That Love Is All There Is - Slytherin's Blood [MARAUDERS]

di Terre_del_Nord
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That Love is All There is
Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Chains - IV.033 - Piani, Uomini e Giratempo

IV.033



Jarvis Warrington
Londra, Ministero della Magia - sab. 22 gennaio 1972

[…]

    «Alastor, mi hai chiamato?»

Sobbalzai, quando la porta si aprì e un Mago sulla cinquantina, con brizzolati capelli sparati sulla testa e gli occhiali tondi, si presentò sulla porta: guardai ostile Moody, quello appena entrato era l’Auror Potter, che tanti problemi aveva dato a Mirzam testimoniando di averlo visto uccidere un collega. Mi alzai, pronto a guadagnare la porta, ma Potter, notando la mia espressione allarmata, per reazione si piantò meglio davanti all’uscio, per impedirmi di passare.

    «Tra quelli oggi in servizio, Charlus, quanti possono essere impiegati in un sopralluogo?»

Potter mi soppesò, immaginai il suo cervello alla ricerca di una relazione tra la richiesta di un sopralluogo e il mio disagio, guardò Moody, interrogativo, ne colse l’espressione esasperata e impaziente, valutò che non dovessi essere un problema e fece un rapido calcolo a mente.

    «Non più di una dozzina, c’è quella faccenda dai Black… »
    «Già… dobbiamo fare da balia al Ministro… proprio oggi… che bizzarra coincidenza, no? Bartemius non può proprio distaccare nessuno da lì? Vorrei fare visita a quei posti della lista… »

Potter dovette capire al volo di quale lista stesse parlando, perché l’occhiata che tornò a rivolgermi era molto più sospettosa, mi scrutava attentamente per fissarsi bene in mente la mia faccia e cercare di fare gli opportuni collegamenti. Ringraziai Merlino, di nuovo, per aver incrociato sulla mia strada un idiota che si stordiva di brodaglia babbana e aver avuto l’occasione di prenderne le sembianze.

    «Anche lui è stato invitato. Che cosa sta succedendo, Alastor? Perché ti servono uomini da mandare in quei posti desolati? Bartemius ha detto di avvisarlo, sai che gli interessa questa storia.»

Sbuffai, impaziente e sarcastico: certo che Crouch voleva essere avvertito, godeva all’idea di un nuovo guaio in cui poter tirar dentro noi della Confraternita, si diceva che volesse candidarsi come Ministro, immaginavo quale vantaggio sarebbe stato, per la sua immagine, portarci alla distruzione. Dumbledore non poteva ammetterlo ma, secondo me, aveva i nostri stessi timori, per questo mi aveva consigliato di contattare l’Auror che aveva scagionato Mirzam, me ne aveva parlato come di un uomo onesto e obiettivo. Stavolta, però, non potevo andare tanto per il sottile. Moody mi fissò, la decisione di coinvolgere Crouch e svelare la mia identità dipendeva solo da me: non avevo alcuna intenzione di vedere quell’individuo e mettermi nei guai ma Fear aveva detto “portami quanto più aiuto possibile”. Non avevo scelta, dovevo fidarmi di Potter e sperare nella buona sorte.

    «Signor Potter, ho informazioni sulla scomparsa di Alshain Sherton e dei suoi familiari… »
    «E lei chi sarebbe? È un tuo informatore, Alastor?»
    «Sono Jarvis Warrington, signor Potter. Sono qui perché penso di aver scoperto dove è tenuto prigioniero almeno uno dei figli di Sherton: è a Morvah, in Cornwall. Ho bisogno del vostro aiuto.»
    «Jarvis Warrington… la conosco… quella non è la sua faccia! Chiamo Crouch!»
    «Bartemius è impegnato con il Ministro, oggi, e tu, Charlus, lo sostituisci a capo del dipartimento… Se in ballo c’è la vita di un bambino, vuoi davvero perdere tempo con la burocrazia?»
    «Ti ha forse affatturato, Alastor? Quest’uomo si è appena introdotto nel tuo ufficio Polisuccato! E giorni fa, si è fatto beffe della nostra convocazione, sottraendosi a un interrogatorio formale su Mirzam Sherton e Duncan MacPherson! Motivi più che sufficienti per trarlo in arresto!»
    «So di aver sbagliato, signor Potter, benché avessi buoni motivi allora, come ne ho oggi, e sono pronto a prendermi le mie responsabilità; in questo momento, però, più di qualsiasi altra cosa, dovrebbe contare la vita di quel bambino: il Lord tiene in ostaggio gli Sherton per costringere Mirzam a cedergli la Fiamma di Habarcat: per il bene di tutti, aiutatemi a salvarli e a evitare quello scambio!»
    «Rifletti, Charlus, se dovesse avvenire quello scambio, non ci sarebbero altre occasioni per venire a capo di questa storia e le conseguenze… Vuoi arrestare Warrington? D’accordo, tratteniamolo fino al ritorno di Crouch, lo interrogherà al termine del ricevimento. Noi andiamo!»
    «Capisco il tuo ragionamento, Alastor, ma non mi prenderò la responsabilità di gettare un pugno di colleghi in quella che è senz’altro una trappola! Deciderà Crouch se e dove mandarli!»
    «“Dove”? Signor Potter, mi getti in cella se vuole, ma il luogo è Morvah… per il bene di tutti, andate laggiù, compatti, e fermateli! Ci sarà di sicuro il Lord, in persona! Si fidi di me!»
    «“Si fidi di me”? Di lei, Warrington? Io non mi fido di nessuno e non prendo ordini da lei!»

*

Mi avevano lasciato attendere nel cubicolo che chiamavano ufficio e, uscendo, non avevano riapplicato il Muffliato, così sentii già in lontananza le voci concitate all’arrivo del capo dipartimento: decidevano la mia sorte e come agire. Dovevo riflettere. Velocemente. La situazione, com’era prevedibile, mi stava sfuggendo di mano: avevo messo in conto di ottenere l’aiuto degli Aurors e di essere al contempo arrestato, ma di questo non avevo paura, potevo contare sul mio MagisLegale per venirne fuori in poco tempo, tra l’altro non potevano spedirmi ad Azkaban solo per una mancata convocazione, e sì, certo, avevo preso le sembianze di un’altra persona, ma non con la coercizione o la Magia, avevo solo approfittato dello stato di confusione dovuta all’ubriachezza di quell’uomo. Temevo però di fallire, di essere frainteso, di non essere creduto ed essere trattenuto lì tutto il giorno: in questo modo non solo non avrei ottenuto il loro aiuto ma non l’avrei neanche potuto cercare altrove.
Le voci si avvicinavano e io m’innervosii ancora di più. Incontrare Crouch non era un’esperienza che desideravo ripetere tanto presto, non lo vedevo dal giorno del processo a Williamson, quando mi ero intrufolato nell’Aula dieci senza destare sospetti e avevo assistito al proscioglimento di Mirzam dall’accusa di aver ucciso un Auror: pur finita bene, ero rimasto disgustato dal suo operato, mai avevo visto le vittime trattate da criminali, e sì che, dopo aver ascoltato in famiglia i discorsi contro il Ministero della Magia fin da bambino, appena un paio di anni prima avevo assistito anche alle vicende giudiziarie di mio padre, salvato in extremis proprio dalla testimonianza di Sherton. Per quanto odioso, però, Crouch era l’unico che potesse darmi gli uomini che mi servivano, dovevo perciò resistere e aguzzare l’ingegno, trovare le parole adatte a convincerlo dell’importanza di andare a Morvah. O almeno insospettirlo a tal punto da spingerlo a correre a ficcarci il naso. Guardai il pendolo sopra la scrivania di Moody: le lancette si erano mosse veloci, mentre tutto attorno a me era sprofondato nell’immobilismo e nell’inattività.

    Fear e Margareth sono già a Morvah? Hanno trovato la prigione del bambino? E che fine hanno fatto gli altri?

Sospirai. Passato mezzogiorno, il pomeriggio sarebbe diventato rapidamente sera e quei luoghi sarebbero stati fagocitati dall’oscurità: Fear si era raccomandato di far muovere i Ministeriali molto prima del tramonto, perché presso quelle scogliere era quasi impossibile combattere al buio.
Avevo visto Morvah una sola volta, da ragazzino, con mio padre e Fear. Ero stato preda per giorni di un’emozione potente, all’idea di visitare un luogo tanto carico di storia e Magia, altrettanto forte era stata la delusione quando non avevo trovato alcun segno del nostro passaggio in quella terra, perché i Babbani avevano sistematicamente distrutto tutto. Il mio disprezzo per loro era cresciuto ancora di più ma invece di provare odio e desiderio di vendetta, come mi sarei aspettato, dal mio dolore, dal rancore e dalla delusione era nato qualcosa di più potente: l’urgenza che nulla del genere capitasse ancora. Nella desolazione e nel senso di vuoto di quel momento, le parole affascinanti di Alshain Sherton, che parlava del potere del Cammino del Nord e della sua antica Magia, erano emerse dalla mia memoria e mi avevano mostrato quale potesse essere il mio destino. Da quel giorno, colsi ogni occasione mi si presentasse per sentirlo parlare, ero presente quando qualcuno dei miei parenti lo invitava o “pattugliavo” i luoghi che frequentava, quando visitava Inverness, la mia città. Una sera, invitato a cena da mio padre, avevo atteso di essere soli davanti al caminetto poi gli avevo chiesto di far parte del suo progetto per la Confraternita. Sherton mi aveva dato la mano e sorriso, non sapeva quando l’avrei avvicinato, disse, ma conosceva da tempo le mie intenzioni. In seguito mi fu chiaro che mi aveva di nuovo salvato la vita: la prima volta aveva impedito a Mirzam di uccidermi durante il rito per le Rune dei nostri sedici anni, la seconda, dandomi la mano, m’aveva offerto un’alternativa alla strada del Signore Oscuro, seguita da quasi tutti i miei compagni di Hogwarts.

    «Si sieda, Warrington, e veda di rispondere senza farmi perdere tempo… »

Ero talmente perso nei miei ricordi da non accorgermi che era sceso il silenzio nei corridoi del dipartimento: sobbalzai quando sentii gracchiare la voce di Crouch nel cubicolo, alle mie spalle.

    «… mi hanno già parlato della favoletta con cui vuol farsi gioco di noi: se non vuol essere arrestato subito, ci dica dove si nascondono Sherton e MacPherson e quali sono i loro piani!»
    «Non so nulla di loro, sono qui per parlare dei figli di Sherton, rapiti una settimana fa e… »
    «Le ricordo che lei non si è presentato quando l’abbiamo convocato ed era irrintracciabile quando le abbiamo fatto visita a Inverness! Continui così e finirà ad Azkaban come i suoi antenati!»
    «Può minacciarmi quanto vuole, io non ho commesso alcun reato, signor Crouch!»
    «Ah no? Si è presentato qui con le sembianze di un’altra persona, sono proprio curioso di sapere come ha convinto quell’uomo a farsi sostituire da lei… cominci col mostrarmi la bacchetta, così vediamo se, come immagino, ha sottoposto un poveretto all’Imperius per i suoi comodi… »
    «Prenda pure, la esamini quanto vuole, non troverà tracce di incantesimi illegali, Crouch… »
    «Con due generazioni di Maghi Oscuri alle spalle solo nell’ultimo secolo? Mi aspetto molto da lei, Warrington… sento che ho appena messo le mani sul responsabile di molti omicidi irrisolti!»
    «Mi minacci, mi prenda in giro, faccia come vuole, ma almeno uno dei figli di Sherton è trattenuta a Morvah e va liberato! Quanto a me, se serve, il mio MagisLegale proverà quanto dico!»
    «È nel suo diritto chiamarlo, certo… ma se crede che qui qualcuno convocherà il Wizengamot, di sabato pomeriggio, solo per un petulante marmocchio del Nord, si sbaglia! E di grosso!»
    «Prima ero un pericoloso criminale, ora un petulante marmocchio? Si decida, Crouch, c’è un bambino in pericolo che non può aspettare che le vengano a noia le nostre scaramucce verbali!»
    «Lei, Warrington, aspetterà… aspetterà che il Wizengamot si riunisca! E lo farà ad Azkaban!»
    «Mi mandi pure ad Azkaban ma intanto faccia andare qualcuno a Morvah, altrimenti… »
    «Altrimenti? Intende forse minacciarmi, Warrington? È questo che fa?»

