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Sweet Dear Midori }
Era
già trascorso un anno dall'ormai passato Campionato Nazionale
e l'intera squadra dello Shohoku si scoprì parecchio
elettrizzata per il nuovo anno che li aspettava e per le nuove
matricole che si sarebbero iscritte al club di Basket. Ma,
soprattutto, tutti quanti i membri si ritrovarono piuttosto scossi
dell'inevitabile mancanza del Capitano Akagi, del Vice-Capitano
Kogure e della Guardia Mitsui Hisashi. Per loro, difatti, l'anno
precedente era stato anche l'ultimo, sebbene il loro sogno d'arrivare
al Campionato si fosse avverato, e il rossino non faceva altro che
pavoneggiarsi e farsi bello ogni qualvolta che ne aveva l'occasione.
Perché quell'anno, Sakuragi Hanamichi lo aveva giurato sul suo
onore di Genio del Basket: lo Shohoku sarebbe stato più forte
che mai, senza eguali; inarrestabile e così fortemente letale
da accaparrarsi il primo posto assoluto su tutte le classifiche.
–
Che palle! –
pensò fra sé e sé il numero dieci, sbuffando e
tenendo le forti braccia incrociate al petto.
Ora
che quell'idiota di Rukawa Kaede era diventato il nuovo Capitano
dello Shohoku, ad Hanamichi pareva più insopportabile e
deficiente di prima.
Certo,
egli medesimo era migliorato parecchio dallo scorso anno ed era
addirittura diventato Vice, ma Rukawa lo superava sempre di gran
lunga: tra i due c'era una specie di competizione (forse solo da
parte di Hanamichi, se proprio vogliamo dirla tutta) e quando il
rossino era ad un passo dal superare l'ex Super Matricola,
quest'ultima sembrava diventare ancora più esperta e luminosa
agli occhi del pubblico; soprattutto da parte di quello femminile.
“Maledetto
Rukawa” borbottò Hanamichi, ticchettando le dita sui
muscoli degli avambracci e incurvando le labbra in una smorfia
infastidita “Vedrai, questa volta non la passerai liscia!”
Probabilmente
quel dannato si era addormentato da qualche parte come al suo solito,
ma proprio in quel giorno, Hanamichi, non lo avrebbe tollerato
nemmeno se ai suoi piedi si fosse prostrata quella dolce ed innocente
femminea figura di Akagi Haru...
“Ciao,
Hanamichi!” lo salutò all'improvviso la sorella del
Gori, sfoggiando un piccolo sorriso sulle labbra.
Sakuragi
arrossì sino alle orecchie e velocemente balzò in
piedi, poiché s'era messo seduto sullo scalino basso che
adornava l'entrata della palestra “Ma salve, Harukina mia! Come
mai da queste parti?” fece egli, grattandosi dietro la nuca
scarlatta “E' passato davvero tanto tempo dall'ultima volta che
ci siamo scontrati, non trovi anche tu? Eh-eh! Il gorill... Cioé,
tuo fratello come sta?”
Haruko,
tenendosi le mani dietro la schiena e sorridendo gentile gli rispose:
“Quel gorillone di mio fratello se la sta cavando. Sai, ora
che ha iniziato l'università è davvero tanto
indaffarato. Non si scolla mai dai libri, e i suoi allenamenti
ultimamente sembrano duplicati per dieci: non so proprio come ce la
faccia. Devo dire che lo invidio un po'!”
Hanamichi
annuiva ma sentiva ogni parola fuoriuscire dalla bocca della bruna
totalmente ovattata dalla celestiale visione del di lei volto e di
quegli occhi così belli e penetranti,
“Beh,
lo immagino!” disse d'istinto il nuovo Vice-Capitano dello
Shohoku, ridacchiando come un perfetto idiota.
Haruko
rise, “Ho sentito che oggi dovrebbero arrivare le nuove
matricole” affermò ella “Sei euforico all'idea di
insegnare loro tutto ciò che sino all'anno scorso era un
mistero anche per te, vero? Io al tuo posto non starei più
nella pelle!”
“Oh,
sono tutto una frenesia, devi credermi!” esclamò il
rossino, annuendo più volte e dandosi un piccolo pugno sul
petto, come per dire: 'non
preoccuparti, Harukina mia. Io non sono come quello scemunito di
Rukawa: è il momento giusto per notare il grande e ficone
Genio del Basket Sakuragi Hanamichi, sempre e per sempre al tuo
servizio, a te che sei la più splendente tra le stelle del
firmamento!'
