Naked
– nudo/a
«Ehilà,
bellezze di casa Lombard, dove siete?» urlò
Martin, aprendo la
porta dell'ingresso.
Non
udendo nessuna risposta, si tolse gli enormi occhiali con lenti a
specchio che indossava e diede un'occhiata intorno, perplesso.
Se
non ci fosse stato nessuno avrebbero di certo chiuso la porta a
chiave e inserito l'allarme.
Un
mugugno indistinto proveniente dal piano superiore gli
confermò che
qualcuno c'era.
Con
passo deciso si avviò verso la fonte del rumore.
Raggiunta
la meta spalancò la porta e trovò Diana seduta al
computer con i
capelli arruffati, chiaro segno che era in un momento di grande
lavorio mentale.
«Diana,
ti sei dimenticata che oggi dovevamo andare in spiaggia?»
Lei,
troppo concentrata su ciò che stava facendo, non aveva
sentito
Martin chiamarla dal piano di sotto e così, appena sentita
la sua
voce balzò in piedi urlando per lo spavento.
«Mi
hai fatto prendere un colpo!» lo rimproverò.
«Ho
provato a chiamarti quando sono entrato in casa ma non mi hai
sentito.»
«Ma
che ci fai conciato così?» chiese, notando
finalmente il costume a
stampa hawaiana e le infradito dell'amico.
«Hai
dimenticato che dovevamo andare al mare?»
«Vero,
era per oggi!» esclamò lei, lasciandosi cadere
seduta sul letto con
aria afflitta.
«Posso
sapere cosa ti ha distratto tanto da dimenticare l'impegno che avevi
con me?»
«Una
tesina per il corso di scrittura creativa.»
«Ma
che razza di college frequenti? Non lo sanno che le vacanze sono
sacre?»
«È
un compito al di fuori dal programma per ottenere crediti extra. Per
questo devo farlo durante le vacanze.» spiegò
Diana, vergognandosi
un po'.
«Dovevo
immaginarmelo!» esclamò Martin, per nulla
sorpreso. «E di cosa
devi scrivere?»
Alla
sua domanda vide il volto dell'amica farsi di brace mentre abbassava
lo sguardo sul pavimento.
Incuriosito
dal suo comportamento, portò lo sguardo sullo schermo del pc
ma
riuscì a leggere solo il titolo, “Naked”
, prima che la ragazza
facesse sparire la pagina di word dal desktop.
«Bene,
bene, la signorina si è data agli argomenti
spinti!» la canzonò.
«Oh
taci stupido!» esclamò Diana, esasperata.
«È stato il professore
a scegliere l'argomento.»
«Sicura
che non sia un maniaco?» domandò Martin,
preoccupato.
«No,
tranquillo. Ha semplicemente voluto metterci alla prova. Dice che gli
scrittori tendono ad adagiarsi sullo stile che gli riesce meglio ma
che per imparare a scrivere bene è necessario sperimentare
tutte le
tipologie di scrittura.» iniziò a spiegare.
«Durante l'ultima
lezione ha scritto i nostri nomi su dei biglietti e diversi tipi di
racconti su degli altri abbinandoli con un'estrazione a sorte. A me
è
capitato il racconto erotico dal punto di vista maschile.»
«Bella
gatta da pelare!»
«Non
dirlo a me! Per aiutarci ci ha dato un prompt, nel mio caso era la
parola “naked”e a me l'unica cosa che è
venuta in mente è
stata di descrivere la prima volta che un ragazzo si ritrova a
denudarsi davanti ad una ragazza. Il problema è che non so
cosa
scrivere!» esclamò, lasciandosi andare
all'indietro sul letto.
«Martin,
ma tu sei un ragazzo!» disse qualche secondo dopo, saltando a
sedere
e illuminandosi in volto. «Se tu mi racconti com'è
stato per te
magari riuscirò a tradurlo in un buon racconto!»
«Scordatelo!»
esclamò Martin, facendo un balzo indietro e cercando di
guadagnare
l'uscita.
«Io
ti ho sempre aiutato per i compiti e senza chiedere nulla in cambio
invece se tu mi aiuterai otterrai due vantaggi: io sarò
libera di
venire al mare con te e mentre mi racconti la tua esperienza potrai
gustare una mega coppa al triplo gusto del gelato che ha fatto ieri
mia mamma.» lo ricattò Diana, ben consapevole del
debole che il
ragazzo aveva per il gelato fatto in casa.
Martin
la fissò per qualche minuto, tremendamente indeciso sul da
farsi.
Amava
il gelato ma raccontare certe cose alla sua amica lo metteva
tremendamente a disagio.