Crouch balzò su dalla sedia per lanciarsi su di me, Moody lo prese per un avambraccio e lo trattenne, il volto serio e imperscrutabile, come suo solito.

    «Bartemius… dammi retta, è bene fare un controllo, per sicurezza… come ho detto a Potter, tu occupati del Ministro, vai con lui a Zennor, e lascia che a questa storia ci pensiamo noi!»
    «Questo idiota vuole farci convergere a Morvah, Alastor, solo per lasciare campo libero al ritorno di Sherton e MacPherson! Devo chiamare Eugenia, mi serve il faldone sulla Confraternita! Moody, tu resterai qui a controllare Warrington! Charlus, istruisci le squadre, utilizza anche le riserve, mandale a coppie a controllare i siti della lista! Tutti! Anche quelli che abbiamo scartato all’inizio: Sherton incontrerà il Lord in una delle loro tane e insieme, ci scommetto, colpiranno il Ministro!»
    «Salazar, Crouch! Non c’è alcun piano contro il Ministro! Il Lord punta alla Fiamma di Habarcat! E se riuscisse ad averla, sarebbe una catastrofe per tutti… non solo per la Confraternita!»
    «Potter, voglio essere avvertito quando avrete notizie… Metterò io ai ceppi Sherton, con le mie mani… E con le mie mani, Warrington, getterò nel Mare del Nord le chiavi della vostra cella!»

*

    Al diavolo me e quando ho dato retta a quel vecchio fuori di testa, dovevo andare da Donovan!

Mi muovevo nel piccolo cubicolo di Alastor Moody come una belva in gabbia, guardando di continuo il pendolo: da quando avevo messo piede nei locali del Ministero, la tarda mattinata era diventata giorno pieno, poi aveva iniziato a scemare nel pomeriggio. A breve il sole sarebbe tramontato sul Cornwall. Al passare delle ore angoscia e rabbia si erano fuse in senso di impotenza e ora, ottenebrato, fluttuavo tra pensieri orribili, un magma di sgomento, incredulità e paura. I minuti passavano lenti per me e fulminei per i miei amici, il timore per la sorte di Margareth, Fear e gli Sherton aveva travolto qualsiasi preoccupazione per le minacce di Crouch. All’improvviso sferrai un pugno contro la parete, non riuscii a trattenermi, il riquadro sovrastante l’immagine del ricercato Mirzam Sherton cadde giù, in un trionfo di vetri rotti. Moody si alzò, mi bloccò, il mio corpo si ribellava, stavo urlando, agitato dalla rabbia e dalla paura. Poi riconobbi le parole dell’Auror, mi esortava a pensare ai miei figli, alla mia famiglia, mi ricordò che rischiavo di finire ad Azkaban. Di non uscirne più. Mi fermai. Mi azzittii.

    «Si sieda, Warrington, mi è venuta l’emicrania a vederla camminare in tondo! E la smetta con questi scatti d’ira se non vuol essere tradotto subito ad Azkaban!»
    «Se mi fa andare a Morvah, non mi vedrà più camminare in tondo, le prometto che ritornerò!»
    «Molto divertente, Warrington… Aspetterà qui, se farà il bravo, o di sotto, nelle celle presso l’Aula 10, se continuerà con le sue intemperanze… mi faccia finire il mio lavoro, sarà interrogato sulle informazioni che dice di avere stasera, al ritorno di Crouch, tra poche ore… »
    «A cosa serviranno le mie informazioni quando sarà tutto finito? A chi serviranno? Il bastardo non mi ha ascoltato prima e non mi ascolterà al ritorno dal suo imperdibile pomeriggio mondano!
    «Mi sorprende, signor Warrington, questi ricevimenti non sono vitali per quelli come lei? L’ingresso in società del rampollo di una delle più celebri famiglie slytherin purosangue… »
    «Ironizza per invidia? Ne vedo molti, sa… personaggi che ammantano le cose sacre col proprio livore, sempre pronti a dissacrare il mondo a cui non potranno mai appartenere… »
    «Si sbaglia, Warrington, la mia famiglia materna è di lunga tradizione purosangue… »
    «Allora immagino l’orgoglio dei suoi antenati quando ha incarcerato chi manifestava contro le marce dei Maghinò! Cosa si prova a legare il proprio nome alla distruzione delle tradizioni?»
    «Sicuramente saranno più orgogliosi dei suoi, signor Warrington, visto che oggi ha fallito nell’unica cosa che a loro riusciva bene, portare a termine opere di sterminio e distruzione… »
    «Ma vada a… Là fuori ci sono persone in pericolo che mi aspettano, che hanno bisogno di me!»
    «Non ne dubitiamo, signor Warrington… siamo certi che ai suoi amici avrebbe fatto comodo sapere per tempo come il Ministero intendeva reagire alle sue false informazioni: se la tratteniamo qui, è anche per evitare che lei possa portare a termine il suo compito di spia.»
    «Spia? Lei sta vaneggiando, signora Jenkins! Lei… Voi… voi non capite!»
    «Eccome se capiamo, tutti noi abbiamo capito fin troppo bene: secondo lei è consuetudine di un uomo onesto presentarsi Polisuccato invece che con le proprie sembianze, Warrington?»
    «Ho due figli e visto quello che sta succedendo da un po’ di tempo nella Confraternita, non me la sentivo di comportarmi da sprovveduto! Farei di tutto per proteggerli dal Signore Oscuro, anche non rispettare la legge alla lettera e pagarne le conseguenze, se questo può servire a ingannare spie e doppiogiochisti e tenere al sicuro i miei cari! Volevo evitare di attirare la curiosità di eventuali talpe nel Ministero, visto che… la mia missione è portare in salvo i figli di Alshain Sherton!»
    «Davvero una storia molto commovente… »

Mi voltai, esasperato, non ne potevo più di Eugenia Jenkins, l’ennesima burocrate che trovava una giustificazione alla propria esistenza solo nel sopruso: sedeva alla scrivania di Alastor Moody, dietro un faldone di documenti in cui erano narrate le “malefatte” di noi esponenti del Nord. Lo conoscevo bene, con quello aveva tentato di incarcerare mio padre neanche un paio di anni prima. E avevo imparato a conoscere fin troppo bene anche lei in quell’occasione: aveva da poco superato i quaranta anni, era quella che si definiva una Strega ancora piacente, bruna, dai vividi occhi castani e l’incarnato pallido che le toglieva dieci anni buoni. Non si era mai sposata, se non al lavoro, una Strega in carriera, MagisLegale, funzionario del Wizengamot da circa quindici anni, braccio destro di Tiberius Ogden, destinata quindi a diventare viceministro della Magia, se il vecchio avesse battuto Crouch e Lodge alle elezioni politiche di primavera. Per noi della Confraternita era una spina nel fianco dai tempi di Nobby Leach, molte delle circolari ministeriali, che provocarono tanti danni alle Terre del Nord, erano firmate dal funzionario “Eugenia Jenkins, Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia” di cui incarnava alla perfezione le fissazioni antipurosanguiste. Di recente, sotto il governo di Longbottom, era divenuta celebre per i numerosi ordini di cattura e di reclusione ad Azkaban, accanto a assassini, stupratori e altri delinquenti comuni, di quei Purosangue, dissidenti politici, che avevano osato ribellarsi e manifestare contro le marce per i Diritti dei Maghinò e altre aberrazioni simili.
La donna percepì dalla mia occhiata il livore che provavo per lei e sorrise con la solita aria da squalo.

    «Voglio il mio MagisLegale, non intendo perdere un secondo di più con voi, capre dementi!»
    «Sì, fa bene a contattarlo, Warrington, ormai avranno finito di esaminare la sua bacchetta con il Prior Incantatio e avremo di che spedirla ad Azkaban e perquisire tutte le sue proprietà. Moody, lo accompagni di sotto, il signor Warrington preferisce acclimatarsi all’umidità che troverà a Azkaban!»

***

Albus Dumbledore
Londra, Ministero della Magia - sab. 22 gennaio 1972

    “Ho un problema con il tuo informatore. Raggiungimi al Ministero. Alastor.”

Erano da poco passate le tre del pomeriggio ed io mi ero materializzato a casa Doge da appena mezzora quando apparve il Patronus di Moody: Elphias non disse nulla, sospirò rassegnato, appoggiò sul tavolo il Codice, aperto all’articolo di cui voleva discutere, e andò nella stanza accanto, per recuperare il mio mantello, il passo lento e il respiro affaticato, così che ascoltassi l’intero messaggio da solo. Ero stato riluttante a lasciare Hogwarts, anche se per poche ore, alla fine mi ero imposto di considerarlo un appuntamento di lavoro, in fondo Elphias aveva parlato di “uno spinoso quesito giuridico da sottoporre allo Stregone Capo del Wizengamot”. In cuor mio, sapevo prima di partire che quell’incontro non mi avrebbe riservato alcun confronto intellettuale, avevamo discusso a lungo, a suo tempo, di quell’articolo, Elphias mi aveva persino suggerito come strutturarlo perché non fosse soggetto a libera interpretazione: in quella casa, perciò, davanti a pasticcini cremosi e fumanti tazze di tè, mi attendeva solo un triste pomeriggio di ricordi dolorosi e ingrati, poche parole e tanti silenzi.

    Le cose, però, non sempre vanno come ci si aspetta.