Haruko
emise un risolino ma non passarono nemmeno pochi secondi che lo
sguardo le si illuminò e le guance assunsero una tonalità
più accesa; il cuore aveva cominciato a palpitarle
freneticamente, quasi faceva fatica a respirare per quanto veloce
andava il suo battito cardiaco.
“E-ehilà,
cucù...!” ella salutò la figura dietro ad
Hanamichi, la quale, non appena sorpassò il rossino, si limitò
semplicemente a lanciarle un'occhiata ricolma si sufficienza,
spingendo poi con noncuranza il portone che portava alla palestra,
per poi scomparire oltre la soglia.
Hanamichi
si sentì ribollire dalla rabbia: come si era permesso di
trattare in quella maniera la dolce e gentile Haruko!? Adesso stava
superando davvero ogni limite!
“Oi,
bastardo!” il Vice richiamò il Capitano e con un secco
tonfo sbatté il palmo della mano destra su una della larghe
ante, prima che essa si richiudesse “Giuro che ora ti gonfio!”
Ma
nonostante quelle evidenti provocazioni, Rukawa sembrò
ignorarlo e velocemente si diresse verso gli spogliatoi, cosicché
potesse togliersi l'uniforme scolastica per poter indossare,
finalmente, la sua tenuta da Basket.
“Dai,
Hanamichi, calmati! Davvero: non ti devi preoccupare! Dico sul
serio!”
Non
appena le parole della bella Haruko sfiorarono i canali uditivi del
rossino, quest'ultimo sembrò come rinato; così sereno
che persino Buddha in persona avrebbe potuto fargli una pippa a tre
mani, già che c'era!
“L'importante
è che tu stia in pace con te stessa, Harukuccia cara!”
“Sei
davvero un buon amico gentile ed affidabile, Hanamichi!”
Possibile
che non arrivasse a comprendere l'ovvia evidenza, quella ragazza?
*
* *
L'allenamento
con le matricole non stava procedendo affatto male: Fudo Kentaro era
ovviamente del primo anno e sebbene fosse un po' basso aveva del
potenziale da poter sviluppare col tempo.
'Allenamento
e tanta dedizione', sicuramente Takenori se ne sarebbe uscito in
tale maniera, se fosse stato lì con loro; il loro ormai ex
Capitano era una persona tenace e volenterosa, sebbene di veramente
poca pazienza se gli si parevano dinnanzi degli elementi come ad
esempio un certo rossino di nostra conoscenza.
Kentaro
aveva un torace ben definito, le gambe slanciate ed atletiche:
difatti egli era anche veloce e abbastanza agile. I suoi capelli
erano d'un bianco chiaramente innaturale e i suoi occhi erano
colorati d'un intenso verde prato.
“Ma
cosa stai facendo, mezzasega?!” sbottò d'un tratto
Hanamichi “Devi piegarle, quelle gambe! PIEGARLE!”
Kentaro
sbuffò infastidito, giocherellando sfacciatamente col piercing
sotto al labbro e facendo in quell'esatto momento un bel canestro da
tre punti.
L'albino
portò una mano su un fianco e poi sollevò le nere
sopracciglia “Piaciuta la mia 'piegata di gambe', Capo?”
Ormai
Hanamichi ne era certo: quella matricola doveva essere ammansita il
più presto possibile. Se no chissà cosa avrebbe potuto
combinare, se gli avessero lasciato così tanta libertà! “Ma
che diavolo stai facendo?!” sbottò Kentaro “Sei
impazzito o cosa, vecchio?!”
Hanamichi
lo aveva appena intrappolato in una stretta morsa fortemente rude,
quindi il ragazzo si chiese se non avesse sbagliato club o cosa: mica
erano su un ring di boxe!
“Che
noia” intervenne Miyagi, volgendo lo sguardo sulla seconda ed
ultima matricola “Non darci peso: ti ci abituerai presto”.
“Non
preoccuparti, tutto sommato sembrate tutti molto simpatici” lo
rassicurò, abbozzando un lieve sorriso, colui che portava il
nome di Godai Ren: un alto ragazzo dai capelli biondo cenere, il
quale portava sul naso dei tondi occhiali che offuscavano quasi il
poterlo scrutare direttamente negli occhi.
Alle
medie si era preso il titolo di “Mr Stratega”, poiché
ogni proposta ch'aveva da suggerire alla squadra si rivelava poi
essere quella vincente: d'altronde Ren aveva una buona e perspicace
osservazione per quanto riguardava ciò che lo circondava.
