aprì leggermente gli
occhi e scrutò il ragazzino che lo aveva salvato.
Respirava piano,
silenzioso.
Improvvisamente una
farfalla si andò a posare sul suo naso, sbattendo lentamente
le ali blu; rimase un solo istante in equilibrio e poi si
librò in volo, fuggendo lontano ma quella volta senza vento
che le impedisse di dirigersi ovunque volesse. Yoite la
seguì
con lo sguardo fino a che la creatura non scomparve dalla sua vista, in
cerca di un petalo bello quanto Miharu su cui adagiarsi.
Sorrise.
Non poteva volare
perché non possedeva ali ma aveva capito di essere
differente dal bozzolo sterile che credeva: era vita, respiro, forse
anche paura... questo bastava per fargli accettare la sua esistenza,
proprio mentre teneva la mano che avrebbe dovuto un giorno cancellarlo.
Il mondo
è pieno di farfalle colorate, dalla vita effimera e dal volo
leggero: ondeggiano tra i petali variopinti gareggiando in bellezza con
essi, fino a che non scelgono il fiore più bello dove
lasciarsi lentamente morire, annegando in un oceano di colori stordite
da profumi inebrianti.
Se Yoite fosse
stato una farfalla già sapeva quale sarebbe stato il fiore
prediletto sul quale spegnersi come un bambino stanco, cullato dal
vento e coccolato dal sole.
Miharu...
Sproloqui di una zucca
Eccomi qui a tormentare ancora i gentili lettori con una nuova shot su
Nabari ^^
E' una what if di speranza, il mio personale finale di Nabari (che non
so come si concluderà e non voglio saperlo, stasera mi
porterò avanti u_u). Ho scritto queste righe
ascoltando le canzoni sopracitate - appartenenti alla serie di Final
Fantasy - e, lo ammetto senza vergogna, rileggendo mi sono messa a
piangere.
Mi piace immaginare Yoite e Miharu insieme, anni dopo, sdraiati su un
prato mentre Raimei aiutata da Koichi tenta di preparare un pranzo
decente per tutti... perché meritano la pace che hanno
sempre cercato.
L'ambientazione è un po' indefinita ma credo sia giusto
così: un sogno evanescente.
Se solo sapessi graficare metterei a inizio fiction un'immagine che
mostri Miharu e Yoite circondati da farfalle... massì,
lasciate perdere i miei deliri da ricerca di icons.
Alla prossima! *__*
Approfitto di quest'angolino per ringraziare le persone che hanno
commentato l'altra mia fiction: princess21ssj, peach e PetaloDiCiliegio.
Grazie davvero, ne sono onorata! ^//^
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