Indossato il mantello, salutai Elphias senza dare altre spiegazioni, promettendogli che ci saremmo rivisti a breve, pur sapendo che si trattava di una penosa bugia; presi una manciata di Polvere Volante e pronunciai sicuro “Ministero della Magia”: l’ultima cosa che vidi nel turbinio di fiamme verdi del suo camino, fu la sua mano, sollevata mollemente in un desolato saluto. In una frazione di secondo ero nell’Atrium quasi deserto, il sabato pomeriggio la maggior parte degli uffici era ormai chiusa, tutte le questioni sospese fino alla riapertura del lunedì; sbrigai velocemente la pesa della bacchetta e mi avviai all’ascensore, evitando Cornelius e un altro paio di conoscenti che stavano uscendo, non avevo tempo da perdere, non era il momento di cordialità e inezie, mi attendeva una battaglia verbale nell’ufficio di Moody, dovevo concentrarmi su quanto potevo dire e quanto dovevo tacere.
Arrivato al secondo livello, sede dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia e del Quartier generale degli Aurors, mi accigliai ripensando al colloquio avuto con Crouch, appena il giorno prima: famoso per la sua lucida razionalità, quell’uomo poteva essere un valido aiuto nella lotta contro il Signore Oscuro, purtroppo, ossessionato com’era dall’ambizione di diventare uno dei più giovani Ministri della Magia della storia del Mondo Magico, negli ultimi tempi oscillava tra decisioni assurde, proposte populiste e attacchi di snervante pedanteria, degni del peggior burocrate. Stando ad Alastor, ne aveva dato prova anche quel giorno, quando Jarvis Warrington, mettendo da parte l’innato sospetto degli uomini del Nord verso il Ministero, si era presentato nel suo ufficio per condividere quanto aveva scoperto sulla sorte degli Sherton e chiedere l’aiuto degli Aurors per liberarli; una volta raggiunto il Quartier Generale, però, Crouch non l’aveva ascoltato, si era preoccupato solo di rafforzare la scorta del Ministro per il ricevimento a casa Black, spedendo poi i pochi uomini ancora a disposizione non a Morvah, il luogo indicato, ma sparpagliandoli in un’inutile ricognizione di tutti i siti che considerava sospetti. Warrington, da parte sua, si era rifiutato di dare informazioni, e ora era trattenuto al Ministero per essere interrogato al ritorno di Crouch. Giunto nei pressi del cubicolo in cui era alloggiato l’ufficio di Alastor, sentii ruggire la sua voce possente e mi fermai ad ascoltare.

    «Abbiamo studiato insieme quel dannato dossier ai tempi delle marce dei Magonò, Eugenia, già allora fu solo una perdita di tempo! Quel ragazzo ha solo vent’anni, cosa c’entrano fatti del 1930?»
    «Se non fosse stato per Sherton, Alastor, avremmo condannato per i disordini seguiti a quelle marce anche il padre di quel ragazzo: i locali in cui si tenevano le riunioni, a Inverness, appartengono alla loro famiglia, c’era il sospetto di un coinvolgimento di Ceard Warrington nel... »

    Eugenia Jenkins, funzionario del Wizengamot e collaboratrice di Tiberius Ogden? Perché si trova qui? Non si rende conto che...
 
    «Dicerie, Eugenia, solo dicerie e nessuna maledetta prova: questo ha tenuto Ceard Warrington lontano da Azkaban, non Alshain Sherton! Quella storia è chiusa, le vicende di quarant’anni fa sono chiuse! O siamo ritornati ai tempi in cui si condannavano i figli per le presunte colpe dei padri?»

Stavo per entrare ma mi fermai: la famiglia Jenkins era stata toccata da vicende poco edificanti, suo nonno, proprio come mio padre, finì i suoi giorni ad Azkaban per aver reagito alle provocazioni di alcuni Babbani, potevo immaginare l’effetto di quella stoccata da parte di Alastor. Bambina, Eugenia aveva visto il proprio padre prima perdere il lavoro, a causa del processo e della condanna ad Azkaban del nonno, poi togliersi la vita, per la vergogna che quella macchia arrecava al nome della famiglia. Aveva reagito con coraggio e orgoglio, a Hogwarts era stata una studentessa brillante, ottimo elemento della casa Ravenclaw; uscita dalla scuola aveva intrapreso gli studi nell’ambito MagisLegale ed era entrata presto negli uffici del Wizengamot dove aveva raggiunto incarichi importanti. E ora, poco più che quarantenne, era a un passo da un’altra promozione nel Wizengamot, o, in caso di elezione di Ogden a Ministro della Magia, da un incarico di rilievo nel nuovo governo.

    «Se Warrington fosse innocente e senza secondi fini, come dici tu, sarebbe nel suo interesse collaborare; al contrario, nonostante l’urgenza della situazione, ci fa perdere tempo negandoci le informazioni che ha su Duncan MacPherson! Chiediti perché si trova qui, mentre abbiamo quasi tutti gli uomini impegnati nella scorta del Ministro! A mio avviso, hanno tentato di tenderci una trappola!»
    «E se dicesse la verità, Eugenia? Se quelle persone fossero vive e in pericolo?»
    «Andiamo, Alastor! Dopo tanti giorni chi può credere ancora che gli Sherton siano vivi?»
    «I figli, ragazzini senza colpa, meritano delle risposte! Risposte che nessuno darà loro se mandiamo due reclute inesperte a verificare! E se temi una trappola ai danni del Ministro, allora suggerisci a Crouch di fargli interrompere la seratina mondana, dannazione! Ho bisogno di uomini per controllare quella maledetta spelonca in Cornwall e chiudere la faccenda una volta per tutte!»
    «Ti capisco, Alastor, la situazione poteva e doveva essere gestita meglio ma, giuste o sbagliate che siano, gli Aurors devono seguire le direttive del loro Capo Dipartimento, non posso farci nulla! Quanto a Warrington… ottieni le informazioni su MacPherson ed io archivierò la sua pratica!»
    «Dannazione, Eugenia! Sei entrata nella mentalità del politico di merda anche tu? Dov’è finito l’idealismo che avevi un tempo? Da quando è lecito comportarsi come Crouch, che se ne fotte della verità e calcola solo l’impatto mediatico di un arresto importante sul proprio ingresso in politica?»
    «Non te lo permetto, Alastor! Parli proprio tu! Dimmi, da quando è lecito somministrare a un malato un’intera scorta di Veritaserum per estorcergli una confessione? Rispondimi!»
    «Ho eseguito degli ordini sbagliati, proprio come stai facendo tu adesso… so di cosa parlo!»
    «E ora il grande castigatore di Maghi Oscuri è talmente pentito da difendere un fuggiasco?»
    «Warrington, nonostante i pericoli che sapeva di correre, è venuto qui per chiederci aiuto. E noi lo trattiamo da delinquente e lo arrestiamo solo perché protegge un uomo in fuga dal Lord?»
    «Ma come ragioni, Alastor? È stato trattenuto per essersi introdotto qui sotto mentite spoglie!»
    «Che altro avrebbe dovuto fare? Il Signore Oscuro ha uomini persino qui nel Ministero… »
    «Se la situazione è quella che descrivi, raccogli prove e presentale alla commissione interna!»
    «Commissione organizzata da chi? Da Crouch? Lo stesso uomo verso il quale ho molte accuse da muovere? E intanto che facciamo? Spulciamo questo dossier fino a notte fonda, mentre una madre e i suoi due neonati muoiono in una caverna? Non li voglio sulla coscienza, maledizione! Se non hai le palle per opporti a Crouch, Eugenia, cavoli tuoi! Vado io a liberare quel dannato scozzese!»
    «Resta dove sei, Alastor Moody! Tu stai infrangendo gli ordini di un tuo superiore!»
    «Sai dove me li metto gli ordini di quella testa di… »
    «Garantisco io per Jarvis Warrington! Dove si trova ora il ragazzo?»

Irruppi nello studio senza bussare, lasciandoli ammutoliti, avevo sentito abbastanza, li colsi con i volti arrossati dall’acceso diverbio e dall’imbarazzo nel rendersi conto che l’ufficio non era deserto come pensavano e la discussione, con la porta aperta, era giunta al mio orecchio. Mi ricordai ben altre discussioni, ben altri confronti, tra quei due, alcuni anni prima, a Hogwarts. Eugenia strinse con un fremito la piuma che aveva in mano, senza staccare lo sguardo gelido da Alastor, poi lo rivolse a me, profondi occhi marroni, enigmatici e arguti che balenavano sul volto appuntito.

    «Warrington è in attesa di essere interrogato in una delle celle attigue all’Aula 10, signore.»
    «Capisco… e tu che cosa ci fai oggi qui, al Ministero, Eugenia?»
    «Il mio lavoro, signore: Bartemius aveva bisogno del mio fascicolo su Ceard Warrington, una volta qui, però, mi ha chiesto di occuparmene: “Devo approntare i piani di sicurezza per il Ministro. Fammi il favore, Jenkins, pensa tu a quel faldone: l’hai compilato tu, sai come muoverti là dentro!”»

Moody sbuffò sonoramente, agitandosi sulla poltrona accanto alla porta del cubicolo. Lo capivo: una buona metà del faldone citava vicende occorse negli anni trenta e cinquanta, quando alcuni membri della famiglia Warrington finirono i loro giorni ad Azkaban accusati di complicità con Grindelwald. Jarvis Warrington però non aveva gli stessi interessi oscuri dei suoi avi e questa era opinione comune e provata: unico nipote del Venerabile McFiggs, studente eccellente, ragazzo riservato, amico di Mirzam Sherton ma non dei personaggi discutibili che avevano frequentato la Casa di Salazar negli stessi anni, dalla fine della scuola si era impegnato a tempo pieno nella cura degli affari di famiglia, preoccupandosi del prestigio personale, del benessere economico dei suoi cari e del buon nome di una delle casate più antiche e stimate del Nord. Avevo avuto modo di parlare di lui con McFigg diverse volte, si riferiva sempre al nipote come a un giovane dotato di una concezione illuminista del Mondo Magico, era naturale perciò che, nonostante la giovane età, Alshain Sherton avesse già basato parte dei propri piani per riportare la Confraternita agli antichi splendori, proprio su quel ragazzo.

    «Il faldone l’hai consegnato, hai evidenziato i capitoli per Crouch, gli hai lasciato i tuoi appunti… Direi che il tuo lavoro qui sia finito, Eugenia… »
    «Devo solo finire di preparare e firmare i documenti per il fermo, al massimo mezzora… »

La fissai incredulo, Eugenia finse di non capire la mia perplessità. Voleva fingere anche con me come aveva fatto nelle ultime ore con Bartemius e con Alastor? Mi aveva chiesto un periodo di aspettativa per seguire da vicino la campagna elettorale di Tiberius, ne circolava voce da giorni e tutti sapevano che se ne sarebbe andata entro un paio di settimane, in realtà, da quasi un mese aveva già lasciato i suoi incarichi abituali per occuparsi di un’indagine interna che Longbottom le aveva affidato dopo l’arresto di Williamson e di cui, per ovvi motivi, eravamo a conoscenza solo in quattro. Negli ultimi giorni, il comportamento più sospettoso del consueto di Crouch mi aveva fatto temere che ne fosse venuto a conoscenza e ora l’aver chiesto, tra tanti funzionari, proprio alla Jenkins di firmare i documenti per l’arresto di Warrington, me ne dava la certezza: Eugenia era molto vicina a Tiberius, farle commettere un abuso dal quale sarebbe uscita la storia di un’indagine che interessava a sua insaputa tutto il suo dipartimento, avrebbe consentito a Bartemius di mettere in difficoltà il suo principale rivale nella campagna elettorale e prendersi una pesante rivincita su una donna con cui era in competizione dai tempi della scuola. Dovevo decidere come muovermi e farlo alla svelta: se avessi fatto valere la mia autorità di Stregone Capo, avrei svelato anche a Moody l’esistenza dell’indagine nel dipartimento Aurors, e non intendevo metterlo in una posizione difficile; se avessi mantenuto il segreto, avrei perso altro tempo prezioso. Mi allungai sulla scrivania, presi i documenti per il fermo e li stracciai, presi un altro foglio, lo compilai con i dati di Warrington e, firmato, la diedi a Moody.