Haruko
era rimasta a guardare la squadra allenarsi di fronte alla soglia
della palestra, laddove aveva una perfetta visuale dell'intero campo
e soprattutto dell'atletico ed aitante Rukawa Kaede.
Spesso
si ritrovava a fantasticare su quel corpo scolpito e perfetto, e
perfino in quel momento che ce l'aveva a pochi passi dal naso, ella
non faceva altro che sognare ad occhi aperti.
Tuttavia,
una voce parve portarla alla realtà: “Chiedo scusa”,
era un tono gentile e candezato, intriso di estrema dolcezza “E'
questo il club di Basket, giusto?”
Fu
così che ogni membro dello Shohoku fermò ogni cosa
stesse facendo per rivolgere la propria attenzione a chi aveva porto
loro quell'inaspettata domanda.
Hanamichi
e Miyagi arrossirono di colpo, sentendosi particolarmente a disagio
di fronte a così tanta gentilezza dettata da una ragazza così
carina. Perfino le matricole, ed anche la stessa Haruko, non poterono
che avvertire una certa soggezione.
Solo
Rukawa parve restare impassibile e composto, egli infatti si limitò
semplicemente a guardare la sconosciuta di sottecchi.
“Sì,
è questo il club di Basket!” esclamò prontamente
Ayako, che sino a quel momento era rimasta a guardare la partita in
disparte, in un angolo remoto del campo “Tu devi essere
Moroboshi Midori, la Capo Cuoca del club di Cucina!”
La
riccia sorrise, ormai faccia a faccia con la fanciulla.
Midori
rise cristallina, inclinando leggermente il capo pel di carota da un
lato: tra le mani teneva un vassoio ricolmo di biscotti ricoperti con
gocce di cioccolato “Oh, mi dispiace aver disturbato il vostro
allenamento” ella parve davvero dispiaciuta, sembrava come se
avesse attorno a sé un'aura candida ed immacolata, pura e
superiore a qualsiasi angheria o insulto esistente sul pianeta terra.
“Ma
abbiamo fatto davvero così tanti biscotti che ho pensato che
forse avreste avuto un po' di fame” disse tranquillamente ella,
sorridendo pacata.
Hanamichi
le si avvicinò, mettendosi di fianco ad Ayako “Ma non ti
preoccupare!” le disse lui, ridacchiando “Se posso dirlo,
a me era venuta una certa fame!”
Midori,
dunque, tese il vassoio verso il rossino: in quel momento in palestra
scese il più completo silenzio, Hanamichi fece per prendere un
biscotto ma Ayako lo colpì sulla nuca con il solito ventaglio
di carta, facendo però sobbalzare la giovane fanciulla dai
capelli fulvi, che per il colpo aveva alzato le braccia in aria,
facendo volare il vassoio che fu poi recuperato da Haruko, la quale,
velocemente, con una certa maestria (presa giustamente dal panico),
riuscì a far atterrare i biscotti sull'acciaio della
superficie del vassoio.
La
castana sospirò sollevata e quando rialzò gli occhi
vide Midori inginocchiata innanzi ad Hanamichi, con le mani sulle
guance “Oh, cielo! Ayako-san, forse non avresti dovuto colpirlo
così tanto forte...!” disse Midori, dando dei piccoli
colpetti sulle guance del Vice per destarlo un attimo dal colpo (che
non pareva essere stato così tanto forte, tra l'altro) che il
rossino aveva appena subìto dalla bella Ayako.
“Non
preoccuparti, vedrai che si riprenderà in fretta”
affermò Miyagi, arricciando il naso.
Sbagliava,
o Hanamichi stava avendo una fortuna alquanto sfacciata, con la testa
poggiata sulle gambe della graziosa e cordiale Midori?
“Io
lo porto in infermeria, sono davvero tanto preoccupata!” fece
la fulva, alzandosi e, con una forza sovra-umana, si caricò il
Vice sulle spalle.
“Tieni
duro, Sakuragi-san. Non abbandonarci proprio adesso!”.
“Ma
guarda te che pezzo di...” Kentaro osservò Midori
correre via con Hanamichi buttato a peso morto sulla schiena d'ella,
dunque tutti i presenti si chiesero come facesse una tale gracilina
ad avere così tanta forza nelle braccia all'apparenza tanto
esili, per portarsi addosso uno stangone di quasi uno e novanta di
altezza.
