Due metà di coppie

di Mr_Prow
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[Il capitolo cita liberamente una frase del film "The Words". Ve lo consiglio vivamente. Buona lettura]


Ehi? Ci sei ancora o devo chiamare  Apollo 13 per venirti a prendere?
Le parole di Gabe mi distrassero dal fissare un  punto fisso sullo specchio alle spalle del barista. Tornai al disturbatore dei miei pensieri.
Quando penserai di levarti quelle  idee dalla testa e inizierai a far altro per distrarti? Ma poi è finita quella faccenda, non puoi mica ricucirci sopra! Se è finita, è finita. Sfoglia pagina e via.
Con uno sguardo abbastanza serio credo di aver fatto capire a Gabe di non aver voglia di discutere di queste cose, anche perché avevamo già  fatto questo discorso diverse volte in precedenza. Nel qual caso non lo avesse capito, prima di prendere un ultimo sorso della mia bibita, aggiunsiNon sei me. Non conosci la situazione, quindi non puoi capire”.

Allora prese un sospiro di rassegnazione  e dopo anche il suo zaino. Andammo a pagare il conto e ce ne andammo.

Credi che sia meglio entrare a scuola per questo pomeriggio?domandò Gabe incamminandoci per il marciapiede.

Non lo so… Non sono in vena né di sgarrare né di fare quella inutile lezione di fisica.
E quindi? Non sai che fare? Beh, vorrà dire che prenderò io la decisione per entrambi… ci fermammo dalla distanza  dell’entrata dell’istituto di 3 palazzi. Presi a fissare la scritta sopra l’entrata, mentre tenevo le mani dietro la testa  come era  “mio ultimo solito” fare, dopodiché scostai lo sguardo al cielo notando una nube nera sempre più vicina.

…oggi non si entra e si va al biliardino a passarci il pomeriggio. Allora? Che dici?

Non dissi nulla, mentre miravo ancora quelle nubi dietro la scuola, diedi solo un accenno di spalle accompagnate da un arricciamento del naso.

Quanto sei noioso. Ultimamente sei peggiorato: non prendi decisioni per nulla. Vedi di tornare come una volta, Leòn”.

