=
“Dare fendenti alle montagne” =
«quindi a breve
rientrerai come High General».
L’aspetto di
Kozmotis era molto migliorato: le occhiaie erano scomparse, non aveva
più
alcuna ferita ed anche l’aria folle era scomparsa. Se una
persona qualunque lo
avesse guardato lo avrebbe giudicato perfettamente in sé, ma
per Grimmers, che
lo conosceva bene da anni, era piuttosto evidente che le cose non
stessero
così…
«sì. Anche se quel demonio
di certo avrà provveduto a mettermi contro tutti i miei
uomini».
E quel che aveva
appena detto lo dimostrava.
Era ovvio
che tutta la psicoterapia del mondo non avrebbe fatto tornare Kozmotis
l’uomo
che era, perché la perdita subìta era troppo
devastante, lo sarebbe stata per chiunque.
Aveva superato la
fase peggiore, ritrovando un po’di equilibrio -al momento non
lo vedeva in
condizioni da mettersi a picchiare le guardie del re Lunanoff pur di
raggiungere gli Aldebaran e tentare di fare lo stesso a loro- ma non
stava
bene, e se il dottore aveva veramente detto che a breve sarebbe potuto
tornare
operativo le opzioni erano due: o Kozmotis sapeva fingere molto bene, o
il
dottore era un incompetente.
Lui però non aveva
voce in capitolo e, nonostante quel che stava dicendo, Grimmers sapeva
che
Kozmotis non desiderava altro che poter tornare a fare il suo lavoro.
«magari
non sarà tragico come pensi».
«hai ragione» disse
Kozmotis «sarà molto peggio, soprattutto
perché, anche se il comando verrà
restituito a me, il generale Nahema mi
“supporterà”» mimò
le virgolette
con le dita «con le proprie armate, e devo farmene una
ragione, perché quel tonto
di re che ci ritroviamo pensa sia proprio una grande idea!»
Grimmers
giocherellò con un sigaro per qualche istante, prima di
accenderlo. «forse non
ha torto» disse, senza crederci particolarmente: non tanto
per Nahema, quanto
per l’atteggiamento dello stesso Kozmotis. «magari
conoscendo Lady Nahema-»
«scoprirò che
è più
orribile di quanto già io pensi? Sì, è
estremamente probabile» Kozmotis
incrociò le braccia davanti al petto «non tirare
nuovamente fuori l’idea che
possa essermi sbagliato, Rich, o anche solo che esista veramente una
Silk: tu
non c’eri quando ha sollevato quella cicatrice finta che le
deturpava la
guancia e ha scoperto la voglia, io invece sì, e sono certo
di quello che ho visto
e sentito».
«Koz…»
Grimmers
sbuffò una piccola nuvola di fumo «posso farti una
domanda senza che tu te la
prenda?»
«sono circa sette
mesi che mi stai ospitando qui, in casa tua, prima per evitarmi di
dover vivere
dirimpetto alla strega» ossia Spear
«e in seguito per…beh, perché temevi
che in quella casa piena di ricordi di persone morte mi suicidassi,
immagino.
Quindi sì» disse «direi che tu possa
farmi domande, e che io non abbia il
diritto di prendermela».
«la domanda
è…se
temevi che Silk-»
«Nahema»
lo
corresse il generale.
«quello che è. Se
temevi che fosse una traditrice, perché l’hai
interrogata senza testimoni?!»
Dopo qualche
istante di immobilità, Kozmotis
fece
cenno di passargli il sigaro. Seppur perplesso, Grimmers gli diede
retta, non capendo
bene cosa volesse farci, considerando che non fumava.
Almeno fino a quel
momento, in cui Kozmotis fece un tiro e divenne preda di una tosse tale
che
sembrava piuttosto un principio di soffocamento.
«ma che diamine
fai?!» sbottò il colonnello,
riprendendosi il sigaro «preferisci soffocarti
che rispondermi?!»
Kozmotis tossì
ancora. «n-no, mi era solo venuta voglia di capire che
avessero di speciale
quei cosi, per piacerti tanto. Per la cronaca, non l’ho
capito nemmeno adesso».
«non hai ancora
risposto alla domanda».
«che vuoi che ti
dica, Rich?!» all’anima del
“non prendersela”, il generale si alzò
di
scatto dal gradino sul quale era seduto «la mia
capacità di valutare le persone
fa schifo, e a quanto pare è da idioti
pensare che i miei soldati, tutte
persone che conosco -o pensavo di conoscere- siano innocenti fino a
prova
contraria e meritino una chance. Sono stato un coglione di prima
categoria! “il
secondo High General più amato della storia”!