Fu
proprio allora che Rukawa Kaede prestò tutta la propria
attenzione verso la gentile ragazza dai lunghi capelli rossi: questi
erano legati da un leggero fiocco giallo a pois bianchi, in una
deliziosa coda bassa che le ricadeva sinuosamente sulla spalla
destra.
Ciononostante,
egli non disse alcunché e riprese gli allenamenti come se
nulla fosse, facendo capire agli altri di fare lo stesso;
specialmente alle nuove matricole.
Haruko
rimase impietrita, Ayako aveva la bocca spalancata e le due non
poterono che scambiarsi uno sguardo incredulo su quanto accaduto.
In
quell'attimo, Nozomi, il ragazzo corpulento degli amici della gang di
Hanamichi, fece la sua entrata in scena “Si può sapere
cosa sta succedendo?”
Yohei
si mise di fianco all'amico “Abbiamo appena visto Hanamichi che
se la spassava beato sulla schiena di una bella tipa. Perciò
ci siamo insospettiti”.
“Ma
lo avete dopato o cosa?” intervenne Noma.
“So
io cosa gli si è auto-dopato, a quel ninfomane da strapazzo!”
ribatté Yuji, sghignazzando tra sé e sé.
“Uffa,
e dire che quella fighetta l'avevo adocchiata prima io...!”
sbuffò Nozomi, tirando su col naso.
“Tanto
non ti si sarebbe filata comunque” rise Yohei, travolgendo
tutta la gang che cominciò a sbeffeggiarsi del povero Nozomi.
“Si
vede che non conoscete Midori!” ribatté seccata Ayako,
assottigliando lo sguardo “Penso sia una della ragazze più
innocenti e dolci che io conosca. Se dovesse scaricare qualcuno, lo
farebbe con il massimo garbo e gentilezza, per non ferire
ulteriormente l'interlocutore.
D'altronde,
so che ha non pochi ammiratori, qui a scuola”.
“Orca”,
sbottò Yuji “Fortunato chi se la piglia!”
In
quell'istante ci fu un silenzio generale, che sfociò quasi nel
lugubre: i volti dei ragazzi si impallidirono, mentre Haruko cercava
di capire il senso del discorso degli amici di Sakuragi, il quale
pareva in qualche modo sfuggirle.
“QUINDI
OGGI HANAMICHI POTREBBE CUCCARE?!”
Fu
l'urlo sorpreso che la gang cacciò dalle loro labbra, gli
occhi sgranati e alquanto sorpresi al sol pensare ad una cosa del
genere.
“Ma
io con chi ho parlato, sino ad ora?” domandò retorica
Ayako, sbattendosi una mano in fronte.
“Idioti”
mormorò Miyagi, che assieme alle matricole ed a Rukawa aveva
ormai ripreso ad allenarsi.
Quest'ultimo
era diventato più taciturno di quanto già non fosse in
realtà.
*
* *
“Ti
sei svegliato finalmente” fu il dolce risveglio che condusse
Sakuragi nel mondo dei vivi e, per un attimo, gli parve che quella
soave voce appartenesse alla sua adorata Haruko.
Al
suo posto, ritrovò la graziosa Midori, che con i suoi occhioni
azzurri, stava vegliando su di lui sino ad allora; là, in
quella silenziosa infermeria “Ti senti meglio, adesso?”
La
cosa buffa era che Sakuragi aveva sbattuto violentemente la fronte
sul pavimento a causa del colpo del ventaglio-assassino di Ayako, per
questo aveva perso i sensi. Non per altro: assolutamente no, e poi
ancora no! Tuttavia, trovò molto gentile il gesto di Midori,
nessuna ragazza aveva mai fatto una cosa del genere per lui, quindi
si rivelò anche piuttosto sorpreso della cosa.
Ma
nonostante quello che i suoi amici avevano pensato, non fece niente
con la dolce fanciulla dai lunghi capelli rossi, anche perché
nel suo cuore c'era già una ragazza e lui non aveva intenzione
di tradirla per nessuna ragione al mondo: poiché egli ne era
sinceramente innamorato. Questo ormai lo aveva ben compreso: peccato
che per Haruko non fosse la stessa cosa. Ella pensava costantemente
ad Rukawa; quel dannato uomo che dovrebbe vergognarsi persino di
essere ritenuto tale. Quell'insensibile ragazzo dagli occhi profondi,
infuocati di pura sfida ma allo stesso tempo anche così...
spenti.
