Prompt:
Oscurità
Parole:
1118
Rating:
leggermente nsfw per le tematiche, ma indicativamente PG13
Warning:
implied!Rape, implied!Abortion, implied!psychological/phisical abuse,
implied! boh, che cazzo ne so, Furiosa
non c'ha un
braccio, fatevi due calcoli.
Note:
scritta per il CowT, ultima settimana, sono così distrutta
che
nemmeno ho voglia di mettere le note o uno schema. Uccidetemi. Bianco
e nero sono i colori dei war boys, di Immortan Joe e delle tinte che
vengono usate principalmente da quel gran simpaticone. Max è
il mio
patatino e gli voglio bene.
Il
contesto è questo, dai fumetti Furiosa impedisce ad Angharad
di
abortire, così mi è nato questo headcanon che in
passato fosse
stata una delle mogli di Immortan e che avesse volontariamente
abortito, cosa per la quale è stata punita con il mozzamento
del
braccio.
Originariamente
postata sul mio Livejournal l'11 Marzo 2016, per leggere altre cose
su Mad Max andate sul mio
profilo AO3, in inglese.
Bianco
e Nero
Furiosa
vorrebbe solo riuscire ad aprire gli occhi e vedere i colori.
Ma
sono passati anni dall'ultima volta in cui l'arancione della sabbia
di quelle terre desolate è apparso brillante al suo sguardo,
le
piante che crescono rigogliose sulla cima della Cittadella sono come
ombre scure di fronte a lei e persino il cielo risulta perennemente
coperto da un velo opaco. È come se non riuscisse a
concepire il
mondo in altro modo che attraverso un filtro desaturante che ne
smorza i toni; non che la cosa la stupisca. La vita non l'ha portata
a percepire i colori come chiunque altro, o forse all'inizio li
distingueva anche lei, ma quando ha visto tutto ciò che
amava venire
distrutto, quando ha capito per la prima volta di non essere altro
che un oggetto nelle mani di qualcun altro, a quel punto Furiosa ha
preferito scegliere di vivere in un mondo in bianco e nero, un mondo
che non comportasse la perdita della speranza, perché come
poteva
esserci speranza in un mondo senza colore?
Quando
pensava che la sua miserabile esistenza avesse toccato il fondo,
Immortan Joe aveva fatto di lei una delle sue mogli, l'aveva toccata
con le sue mani sporche e butterate e aveva piegato il suo corpo
flaccido su quello di una bambina appena diventata donna, ancora
troppo giovane e acerba per produrre qualsiasi cosa. Nonostante tutto
non aveva ceduto, aveva lottato finché era riuscita a farlo,
finché
il suo corpo non aveva sviluppato delle curve che non avrebbe mai
pensato si sarebbero formate su di lei, finché il suo ventre
non si
era gonfiato e arrotondato e Furiosa aveva percepito nel suo cuore
che, oltre alla speranza, era morta anche la sua umanità.
Aveva
sanguinato così tanto quel giorno che era sicura che sarebbe
morta,
precipitando nella disperazione più profonda, nel dolore
più cupo,
ma non era successo. Si era ritrovata ancora viva, con le mani
dell'organic mechanic tra le gambe, e lo sguardo carico d'ira di
Immortan Joe piantato in viso. Quando il supposto medico aveva
estratto il cadavere senza vita di sua figlia – e solo quello
le
aveva salvato la vita, che fosse una femmina quella vita che andava
crescendo nel suo ventre – aveva trascinato Furiosa fino nel
centro
del Bio-Dome e aveva urlato fino a rimanere senza fiato. Quindi le
aveva tagliato un braccio.
Per
fare da esempio, aveva detto, perché a nessun'altra di
quelle
giovani ingrate venisse in mente di fare una cosa simile. Le parole
che non aveva pronunciato erano state cagne da riproduzione e Furiosa
lo sapeva, perché dopo tutto era quello che erano: meri
oggetti la
cui unica esistenza era concessa e concepita nell'ottica della
riproduzione. Nemmeno servivano a procurargli piacere, quel vecchio
bastardo non aveva intenzione di usarle per quello, Joe voleva degli
eredi. Sani.