“il Generale Dorato”! Mi sono
sentito chiamare persino “l’Eroe degli
Eroi”!» esclamò, con una risata amara
«da tutti amato, da tutti rispettato! Io ho
cominciato a crederci. Sono
stato così stupido da iniziare a pensare che le cose
stessero così per davvero.
La carriera andava a gonfie vele, il mio esercito mi amava, il popolo
mi amava,
la mia famiglia mi amava, Spear ormai era diventata
poco più di un
minuscolo fastidio, e credevo che il fronte -e la mia stessa persona-
fossero
sufficientemente lontani e al di fuori da
chissà quali complotti dei
nostri cari nobili delle Costellazioni. Credevo di
aver vissuto da
ragazzino abbastanza guai e sofferenze per tutta la vita»
disse «sono stato
così ingenuo da pensare che ormai la strada fosse tutta in
discesa. Ovviamente
sbagliavo, ed è stata la mia famiglia a farne le spese.
Questo è quanto».
Dopo un paio di
ultime boccate, il colonnello spense il sigaro contro il gradino.
«sono stati i
Dream Pirates a fare quel che hanno fatto, Pitch, la colpa è
loro».
«gli esecutori
materiali sono loro, sì, ma i mandanti sono da questa
parte della
barricata, anche se perfino tu stenti a darmi ascolto» disse
Kozmotis, in tono
d’accusa.
«non c’è
cosa nella
galassia che desidererei di più che poterti dare
completamente ragione e
combattere al tuo fianco a spada tratta, Pitch, tu questo lo
sai!» ribatté
l’uomo, con gli occhi nocciola pieni di compassione
«ma se davvero è tutto un
complotto, finora hanno agito in modo da legare le mani a chiunque:
è la tua
parola contro la loro e purtroppo, per quanto io possa crederti, non
possiamo dimostrare
niente».
«puoi dimostrare
che Nahema non era nel territorio dei Vega nel periodo in cui diceva di
esserlo, perché tu invece
c’eri davvero! E non l’hai vista!»
Grimmers sospirò.
«ne abbiamo già parlato: il territorio dei Vega
è esteso, e il fatto che non
fosse dov’ero io non significa che non fosse lì
affatto. Per non parlare del
fatto che io sono un tuo amico, è risaputo, vivi con me da
mesi, è risaputo
pure questo…»
«e tu vuoi
lavartene le mani. Anche questo inizia ad essere risaputo»
aggiunse
freddamente Kozmotis.
«non voglio lavarmi
le mani di nulla, perché non
c’è nulla di cui siano
sporche»
replicò Rich, quasi con lo stesso tono «io ti ho
aiutato per quanto ho potuto e
non me ne pento affatto, ma non posso fare altro. Di noi due basti tu,
a dare
fendenti alle montagne!»
«“dare
fendenti
alle montagne”!» ripeté
Kozmotis, incredulo «quindi lo ammetti!»
«cosa, Kozmotis, cosa?!»
il colonnello si alzò e lo raggiunse «che la tua
è una battaglia inutile contro
il niente? O che se anche tu avessi ragione, e in
realtà questo “niente”
fossero i nobili delle Costellazioni, avresti comunque perso in
partenza perché
non li si può colpire in alcun modo?!»
«ah no? Non li si
può colpire in alcun modo, dici?! Vallo a ripetere ai figli
di Lord Taurus,
allora!» sbottò Kozmotis «vallo a dire a
loro, no?! Ah, già! Non puoi, perché
nonostante tutto il potere di Taurus i suoi figli sono
morti come la
mia! O magari puoi andarlo a dire a Lady Vliegen
Scorpio… se,
contrariamente a tutta la nobiltà del regno, tu sai
dov’è!»
«aspetta un attimo:
tu vorresti prendere come esempio un’assassina di
bambini?!!» trasecolò
Grimmers «ti rendi conto di quello che stai
dicendo?!»
«Vliegen Scorpio
è un mostro» affermò Kozmotis
con sicurezza «e sarebbe folle appoggiarla o
dire il contrario. Se l’è presa con dei ragazzini
di tredici anni per qualcosa,
chissà cosa, che il loro padre le
ha sicuramente fatto» perché
non metteva in dubbio che Taurus, degno amico di Nahema, avesse fatto
qualcosa
per provocare quella -smoderata- reazione «è
stato un atto
imperdonabile, in particolare dal mio punto di vista, come puoi
intuire. Però
ha dato una dimostrazione molto forte e molto chiara del fatto che non
sono
invulnerabili come si pensa che siano, che è possibile
contrastarli, che è
possibile colpirli duramente E farla franca: dopo
quasi sette mesi in
cui tutti le stanno dando la caccia non sono stati
ancora in grado di
trovarla, nonostante le loro risorse».