    «Dai all’ufficiale quest’ordine di rilascio ma trattieni Warrington finché non ci avrò parlato.»

Alastor balzò via, felino, uscì dal cubicolo, grugnendo di disappunto per essere stato costretto così a lungo all’inattività. Eugenia mi aveva fissato tutto il tempo ammutolita, i muscoli attorno alle labbra, tesi, mossi da un leggero tremolio che tradivano la rabbia per essere stata prevaricata. Appena Moody fu fuori portata sembrò volermi dire qualcosa ma rimase in silenzio. Abbassò gli occhi sugli appunti, riprese la piuma e tracciò una diagonale rossa su due fogli mentre ero in piedi di fronte a lei.

    «Mi spiace, Eugenia… ma era necessario non perdere altro tempo… »
    «Signore… davanti a un mio collega… è stato come dire che non so fare il mio lavoro… Io conosco Crouch, è arrogante e ambizioso, ma MacPherson e Sherton sono sospettati dell’omicidio di Longbottom! Siete tutti convinti che siano in fuga dal Signore Oscuro e che quello che sta capitando sia una rappresaglia o una trappola per far uscire Sherton allo scoperto. Dove sono, però, le prove?»
    «Eugenia, se mi sono permesso… non è perché le accuse a Warrington sono ridicole, o perché sono lo Stregone Capo o perché non riconosco le tue capacità… ma tu oggi non dovresti neanche trovarti qui, figuriamoci firmare documenti per far incarcerare qualcuno! Renditi conto delle conseguenze! Cosa sarebbe accaduto se gli avvocati di Warrington avessero scoperto che sei già in aspettativa? Se Crouch avesse scoperto l’indagine di cui non è stato informato? Sospetta già qualcosa, se ne avesse la certezza, colpirebbe te… e danneggerebbe in questo modo anche Tiberius… »
    «Ma io… »
    «Tra pochi mesi, Tiberius sarà Ministro e avrà bisogno di persone valide al suo fianco: tu, con tutto il lavoro che hai fatto per lui negli ultimi anni, sei destinata a essere il suo braccio destro. Cosa accadrebbe se dovesse rinunciare a te? Sai che non è in condizione di salute ottimali! Devi prendere coscienza della realtà, Eugenia. Questa situazione è il banco di prova con cui dimostrerai a te stessa, prima che agli altri, se sei la persona di cui Tiberius e il Mondo Magico hanno bisogno, devi essere onesta e precisa nel tuo lavoro, certo, ma anche scaltra… perché l’ambiente in cui sei chiamata a muoverti è costellato di trappole e non potrai far affidamento sempre e soltanto su legge e razionalità, ma sull’istinto, la perspicacia, persino su assurdi atti di fede come quello che ti sto chiedendo adesso!»

Sollevai la bacchetta e la puntai sulla mia tempia, lasciai scivolare via un ricordo perlaceo, e lo raccolsi in una boccetta che tenevo nella tasca interna del pastrano.

    «Spesso non esistono prove, Eugenia… devi fidarti dell’istinto… o del consiglio, l’esperienza, l’intuizione di persone che possono aiutarti. Non hai bisogno dei miei di ricordi, ma te li offro lo stesso. Se scavi a fondo nella tua memoria ritroverai una certa conversazione tenutasi da Longbottom pochi mesi fa, eri con me e Tiberius, Everard sospettava la presenza di talpe nel Ministero, alla fine disse anche qualcosa sugli Sherton… ti invito a ricordare e a riflettere… »

La lasciai sola, perplessa, la boccetta in mano. Mi avviai alle scale che conducevano alle celle, una volta presa la rampa, raggiunsi Moody, ancora impegnato con l’ufficiale che insisteva per aspettare Crouch: come mi vide, ci lasciò passare. Dopo pochi passi, gettai un Muffliato alle nostre spalle.

    «Hai fatto bene a far valere la tua autorità, sei lo Stregone Capo! Colpa mia, dovevo chiamarti prima, per chiudere la faccenda con quella
so tutto io”, tra lei e Crouch non so chi sia il peggiore, meritavano di essere Imperiati, o meglio, dovevo far fuggire subito Warrington, quando… »
    «Imperiare, far scappare? Stai troppo a contatto con i delinquenti, Alastor, ragioni come loro!»
    «Come potrei catturarli, se non ragionassi come loro? Maledizione! Sarebbe bastato non chiamare Crouch, lo so… abbiamo perso troppo tempo a causa sua… »
    «Anche se aveste tentato, Alastor, vi serviva la sua autorizzazione per richiamare le riserve.»
    «Per quello che è servito! Non ci è stato di alcun aiuto!»
    «Quanti uomini ha mandato? Quando sono partiti?»
    «Ne ha spediti un’inezia… e a Morvah sono andati i novellini più inesperti… non sanno fare neanche le ronde, saranno notati subito… quanto al tempo… è successo ormai quasi quattro ore fa!»
    «Quattro ore? Godric! È necessario inviare quanti più uomini possibile!»
    «Rassegnati, siamo solo tu ed io, non avremo altri uomini fino alla fine della festa, se mai li avremo! Certo che se avessimo volontari, se non fossimo assoggettati a Crouch, in casi simili, noi…»
    «Ne abbiamo già parlato, Alastor, sarebbe una buona idea, ma ti troveresti senza lavoro e in carcere per insubordinazione, se passassi dalle parole ai fatti! Ed io non posso privarmi di te, non ora… chiamerò qualche amico… intanto Warrington radunerà i suoi… e tu andrai a Morvah con… »
    «I suoi? Come contatterai la Confraternita? Il ragazzo non si fiderà certo a portarci da loro!»

Alastor mise un cipiglio meno raccomandabile del solito mentre rifletteva tra sé, poi si fermò.

    «Inoltre… Questa traccia potrebbe essere davvero una trappola, ci hai pensato?»
    «Questa traccia è una trappola, Alastor… Voldemort vuol far uscire allo scoperto Mirzam Sherton… Non sono neanche sicuro che ci sia davvero qualcuno da salvare in quella grotta… »
    «Non mi riferivo a questo… ma a MacPherson… Magari vuole il nostro aiuto solo per farci massacrare al suo posto…  o magari ha davvero tradito Sherton ed è passato al Signore Oscuro… »

Conoscevo MacPherson da quand’era un ragazzo, il suo odio per il Ministero, per quelli come me: tra i suoi scopi c’era senz’altro far morire quanti più ministeriali possibili ma era uno Slytherin fatto e finito, non sarebbe mai sceso a patti con un Mezzosangue che faceva accordi con gli ibridi. Sorrisi.

    «L’hai messo in conto anche tu, eh? Qualsiasi gioco faremo, il rischio di perdere è alto!»
    «Il rischio è alto ma se decidessimo di non giocare, come vorrebbe Bartemius, perderemmo sicuramente: il Lord teme l’alleanza tra Ministero e Confraternita, per questo Longbottom è stato ucciso e gli Sherton rapiti. Questa alleanza crea problemi anche nel Ministero, per questo non avremo aiuti. Se vogliamo sconfiggere Voldemort, però, è necessario impedire che la Confraternita passi dalla sua parte, agire perché, nella guerra che verrà, resti neutrale o sia al nostro fianco: lo sapevano e lo volevano Sherton e Longbottom! So che ci sono rischi ma non perderò quest'opportunità unica: oggi saremo al fianco dei Maghi del Nord, a Morvah, per salvare quell’uomo e la sua famiglia!»

    Sperando che ci sia ancora qualcuno da salvare. E che la Confraternita non abbia già scelto.

***

Abraxas Malfoy
Malfoy Manor, Wiltshire - sab. 22 gennaio 1972

[…]

Rosier scoppiò a ridere, lo fissai disgustato, quell’idiota mi colse di sorpresa, mi afferrò per una mano e mi Smaterializzò con sé. Quando riaprii gli occhi e mi rimisi in piedi, non ci trovavamo a Gloucester, a casa sua, ma di fronte ai cancelli della mia villa, il viale completamente innevato.

    «Che cosa significa, Rosier? Perché siamo qui? Nel Wiltshire, a casa mia?»

Non mi rispose, si limitò a sogghignare, mentre faceva volteggiare una specie di piccolo orologio dalla cassa argentea attorno a una catena di stretti anelli: una Giratempo. Lo fissai, sbalordito: Yaxley mi aveva consegnato le prove del furto all’Ufficio Misteri con cui avevo ricattato Rosier a lungo, sapevo che aveva sottratto cinque Giratempo e le aveva già usate tutte, rivendendole a certi suoi compari truffatori, per pagare i debiti di gioco che aveva contratto a destra e manca.

    «Non è possibile… Come fai ad averne ancora una?»
    «Malfoy… Malfoy… sei una vera delusione! Sei sempre così impegnato a ficcare il naso negli affari degli altri da non avere mai il tempo di verificare le notizie! Secondo te, mi sarei sporcato le mani per cinque misere Giratempo? Tutte da regalare agli altri, per giunta? Ahahah!»

Mi morsi un labbro mentre prendevo nota che avrei fatto pagare cara a Yaxley tanta superficialità. Dovevo riflettere: fino a pochi minuti prima avevo la situazione sotto controllo, ora mi trovavo sbalzato in uno scenario imprevisto e imprevedibile. Di sicuro, se Rosier si era presentato a una festa piena di Aurors portando con sé un reperto tanto pericoloso, significava o che era più fuori di testa di quanto avessi mai immaginato o che aveva un vero piano di cui non stavo ancora capendo nulla.

    «Quella roba è pericolosa, Demian… Al Ministero qualcuno si accorgerà prima o poi che ne stai usando una senza autorizzazione!»
    «Finora non è mai capitato, Malfoy, non vedo perché dovrebbero accorgersene stasera, quando hanno tutti ben altro a cui pensare! Che poi, alla fine… se anche fosse… di cosa dovrei preoccuparmi, oggi? Siamo nel Wiltshire, a casa tua… verrebbero a cercare te, io che cosa c’entro? Ahahahah… »

Si avvicinò sghignazzante, io arretrai fino al cancello, Rosier non doveva stare lì, nessuno poteva stare lì quella sera. Il sudore mi scorreva gelido lungo la schiena, il respiro si cristallizzava in nuvolette nell’aria. Rosier si allungò verso di me, per evitarlo mi spostai di lato, perdendo il contatto con l’inferriata, contro cui mi ero addossato; Demian fulmineo si portò al mio posto, un ostacolo tra me e il cancello. Mi fissava divertito, la Giratempo che volteggiava in archi fulminei, ipnotici.

