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Sweet Dear Midori }
In
quel tranquillo martedì pomeriggio, sebbene fosse autunno
inoltrato, i fiori di ciliegio innanzi all'istituto Shohoku parevano
essere sbocciati come per magia; incantati dall'innata bontà
della graziosa e gentile Midori, la quale si rivelò alquanto
sorpresa nello scorgere la rosea fioritura di quegli aggraziati
petali. Pertanto, la sua sorpresa equivaleva, invece, allo stupore
nel dover guardare negli occhi un Senpai dell'ultimo anno, che prima
di quel giorno non aveva mai avuto modo di incontrare in vita sua.
Lontano
dai due, vi era la famigerata – e stramba – gang di
Hanamichi, che appoggiata ad un muretto poco più in là,
scrutava ogni fotogramma con molto interesse.
“Scommetto
dieci yen che si mette a piangere” affermò Yuji,
mettendosi una mano sotto al mento; più che sicuro d'aver
fatto centro.
“Quindici
che gli riserva un inchino dispiaciuto” fece Yohei, le mani
ficcate all'interno delle tasche dei neri pantaloni.
“Povera
bestia” commentò Nozomi, mentre Noma annuiva a braccia
conserte nell'ascoltare la parole dei propri compagni.
Poco
dopo, un ragazzo visibilmente depresso sorpassò l'entrata
dell'istituto ove i nostri amici s'erano postati; poi
silenziosamente, questi ultimi, non poterono che fissarlo con
curiosità.
“Come
volevasi dimostrare” Nozomi rivolse l'attenzione agli altri tre
e subito dopo Yohei soggiunse: “Essere respinti gentilmente è
peggio che ricevere cento frecce ficcate sulla schiena”.
I
compari annuirono senza replicare.
“Buon
pomeriggio, ragazzi” la soave voce di Midori fece sobbalzare
l'intero quartetto, portando esso a ridacchiare imbarazzato e a
gesticolare di qua e di là con le mani “Oh, Midori-san!”
- “Come va la vita?” - “Ti vedo bene, quest'oggi”
- “Sei proprio uno schianto!”
La
fanciulla allargò un dolce sorriso, ridacchiando divertita
dalla buffa scena “Siete piuttosto euforici, noto. E' successo
per caso qualcosa in particolare?”
Yohei
scosse il capo “Oh, no, Midori-san. Cosa vai a pensare? E' una
giornata così tranquilla... Tuttavia, devo ammettere che
risulta anche parecchio noiosa!”.
“Noiosa
perché non avevamo incontrato te, mio bel fiore di loto!”
esclamò Nozomi, prendendo una mano della ragazza con
gentilezza, facendo sbattere ad ella le folte ciglia scure.
“Oh?”
mormorò lei. I tre ragazzi guardarono il corpulento compare
con le sopracciglia aggrottate, maledicendolo mentalmente per ciò
che aveva appena detto e fatto.
Noma
storse il naso, – Ma guarda un po' 'sto verme – mentre
Yuji continuava a lanciargli dirette occhiatacce – Che tu sia
maledetto, Fatzomi – ed infine Yohei, con il viso chino, si
grattava una tempia e cercava di mantenere un certo contegno.
Midori
rise, portando la mano libera vicino alle labbra, “Come sei
buffo!” esclamò. Nozomi arrossì e, lasciando
andare la mano di lei, emise una fragorosa risata, che al confronto
con quella della fanciulla risultava alquanto fastidiosa e irritante.
“Beh,
io devo proprio andare” annunciò la fulva, salutando la
comitiva con un lieve cenno della mano destra “Ci si vede in
giro, ragazzi!”
Detto
questo, la ragazza se ne andò via, scomparendo oltre la soglia
dell'entrata della scuola.
“SEI
UN INFAME!” sbraitarono Noma e Yuji contro Nozomi, il quale
continuava a ridersela sotto agli inesistenti baffi.
“Siete
solo gelosi perché Midori ha notato il mio charme!”