A
Midori bastò una semplice occhiata per capirlo, ma lei non era
come le altre ragazze: a lei non piaceva Rukawa Kaede, semplicemente
era solo molto sensibile per lo stato d'animo delle persone ch'aveva
attorno, e se doveva ferirne una, faceva in modo di farlo nella
maniera più gentile che esistesse.
Ad
esempio: aveva aiutato Hanamichi, ma questo non stava a significare
che volesse provarci con lui o addirittura portarselo a letto,
sarebbe stato assurdo. Non ne era sicuramente il tipo, lei; lo si
vedeva lontano un miglio. Questo però le aveva portato un
sacco di guai, e molti malintenzionati cercavano di portarla sulla
cattiva strada o fare cose oltremodo indecenti insieme a lei,
spiacevolmente quest'ultima richiesta le veniva spesso richiesta
anche via SMS; ed ella si chiedeva come avessero fatto a risalire
proprio al suo numero di cellulare!
“Sì,
ora va tutto bene. Ti ringrazio” la rassicurò Hanamichi,
portandosi una mano dietro la nuca ed accennando un lieve sorriso.
*
* *
Hanamichi
era ritornato ai propri allenamenti e Midori si era recata nel club
di Cucina per sistemare alcune ricette per il giorno successivo. Non
appena ella ebbe finito le proprie mansioni (dopo circa due ore
buone), decise di starsene in serena tranquillità sul tetto:
come era solita fare alla fine delle lezioni.
Come
sempre lo trovò già lì e come ogni volta
sussultò, ma in quella circostanza non si aspettava proprio di
vederlo lontano dalle braccia di Morfeo: Rukawa non aveva mai fatto
caso a lei, e lei non lo aveva mai disturbato. Ma non per contraddire
il detto 'Non disturbare il can che dorme' ma semplicemente
perché è maleducazione svegliare qualcuno che sta
dormendo così profondamente.
Rukawa
guardava il vasto ed azzurrino cielo sopra ai suoi occhi blu come
l'oceano: era sereno, limpido, nuvole bianche camminavano lente e il
sole stava cominciando a togliere i battenti, considerando l'ora
ormai tarda. Teneva le mani all'interno delle tasche, un leggero
venticello gli carezzò i corvini capelli e il candido viso
come porcellana, così non poté evitare di chiudere
istintivamente gli occhi.
–
Una goduria –
pensò egli, con i muscoli del corpo totalmente rilassati.
Ormai il tetto era il proprio ritrovo personale, dove poteva
rintanarsi a riflettere e schiacciare i suoi lunghi pisolini.
Amava
la quiete, invece sopportava poco chi parlava a vanvera e senza
pensare: Sakuragi ne era la prova vivente.
Una
piccola mano sfiorò la dura ringhiera, Midori sporse un poco
il busto in avanti e si beò anch'ella della piacevole brezza
d'inizio autunno.
Rukawa
aprì un occhio e lentamente andò a squadrarla, senza
dire una parola. Successivamente, dopo un minuto buono, decise di
andare via: dunque si girò e s'avviò verso l'uscita.
Midori
si raddrizzò, volse il viso in direzione del Capitano e,
abbozzando un dolce sorriso, gli augurò gentilmente: “Spero
passerai una buona serata, Rukawa-san”.
Il
corvino si bloccò, fece spallucce e poi s'incamminò di
nuovo.
Chissà
perché non c'era quella famigliare indifferenza che tanto lo
accompagnava in casi come quelli: sebbene non l'avesse degnata d'una
risposta, c'era qualcosa che non lo convinceva...
Ad
essere onesti: non lo convinceva affatto.
*
* *
La
strada per arrivare a casa di Midori prevedeva il dover percorrere
una stradina stretta e spesso desolata, la quale portava direttamente
in città; era una scorciatoia che la fanciulla prendeva quando
il padre le raccomandava di rincasare entro un certo orario, poiché
aveva assoluto bisogno che la figlia lo aiutasse col lavoro. Il
venerdì, infatti, questo era triplicato o, nella peggiore dei
casi, triplicato per duecento.
Midori
sapeva che quella strada era assai pericolosa, (soprattutto quando i
lampioni cominciavano ad accendersi la sera) ma ella non era di certo
una sprovveduta: aveva le sue personali precauzioni.
“Ma
guarda guarda un po' chi si rivede: il mio bell'usignolo è
tornato a farci visita” si udì una voce mascolina ed
assai rude: un alto ragazzo dalla corporatura massiccia e dalla pelle
piuttosto abbronzata “Come te la passi, bocconcino mio?”