«primo, è ancora
possibile che riescano a trovarla» iniziò a
elencare Rich, sollevando l’indice
affusolato «secondo, tutto quel che ha fatto è
dimostrare che i nobili possono
colpirsi solo tra loro e solo se possiedono soldi a sufficienza e armi all’uranium»
disse, e sollevò il medio «terzo, Vliegen Scorpio
ha mollato tutto quello che
aveva per fuggire rapidamente, cosa che non mi risulta tu voglia fare,
sbaglio?
Non è il modo migliore per ricominciare, Pitch»
Grimmers scosse la testa «non è
proprio il modo migliore. Oppure, visto questo… forse
dovresti… insomma, se
anche Spear se n’è andata…»
«ma ceeerto,
solo perché quel demone ha abbandonato la sua tana io dovrei
fare lo stesso!
Sì, forse potrei prendere in considerazione l’idea
di andarmene a mia volta… per
cercarla e spezzarle l’osso del collo con le mie stesse mani!»
esclamò
«casa mia viene trovata, e lei guarda caso
ottiene denaro sufficiente
per compare una nave, potersi permettere di lasciare il lavoro e
andarsene
chissà dove. Questo dopo aver fatto quella scenata al
funerale, guarda caso proprio
prima di quel dannato processo. Se a questo aggiungiamo il fatto che ha
conosciuto tanto Taurus quanto Nahema anni fa, quando l’hanno
mandata a fare il
medico nella loro armata, mi sembra piuttosto ovvio che fosse in
combutta con
loro».
Ormai se n’era
convinto e poco importava che in realtà, se Spear
l’avesse sentito dire certe
cose, avrebbe preso un candelabro e glielo avrebbe fatto ingoiare.
«mi hai già parlato
di questa teoria, e mi spiace, ma non ci credo nemmeno un
po’. Demone degli
Abissi sì, ma fino a un certo punto!»
«lei sapeva, te
lo dico io!» esclamò il generale «spiega
tutti gli “avvertimenti” che mi ha
dato negli anni. Ha fatto di tutto per tenermi lontano da Aleha
asserendo di
volerla “proteggere”, la sola spiegazione
plausibile per le sue azioni è
questa. Ma non è riuscita nel suo intento, e mi odiava non
solo al punto da non
fare nulla di concreto per aiutare me, ma
addirittura da scegliere di
sacrificare Aleha ed Emily Jane per aiutare Nahema a
distruggermi!»
«magari sapeva cosa
stava per succedere, ma aveva in mano le stesse prove che tu hai ora, e
di
sicuro se ti avesse detto di più non le avresti creduto lo
stesso. Quanto al
resto, continuo a essere scettico…soprattutto per il fatto
che lei non
sapeva dove fosse casa tua».
«Aleha potrebbe
averglielo detto in una delle lettere, mi fidavo e non leggevo quel che
scriveva a sua sorella, e tu sei uno scettico cronico, quindi non fai
testo. Le
cose stanno sicuramente così, è talmente chiaro!
Ma arriverà il giorno in cui
anche lei avrà quel che si merita»
dichiarò «e quanto a Nahema, se ha tanta
voglia di distruggermi e prendere stabilmente il mio posto
dovrà passare sul
mio cadavere. Non intendo cedere, non gliela darò vinta
così facilmente: sarò
pure un banale sasso sul suo cammino, per lei, ma prima o poi
imparerà che certi
sassi sono troppo difficili da rimuovere, e che inciampando su quello
sbagliato
si può anche cadere».
***
I
progetti di Nahema per
il primo giorno di “riposo” dopo sette mesi passati
a capo dell’Armata Dorata,
inizialmente, erano diversi.
Aveva pensato di tornare su Aldebaran I, così da vedere di
persona il figlio di
Nihil Aladohar e Faeliria Orion, il piccolo Haverail, il quale aveva
appena un
mese di vita.
Non
era il suo primo
nipote, i suoi fratelli Ralonrin e Nuro si erano dati molto da fare in
quel
senso, ma sarebbe stato il primo che avrebbe visto in un momento
abbastanza
vicino alla nascita.
Oltre
a questo c’era
anche il fatto che Haverail fosse frutto di quasi quattro anni di
tentativi
andati a vuoto, tanto che i due coniugi avevano iniziato a temere che
dalla
loro unione non sarebbe mai nato nulla, motivo per il quale il suo
arrivo era
fonte di gioia ancora maggiore, tanto per loro quanto per Nahema
stessa.