“Ma
quale charme; che hai più grasso che neuroni!”
s'infervorì Yuji, prendendo Nozomi per la collottola e
avvicinandosi a lui con lo sguardo assottigliato dalla rabbia.
“State
calmi, ragazzi. Midori non sembra affatto interessata al nostro
carissimo amico” disse Yohei con assoluta calma, andando a
posare sulle spalle del grasso amico un braccio, stringendogli così
una delle spalle “Lei è gentile solo per semplice
educazione”.
Yohei
portava sempre una calma impressionante e riusciva sempre a
riappacificare gli animi di tutti. Più o meno.
“Come
no!” sbuffò Nozomi, staccandosi dalla presa di Yohei e
additando quest'ultimo con l'indice “Vedrai; vedrete: chiederò
a Midori di uscire e lei mi dirà sicuramente di sì!”
Gli
altri lo guardarono intensamente e dopo qualche secondo scoppiarono
tutti a ridere fragorosamente.
“Sì,
certo; e Hanamichi non è sfigato con le ragazze!” Noma
sbatté dei pugni sul muro, tenendosi lo stomaco con la mano
libera.
“Farsi
scaricare da più di cinquanta ragazze è grave; ma farsi
scaricare da Midori sarebbe come farsi scaricare da ben cento di
loro. Quindi si stipulerebbe un nuovo e grandioso record!”
concordò Yuji, mentre Yohei sembrò pensarci su un
attimo.
“Molto
bene” fece il corvino “Se riuscirai ad avere un
appuntamento con Midori, ti giuriamo fedelmente che non faremo
battutine scomode sul tuo fisico per ben tre mesi pieni”.
Yohei
parve serio; tra lui e Nozomi ci fu un lungo ed intenso scambio di
sguardi: “E mi pagherete tutti i miei pasti, più quelli
extra?”
L'altro
non ci pensò nemmeno su: “Anche quelli”.
“Come
ANCHE quelli?!” Noma e Yuji non parvero tanto d'accordo
dell'idea, ma ognuno di loro era sicuro che il pacioccone avesse
perso già in partenza. Perciò preoccuparsi non aveva
proprio senso, a quel punto.
“Accetto”,
annuì Nozomi, ghignando, mentre un'aura scarlatta intrisa di
determinazione s'accendeva attorno a lui.
Ce
l'avrebbe mai fatta, ad avere un appuntamento con la bella e cara
Midori?
***
Il giorno
dopo...***
“Coraggio!
Fate venti giri di corsa!” urlò l'insegnante di
ginnastica alle studentesse, soffiando sul rosso fischietto ch'aveva
al collo e creando così un suono assordante “Uno, due!
Uno, due!” disse poi, e dubito dopo le allieve partirono
spedite.
Dall'altra
parte del campo ove si allenavano i maschi, oltre una visibile
recinzione, il quartetto della gang degli amici di Hanamichi,
spiavano senza alcun ritegno le giovani studentesse intente ad
allenarsi; puntando tutta la loro attenzione su l'unico e solo loro
obiettivo: la dolce Midori.
Lei
era così bella, dalla risata così cristallina, pura di
cuore e dal fisico perfetto; una fanciulla talmente adorabile che
poteva essere comparata solamente ad un delicato e bianco fiore.
“Non
hai speranze” - “Hai perso già in partenza”
- Rassegnati, Noz. Ormai è la fine”.
“Come
potete dire questo, se non ho ancora mosso un dito?!” fece
stizzito Nozomi, arricciando le labbra in una piccola smorfia.
“Cosa
diavolo state combinando, voi deficienti?” fece la sua
apparizione il grande 'Re dei Rimbalzi', con le mani sui fianchi.
Hanamichi inarcò un sopracciglio e guardò tutti
dall'alto verso il basso.
“Fai
silenzio, Hana” Yohei alzò un poco il busto e allungando
un braccio, afferrò il rossino per la canottiera, tirandolo
verso il basso e nascondendo anch'egli sotto ai folti cespugli.
Hanamichi
fece per imprecare e di conseguenza prendere i compari a forti
testate, ma non appena il suo sguardo si posò oltre alla
recinzione, le sue gote si infiammarono di colpo.