Midori
fu costretta a fermarsi, cinque omoni l'avevano accerchiata e colui
che le aveva rivolto la parola... ce l'aveva proprio di fronte.
“Buona
sera, Gatsuo-san” lo salutò la ragazza, accennando un
piccolo saluto col capo “Per favore, spostati. Vado di fretta”.
Ma
il capo della banda non sembrava tanto intenzionato a lasciarla
andare: tanto meno non in quel momento che ce l'aveva a portata di
mano: un piccolo ed innocente passerotto che avrebbe potuto
stritolare con l'ausilio di una sola mano.
“Di
già? Proprio ora che ci eravamo finalmente ritrovati?”
le domandò il ragazzo dai sottili occhi neri, avvicinandosi a
lei con lentezza “Così mi spezzi il cuore”.
Midori
si ritrovò ad indietreggiare, ma inevitabilmente finì
con la schiena attaccata al largo petto di uno dei compari di Gatsuo.
Una
rosea bicicletta sfrecciò in quella direzione e lo sguardo
aguzzo di Rukawa Kaede non poté che assistere ad una scena
alquanto raccapricciante: un armadio a due ante s'era avvicinato a
colei che pareva essere proprio Moroboshi Midori, (questa bloccata da
altri cinque tizi attorno ad ella) le sorrideva malizioso e
probabilmente, quel porco, non vedeva l'ora di sbattersela al muro.
Sicuramente avevano pure pensato di fare a turni, approfittando della
fragilità di quella graziosa bambolina umana.
“Mi
dispiace, Gatsuo” gli sussurrò Midori, mentre il
teppista aveva allungato una mano per sfiorarle i morbidi capelli;
quest'ultimo inclinò il capo da un lato e poi disse,
sbeffeggiando la giovane donna “Non hai niente di cui
dispiacerti, mia dolce Midori. Vedrai che una volta finito vorrai
subito ricominciare”.
Fu
allora che Gatsuo riuscì a toccarle un ciocca fulva (ma fu
l'unica cosa che le sue mani avessero potuto prendere, quella sera),
poiché l'abbronzato ricevette un bel due di picche con
l'aggiunta di una sana lezione: l'aria divenne soffocante e
all'istante sia Gatsuo che la sua gang urlarono dal dolore.
Midori
riuscì finalmente a liberarsi da quell'accerchiata alquanto
macabra e, di corsa, si allontanò immediatamente da quei tipi
rozzi.
Succedeva
ogni volta così: sempre la stessa storia. Gatsuo non cambiava
proprio mai; giacché Midori era sempre costretta a far uso
massimo di spray al peperoncino.
“Quella
puttana!” mugolò Gatsuo, ormai inginocchiato, le mani a
strofinare continuamente il viso e a stropicciare gli occhi che non
facevano altro che bruciagli da morire.
Rukawa
Kaede passò di lì con la sua bicicletta, guardando
quegli omuncoli senza cervello con la solita apatia dipinta in volto:
erano tutti alquanto patetici, uno per uno. Se Midori non fosse stata
così coraggiosa probabilmente egli sarebbe intervenuto in suo
soccorso, sebbene la scena a cui Rukawa aveva appena assistito lo
avesse colpito oltremodo.
Egli,
dunque, continuò a pedalare spedito, sino a ché non
centrò la bassa statura di Midori sulla sua visuale: a quel
punto rallentò, standole dietro in modo tale da non dare
nell'occhio.
Quando
si fermò, notò che ella era appena entrata da una larga
porta scorrevole, la quale venne subito richiusa dietro le spalle
d'ella. L'undici dello Shohoku scese dalla bicicletta e, spingendo
essa verso l'entrata ove la fanciulla era appena scomparsa, lesse una
curiosa insegnata dagli sgargianti colori che variavano dal rosso e
dal dorato:
Il
Drago Rosso, così si chiamava quel ristorante di Ramen &
Sushi.
Rukawa,
poi, notò anche che nei piani superiori vi erano degli
scalini, i quali portavano sicuramente a degli appartamenti; perciò
non gli fu difficile capire che il ristorante ed essi fossero in
qualche modo collegati fra loro. Molto probabilmente la finanze in
casa Moroboshi non dovevano essere delle migliori, se avevano dovuto
optare per una soluzione talmente drastica.
Dopodiché,
Rukawa Kaede, con la sua solita aria impassibile, tornò in
sella alla sua amata bicicletta e, in men che non si dicesse,
scomparve oltre le strade buie ed affollate di Tokyo.