Partorire,
poi, non era nemmeno una garanzia di sopravvivenza; le mogli di
Immortan che avevano dato alla luce i suoi figli deformi erano state
uccise, perché che senso aveva tenere (e mantenere) delle
bocche in
più capaci solamente di produrre merce difettosa?
Furiosa
però non era morta.
Aveva
urlato, aveva pianto, aveva sanguinato, poi si era rialzata.
I
ricordi successivi sono vivi, ma confusi nella sua memoria. Ricorda
le grida di scherno e di odio, ricorda le risate e i corridoi bui
della cittadella, i War Boys che le passavano di fianco indicando lei
e il suo moncherino, senza osare toccarla; più di ogni altra
cosa,
Furiosa ricorda l'oscurità.
L'antro
scuro e sporco in cui si era ritirata a leccarsi le ferite, ad
aspettare di guarire, da cui era scivolata fuori, prima trascinandosi
a fatica, a gattoni, poi su due gambe, fino a imparare a camminare di
nuovo, fiera nella sua disabilità.
Aveva
imparato a sopravvivere, a concepire la sua vita senza un braccio, ma
non era mai tornata a vedere i colori.
Nel
suo mondo in bianco e nero, Furiosa ha imparato a distinguere le
sfumature. Ognuna di essere segna ai suoi occhi un grado di
colpevolezza, una posizione diversa nella sua scala di giudizio. Se
si guarda nello specchietto retrovisore del suo blindato,
l'Imperatrice si vede di un grigio simile a quello del cielo in
tempesta; Immortan Joe è nero come la notte, non ha
sfumature per
lei, ma l'aspetto tetro di un abisso oscuro; le mogli sono di un
grigio chiaro, la tonalità varia da una all'altra e solo
Angharad
splende di bianco.
Furiosa
sceglie di vivere in un mondo senza colori. Poi arriva Max.
Max
ha una forza di volontà che lei non ha mai visto prima; dice
che
sperare è sbagliato, ma la verità è
che lui continua a farlo, si
ostina ad appigliarsi a qualcosa e ad aggrapparvisi utilizzandola
come scusa per andare avanti. E a cosa può attaccarsi un
uomo che ha
perso tutto se non alla speranza?
Forse
è vero, forse è matto ed è per questo
che continua a farlo, ma chi
è il vero folle? Colui che crede o colui che rinuncia a
credere
perché qualcun altro glielo impone?
Max
non appare né bianco né nero agli occhi di
Furiosa, non riesce a
individuarne la tonalità di grigio e le ci vuole del tempo
per
capire che non sta guardando un uomo applicando su di lui il suo
metro di giudizio, ma lo sta vedendo per quello che è
davvero.
Il
suo viso è sporco di sabbia e sangue, i suoi vestiti sono
logori e
consumati e la luce nei suoi occhi brilla, come se sfidasse
l'universo intero a spegnerla; non sa bene cosa sia che la disturbi
di più, se la realizzazione improvvisa dei colori che la
circondano
o la consapevolezza di essersi rinchiusa per tutto quel tempo in
sé
stessa, cercando di sfuggire da un mondo plasmato a immagine e
somiglianza di un uomo nero come la pece.
Non
ha importanza, non più.
Furiosa
guida il suo camion verso quella che spera essere una nuova vita, la
sabbia arancione del deserto le colpisce il viso, sferzandolo senza
gentilezza, il sangue rosso scivola tra le sue mani mentre fa
pressione sulla ferita al costato e davanti ai suoi occhi il cielo
azzurro si tinge delle esplosioni delle macchine da guerra di
Immortan Joe.
È
quasi troppo da sopportare, tutto troppo colorato, troppo forte,
troppo vivo.
Ma
va bene così, perché Furiosa si sente viva, e
nemmeno lei saprebbe
dire da quanto tempo non accadeva; è una sensazione nuova, e
se non
nuova è così lontana che quasi l'aveva
dimenticata, lasciandola
sprofondare nell'oblio.
Il
mondo di Immortan Joe è un mondo in bianco e nero, la follia
di Max
non conosce altro che colori accecanti, finalmente Furiosa torna a
vedere e capisce che, dopo tutto, in quel mondo desolato in cui
vivono, forse è meglio essere matti.
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