–
Haruko in tenuta da
ginnastica...! –
Certo,
aveva già visto la bruna in quel modo; ma quella era una
circostanza del tutto diversa; erano a scuola. E lei era assieme alle
sue compagne di classe; ridendo e scherzando con loro in tutta la sua
immensa purezza e castità.
La
celestiale visione fu quella di vederla assieme a Midori, una dietro
l'altra: due bellissimi cigni che danzavano beati verso il lago
dell'angelica estasi.
“Ma
a cosa sta pensando?” domandò Yuji, notando che
Hanamichi s'era completamente perso nei suoi pensieri, facendo
fuoriuscire dalle labbra una piccola bavetta.
“Tra
maiali ci si intende”, puntualizzò Yohei, che senza
alcun problema continuò a guardare davanti a sé.
“Parole
sagge, amico.
Parole
sagge”, concordò Noma.
“...
Imbecilli”, affermò Rukawa, guardando il quintetto
d'idioti da lontano.
*
* *
Non
era raro che oltre agli allenamenti quotidiani, Rukawa Kaede si
recasse verso il campetto disponibile a chiunque, quello vicino alla
scuola. A quell'orario non ci andava mai nessuno, per questo era
perfetto per lui, che la compagnia la gradiva come un amante del
pesce gradirebbe della carne.
Cominciò
a fare dei palleggi, poi dei tiri liberi; più alcuni da tre
punti, riscaldandosi un poco, sebbene non ne avesse affatto bisogno a
causa dall'allenamento precedente. In quel momento, egli non pensava
ad altro se non al Basket: quest'ultimo era il suo unico scopo nella
vita, il suo obiettivo. Era un vero asso, sin dalle medie tutti
avevano visto le sue grandi doti per questo sport; avevano cominciato
ad idolatrarlo e come se non bastasse, un mucchio di ammiratrici si
erano prostrate ai suoi piedi.
Francamente,
a Rukawa Kaede dell'amore non importava affatto. La sua unica
passione 'amorosa' era la pallacanestro, e nessuna donna si sarebbe
mai intromessa tra lui ed essa. Mai.
Sudato,
egli respirava con affanno, tenendosi le ginocchia con le mani; la
schiena appena chinata verso il basso. Rukawa vide la palla rotolare
via, dunque dovette spostare lo sguardo per seguirla con esso, ma
quando lo alzò un poco notò delle gambe femminili e
candide, immobili innanzi alla recinzione del campetto.
Non
appena ebbe tutta la visuale di quel corpo, ecco che la vide:
Moroboshi Midori, la quale gli donò un dolce sorriso a bocca
chiusa.
Una
gocciolina, due, tre goccioline sulle guance pallide dell'undici
dello Shohoku; aveva cominciato a piovere già da un pezzo, ma
egli s'era concentrato fino a quel punto su ciò che stava
facendo, da non rendersi conto nemmeno del tempo che sopra di sé
cominciava a cambiare.
La
fanciulla stringeva delicatamente il manico dell'ombrello rosso,
tenendo in spalla la cartella scolastica di pelle marrone e con
l'altra mano una bianca busta della spesa.
“Ti
prenderai un bel raffreddore, se stai lì” gli fece
presente la ragazza, mentre Rukawa la fissava senza dire nulla.
Dopodiché
andò a recuperare la palla, facendo subito dopo un ennesimo
tiro libero.
Sembrava
che la stesse volontariamente ignorando, ma Midori non se la prese.
Anzi, ella cercò con gli occhi un'entrata e quando la trovò
si addentrò all'interno del campetto, mettendosi in un
angolino, in silenzio; muta come un pesciolino all'interno di un
immenso acquario vuoto.
Rukawa
era ormai abituato a sentirsi osservato; era meno abituato a sentirsi
osservato con quel silenzio tanto solenne, senza malizia od altri
strambi doppi fini di cui era capace chi si considerava 'sua
indiscussa fan'.