    «Siamo diventati nervosi, eh Malfoy? Dov’è finita tutta la baldanza che avevi a Zennor? Avevi tanta fretta… perché non entriamo in casa, mandiamo indietro le lancette, scriviamo a Lucius e spediamo un gufo? Con questo gioiellino ci vuole poco per rimediare alle malefatte di Lestrange!»
    «So abbastanza di quegli arnesi da capire che non me la racconti giusta! Si può andare indietro nel tempo, in sicurezza, per non più di un paio d’ore. Ed io, due ore fa, ero a Zennor, non qui. Inoltre succedono cose assurde agli Indicibili, quando si mettono a giocare con il Tempo, persino in luoghi controllati e sicuri come l’Ufficio Misteri… che cosa vorresti fare nella casa dei miei antenati?»
    «La vera domanda, Abraxas, è “Sherton sarà felice di scoprire che hai lasciato morire suo figlio perché eri impegnato a salvaguardare la villa costruita da uno dei tuoi ricchi antenati babbani?”»
    «Non dirla neanche quella parola! Non succederà nulla a Rigel! Appena mi libererò di te, pazzo esaltato, me ne andrò a Hogwarts via Metropolvere e avvertirò Slughorn: questa è la sola soluzione razionale, senza rischi, degna di una persona sensata! Vattene a casa, Rosier: volevi che intercedessi per tuo figlio, in cambio dell’informazione, ed io mi sono impegnato a farlo. Se mi farai perdere altro tempo, però, rendendo di fatto la tua informazione inutile, non ti dovrò più nulla!»
    «NOI-DOBBIAMO-ENTRARE… »
    «NOI? Non credo proprio… Togliti dalle palle, Rosier!»

La mano mi scivolò nel mantello alla ricerca della bacchetta, lo sguardo risoluto, con le buone o le cattive quella sceneggiata non sarebbe continuata. Rosier, tutt’altro che preoccupato, mi rise in faccia.

    «Solo uno stolto si fiderebbe di un accordo verbale con te, Malfoy, ed io stolto non sono… apri il cancello e lasciami entrare, voglio la garanzia che starai ai patti: hai molto da fare e ti resta poco tempo, no? O preferisci che un Auror venga a ficcare il naso da queste parti? Adesso?»

Un brivido mi percorse la schiena, mentre il cuore perdeva più di un colpo. Che cosa voleva in realtà? Perché insisteva tanto per entrare in casa mia? Voleva prendersi solo i documenti con cui lo ricattavo o c’era dell’altro? Dubitavo che mi sarebbe piaciuto scoprire la risposta.

    «Quando hai una paura fottuta e non capisci un cazzo di quello che ti sta succedendo, ti esce sempre un’espressione da coglione, la stessa, fin da quando eri solo un moccioso!»
    «Se ho paura è perché non mi ero reso conto di quanto tu fossi fuori di testa, Rosier! Sei un pazzo capace di tutto! Una disgrazia capitata nel momento peggiore! Devo pensare a mio nipote!»
    «E a suo padre, non dimentichiamocelo! Non scherzavo a Zennor, so che Sherton ce l’hai tu!»
    «Basta con queste cazzate, Rosier!»
    «Logica e memoria, non cazzate! A Hogwarts prima che tu, Ronald Sherton e Roland Lestrange vi fissaste con quel morto di fame di Tom-qualcosa, vi facevate gioco di Alphard e me ed io, per evitarvi, dovevo passare ore in biblioteca, nella Sezione Proibita! Speravo di ricavarne qualcosa di buono, prima o poi. Ho aspettato anni, finché i giornali hanno parlato delle carte che Mirzam Sherton avrebbe rubato a Doire, e lì mi sono ricordato: tanti luoghi sono legati alla Confraternita, inaccessibili a chi non ha Rune. A parte uno, fuori dalla Scozia: Morvah, in Cornwall!»

    Salazar santissimo, dove vuol andare a parare, questo coglione?

    «… giorni fa, ho deciso di andarci: mattina ventosa, freddo, luogo spaventoso, adatto solo ai pazzi… non ci sarà nessuno, mi sono detto… e invece… »

    No… Ti prego, Salazar… no…

    «… non puoi immaginare… che cosa ho visto… chi ho visto… »

    No… non… non è possibile… sono stato così attento… non c’era nessuno… nessuno…

    «… un uomo che rideva… e spingeva tra le rocce una donna… una donna che cercano tutti… che tutti danno per morta… Deidra Sherton… la poveretta non sembrava felice della compagnia… della compagnia di ABRAXAS MALFOY… della TUA compagnia… come darle torto?»
    «Maledetto! Crucio!»

Dovevo sottrargli la Giratempo e renderlo inoffensivo, mi lanciai su di lui, la bacchetta sguainata, ma Rosier era in allerta e riuscì a evitare la mia maledizione, cercai allora di colpirlo al volto con una fattura, lui si chinò in tempo e con una agilità incredibile in un uomo così alto e impacciato, mi sfuggì e mi allontanò ancora di più dal cancello. Mi voltai e caricai di nuovo, pronto allo Schiantesimo, ma un Tarantallegra mi privò del controllo del mio corpo e, prima che me ne rendessi conto, ero a terra, la faccia nella neve. Delle corde invisibili mi legarono le mani, poi Rosier mi sollevò e mi fece ruotare per aria, infine mi buttò giù, di schiena. Il fiato mi uscì tutto insieme dal corpo.

    «Sei sempre stato così prevedibile nell’uso degli incantesimi, Malfoy!»

Ero rimasto tramortito a terra, affondato nella neve, incapace di reagire, di rialzarmi, di rispondere.

    «Quella mattina ho capito che eri coinvolto nella sparizione degli Sherton ma non sapevo dove li nascondessi. Stanotte sono tutti a Morvah, compreso Black, pronto a rischiare di morire per salvare il suo amico di sempre! Sherton invece è qui, nei tuoi sotterranei o nell’ala dedicata ai tuoi ospiti!»
    «Tu sei completamente pazzo!»
    «Quando ho detto di voler attivare qui la Giratempo, sei sbiancato, non puoi rischiare che i Ministeriali scoprano chi nascondi. Hai sempre temuto le conseguenze delle tue malefatte, Malfoy!»
    «Che cazzo vuoi, Rosier? Parla, non ho altro tempo da perdere con un coglione come te!»
    «Qui di coglione ce n’è solo uno e in questo momento ha il culo bagnato di neve… e forse anche di qualcos’altro… voglio i documenti con cui mi ricatti, voglio la promessa scritta che ti occuperai del futuro di mio figlio al Ministero… e voglio vedere Sherton… è questo che voglio!»
    «Sherton? Vedere Sherton? Tu non c’entri un cazzo in questa storia! Cosa pensi di ottenere?»
    «Vantaggi che neanche immagini!»
    «Vantaggi? Quali vantaggi? Quell’uomo è stato costretto a collaborare ma cercherà in ogni modo di ribellarsi e prima o poi ci riuscirà… e allora saranno cavoli amari per tutti… io so come difendermi, ma tu, lurido usuraio demente? Vuoi sederti al banchetto che hanno fatto della sua vita come un avvoltoio e speri di trarne vantaggio? Prego, accomodati: sarai il primo della sua lista quando Sherton scatenerà la sua vendetta su chiunque l’abbia umiliato e abbia minacciato i suoi figli!»
    «E chi ha parlato di umiliarlo o di minacciare i suoi figli? Io sarò la risposta alle sue preghiere, la prima faccia amica che vede dopo giorni! La prima che gli offre un’opportunità: credevi che avessi questa Giratempo per un cagasotto come te? Per minacciarti, certo, ma ti conosco, non hai le palle per usarla… Sherton invece non si farà problemi a correre ogni genere di rischio pur di cambiare gli eventi. Ora dimmi chi di noi due ha motivo di temere la sua vendetta, buffone?!»
    «Il tuo piano geniale è “mettersi contro il Signore Oscuro”? Ahahahah! Avanti, fallo!»
    «Non preoccuparti per me, so cosa fare, tu devi solo farmi entrare. E per evitare altre perdite di tempo o altre tue alzate d’ingegno, e soprattutto per favorire la tua collaborazione e farti muovere quelle tue chiappe flaccide velocemente, prometto che il mio ricordo di te con Deidra Sherton sulle scogliere di Morvah non sarà consegnato a Bartemius Crouch, con il gufo del mattino, lunedì. Che faccia pallida, Abraxas: che cosa c’è? Il Mago del ricatto non se l’aspettava, questa? Ahahah… »

*

Il cancello si aprì di fronte a me, feci cenno a Rosier di entrare, poi rapidi percorremmo il sentiero fino all’ingresso, in silenzio, i baveri alzati, la mia mente che si arrovellava alla ricerca di una soluzione. Dovevo liberarmi di lui ma, al tempo stesso, dovevo trattenerlo per capire qualcosa di più, temevo esistesse realmente, da qualche parte, una copia di quel ricordo, pronto per essere consegnato a Crouch: fino a quel pomeriggio, conoscendo Demian, avrei pensato a un bluff, giunti a quel punto, ormai, non potevo più esserne sicuro. Era riuscito a farmi perdere lucidità e sicurezza e, soprattutto, continuavo a non capire quali fossero i suoi veri obiettivi: voleva aiutare Sherton? Non erano mai stati legati, neanche la lontana parentela con Deidra li aveva avvicinati. Che cosa poteva dargli mio cugino di così prezioso da fargli rischiare persino l’ira del Signore Oscuro? Riuscivo a pensare solo a Meissa, anche perché ormai si erano scatenate un po’ ovunque le mire su quella ragazzina.

    E se invece…

Qualcosa non tornava, il suo discorso mi suonava fasullo ma per quanto ci pensassi non riuscivo a capire cosa fosse, distratto com’ero dall’immagine di Crouch che mi piombava in casa all’alba con un mandato di arresto. Quando fummo alla porta, mi voltai a guardarlo, mi fissava compiaciuto. Entrammo nella villa, immersa nel silenzio e nell’oscurità, io due passi avanti, Rosier che evitava di guardarsi a intorno per non perdermi di vista, forse temeva una mia nuova reazione. In realtà, ora che ero a casa mia, al sicuro, avevo deciso di evitare altri scontri, mi avrebbero solo fatto perdere tempo e concentrazione: dovevo invece impegnarmi a ripercorrere con la mente tutti gli eventi dal momento in cui era finita la cena a casa di Black, per cercare un dettaglio che potessi modificare, con la Giratempo, se fossi riuscito a impossessarmene, così da evitare la mezzora sprecata con quel bastardo.

    Ho tante cose da fare, sistemare i casini fatti da Lestrange, eseguire gli ordini del Lord. Ci mancava solo questo imbecille. Maledizione!

    «Se Sherton non è a Morvah ma qui… come pensi di liberarlo senza restare coinvolto?»
    «Eh? Cosa?»
    «Non vuoi più liberarlo? Era solo un trucco per attirare la Confraternita e Black in trappola? No, no, lo libererai. Devi farlo: Sherton è troppo prezioso per essere eliminato ma troppo pericoloso per essere tenuto prigioniero… solo che… tu, nel cataclisma di Morvah, sotto il fuoco incrociato di Aurors e Mangiamorte? Ma dai! Con il rischio di essere riconosciuto o colpito! No, scommetto che non lo porterai a Morvah… ma dove allora? Dove dirai di averlo trovato? Per strada? Ahahahah… »
    «Potresti smetterla? Mi sono stancato delle tue chiacchiere, taci!»
    «Fossi in te… vediamo… avrei messo… una controfigura, sì… con tutti gli amici loschi che hai, non sarà stato difficile prendere un poveraccio e Polisuccarlo, poi farei lo scambio al San Mungo, ci saranno tanti feriti stanotte, e tu sei bravo come Guaritore, se offrissi aiuto nessuno si stupirebbe!»
    «Potresti scriverci un romanzo, Rosier! Con tutta la fantasia che hai, non dovresti più rubare per permetterti i tuoi vizi! A proposito… se fai tutto questo nella speranza di ottenere qualcosa da Sherton, sappi che i suoi tesori non sono facili da piazzare, neanche sul mercato clandestino… »
    «Cos’è? Ci hai già provato tu e ti è andata male, Malfoy? Ahahah… Io non sono così venale!»
    «Certo, come no… »
    «I figli e Deidra? Loro dove sono?»