Niente. Nessuna risposta. Non avevo voglia di discutere; anzi, come avevo già detto non avevo voglia di far nulla.
Così, Gabe prese posizione per entrambi e fece strada per andare a giocare. Arrivati lì entrammo. La puzza di fumo inebriava ogni angolo e centimetro cubico di quel posto. Anche dall’aspetto l’aria appariva come un po’ contaminata da una nebbia che  oscurava il tutto.
Prendemmo  un tavolo e tutto l’occorrente per giocare. Fin dal nostro arrivo gli altri ragazzi iniziarono a fissarci. Uno tutto sfrontato si prese di coraggio e si avvicinò. Classico orecchino giallo, eyeliner che rimarcavano gli occhi, capigliatura molto somigliante ad uno di quei calciatori che tutti quelli di quel genere devono replicare.  Insomma, il solito rompiballe che cerca rogne. Ci chiese con aria di sfrontata se avessimo  intenzione di confrontarci con lui e uno dei suoi. Speravo che Gabe avesse capito che non avevo alcuna voglia di far niente quel giorno. Era ovvio, però, che lo spirito competitivo di Gabe si facesse vivo proprio in questi casi, ed eccolo che accettò la sfida. Non mi restava che fargli da spalla e provare la nostra solita strategia: lui è sempre stato molto versatile per ogni occasione e sapeva come giocare ma non teneva un’eccezionale mira, qui compensavo io che me la cavavo in questo, sebbene conoscessi a malapena le basi del gioco.
Il tizio e un suo compare si rivelarono tosti, nonostante facessero un buon gioco, ma sovente non colpivano le palle perfettamente come volevano, infatti tenemmo testa a loro a malapena. Dopo un susseguirsi di pareggi, alla fine abbiamo avuto  la meglio per molto poco.
I tizi, ovviamente incazzati, non ammisero una cosa del genere e diventarono un tantino ostili.
Noi del nostro gruppo non ammettiamo di perdere. O ci date la rivincita o ce la vedremo  in altri modi…
In quel momento ebbi una certa incazzatura e mi innervosì tantissimo. Da quando la mia parte migliore se n'era andata per sempre, tornai ad essere più irascibile. Sono sempre stato un tipo che per certe cose si scalda facilmente, questo fin quando non conobbi quella che doveva essere la mia parte più razionale, quella parte sempre calma e ragionevole che mi teneva in equilibrio. Ebbene non c'era più, dovevo cavarmela da solo, di nuovo.
" Credi che per una cazzata del genere ci sia bisogno di arrivare alle maniere forti? Cazzo! Ma allora perché non scatenare la Terza Guerra Mondiale solo perché ripuliscono i vostri fantastici murales ogni qual volta che in questa città ci stanno i soldi per farlo! " Iniziai a dire ad alta voce facendomi notare da molti. La tensione era sospesa. Tutti erano interessati, si sentivano in causa.
"Perché, allora, non ammazzarci a vicenda per arruffarsi per primi la stecca o avere il primo tocco! Non siamo forse persone umane e civili? Se c'è un problema si discute, ma ammazzarsi per una cosa che non sussiste è assurdo! Noi siamo semplicemente qui per passarci il tempo visto che questo pomeriggio si prospettava una merda, ma a quanto pare doveva andare di male in peggio! Ce ne stiamo andando, non ci interessa la rivincita.
Il tizio minaccioso si avvicinò a me, il suo sguardo non annunciava nulla di buono, eppure, me ne fregavo " Chi credi di essere, cazzone?" disse. Il compare dietro lo richiamò "Connor..." e a quella parola rimasi un attimo di stucco. Quel cognome era troppo familiare per appartenere a quell'essere, con quello ci stavano in pochi nella nostra truculenta città e per di più con quegli occhi di ghiaccio. Non poteva appartenere altri che alla famiglia della persona per cui avevo più... pensato.
"
Andiamocene, Gabe. Ora." dissi voltandomi al mio compare. Non battè ciglio e mi seguì subito a  prendere la nostra roba. Avviandomi verso l'uscita, continuai a fissare il signorino Connor. Metteva timore il suo sguardo, ma ero preso da tutt'altro che da lui in quel momento, il tormento era tornato. Prima di uscire mi chiamò "Come cazzo ti chiami...?". 
Gettai l'amo con l'esca "Sono Leòn, mio caro Federico." Ci rimase, voleva dire che aveva abboccato, purtroppo. 
"E come faresti a sapere il mio nome, coglione?" Di fronte all'uscita, indicai a Gabe di andarsene.
"Diciamo che conosco molto bene un tuo familiare. Kowa a dirla tutta" dissi mentre tenevo la porta aperta col mio amico già fuori.
"Come fai a...? Ma allora tu sei quello che...?" Me la svignai velocemente anche io.
Comandai a Gabe di accellerare il passo e di girare al primo angolo a tiro. Appena fummo abbastanza lontani, prese con le domande "Ma chi era? ...ma lo conosci? Come faceva a conoscere la tua ex?". Rimasi zitto, non gli risposi.
Vi fu per un po' silenzio lungo il percorso, ci avviamo per la fermata e, una volta lì ad attendere il bus, fece un'ultima domanda "Si vede che sei ansioso. Sospiri di continuo... che diavolo ti è preso?"
"Era il fratello di Kowa. Non ci credo quello scapestrato fosse suo fratello, eppure, lo era. Me ne aveva parlato un poco... E' assurdo che ovunque vada me la trovi sempre intorno..."
"... ancora con questa storia. Era una favoletta da poco, non ammazzarti per questo. Ci siamo passati tutti vedi."
Il cielo decise di dare libero sfogo alla sua rabbia con le sue goccioline d'acqua. Pian piano le goccioline diventarono più grandi. Si avvicinava una forte burrasca, tanto per finire in bellezza. Ci piazzammo sotto il riparo della fermata. Sospirai e sfogai tutto quello che tenevo dentro.
"Non è una semplice favoletta... non ti rendi conto delle bugie, dei sacrifici, del dolore e fatiche che ho dovuto affrontare per Lei? Non puoi capire. E per avere in cambio cosa? Niente! La felicità è stata solo una cosa momentanea! Le emozioni fanno schifo. Sono uno schifo e non c'è niente che si possa fare per impedire... che il cuore agisca. A questo ci sono passati tutti, ebbene io non riesco a seguire la mia testa, non ancora perlomeno! Io seguo l'istinto, se non lo facessi mi tormenterei continuamente; nonostante tutto, però, sta succedendo."
Arrivò il mio bus. Prima di salirci , lasciai Gabe con l'ultimo dei miei pensieri sperando che almeno questa volta mi capisse.
"Vedi che fare delle scelte non è facile, ma il peggio è conviverci."




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