D'altro
canto era vero che molte volte se Diana non lo avesse aiutato avrebbe
finito per prendere delle insufficienze e non esagerava nel pensare
che forse non sarebbe neanche riuscito ad entrare al college.
«E
sia, ma solo se le coppe di gelato sono due.» si
arrese,infine.
Nonostante
l'imbarazzo che provava non poteva abbandonarla nei guai, non poteva
proprio.
Rinfrancata
dall'inaspettato aiuto, Diana afferrò la mano di Martin e lo
trascinò in cucina.
«Io
preparo il gelato e tu intanto racconti.» disse, dandogli le
spalle
e armeggiando con coppe e cucchiaini mentre lui prendeva posto sullo
sgabello dietro il bancone posizionato al centro della stanza che
spesso fungeva da tavolo per la colazione.
«Qui
in cucina? E se per caso arriva tua madre?» chiese,
preoccupato
della possibile figuraccia.
«Di
lei non ti devi preoccupare, è a lavoro e non
tornerà neanche per
pranzo.»
«Ah,
ok.» rispose lui, rassegnato a non avere più vie
d'uscita. «Bé,
ecco, come puoi immaginare è successo con Janette, la
ragazza del
gemellaggio culturale. Te la ricordi?»
Diana
si limitò a fare un cenno di assenso col capo mentre, non
vista,
stringeva il cucchiaio che aveva in mano fin quasi a piegarlo.
Che
stupida che era stata, era così preoccupata per il compito
che non
aveva minimamente pensato all'eventualità che la sua prima
volta
fosse stata proprio con quell'oca francese che lo aveva tampinato per
tutto il tempo del suo soggiorno alla Torrington.
Avrebbe
dovuto immaginarlo, visto anche come lo aveva baciato al momento
della partenza, palpandogli il sedere senza ritegno davanti a tutta
la scuola; se ci ripensava sentiva ancora il sangue ribollirle nelle
vene.
Invece
non ci aveva pensato e adesso si sarebbe dovuta subire il resoconto
del loro incontro.
Ben
le stava, si disse tra se, così imparava a chiedere certi
assurdi
favori proprio a lui.
«È
stata la sera della festa di commiato. Avevamo bevuto un po', il che
da un lato aiutava a far sentire di meno l'imbarazzo ma dall'altro mi
ha reso ancora più goffo nei movimenti.»
confessò arrossendo un
leggermente.
«A
te.» disse Diana, poggiando davanti all'amico una coppa di
gelato
dalle dimensioni pantagrueliche e prendendo posto davanti a lui.
«Grazie!»
esclamò lui, entusiasta fiondandosi sul dolce con foga e
mandandone
giù una grossa cucchiaiata prima che l'amica potesse
impedirgli di
farlo.
«Aaaahhh!»
urlò poco dopo il biondo, portandosi le mani alle tempie.
Impietosita,
la ragazza girò intorno al bancone e poggiò le
mani sulla testa
dell'amico per aiutarlo a scongelarsi il cervello.
«Possibile
che non hai ancora imparato a non mangiare il gelato con tanta
foga?»
«La
colpa è di tua mamma che lo fa troppo buono!» si
giustificò
alzando gli occhi in su con sguardo da cucciolo.
A
quel punto Diana non riuscì a trattenersi.
«Passata
la bua?» gli chiese, dopo avergli dato un bacio sulla fronte
come si
fa con un bambino che si è fatto male.
Non
poteva farci nulla, nonostante a volte si comportasse da immaturo,
questi suoi atteggiamenti ispiravano la sua tenerezza.
Teneva
a quello scapestrato biondo e per lui ci sarebbe sempre stato un
posto speciale nel suo cuore.
Vedendo
lo sguardo contrariato del ragazzo scoppiò in una fragorosa
risata
e, lasciatolo andare, tornò al suo posto.
Se
si fosse attardata qualche secondo in più a guardarlo negli
occhi vi
avrebbe visto una luce nuova, qualcosa che l'avrebbe fatta gioire ma
lei era già tornata alla sua coppa di gelato, ignara di
ciò che
aveva perso.
«Allora,
riprendiamo. Prima finisci di raccontare prima possiamo andare a
divertirci.» lo incoraggiò Diana, fingendo una
spensieratezza che
non provava. Ormai però non poteva tirarsi indietro.
«Continuo
ma solo ad una condizione, dopo dovrai raccontarmi la cosa dal punto
di vista femminile.»
«Intanto
racconta, poi vedremo.» rispose lei, senza sbilanciarsi.
«Che
vuoi che ti dica, mi sentivo agitato, ansioso ed emozionato. Il fatto
che per lei non fosse la prima volta da un lato mi rassicurava
perché
mi faceva sperare che non mi avrebbe chiesto di fermarmi sul
più
bello ma d'altro canto mi faceva temere il confronto con chi era
venuto prima di me.» spiegò, continuando a gustare
il suo dolce. «È
inutile dire che la parte più imbarazzante è
quando togli i boxer.