Lo fissai, Rosier mi guardava con intensità, quasi volesse leggermi la mente e costringermi a dire la verità. Non sapevo come avesse fatto, forse il piano era meno geniale di quanto avessi immaginato, ma, finora, aveva indovinato quasi su tutto: l’idea originale era di far trovare Alshain e i bambini a Morvah dagli Aurors, mentre io avrei trattenuto Deidra in un luogo sicuro e della sua sopravvivenza avremmo saputo solo Sherton ed io. Alshain avrebbe dato nel tempo una serie di false informazioni al Ministero e avrebbe spiato un paio di personaggi per mio conto: era questo il prezzo da pagare in cambio della vita del bambino che gli avevo affatturato e dell’incolumità di Deidra. Il Signore Oscuro avrebbe creduto Alshain sottoposto al mio Imperius e non più pericoloso, io avrei mantenuto il mio prestigio e la mia presa sul caro cugino, Deidra sarebbe stata la mia garanzia contro i propositi di vendetta del marito, gli Sherton sarebbero stati liberi dalle attenzioni di tutti gli altri. Purtroppo, quando mi aveva Cruciato e sottoposto a Legilimens, il Lord aveva scoperto il mio piano e non gli era piaciuto del tutto, nonostante le mie azioni andassero tutte a beneficio della Causa, non era stato contento che avessi salvato Alshain e i bambini, perché, a suo avviso, Sherton ne usciva troppo forte ed io sarei stato un pessimo esempio per tutti gli altri: a causa mia, altri Mangiamorte avrebbero potuto intraprendere iniziative personali, qualcuno avrebbe potuto pensare che il Lord fosse debole.

    Devo punire Sherton, Abraxas… e tu devi essere punito con lui… mi hai disubbidito…

Il Lord aveva ritoccato il piano ed io non avevo potuto fare nulla: aveva portato Deidra e i bambini a Morvah, aveva fatto apparire la Traccia di Wezen, attirando in trappola gli uomini della Confraternita e, forse, persino Mirzam. Quando, prima di andare dai Black, Sherton mi aveva chiesto perché non stessi seguendo il piano, gli avevo mentito, rassicurandolo che avevo portato i bambini in un luogo sicuro e avevo sostituito lui con una controfigura per evitare ogni possibile rischio che avrebbero corso nella grotta. Se non avessi avuto Rosier tra i piedi e i Lestrange non avessero complottato contro Rigel, forse sarei riuscito a inventarmi qualcosa in tempo in favore di Deidra e dei bambini. Qualcosa che, più che altro, ponesse me e mio figlio al riparo dall’ira e dalla sete di vendetta di mio cugino.

    E se avesse chiesto a Rosier e Lestrange di mettermi alla prova? Se facessero parte del piano? Il Signore Oscuro non si fida più di me e vuole testare la mia fedeltà con quella Giratempo…

    «Quanto sei pensieroso, Abraxas… Allora? Me lo dici dove sono Deidra e i suoi figli?»
    «Eri qui per Sherton, no? È dietro questa porta, prego, intanto vado a prenderti i documenti!»

Aprii la porta lentamente, quando me ne ero andato avevo lasciato Sherton sotto pozione sedativa e sottoposto a Incarceramus, non era molto convinto delle mie spiegazioni e aveva dato prova di essere ormai troppo forte per essere tenuto ancora in cattività a casa mia. Feci Lumos e non entrai, lasciai che Rosier passasse: se fosse stato sveglio, Alshain magari l’avrebbe colpito, credendolo me.

    «Se questo è uno scherzo, Malfoy, non è divertente! Qui non c’è nessuno!»
    «Come sarebbe non c’è nessuno? Lui è qui!»

Pensai a un’imboscata così entrai con cautela ma capii subito che la stanza era davvero vuota, feci Evanescere tutti i mobili e le tende, Sherton non c’era. Mi guardai attorno, compii degli incantesimi disvelanti, bruciai con fiamme magiche le pareti, il soffitto e il pavimento, per svelare un eventuale trucco ma Sherton non c’era. Rosier mi guardava stranito, io non capivo cosa fosse accaduto. Alshain non poteva essere uscito di lì, avevo usato ogni incantesimo oscuro per tenerlo legato a quel luogo.

    «Toccherà cercarlo stanza per stanza? Hai almeno chiuso la porta di casa quando sei uscito?»
    «Non sono un coglione come te, Rosier!»
    «Davvero? Vista l’assenza del tuo prigioniero, Malfoy, non si direbbe… »
    «Ma vai al diavolo Rosier!»
    «Io vado al diavolo ma tu sei nella merda fino al collo se non trovi quell’uomo, amico mio!»

Non riuscii a rispondergli per le rime, attorno a noi divenne di colpo buio. In quegli istanti di confusione e sorpresa mi parve di vedere una labile traccia di luce uscire dal caminetto ma non ebbi tempo di dire o fare qualcosa, di capire qualcosa. All’improvviso c’era il nulla tutto attorno a me, riempito solo di dolore, tanto dolore, un dolore che sembrava squassarmi in ogni fibra del mio corpo. Neanche sotto la Cruciatus del Lord mi sentii morire come in quel momento. Forza e coscienza vennero meno quasi subito. L’ultima cosa che percepii furono le grida di Rosier, poco lontano da me.

***

    Jarvis Warrington
Doire, Irlanda del Nord - sab. 22 gennaio 1972

    «Siete impazziti? Dopo aver mandato in malora il piano per salvare il figlio di Sherton io dovrei dirvi dove si trova Fear e qual è il suo piano per contrastare il Signore Oscuro? Mi avete riso in faccia e mi avete trattenuto qui per ore… Ho sbagliato a fidarmi di voi, Dumbledore! Addio!»

Feci un respiro profondo e appoggiai le mani sulla pietra del ponte vecchio, che collegava la riva occidentale a quella orientale del fiume Foyle, scrutai sospettoso attorno, nella nebbia fitta, benché il “palo” mi avesse appena sussurrato che il campo era libero, quindi avvicinai le labbra alla pietra e ripetei tre volte la formula in gaelico per far passare con me un ospite privo di Rune.

    «E anche se mi fidassi di voi, non potete entrare nelle Terre: per il matrimonio di Mirzam, Alshain ha dovuto praticare per giorni gli incantesimi necessari a garantire il passaggio agli Aurors Mezzosangue. Non è questione di razzismo, sia chiaro, ma di sicurezza, è l’unica difesa che ci resta!»

Feci cenno di precedermi all’uomo che era con me, appena superò il varco, ripetei le parole che avrebbero sigillato di nuovo il passaggio: della nostra presenza nella Doire babbana non restò segno.

    «Potresti avere dei problemi, Jarvis… Rifletti: per quale motivo Fear avrebbe dovuto raccontare proprio a te, tra tanti, la storia della Traccia? Dovresti ammettere che Sherton ti ha lasciato questo incarico: e se nella Confraternita ci fosse un’altra talpa? La tua famiglia sarebbe in pericolo! Fidati di me: verrò con te e dirò che Alshain Sherton ha consegnato un oggetto a Orion Black, che Orion Black ne ha parlato con me e che, per proteggere la sua famiglia, ti ho contattato al posto suo per chiedere un incontro con le persone di cui Sherton si fida di più… »

La luce del giorno era ormai un timido luccichio rossastro all’orizzonte, in Cornwall doveva essere già buio, accelerai il passo, nonostante la lentezza dell’uomo al mio fianco e la difficoltà di stare in equilibrio sulle pietre del selciato, rese scivolose dall’umidità della sera. Le piccole case allineate di An Feabhail ci accolsero cariche del loro consueto calore, tutte disposte attorno alla piazza pentagonale su cui si aprivano numerose attività commerciali, da lì partiva il corso pieno di vetrine illuminate: nonostante la giornata invernale riuscivano a trasmettere un senso di calore e vicinanza.

    «Fear voleva che chiedessi aiuto a voi, solo perché siete allenati alla lotta, al contrario di noi; io avrei contattato anche le persone di cui mi fido, però, mi avrebbero odiato se li avessi tenuti all’oscuro... Ho tempo fino al tramonto per trovare uomini, poi Fear farà da sé… E, ormai, dovrà far da sé, perché io ho fallito: anche se arrivassi in tempo, non avrei con me le forze necessarie!»

La piazza principale, sede dell’Ospedale e della Cancelleria, si apriva al termine del corso ma la nostra meta, il pub di Stiofann Eogan, sorgeva molto più vicino, all’inizio della strada. La pioggia irruppe improvvisa per tormentarci, sospirai: non c’era un barlume di speranza in quella giornata maledetta.

    «Su quanti dei tuoi puoi mettere la mano sul fuoco, Warrington?»
    «Gente di famiglia, la mia, quella di Deidra, che non fa parte della Confraternita, e quella di Sile: non che saprebbero cavarsela contro gli uomini del Signore Oscuro, sia chiaro, ma non avrebbero esitazioni e si batterebbero con coraggio… Donovan e suo figlio, forse, hanno anche un po’ di esperienza; senza gli Aurors, però, dovrò chiamare anche persone di cui non mi fido del tutto.»
    «Mi stai dicendo che ormai Sherton può contare sulla lealtà di appena cinque famiglie?»
    «Non è questione di lealtà, Dumbledore… la Confraternita non comprende da che parte sia la verità, anche grazie al caos prodotto da Bartemius Crouch… visti certi precedenti, inoltre… non sa se Mirzam e Fear siano al fianco di Alshain o meno… ed io non so da che parte stia Alshain… vi ho parlato dei miei dubbi, Dumbledore… vi ho detto che cosa ho visto ad Amesbury… »
    «Il dubbio che abbiamo un po’ tutti, Jarvis: dopo tutto questo tempo, ammesso sia vivo, Alshain può essere stato affatturato dal Signore Oscuro o in altro modo plagiato… quanto a Mirzam Sherton, però, so che non avrebbe mai fatto del male ai suoi fratelli e a sua madre, né avrebbe agito contro suo padre… A questo punto, però, tutto questo a noi non interessa, c’è il segno di un bambino, dobbiamo andare lì… avanti Jarvis, fammi parlare con quelle persone; ho già mandato un messaggio a degli amici di provata fiducia e abilità… di qui a un’ora Moody sarà con loro, a Morvah…»

Accelerai ancora il passo e mi trovai all’altezza della traversa su cui si apriva il magazzino del pub, rinomato per la più ricca varietà di Firewhisky e Burrobirre del regno: Stiofann ci aspettava lì, fermo sull’angusto ingresso, mi scrutava in cagnesco, anche se eravamo camuffati, aveva capito che eravamo noi e, conoscendomi, non poteva credere di vedermi con l’uomo che mi accompagnava. Gli sorrisi, lui grugnì facendoci cenno di entrare: era un omone grosso come un armadio, che incuteva timore, con quell’espressione perennemente arcigna e minacciosa e quella folta chioma irsuta di capelli rossi, sparati in testa, simile a un antico guerriero vichingo; in realtà, amava sembrare burbero ma era buono come il pane, sempre pronto a soccorrerti e aiutarti in caso di bisogno.

