Nell'esatto
istante in cui Prudie è arrivata con quella lettera, tutte
le mie
paure più profonde si sono materializzate. Temo questo
momento da
sempre, fin dal primo istante in cui ho capito di essere innamorata
di lui.
Trattengo
il fiato mentre apre la busta, lo guardo impallidire e poi farsi
rosso dalla rabbia.
Conosco
quello sguardo, conosco mio marito e so cosa farà, ora che
sa. Da
questo istante in poi, se non lo fermo, io non esisto più.
"Devo
andare a Trenwith" – mi dice quasi col fiato corto, senza
vedermi realmente.
Mi
paro davanti a lui. "Ross, domani, non stasera. Ti prego, non
andare". C'è una nota di disperazione nella mia voce ma lui
non
la coglie, non se ne accorge. Come non si è accorto di tante
cose,
ultimamente.
Mi
guarda con faccia spiritata, sollevando verso di me la mano dove
stringe convulsamente la lettera. "Hai idea di cos'è
questa?".
Deglutisco.
"Sì. E' di Elizabeth, è per George".
Spalanca
gli occhi. C'è follia, furore nel suo sguardo, mi fa quasi
paura.
"Lo sapevi?".
"Ho
sentito delle voci in giro".
"E
perché non mi hai detto niente?".
Scuoto
la testa, disperata. "Perché dovevo dirtelo? Per farmi
staccare
la testa?".
Cerca
di superarmi, è fuori di se. "Questa cosa deve essere
fermata".
"Come
potresti fermarla! Come farai, Ross?". Glielo chiedo, ma tanto
so già la risposta.
"Non
vuoi che la fermi, che blocchi questa follia?".
"Forse
no!" - ammetto. No, non voglio che questo matrimonio si annulli,
voglio che Elizabeth sposi George e che si allontani per sempre da
Ross. Non so se questo desiderio fa di me una persona cattiva ma non
ce la faccio a continuare così, vedendo mio marito
preferirla
sempre, in ogni cosa, a me. Voglio che si sposi e che Ross la
dimentichi. "No, non voglio!" - ripeto – "Non nel
modo in cui intendi fermarla".
"Quale
modo?".
"Qualsiasi
modo tu abbia in mente".
Mi
guarda, sprezzante. Lo infastidisco, non vuole più perdere
tempo con
me. "Come fai a sapere cosa ho in mente?".
Ed
esplodo. "Come faccio a sapere ogni cosa, Ross? Come ti conosco?
Io lo so cosa vuoi fare".
"Per
favore, spostati" – mi dice, con una calma controllata a
stento.
"No
Ross" – ripeto, meno sicura di prima. "Non andare, non
stanotte. Aspetta domani, ti prego".
Il
suo volto assume un'espressione di pura rabbia. Mi spingerebbe via,
mi picchierebbe in questo momento, se continuassi a fermarlo. E'
fuori di se, non vede che se. Ed Elizabeth. "Per favore...
levati di mezzo". Lo dice guardandomi negli occhi con
espressione feroce, scandendo parola per parola. Non è una
richiesta
la sua, è un ordine.
Sento
gli occhi pungermi, potrei scoppiare a piangere in questo momento ma
non voglio farlo, non voglio umiliarmi ulteriormente. Abbasso il
capo, mi sposto di lato e lo faccio passare. Non mi degna
più di uno
sguardo, se ne va e sbatte la porta dietro di se.
Mi
appoggio al muro e calde lacrime iniziano a solcarmi le guance. E'
finita, ha vinto lei, me lo ha preso... In fondo non c'è mai
stata
ragione di lotta, lui ha sempre voluto lei, io ero solo la seconda
scelta che andava bene finché c'era Francis. Ora Elizabeth
è
libera, liberissima. Altro che George, altro che nuovo matrimonio...
Ross non lo capisce che è una trappola? Che lo sta
provocando per
attirarlo a lei per sempre? No, evidentemente. O non lo vuole capire.
O lo ha capito e gli va bene così. L'ha sempre voluta,
sempre! E ora
realizzerà il suo sogno, ce l'ha lì, a portata di
mano.
Mi
trascino a letto, incrocio Prudie e Jud sulle scale e mi guardano
affranti, non sapendo nemmeno loro cosa dire. Io non parlo, non
c'è
niente da spiegare, non ci sono consolazioni da ascoltare. Sanno
quanto me cosa succederà stanotte, sanno che sta correndo da
lei,
che finiranno a letto insieme e che della famiglia che io e lui
abbiamo costruito insieme non resterà più nulla.
Ross ha scelto la
vera lady, la donna da accudire e proteggere e che ha bisogno di un
uomo accanto, non sa che farsene di una figlia di un minatore che gli
ribatte su ogni cosa, che è diventata il suo tormento e che
sa
cavarsela anche da sola.