Una parte di te si chiede se ciò che hai da offrirle le
sembrerà
abbastanza, nel suo caso poi visto che aveva avuto altri ragazzi
prima di m'intimoriva l'idea che io risultassi il meno
dotato.»
confessò candidamente facendo soffocare Diana.
Stavolta
fu il suo turno di alzarsi per andare a dare delle pacche sulla
schiena all'amica.
«Tutto
bene?» le chiese, porgendole un bicchiere d'acqua.
«Si,
solo non mi aspettavo tanta sincerità.» ammise,
cercando di
riprendere fiato.
«Se
vuoi mi fermo qui.»
«No
dai, continua pure.»
«In
quel frangente ti chiedi anche se riuscirai a durare abbastanza e a
farla godere; la fortuna è che appena lei inizia a
spogliarsi
dimentichi tutto il resto, diciamo pure che il sangue dal cervello
migra in altre zone!» esclamò, ridendo.
«Vuoi sapere altro?»
chiese, riguadagnando il suo posto e finendo il gelato.
«Direi
che può bastare.»
«Un'ultima
cosa però voglio dirtela. C'è solo una cosa che
rimpiango nel fatto
che la mia prima volta sia stata con lei. Il fatto che non ne fossi
innamorato creava meno tensione a livello emotivo e non essendo per
lei la prima volta non avevo il timore di farle del male ma, secondo
me, se lo avessi fatto con qualcuna a cui tenevo veramente sarebbe
stato più bello.» confessò guardandola
negli occhi come mai aveva
fatto prima.
Totalmente
scombussolata, Diana si alzò di scatto dirigendosi verso il
salotto,
separato dalla cucina solo da un arco.
«Dove
vai?»
«Buttò
giù due righe per ricordare ciò che voglio
scrivere e poi usciamo.»
annunciò per togliersi d'impiccio.
«Hey,
ma dovevi raccontarmi la tua esperienza!» protestò
il biondo.
«Non
avevo promesso nulla.» le ricordò lei correndo
verso le scale.
Accadde
tutto in pochi secondi.
Diana
si era data alla fuga, Martin aveva cercato di bloccarla ma lei si
era divincolata, sfuggendogli.
Ciò
di cui non si era accorta era che il laccio che teneva legato al
collo il suo vestito era rimasto impigliato nell' U-watch di Martin
così, quando lei si era allontanata, si era sciolto.
Prima
che potesse rendersi conto dell'accaduto, la stoffa leggera era scesa
a cingerle le caviglie ostacolandole il passo e lei si era ritrovata
ad inciampare.
Il
provvidenziale intervento di Martin, che l'aveva afferrata per un
polso per poi attirarla se, le aveva impedito di finire faccia a
terra ma, in compenso, si era ritrovata stretta tra le sue braccia,
col seno premuto contro il suo petto e indosso solo un paio di
mutandine color malva.
Diana
sentiva il volto in fiamme e il cuore a mille.
Sarebbe
voluta fuggire ma così avrebbe dato a Martin una visione
panoramica
del suo corpo praticamente nudo.
Certo,
l'aveva vista spesso in costume ma questo era decisamente diverso.
D'altronde
non poteva neanche rimanere lì.
La
scarica di eccitazione data dal pericolo di cadere e dall'essersi
ritrovata stretta a lui aveva fatto inturgidire i suoi capezzoli ed
era impossibile che lui non se ne fosse accorto, visto che al momento
premevano contro il suo petto.
Presa
dal panico, Diana si strinse le braccia al petto e cercò di
allontanarsi ma avvertì le braccia di Martin che aumentavano
la
stretta su di se.
Perplessa
alzò gli occhi e fu allora che poté leggere il
desiderio in quelli
di lui. In quel momento le parole che le aveva detto in cucina
assunsero un significato nuovo e lei sentì il cuore mancarle
un
battito.
Non
sapeva cosa dire, non era facile confessare al proprio amico di una
vita che lo si desiderava in un modo tutt'altro che casto.
Le
parole però non furono necessarie, a quanto pareva i suoi
desideri
trasparivano nitidamente nei suoi occhi perché senza indugio
Martin
le portò una mano alla guancia, le alzò il viso e
la baciò
mettendoci dentro la passione repressa in tutti quegli anni.
Senza
smettere di baciarla, Martin guidò Diana nella sua camera e,
una
volta giunti lì non ci volle molto perché, oltre
alle anime, anche
i loro corpi si mettessero a nudo mentre si scoprivano e amavano come
mai avrebbero pensato che sarebbe potuto succedere.
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