Pensare
che in principio
aveva approvato solo parzialmente quel matrimonio, a suo dire un
po’ “insicuro”
perché Aladohar era realmente innamorato
di Faeliria da una
vita!
Per il popolo e per alcune delle altre famiglie nobili delle
Costellazioni, il
matrimonio era qualcosa che si basava principalmente
sull’amore, ma non per gli
Aldebaran. Bastava pensare al matrimonio ormai prossimo di suo fratello
Nihil
Iruhu Aldebaran, appena quattordicenne, con la sedicenne Vaendiliel
della Casa
Altair. Erano stati fatti conoscere e frequentare sin da piccolissimi,
in
attesa che Iruhu raggiungesse l’età minima
consentita per sposarla, ed era
arrivato il momento.
Probabilmente quel periodo della Golden Age sarebbe passato alla storia
come
prospero e pacifico -almeno all’interno del regno- in cui
regnavano giustizia
e buoni sentimenti…a parte
alcune eccezioni. Oh, quant’erano
ossessionati i Lunanoff da questa manfrina dei “buoni
sentimenti”!
Ma
quando si era al
dunque ognuno in casa propria faceva quello che voleva, e per quel che
concerneva tutto il resto Nahema si chiedeva ancora se tutti coloro che
erano
coinvolti nel loro complotto per prendersi il regno erano realmente
tanto bravi
da non farsi scoprire, o se semplicemente i Lunanoff -e le nobili
famiglie che
per vari motivi non lo erano- si
rifiutavano di aprire gli
occhi.
Una
nascita e un matrimonio
di convenienza comunque erano due buone notizie, e tutti loro sentivano
di
averne un gran bisogno, dopo quel che era accaduto mesi prima.
Nonostante
tutti quanti
si fossero impegnati al massimo, l’omicidio di Shaun e Shauna
era tuttora
impunito: non erano riusciti a trovare né Vliegen,
né l’assassino a cui era
stato assegnato il lavoro.
Spariti.
Volatilizzati.
Non
c’era traccia di
nessuno dei due, come nessuno dei due sembrava avere altri
“collegamenti” da
sfruttare per trovarli, o per costringerli a uscire allo scoperto.
Un
alone di mistero
attorno a un assassino era abbastanza normale, ci poteva anche stare,
ma che
non si riuscissero a trovare informazioni su una plebea qualunque era
semplicemente assurdo. Era come se Vliegen avesse utilizzato
un’identità
fittizia, come lei aveva fatto con “Silk”: non
risultava avere parenti, né
essere stata vista in altri luoghi se non la dimora degli Scorpio a
Duskfell. Sembrava
che fosse stata creata appositamente per sposare un nobile, fare quel
che aveva
fatto e poi scomparire nel nulla, come se tutta quella situazione, o
tutta la
realtà stessa, non fosse altro che una sottospecie di
tragicommedia malfatta
scritta da un autore alle prime armi che si dilettava a tirare fuori
personaggi
improbabili come quella.
Ad ogni modo, tornando al discorso principale, Nahema aveva finito per
accantonare temporaneamente l’idea di tornare a
Thanoushiradryas, e aveva
deciso di posticipare di qualche ora il rientro a palazzo per compiere
una
deviazione di non poco conto.
Sua sorella Nihil Kehazilia, appena quindicenne, si era accompagnata al
titano
Typhan circa otto mesi prima. Era accaduto tanto per una questione di
convenienza -avrebbero pur dovuto mettere la figlia di Pitchiner da
qualche
parte!- quanto per volontà di Kehazilia stessa.
Nonostante la considerazione che gli Aldebaran avevano del matrimonio,
Nahema
doveva ammettere che la decisione di Kehazilia -giovane quanto bella-
di
sposarsi con un titano vecchissimo e cieco l’aveva
leggermente sorpresa…ma
probabilmente, agli occhi di sua sorella, il fatto che Typhan fosse
anche una
specie di semidio estremamente potente metteva in ombra tutto il resto.
Stando
a quanto diceva Aladohar, Kehazilia si reputava “troppo, per
un nobile
qualunque”.
Nahema riconosceva che la sua era una famiglia di persone superbe, chi
più chi
meno: erano stati abituati sin da piccoli ad avere sempre tutto e
subito, a
dare ordini e vederli eseguiti, e a vedere gli altri inchinarsi nel
salutarli.
Un po’di superbia dunque era inevitabile, ma Kehazilia
sembrava esserlo sin
troppo.
Forse era stato un bene che fosse diventata la signora di quei
territori
piuttosto lontani dal regno dei Lunanoff: la sua non era una tracotanza
che
potesse essere dissimulata come, in tutto quel contesto, richiedeva il
buonsenso.