    «A Doire… c’è un pub… »
    «I Maghi della Confraternita ora amano i pub? Da quando, Warrington?»
    «Non c’è nulla da ridere, Moody… molti di noi, soprattutto tra gli irlandesi… hanno rapporti fruttuosi con i Babbani… incontrare lì Donovan Kelly era il mio piano fin dall’inizio… »

Mi tolsi la pioggia di dosso con un incantesimo, mi voltai verso Dumbledore e lo invitai a non esitare, varcammo la porticina e lasciammo che Stiofann ci facesse strada per una ripida scaletta che saliva per quattro piani. Noi ci fermammo al secondo. Stiofann ci lasciò davanti alla porta chiusa, poi ridiscese per rientrare nel locale da una porta interna, con la birra che aveva finto di andare a prendere per i suoi avventori. Rabbrividii, mentre spingevo la porticina e entravo nell’angusta stanzetta in penombra alcuni dei miei amici più cari mi aspettavano: ero stato convinto da Dumbledore a collaborare, speravo di aver preso la decisione giusta, di non aver commesso di nuovo un errore.
In realtà era paura la mia. Una paura pregna di senso di colpa. Avvicinandomi, nella luce bassa che rendeva tutto confuso e smorto, guardai a uno a uno i volti delle persone che avevo chiamato, tramite Donovan. Non dubitavo di nessuno di loro, sapevo che, data la posta in gioco, pur intimoriti e preoccupati, mi avrebbero ascoltato tutti. Dubitavo invece della bontà della mia scelta, pensando che cosa sarebbe accaduto se, seguendomi, si fossero avverati i timori di Fear e molti di loro fossero morti. Sentii la gola farsi secca sotto il peso opprimente di quella responsabilità. Qualcuno tra le persone in piedi e avvolte di più nella penombra cominciò a rumoreggiare, dalle pareti si staccò qualche insulto in gaelico, due uomini si alzarono dalla stretta tavola intorno al quale si erano seduti in dieci: mi voltai, Dumbledore non aveva fatto nulla per celare loro la propria identità.

    «Mi hai fatto venire qui, Warrington, e ti presenti con lui?»
    «Che scherzo è questo, ragazzino?»
    «Vergognati!»
    «Io me ne vado!»
    «Che cosa ha fatto al ragazzo, Dumbledore?»
    «Lei non è benvenuto qui!»

Da sommesse, le voci diventarono quasi grida, ringraziai i potenti incantesimi posti su quelle pareti per nascondere i nostri discorsi, durante ben altri tipi di riunioni. Non mi feci intimorire, mi avvicinai al tavolo, poggiai le mani sull’unica sedia ancora vuota, destinata a me, e rimasi in piedi, fissando l’unica persona che, in quella stanza, poteva decidere che la mia richiesta fosse ascoltata o meno.

    «Per favore, Donovan… ascoltami… ho bisogno del tuo aiuto… dell’aiuto di tutti voi… »

Lo fissai poi volsi lo sguardo uno a uno su tutti gli altri; Donovan non staccò gli occhi da Dumbledore.

    «Se sono qui, se siamo qui, è perché il preside Dumbledore ha notizie su Alshain Sherton e…»
    «Sherton?»
    «Io non mi fido, il vecchio è un bugiardo nato!»
    «Kelly tu che dici?»
    «Donovan… per favore.. ascoltalo… »

Donovan mise via la bacchetta con cui aveva giocato dal momento in cui aveva riconosciuto il mio ospite, si sporse sulla sedia e fissò Dumbledore, su di me non posò gli occhi neanche per un secondo.

    «Allora, avanti, vecchia palandrana, che cosa hai da dirci?»

A parte qualcuno dei più giovani, che tentò anche di ridere e fu subito ripreso e ridotto al silenzio dai più anziani, nessuno fiatò, tutti tesi ad ascoltare le parole del vecchio su Alshain. Non durò a lungo.

    «Quando Alshain Sherton è sparito, Orion Black, tutore dei figli, mi ha chiesto consiglio, non conosce di persona molti della Confraternita e dopo la storia di Emerson non sapeva di chi fidarsi.»
    «E allora? A noi non importa niente di quel damerino di Londra!»
    «È già una vergogna che abbia voce in capitolo per quanto riguarda i ragazzini!»
    «I ragazzi dovrebbero venire in Irlanda, quello che resta della loro famiglia è qui!»
    «Mai fidarsi di un Black… mai… secondo me dietro a tutta questa storia c’è proprio lui!»
    «Insomma, fate silenzio! Tutti! Dumbledore, per favore, continui… »
    «A quanto pare, Alshain gli ha lasciato un manufatto che stanotte si è… acceso… Black non sapeva come comportarsi. Da alcuni libri della Sezione Proibita, ho compreso di cosa si trattasse e ho chiesto a Jarvis di farmi entrare in contatto con voi… data la questione, mi sono fidato di lui, perché è sempre stato devoto a tua figlia, Donovan, e a Mirzam… e immagino che qui tutti sappiamo che Mirzam Sherton non è il traditore della famiglia di cui parlano in tanti… »
    «Sono i tuoi amici del Ministero che mettono in giro queste calunnie, vecchio!»
    «Warrington, non dovevi portarlo qui, vergognati! Tornatene a casa tua!»

Kelly fece un cenno con la mano e tutti si azzittirono di nuovo. Molti lo prendevano in giro, dicevano che per ottenere una posizione di guida all’interno della comunità di Doire gli era stato sufficiente dare la figlia in sposa a Mirzam Sherton e trattarlo da moccioso per tutto il fidanzamento. In realtà, da quando si era ritirato dal Quidditch, alla morte della moglie, oltre a prendersi cura dei suoi figli, si era impegnato nello sviluppo delle relazioni commerciali della nostra comunità non solo con la madre patria scozzese, ma anche con le comunità magiche del nord America, facendo arricchire tutta la città.

    «Aspettate un attimo… voglio capire cos’è l’oggetto che ha in casa Black!»
    «Si tratta di uno di quegli antichi manufatti che segnalano i nostri bambini fuori dalle Terre!»
    «Mi stai dicendo, Warrington, che Black ha trovato i figli di Alshain?»
    «Forse sì… forse, Donovan… »
    «Non voglio frenare l’entusiasmo ma, visto il luogo segnalato, è possibile si tratti di una trappola; pensiamo che uno dei bambini sia a Morvah, in Cornwall, non so dire altro… »
    «Morvah?»
    «Abbiamo controllato anche lì… siamo scesi di persona tra quelle rocce, non c’era niente!»
    «Stanotte e stamani, qualcosa c’era. So che è pericoloso, ma io vorrei fare un tentativo… so che molto probabilmente si tratta di una trappola e non sono stato creduto neanche da Crouch… »
    «Sei andato a chiedere aiuto anche a Crouch? Prima che a noi?»
    «Ha mandato uomini in ricognizione in tutti i siti… pochi uomini… Donovan… io non so di chi fidarmi, dopo la sparizione di Alshain, la morte del nonno e il tradimento di Emerson… mi fido solo di voi, le persone che conosco meglio… vi prego, aiutatemi… quel bambino ha bisogno di noi!»
    «Certo che ha bisogno di noi… certo… ma lui… perché l’hai portato qui?»
    «Ho un piccolo gruppo di persone fidate guidate da Alastor Moody che giungeranno a Morvah a breve… volevo sapere quante persone di provata fiducia tra voi vorrebbero unirsi alle nostre forze!»
    «Persone di provata fiducia? Tutti i presenti più tutti gli altri nostri amici irlandesi, li conosco uno per uno, farebbero di tutto per i figli di Alshain… è vero, ragazzi?»
    «Per te e per Sherton posso chiudere un occhio su Ministeriali e vecchia palandrana! Ci sto!»
    «Ci puoi scommettere la testa, Donovan!»
    «Sempre fedele a Herrengton!»
    «Tutta la vita… »
    «Non ha risposto alla mia domanda, Dumledore… perché si trova qui e vuole aiutarci?»
    «Perché non c’è un “noi” contrapposto a un “voi”, Donovan, c’è un unico “noi” che combatte contro un solo, vero, nemico comune: Lord Voldemort… »

Donovan alla fine mi guardò negli occhi: aveva un’espressione determinata e al tempo stesso commossa, le vicende degli ultimi tempi l’avevano provato parecchio, la felicità per la figlia amata si era rapidamente trasformata in apprensione continua per la sua sorte, la sua sparizione era stata ammantata dei peggiori sospetti e a tutto questo era poi seguita la scomparsa di uno dei suoi amici più cari. Il tradimento di Emerson, con cui Donovan e Alshain erano praticamente cresciuti, ai tempi di Hogwarts, avevamo completato quel quadro di preoccupazione e sofferenza.

    «Quando si parte, preside? Avrò bisogno di mezzora per far arrivare tutti gli altri. Non saremo tanti, non saremo guerrieri, ma Sherton da stanotte non dubiterà più della lealtà della sua gente!»

***

Orion Black
Morvah, Cornwall - sab. 22 gennaio 1972

[…]

Tutte le fiaccole che illuminavano la scogliera si spensero all’improvviso. Persino il fuoco azzurro generato dal fulmine. Poi la spiaggia fu un susseguirsi di scoppi e luci, di flash e voci concitate. I lampi rossi degli Schiantesimi fendevano l’aria in tutte le direzioni, nuvole di polvere e sabbia turbinavano accanto e intorno a noi. Sentii la mano della ragazza stringersi inaspettata sul mio avambraccio, per costringermi a seguirla. Si voltò, per la prima volta da quando c’eravamo incontrati, c’era un sorriso pieno sulle sue labbra, un sorriso radioso, che arrivava a farle brillare gli occhi.

    «Forza, Black… sono giunti a darci man forte!»

La seguii, il mio cuore accelerava e il sudore gelido mi scendeva lungo la schiena e mi appannava di sale lo sguardo; la contrattura allo stomaco era tale da costringermi a respiri rapidi e furtivi come i miei movimenti: non si trattava della mia codardia, quella mi avrebbe fatto fuggire, era l'istinto di sopravvivenza che s’impossessava di me, l'adrenalina che per tutta la discesa fino alla grotta si era accumulata nel mio corpo per prepararmi all'atto finale, come era accaduto sulla torre di Herrengton.
Scivolammo tra le pieghe delle rocce che ci facevano scudo, la ragazza si voltò di nuovo a intimarmi con lo sguardo di seguirla, erano davvero giunti gli uomini della Confraternita, non era solo una sua vana speranza, lo capivo dagli ordini secchi impartiti in gaelico, che sentivo alle nostre spalle: dovevamo fare in fretta, anche se fossero stati più numerosi, non avrebbero resistito a lungo.

    «Andiamo Black, il Signore Oscuro è là fuori, nulla di quanto ci aspetta dentro la grotta è oltre le nostre possibilità... »
    «Lo credi davvero? Hai mai incontrato un Mangiamorte, ragazzina? Io sì. Se vuoi vivere, non sottovalutare mai gli uomini del Signore Oscuro, ce ne sono di temibili quasi quanto lui... »

La superai, la bacchetta sguainata, scivolando rapido nelle ombre, mi guardai attorno, alle nostre spalle infuriava la battaglia, dinanzi a me le fauci della grotta si aprivano sul nulla fatto di tenebre e silenzio.