Egli
riprese subito il rimbalzo, che aveva volutamente fatto per prendere
la palla al volo. Poi si girò verso la ragazza e cominciò
a fissarla intensamente.
Cosa stava
facendo?
“Anche
se non voglio farti prendere un raffreddore, non voglio neanche che
la condizioni peggiorino, quindi ti aspetterò qui finché
non hai finito” disse con tranquillità la fanciulla,
inclinando il capo da un lato “Ti consiglio però di
farlo al più presto; non è tanto consueto stare sotto
alla pioggia per così tanto tempo; presumo tu lo sappia già
da te, Rukawa-san”.
Quest'ultimo
era solito cacciare via con una frase secca e diretta chi lo
disturbava od intralciava il suo 'quieto vivere', ma in
quell'occasione non successe niente di tutto ciò.
Semplicemente, rimase a guardarla, col pallone da Basket tra le mani.
E adesso, cosa
diamine gli stava frullando per la testa?
Di certo, lui non
era come quel pagliaccio di Hanamichi.
Rukawa
si guardò attorno, tornando poi a guardare la ragazza; i
muscoli erano parecchio tesi, ma la pioggia non ne era l'unica
colpevole.
Lentamente,
lui si avvicinò a lei, la quale lo stava aspettando con un
lieve sorriso per accoglierlo sotto al suo rosso ombrello, poiché
voleva riaccompagnarlo a casa. Inevitabilmente, non appena Rukawa fu
di fronte alla fanciulla, vicino ad ella, il suo sguardo blu andò
a finire sulle sue labbra piccole e carnose, rosee come i petali di
un bellissimo ciliegio.
… Ma
quelle labbra...
L'undici
dello Shohoku non ne seppe il motivo, ma quella bocca – se
prima non aveva alcun pensiero fisso, se non la pallacanestro –
lo stava attraendo come una calamita, e gli occhi innocenti e
profondi della fanciulla, così azzurri e vividi, non lo
aiutavano di certo.
Dunque
era questa ciò che veniva chiamata: 'attrazione carnale'?
Non
ci pensò neanche troppo; in realtà fu un gesto del
tutto istintivo: il corvino lanciò la palla alla sua destra,
senza staccare gli occhi di dosso alla fanciulla, per poi ritrovarsi
l'oggetto rotolare a schiantarsi contro i loro piedi, ma quando ciò
accadde ormai era successo l'irreparabile:
Midori
sgranò gli occhi, lasciando che la busta della spesa cadesse
sul verde prato; sorpresa oltre l'inimmaginabile.
Percepiva
il sapore delle labbra del ragazzo sulle sue e le guance assunsero un
colorito roseo, che su di lei era oltremodo delizioso. Il ragazzo la
strinse per i fianchi, e le dita della ragazza che dapprima stavano
stringendo il manico dell'ombrello, si ammorbidirono, facendolo un
poco inclinare da un lato.
Quello non
era per niente un bacio casto; quelloera
un tumultuoso bacio che lasciava totalmente senza respiro, senza via
di scampo alla razionalità umana.
Ma
quell'attimo di annebbiamento terminò presto, per la cara
Midori, poiché Rukawa s'era allontanato del tutto da lei e,
senza neanche guardarla, si era chinato per raccogliere la palla.
Midori
non ebbe il coraggio di dire niente; come il pesciolino rosso ch'ella
era, ora in compagnia di un imprevedibile squalo bianco.
Il
ragazzo dai corti capelli neri bloccò il pallone tra il fianco
e il muscoloso braccio destro, rivolgendo alla fulva un'occhiata
fugace, per poi portare lo sguardo fuori dal campo, dove, accanto
all'entrata, egli aveva sistemato il proprio 'mezzo di trasporto'.
“Andrò
in bici”, affermò egli, sicuro di sé, cominciando
ad incamminarsi
“Ciao”
la salutò, infine.
Midori
era rimasta come in trance; tutto ciò che in quel momento era
capace di fare, fu solamente fissare il vuoto avanti a sé.
Nient'altro.
Nient'altro,
oltre al pensare a quell'inaspettato bacio dato senza un perché.