Atterrò direttamente nel cortile interno del palazzo. Fino a
otto mesi fa,
quella costruzione non eccessivamente imponente non c’era
neppure: una creatura
come Typhan non necessitava di strutture simili, e considerava
“casa” tutti i
terreni di sua proprietà. Aveva costruito quel posto
appositamente per la sua
nuova famiglia, cui invece tutto ciò era necessario, almeno
per il momento.
Già…una
cosa ancor più
sorprendente della decisione di Kehazilia, era che un vecchio semidio
potesse
provare solitudine, tanto da lasciarsi corrompere dalla promessa di una
moglie
e una “figlia”. Meglio così, rendeva
tutto più semplice, ma la cosa faceva
quasi ridere.
Una volta scesa dalla nave venne accolta da grossi esseri antropomorfi
senza
volto, semitrasparenti e brillanti come se avessero avuto delle stelle
al
proprio interno. Così come aveva fatto per il palazzo,
Typhan aveva creato per
Kehazilia dei servi senz’anima -ma per fortuna con una specie
di cervello- che
le obbedissero in tutto e per tutto e l’assistessero in
qualunque cosa avesse
bisogno.
«voglio vedere mia sorella. Portatemi da lei».
Gli
esseri rimasero
immobili solo per un istante, poi, senza opporre alcuna resistenza, la
scortarono da Kehazilia. Nahema si chiese se le avessero obbedito
perché sapevano
chi era, o se semplicemente erano stati fatti per dare ascolto a
qualunque
Aldebaran, o qualcosa di simile. Non che avesse importanza, a dire il
vero.
«…farai meglio a metterti in testa che il tuo
santo padre non verrà mai a
prenderti. Mai. Non
c’è proprio
ragione per cui dovrebbe farlo, hai un carattere terribile, e come se
non
bastasse sei anche bruttina: troppo pallida, con delle occhiaie
terribili e i
capelli troppo spenti. Nelle condizioni attuali, anche se fossi stata
di sangue
nobile -o se un matrimonio fosse stato nei progetti- sarebbe stata dura
farti
fidanzare con chicchessia. Non hai stile, non hai eleganza,
né un minimo di
alterigia: i tuoi genitori hanno fatto proprio un pessimo lavoro,
persino per
dei plebei».
Benché fosse solo una voce femminile proveniente da dietro
una porta chiusa non
c’erano molti dubbi su chi fosse a parlare, né
sulla persona cui tutte
quelle dolci considerazioni erano
rivolte.
A Nahema sembrava di essere vittima di qualcosa simile a un
dejà vu, con
protagonista una versione doppiamente stronza -come altro definirla?-
di mamma
Nihil Iyra.
Più
volte Aladohar le
aveva detto che Kehazilia somigliava alla loro madre, ma solo ora
capiva
veramente quanto.
Spalancò la porta con una spinta decisa. «salve,
sorella» esordì «ti trovo in
perfetta forma».
Kehazilia sollevò un sottile sopracciglio, nero/blu come la
folta chioma
setosa, rivolgendo lo sguardo alla sorella maggiore. «salve a
te, Nahema.
Altrettanto. Non mi aspettavo una tua visita» disse, senza
particolare calore.
La differenza d’età e gli impegni avevano fatto
sì che le due sorelle non si
frequentassero quasi per nulla; quindi, nonostante Kehazilia seguisse i
piani
della famiglia, non si poteva dire che tra loro due fosse presente un
grande
attaccamento. «e tu saluta come si conviene,
bestiola che noi sei altro.
Non hai neppure un briciolo d’educazione, sei proprio un caso
disperato!»
Se Kozmotis Pitchiner avesse avuto una vaga idea di come veniva
trattata sua
figlia, avrebbe dato di matto ancor più di quanto avesse
già fatto. Emily Jane
Seraphina Pitchiner era smunta e sciupata, con un misto tra astio e
abbattimento negli occhi arrossati.
Nahema
pensò che
probabilmente passasse ancora molto tempo a piangere, tanto per la
disperazione
quanto per la rabbia, e come darle torto?
La bambina si avvicinò a Nahema, ma non ci furono inchini,
né saluti in genere.
«questa è l’armatura dorata di
papà, e quello è il suo mantello. Mi ha detto
che solo lui può metterli, perché sono
dell’High General of the Galaxies.
Perché ce li hai tu?»
«non sei una bestiola, sei peggio»
commentò Kehazilia «loro possiedono un
briciolo di buone maniere in più. Ma ci penserò
io a te, dammi solo un altro
po’di tempo e vedrai!» dichiarò
«perdonala, sorella, è ancora una
selvaggia».