E'
una notte terribile, anche Jeremy è agitato e piange e io
passo ore
con lui in braccio, a passeggiare nella camera, sperando che si
addormenti. Vorrei piangere anche io ma non posso, devo essere forte
per mio figlio. Ha solo me e io e lui siamo l'ultimo pensiero di suo
padre di certo. Ora sarà fra le braccia di Elizabeth,
felice. Di
certo non pensa a noi, a me, al male che ci sta facendo. Che gli
importa? Ha ottenuto quello che voleva, così come lo ha
ottenuto
Elizabeth...
Mentre
non dormo penso... Cosa farò ora? Quando si sarà
trasferito
definitivamente da Elizabeth che succederà? Dovrò
aspettare la sua
carità, elemosinare qualche attimo con lui o qualche moneta
per
mangiare? No, il mio orgoglio me lo impedirebbe e inoltre, verso me e
Jeremy non avrebbe le accortezze avute con Elizabeth e Geoffrey
Charles quando è morto Francis. Forse dovrei andarmene,
magari
tornare a casa di mio padre... Ma poi penso a Jeremy e al fatto che
non posso condannarlo a una infanzia simile alla mia. Forse,
semplicemente, dovrei prendere il mio bambino, trovare un posto dove
stare e lavorare per mantenerci. L'ho sempre fatto e
continuerò a
farlo anche in futuro, non ho altra scelta se voglio il bene di
Jeremy.
Quando
il mio piccolo si appisola, lo porto nel letto con me, a dormire nel
posto che è stato di suo padre. Lo abbraccio, è
l'unica cosa che
ho, il mio unico amore, la mia ragione di lotta.
Per
un attimo penso a me e a Ross e a come ci siamo amati in questa
stanza, alle cose che ci siamo detti, ai suoi abbracci, alle sue
carezze, al modo che aveva una volta di parlare e scherzare con me.
Tutto finito, ora che ha ottenuto quel che voleva, la donna che
desiderava.
"Lei
non mi porterà mai via da te, amore mio".
Balle!
Mi ha mai amata davvero? O erano solo bugie che mi raccontava, che SI
raccontava?
Mi
addormento anche io, tormentata da questi pensieri, col desiderio
che, svegliandomi, si rivelino solo un brutto incubo. Ma quando
riapro gli occhi è mattina, la luce dell'alba invade la
camera e il
respiro che sento accanto a me è quello placido e tranquillo
di
Jeremy, non di Ross. Non è tornato, non tornerà...
Piango
in silenzio, ancora, attenta a non svegliare mio figlio. Ho la testa
che mi scoppia e gli occhi come pieni di spilli a causa delle
lacrime.
Mi
alzo e come un'automa, in silenzio, vado in cortile a fare il bucato.
Devo fare qualcosa o impazzirò a letto, ferma a rimuginare.
Lavo,
stofino con talmente tanta forza da rischiare di strappare i vestiti,
non riesco a fermarmi. Stendo il bucato mentre il vento mi scompiglia
i capelli e poi sento un cavallo giungere alle mie spalle.
"Ross...".
Me lo trovo davanti, spettinato, con la faccia di uno che non si
è
nemmeno rischiacquato il viso. Si è vestito in fretta, il
sottogiacca è slacciato, il colletto della camicia
stropicciato. Che
ci fa quì? Che fretta aveva di tornare? E' venuto a prendere
le sue
cose?
Lo
guardo, non riesco a dirgli nulla. Vorrei urlare, gettare tutto a
terra, fargli male, ma resto immobile, senza emozioni, senza fiato. E
non mi era mai capitato di sentirmi così svuotata da quando
sono con
lui.
Ross
si avvicina, mi fissa in viso, sembra quasi in difficoltà.
"Cosa
posso dire? E' stato qualcosa che non posso spiegare. Devi capire che
non avevo scelta".
Non
aveva scelta...? DEVO CAPIRE? Lo guardo con una freddezza che non mi
è mai appartenuta. E' l'uomo che amo con tutta me stessa che
ho
davanti, un uomo che mi ha tradita e ha tradito tutto quello che
siamo stati, ha tradito Jeremy, ha tradito anche Julia e ora
farfuglia cose senza senso. Non aveva scelta? Ma che sta dicendo,
è
impazzito? O sta solo cercando di giustificare l'ingiustificabile? O
è semplicemente tanto sciocco, leggero da non capire il male
che mi
ha fatto? "Nemmeno io" – dico, freddamente. Già,
nemmeno
io ora ho scelta. Mi volto un attimo e la freddezza, il distacco di
poco prima scompaiono. E faccio qualcosa che non avrei mai creduto
possibile perché lui era il mio mondo, il mio sole, la mia
ragione
di vita. Il mio braccio diventa improvvisamente forte, ho voglia di
fargli male, un pò del male che ha inferto a me. E senza che
lui
possa fare nulla, senza che se lo aspetti, mi volto e lo colpisco con
un pugno che lo fa stramazzare a terra.
Lo
guardo solo un attimo cadere fra la polvere, sorpreso. Poi me ne
vado, lasciandolo lì, solo.
Come
lo sarò io d'ora in poi senza di lui.
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