    «Non allontanarti mai troppo da me, Black, se li troviamo e vediamo che sono in grado di reagire, diamo la bacchetta ad Alshain o a sua moglie, così ci aiuteranno a combattere fino al momento in cui saremo tutti e potrò attivare la Passaporta!»
    «Quale Passaporta? Fear non ha parlato di Passaporte... non mi ha detto tutto del suo piano?»
    «Fear non voleva usarla, ma io mi fido di Warrington, e come vedi avevo ragione, è arrivato in tempo per aiutarci... »
    «Scusami ma non capisco… »
    «Warrington ha preso un attizzatoio a casa Sherton, Mirzam gli aveva detto che era una delle Passaporte fatte da Alshain, collegate a un nascondiglio segreto che solo tu e lui conoscete... »
    «Sì... è vero, le ha collocate in casa, ma... »
    «Ma?»
    «Nel tempo in cui sono stati a Essex Street, i Mangiamorte potrebbero aver capito che sono Passaporte, c’era Emerson con loro… potrebbero averle alterate a loro vantaggio... credo sia questo il timore di Fear, quindi sono d’accordo con lui, non useremo quell'attizzatoio!»

Vidi i suoi occhi farsi cupi, si morse il labbro, sapeva che avevo ragione e questo la indispettiva più di dover rapidamente inventarsi un nuovo modo per fuggire da lì.

    «Non abbiamo altra scelta, tutte le altre ipotesi non sono praticabili, Black!»
    «Muoviamoci, dai, non ho intenzione di ridiscutere di nuovo tutto il piano di Fear, ragazzina!»
    «Attento Black, io non sono una ragazzina!»
    «Non ho altro modo di chiamarti, visto che non so il tuo nome, e abbiamo già perso troppo tempo a parlare
del piano...  ci Smaterializzeremo da qui, a quanto pare, almeno fuori della grotta, non sono attivi Incantesimi AntiSmaterializzazione; se, come è presumibile, appena arriveremo agli Sherton, si attiveranno tali incantesimi, useremo il Mantello di Invisibilità che ci ha dato Fear... »
    «Lo sai che è poco più di un giocattolo! Non esistono veri Mantelli dell’Invisibilità! Ci beccheranno subito!»
    «In pieno giorno avresti ragione... ma nel caos che ci sarà, nel buio, con un po’ di cautela riusciremo a nasconderci di nuovo tra le rocce!»
    «Con dei bambini piccoli, spaventati e urlanti? Ci credo proprio!»
    «Se hai tanto paura, ragazzina, puoi prenderlo e usarlo tu, l’attizzatoio!»

Possibile che fosse lei ora ad avere paura? Era diventata strana, mi sembrava, da quando erano arrivati gli uomini della Confraternita. Ripensai all’ardore con cui si era rivolta a Fear parlando di Warrington,  e ora aveva perso la calma quando avevo messo in discussione un’idea, sempre di Warrington.

    E se... Salazar… povera lei se fosse vero... Warrington è sposato, slytherin e purosangue…
    d’altra parte cavoli suoi, di Fear e di Warrington… cazzi miei non sono di sicuro!

    «Per far star buoni i mocciosi basta un Incantesimo del silenzio: non penserai che sia arrivato fin qui senza un piano mio… ragazzina?»
    «Il mio nome è… Jade…»
    «Non importa… Anche se fosse vero… e non lo è… ti chiamerei ragazzina, solo per farti incazzare!»

Stavolta fui io a prenderla per un braccio e a trascinarla per metri con me nell'oscurità della grotta.

    «Sai qual è il vero problema del tuo attizzatoio? Ci porterebbe nel Wiltshire e se, come immagino, i nostri amici sono feriti, il viaggio sarebbe troppo lungo e quel posto troppo isolato, appena arrivati dovremmo sottoporli a un nuovo viaggio fino a Londra o a Inverness... inoltre là c’è la casa di un uomo di cui non mi fido… perciò… ci Materializzeremo a casa mia, a Zennor... è a breve distanza da qui... fidati di me, dammi la mano e seguimi, quando sarà il momento… »
    «E come pensi di salvarti da chi potrebbe inseguirci?»
    «Ho imposto un Incantesimo del Sangue, oggi, a Black Manor, solo per proteggere mio figlio... nessuno che non sia io o uno dei miei figli può entrare senza il mio permesso questa notte... non riusciranno mai a seguirci a Zennor... neanche se ci si attaccassero addosso!»
    «Sempre se riusciremo a fuggire da qui, certo... comunque... è commovente vedere quanto ti fidi persino della tua altisonante famiglia! A quanto pare neanche di tua moglie!»
    «Non ti fideresti di nessuno, ragazzina, se avessi visto quello che ho visto io… »
    «Non sarà peggio di quello che ho visto io, con i miei occhi, nella mia vita… Black... »

Entrai, senza curarmi dei suoi sottintesi, non era quello il momento... e non volevo neanche pensare alla battaglia che si combatteva alle nostre spalle, speravo soltanto che i Maghi del Nord resistessero a lungo, dandoci il tempo di completare la missione. All’improvviso, davanti a noi, in lontananza, vidi il rosseggiare di un focolare, baluginava leggero e incerto tra le pieghe della roccia. Compresi solo allora il potere di quel luogo e quanto Fear fosse stato intelligente a colpire il nemico con una frana sulla collina: la Magia del luogo era tale che nessun Mago del Nord poteva avere vantaggi all’interno della grotta, quindi la frana causata da Fear usando la Magia del Nord, era stata subita solo da chi era all’esterno e non da chi era all’interno, dove tutto era rimasto in ordine.

    «Guarda!»

Seguii l'indice della ragazza, c'era qualcosa di scuro a terra, una macchia che poteva essere solo sangue. Ovunque era silenzio, l'aria era ferma, umida e soffocante, calda come respiro di drago.

    «Non toccare, Black... sarà di sicuro un Incantesimo di Protezione!»

La ragazza si affrettò prima che tentassi io, estrasse il pugnale che aveva alla cintola, esattamente dove lo nascondeva Alshain, si ferì il palmo e tracciò delle Rune tutto intorno alla macchia.

    «Perché l'hai fatto? Il mio sangue... »
    «Era più adatto del mio? Tu non sapresti neanche quali Rune tracciare!»
    «So più cose del Nord di quante tu possa immaginare!»
    «Ma non sai quelle più importanti, Black... muoviti con cautela, quel porco di Emerson ha avuto molto tempo per spifferare tutti i nostri segreti a della gente indegna!»

Annuii cupo, ripensando a quanto, a suo tempo, si era arrabbiato con noi Fear quando, da giovani, Alshain aveva insistito e fatto il diavolo e peggio con lui, per convincerlo a insegnarmi qualcosa della Magia del Nord. Ed io, quell'estate, da perfetto coglione, invece di pensare a imparare quello che mi veniva insegnato, ero partito con Alshain e Fear diretto a Skye, con la sola prospettiva di stare ben lontano dalla mia famiglia e essere libero di farmi quante più ragazze potessi, prima di immolarmi sull'altare di Walburga.

    «Ascolta... »

Fino a quel momento era stato attivo un incantesimo che ci isolava dai suoni della grotta come una sorta di para orecchi, all'improvviso, tracciate le Rune, avevo smesso di udire i suoni della battaglia per sentire qualcosa di flebile, che giungeva dal ventre stesso della grotta: flebili gemiti, la voce attutita di una donna, forse sofferente, il pianto di un bambino, soffocato in qualche modo. Era come se fossimo passati all'interno di una calotta invisibile.

    «Sono loro... è Deidra!»

Scattai e rapida la ragazza mi arpionò all'avambraccio costringendomi ad appiattirmi di nuovo contro la parete di roccia. Un passo oltre la mia precedente posizione, nell'istante esatto in sui l'avrei raggiunto, se nn fossi stato trattenuto, si mosse qualcosa dal soffitto e uno sbuffo sulfureo si librò nell'aria: rapidi la ragazza ed io portammo la manica al volto per proteggerci naso e bocca. Attendemmo che la strana polvere si depositasse del tutto, poi la giovane ci passò il dito e l'annusò.

    «Datura polverizzata, non è così?»
    «Come lo sai? L’avevi già visto fare?»
    «Da ragazzino… un mio… amico… mi ha quasi mandato in arresto cardiaco con uno scherzetto simile nei sotterranei di Serpeverde… per fortuna è sempre stato un pozionista del cavolo oltre a un coglione!»

Feci finta di nulla e proseguii con cautela, ma tra me e me sapevo che quella era una trappola firmata Malfoy, ideata sicuramente solo per me: i sospetti che nutrivo su di lui non facevano che ricevere conferme.

    «Guarda qui pare che si salga... »
    «Sarà la salita che porta al santuario sopra di noi... »
    «Da che parte pensi di andare, Black? Continuiamo verso il suono che abbiamo udito, o saliamo?»

La fissai: il suono proveniva dal basso ma nel seguirlo avevamo già incontrato una trappola messa per ucciderci, questo poteva significare che eravamo sulla strada giusta, d’altra parte, se quella era la trama di piano di Malfoy, molto probabilmente ci saremmo ritrovati nel gioco perverso del gatto col topo, per poi riscoprirci, ammesso ne fossimo usciti sani e salvi, completamente ingannati, confusi e soprattutto nella direzione sbagliata.

    «Svelta, ragazzina, vieni con me… »



*continua*



NdA:
Ciao a tutti, come è andata quest'estate caldissima ed infinita? Io riemergo con il pc che arranca ancora alle prese con i 30 gradi all'ombra perché da queste parti, di autunnale, c'è per il momento solo il mio ennesimo raffreddore. :D.  Ebbene, ridotti male sia il pc che la scribacchina, veniamo a noi e a questo capitolo.
C'erano alcune cose che volevo introdurre:
- l’idea dell’Ordine della Fenice, che si sta formando in Moody e Albus, come reazione alle lungaggini burocratiche del Ministero e al carattere particolare di Bartemius Crouch. Vedremo nel tempo come svilupperanno questo pensiero;
- il personaggio di Eugenia Jenkins: la Row ha stilato gli elenchi dei Ministri della Magia quando avevo già fatto i miei piani, quindi dovevo ricondurmi in qualche modo al canon; la Row ci dice che fu destituita da Ministro della Magia per incapacità nell'affrontare il Signore Oscuro, qui ho voluto subito introdurre dei piccoli difetti che preparassero il personaggio al suo destino;
- qualche dettaglio in più su Jarvis Warrington e la Confraternita. Ho riportato la scena anche a Doire, di cui avevo già scritto qualcosa nell’intermezzo di Mirzam… nelle prossime puntate aggiungerò altro ancora.
La parte centrale, dedicata a Albraxas Malfoy, anche se non sembra non è servita solo a fargli scontare un po’ quello che ha fatto patire a Alshain e Deidra, ma di questo parleremo meglio nel prossimo capitolo. Sono piuttosto telegrafica in queste note perché non voglio scoprire le carte su cosa vi sto preparando nel prossimo capitolo. Nel caso cmq vogliate chiedermi qualcosa, sono a disposizione!! :D
Bon, auguro un buon rientro ai ragazzi che hanno ripreso la scuola e un in groppa all’ippogrifo a chi è ancora impelagato con la sessione autunnale. A presto. Baci

Valeria



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