Nahema minimizzò la cosa con un cenno, e si
accovacciò all’altezza della
bambina. Non era affatto bruttina come diceva Kehazilia: fortunatamente
per lei
aveva preso dalla madre, anzi, a dirla tutta la sua magrezza la faceva
somigliare di più alla zia. Gli occhi dorati però
erano indubbiamente del
padre, e c’era anche un “qualcosa” nella
sua espressione che ricordava molto il
caro generale. «ce li ho io perché al momento
sostituisco il tuo papà. Per lui
questo non è un bel periodo, e qualcuno deve pur proteggere
il regno, come
penso tu capisca».
Sì, era qualcosa che Emily Jane poteva capire, ma non la
faceva stare più
tranquilla.
Da
quando i Dream Pirates
avevano distrutto casa sua, dal giorno in cui aveva visto sua madre
precipitare
fuori da quella finestra, svegliarsi ogni mattina era diventata una
condanna.
Emily Jane non faceva che aggrapparsi alla speranza che suo padre
sarebbe
venuto a prenderla presto.
Typhan
la chiamava
“figlia” e la trattava piuttosto bene, ma lei aveva
già un padre, e Nihil
Kehazilia -da lei rinominata “la strega maligna”-
col suo comportamento
vanificava tutto quel che di buono Typhan, quando c’era,
faceva per lei.
Sembrava
che le velleità
familiari del titano fossero solo part-time, motivo per il quale Emily
Jane era
sotto l’attacco di Kehazilia in maniera quasi costante. Le
parole orribili che
le rivolgeva facevano sembrare quasi un sollievo i momenti di completa
solitudine in cui, a volte, la lasciava.
E ora era arrivata anche quella lì, con l’armatura
di suo padre. Che lo
sostituiva! Come se qualcuno ne fosse in grado!
Già,
ma se lui al momento
non era a combattere, cosa stava facendo? Perché non era
ancora arrivato? Forse
la strega maligna aveva ragione, e non la stava neppure cercando.
«se non fa il
generale allora cosa fa?» domandò
«perché non mi viene a prendere?»
Cercava di fare la dura, ma la nota disperata nelle sue parole era
perfettamente udibile.
“cosa fa tuo padre? Cerca di convincere gli psicologi che lo
seguono che è
pronto a riprendere il suo posto, e purtroppo per lui sta per essere
accontentato. Ho dato ottima prova di me come High General.
È tempo che lui dia
la sua…pessima, ovvio, perché è ben
lontano dall’essere pronto. Tutto andrà
come deve andare” pensò Nahema.
Era una situazione “strana” persino per una persona
come lei.
Solitamente
lo sconforto
altrui non le faceva né caldo né freddo, anzi,
nel caso di Pitchiner poteva
dire persino di rallegrarsene in quanto vantaggioso per i suoi piani;
trovarsi
faccia a faccia con una bambina di neppure sette anni distrutta, che
aveva
perso tutto in un attimo soltanto perché figlia
dell’uomo sbagliato, era un
po’diverso.
Accantonò presto la cosa, però: quella di Emily
Jane non era la prima vita
devastata in nome dell’ambizione degli Aldebaran, e tantomeno
sarebbe stata
l’ultima. «tuo padre non sa che sei qui.
D’altra parte non è che si sia dato da
fare per cercarti, posso assicurartelo».
Emily Jane strinse i pugni, decisa a trattenere le lacrime.
«non è vero».
«purtroppo è così. Tu, per vari motivi,
al momento sei l’ultimo dei suoi
pensieri. A volte mi viene quasi da pensare che ti creda morta o
qualcosa del
genere, per come si comp-»
All’improvviso Nahema sentì qualcosa colpirla
dritto su una guancia.
Nulla
che potesse farla
vacillare, ma la botta era quasi riuscita a farle voltare la faccia.
Schiaffeggiata…da una bambina?
Sul momento le parve un affronto inaccettabile, ma
l’istante dopo cambiò
idea. Quel che aveva fatto a Emily Jane Pitchiner avrebbe meritato
molto più di
uno schiaffo, e Nahema era troppo onesta con se stessa per non
rendersene
conto. «hm. L’ho quasi sentito»
commentò, rialzandosi.
«NON È VERO!!!»
gridò Emily Jane «mio padre mi troverà,
lui mi sta
cercando, e quando saprà come sono trattata vi
punirà t-»
La bambina non riuscì a finire la frase, perché
due dei servi senza volto la
sollevarono senza alcun garbo.
«in questi mesi mi sono sforzata di
sopportare sia te, sia la
tua completa inciviltà…gli Dei sanno se
l’ho fatto!» esclamò Kehazilia, con
un’espressione quanto mai dura sul suo giovane viso
«ma che tu abbia osato
alzare le mani su mia sorella, la primogenita di una famiglia di
arciduchi, è
intollerabile».
«lasciatemi!» gridò
Emily Jane, divincolandosi inutilmente.
Nahema aveva una bruttissima sensazione. «cos’hai
in mente?»
«mio marito mi ha fatto promettere che avrei trattato questa
selvaggia come
fosse stata mia figlia. Ciò significa crescerla come se
fosse un’Aldebaran, con
tutto quel che comporta. Dovresti conoscere le conseguenze di azioni
come
quella che ha compiuto questa bestiola».
A quel punto Nahema capì dove voleva andare a parare, e si
stupì quando vide la
sorella modellare senza particolare difficoltà qualcosa di
terribilmente
somigliante ad una frusta, fatta di una strana materia luminosa.
Sembrava che
Typhan, oltre a munirla di palazzo e servitù,
l’avesse dotata di alcuni poteri
e le stesse insegnando anche qualche trucchetto. «Kehazilia,
è una bambina».
«anche tu e Aladohar lo eravate, eppure la giusta dose non vi
è stata
risparmiata, se non sbaglio» ribatté la ragazza.
«non è un’Aldebaran e, promessa o non
promessa, non puoi trattarla come se lo
fosse. Come tua sorella maggiore e parte lesa, voglio che tu sorvoli su
quanto
è accaduto».
Kehazilia si avvicinò a Emily Jane, dando quasi
l’impressione di fluttuare nel
suo lungo abito dorato. «come tutrice di questa piccola
bestia e signora di
queste terre, io non intendo assolutamente ascoltarti».
Il primo schiocco della frusta risuonò sonoro nella stanza,
e ancor di più il
grido di dolore straziante di quella povera bambina.
Il secondo fu ancora peggiore. Contrariamente ad Iyra, brava a
infliggere
frustate che causavano dolore ma non lasciavano altro se non brutti
segni rossi
che sparivano dopo un paio di giorni, Kehazilia aveva tutta
l’intenzione di
imprimere in modo profondo e indelebile la sua lezione sulla pelle di
Emily
Jane, lacerando vestiti, pelle e psiche.
Il rumore del terzo colpo fu quasi del tutto soffocato da quello degli
strilli
e i pianti. Nahema non sapeva dire se fosse peggio questo, o
l’aria
imperturbabile con cui Kehazilia inferse il quarto.
Superando lo sbigottimento la sua mano destra a quel punto
scattò da sola,
bloccando a metà strada il polso sottile di sua sorella.
«è sufficiente, anzi»
allontanò bruscamente Kehazilia dalla sua vittima
«è anche troppo. Non può
reggerne altri, non di questo genere!»
«la punizione prevista è di dieci frustate, e tu
non hai l’autorità di
impedirmi di continuare!» protestò Kehazilia, che
in seguito gemette,
sentendosi quasi stritolare il polso.
«se avessi voluto la morte della bambina, a
quest’ora sarebbe stata sottoterra
con la madre. Lei deve rimanere in vita, e quanto più
possibile illesa.
Per il resto ricorda: avrai sposato una specie di semidio, ma sei
un’Aldebaran,
e io sono a capo della nostra famiglia. Ho tutta
l’autorità che serve» affermò
Nahema «e l’avrò sempre, che ti piaccia
oppure no. Il sangue non è acqua, e per
vari motivi preferirei che mantenessimo un buon rapporto, Nihil
Kehazilia»
concluse, lasciandola andare «ora di’ ai tuoi servi
che lascino andare la bambina,
e falla medicare».
«una punizione è una punizione, non vedo che
valore possa avere se poi le sue
ferite vengono curate immediatamente!» ribatté la
ragazza, mentre i due servi
lasciavano cadere a terra la povera Emily Jane.
«non dubito che per una persona che non ha mai preso colpi di
frusta, o così mi
dicono, sia facile parlare. Benissimo, se tu non vuoi farla medicare lo
farò io
stessa nella mia nave. Uno dei tuoi servi verrà con me,
così che in seguito
possa accompagnarla nella sua stanza. Per oggi eviterai la sua
compagnia e,
quanto al modo in cui la tratterai in futuro, mi sono spiegata poco fa.
Tu» si
rivolse a un servo «solleva la bambina e seguimi».
«è vergognoso che un’arciduchessa si
faccia colpire da una piccola plebea senza
protestare!» esclamò Kehazilia «credevo
fossi diversa, Nahema. Più autorevole».
«infatti lo sono, quando e con chi serve. La
crudeltà inutile è una cosa
diversa, e lei ne ha già passate abbastanza. Ti saluto Nihil
Kehazilia, e spero
che i nostri incontri futuri, perché ce
ne
saranno, siano migliori di questo».
Uscì senza degnare Kehazilia di un’ulteriore
occhiata, e senza aspettare una
risposta, seguita dalla creatura senza volto che, come lei aveva
ordinato,
trasportava Emily Jane.
Quest’ultima
al momento
quasi del tutto immobile e silenziosa, tanto da somigliare a una
bambola di pezza
con la schiena martoriata.
Anche nella nave le cose non cambiarono, ed Emily si lasciò
manipolare senza
proteste, anche quando Nahema le scoprì la schiena.
L’unica cosa che faceva
capire che era viva era il respiro corto e spezzato.
«ho mentito a mia sorella. Probabilmente avresti potuto
reggerle tutte e dieci,
fisicamente parlando. Il fatto che tu sia piccola e magra non deve
ingannare:
credo che tu abbia il nerbo di Kozmotis, e non è un
male» da una valigetta
d’acciaio, Nahema tirò fuori una fiala che
conteneva uno strano liquido blu
luminescente, con cui imbevve del cotone. «questo
farà sparire immediatamente
il dolore, e renderà la guarigione un
po’più rapida. Gli intrugli di mio padre
a volte hanno quasi del miracoloso. Quasi.
Credo che dovrò anche
metterti dei punti, ma neppure questo ti farà male. Poi ti
fascerò. Servo»
Nahema guardò l’essere senza volto «nei
prossimi giorni cambierai le sue
fasciature fino a quando le ferite saranno scomparse».
Anche in seguito la bambina non disse nulla, però man mano
che il liquido
veniva applicato sulle sue ferite riprese a respirare in modo
più regolare, e
iniziò a tremare leggermente.
«ora metto i punti. Cerca di restare ferma,
d’accordo?»
«portami da papà» disse Emily Jane, in
un mormorio quasi inudibile «portami
via. Non lasciarmi qui. Portami da lui…portami da
papà, ti supplico…»
Furono le ultime parole che disse prima che la sua voce si spezzasse, e
crollasse in un pianto dirotto.
Qualcosa portò Nahema -Nahema!- a
sollevare una mano per fare
addirittura una carezza a quella povera creatura ma, com’era
accaduto prima con
l’indignazione per lo schiaffo ricevuto, cambiò
subito idea. Sarebbe stato un
gesto inutile, nonché -conscia del proprio ruolo in quella
vicenda- ben poco
coerente. «io non posso proprio portarti via, quindi
resterai dove sei.
Tranquilla, Kehazilia non ti frusterà
più» disse, auspicando di avere ragione
«però una cosa posso farla. Posso dire a tuo padre
che sei qui».
«davvero lo farai?» le chiese Emily Jane, con una
flebile luce di speranza
negli occhi.
«sì. Hai la mia parola che, quando
verrà il momento, gli dirò dove sei. A quel
punto deciderà lui cosa fare».
Tanith, invisibile e intangibile, rise silenziosamente.
“Quando verrà il
momento” significava “quando avrò preso
il posto di tuo padre e forse anche il
regno”, quindi molto probabilmente ci sarebbero voluti anni
prima che il povero
generale avesse notizie di sua figlia.
Non
dubitava che Nahema
avrebbe mantenuto la parola, prima o poi,
ma intanto lei avrebbe
potuto pasteggiare tranquillamente col dolore dei Pitchiner
rimasti.
“non mi sorprenderei se quel che ha detto Nahema causasse
ulteriore tormento
alla piccolina. Finirà col pensare che suo padre sia stato
informato, ma abbia
deciso coscientemente di abbandonarla. Certe persone sono
così brave a
distruggere le famiglie altrui!”
Così pensò Tanith, nel suo allegro
compiacimento…e non aveva idea di quanto
avesse ragione.
Ed ecco spiegato perché Emily Jane ha qualche problema a
lasciare che le persone guardino la sua schiena nuda. In LLD2 ne avevo
dato un
accenno, qui è spiegato un po’meglio.
Per quel che concerne il titano Typhan -al quale in un mio
head canon ho dato la possibilità di assumere forme
più “comode” quando ha a
che fare con le persone- io mi sono sempre chiesta perché,
pur sapendo
benissimo chi fosse Emily Jane, non l’abbia mai restituita al
padre e l’abbia
tenuta con sé chiamandola “figlia”:
egoismo, immagino. Viene fatto intendere
che desiderasse una famiglia, quindi in questa AU già che
c’ero gli ho
affibbiato anche un’adorabile
moglie.
A voi i commenti, e alla prossima,
_Dracarys_
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