11.a
These
violent delights have violent ends
And
in their triumph die, like fire and powder,
Which, as they
kiss, consume.
[W. Shakespeare, Romeo
and Juliet, Act 2- Scene 6]
Quella
notte o
quel giorno, non lo avrebbe mai capito, rimase a lungo in bilico tra il
sonno e
la veglia. Sognò sua madre, che le preparava i biscotti, con
i suoi capelli di
un color miele dolce, il sorriso rassicurante. Sentì il
respiro lieve di Julian
che le dormiva accanto, con il braccio allungato verso di lei, come
se la stesse cercando anche nei suoi sogni. Rivide il viso di suo
fratello,
quando era ancora piccolo che giocava con le macchinine. Dee e Audrey
che
litigavano per qualche stupidaggine. Il viso di suo cugino mezzo
nascosto nella
penombra, intento a fotografare qualcosa. E poi Michael e Summer, con
le loro
facce sorridenti. Tom che mai come quel momento, le era sembrato
così lontano e distante.
Socchiuse
gli
occhi e Julian era lì. Non lo aveva mai visto con il viso
così disteso,
rilassato. Respirava piano e poteva vedere il suo petto che si alzava e
si abbassava. Nella penombra, tra l'oscurità e il suo
sguardo annebbiato
dal sonno, a Jenny parve un alieno venuto da un mondo distante. E in
definitiva
era questo. Non poteva esistere nel mondo un essere tanto perfetto,
così bello.
E improvvisamente tutto era sparito. Si strinse a lui e,
forse
inconsciamente, lui la richiamò tra le sue braccia.
Sorrideva, dolcemente, come
un bambino davvero felice per la prima volta.
Quando
si
risvegliò si voltò immediatamente verso Julian.
Due fari azzurri la
investirono: Lui era inginocchiato vicino a lei con un enorme vassoio
carico di
cibo.
-Ti
ho svegliata?-
-Mh,
no.- Mormorò
stropicciandosi gli occhi. Lui le posò il vassoio sul letto,
proprio accanto a
lei. -Mangia.- ordinò.
Lei
stava per
alzarsi quando si ricordò di essere, ancora, nuda.
Avvampò per la vergogna,
nascondendosi sotto le coperte.
-Non
dirmi che ti
vergogni di farti vedere nuda da me.- sorrise, con il suo
modo di
allungare la bocca, sarcastico.
-Bhè,
diciamo di
si.- Balbettò.
Lui
rise ancora
più forte, di gusto. Le porse una camicia candida, e le
diede un lento bacio
sulle labbra. -Mi piaci così.- poi un bacio più
veloce. -Nuda, con i capelli
disordinati e tutta rossa in viso.-
Jenny
cercò di
ignorarlo, e si sforzò a fingere una faccia offesa.
Indossò in fretta la
camicia, abbottonandola tutta, mentre lui si era voltato per concederle
un po'
di privacy. Di schiena, Julian le sembrò ancora
più alto con le sue spalle
dritte e larghe, coperte solo da una T-shirt nera di tessuto
leggero.
Quando
lui si
voltò lei era ancora più bella. Aveva gli occhi
un po'
assonnati, sembrava quasi una bambina nella sua camicia di tessuto
leggero e i capelli legati in modo disordinato.
-Tu
non mangi?-
domandò mentre si imburrava un toast.
-Non
ho fame.-
-Neanche
un po'?-
-Mangia
tutto. Non
hai toccato cibo da quando me ne sono andato.-
Jenny
lo guardò
negli occhi. -Perché sei andato via?-
Lui
sollevò lo
sguardo, diventando improvvisamente serio. -Dovevo cercare una cosa.-
Poi fece
comparire una biro nera e le prese la mano. Disegnò una
specie
di occhio, o
qualcosa di molto simile, e una mezza luna. Lo fece con estrema cura,
mettendoci cinque minuti e poi rimase li a guardare il suo operato.
Quando alzò lo sguardo, Jenny lo osservava con aria
interrogativa.
-E'
una specie di
amuleto.- Spiegò. -Se lo disegni in questo modo, gli altri
uomini ombra non ti
vedranno e non ti sentiranno. Ma devi fare attenzione: se qualcuno sa
di questo
segno smette di funzionare su quella persona.-
Annuì
seria. Come
aveva immaginato Julian era davvero preoccupato.
Lui
abbassò lo
sguardo. Si sedete sul letto, in silenzio, senza mai distogliere gli
occhi
dalla sua mano.
-Devo
parlarti di
una cosa importante.-
Jenny
lo guardò,
deglutendo il pezzo di toast alla marmellata e burro che stava
mangiando.
Sorrise
in modo
nervoso -Andiamo, se dici una cosa del genere mi farai preoccupare-
Lui
la guardò con
gli occhi più espressivi che avesse mai visto.
-Vedi
quella porta
accanto al letto?-
Jenny
spostò il
suo sguardo alla porta che, ci avrebbe giurato, non c'era la sera
prima. Nera e
lucida, con un'incisione fatta in modo pulito, preciso, senza la minima
increspatura, che sembrava brillare nella penombra. Annuì,
spostando lo sguardo
dalla porta al suo viso.
-Se
attraversi
quella porta sarai di nuovo a casa e nessuno di questo mondo
potrà
raggiungerti. Nessun uomo ombra, nessun incubo, nessuna creatura.-
-Neanche
tu?-
-Neanche
io.- e
nel dirlo le sembrò incredibilmente triste. -Sarai al
sicuro, con la tua
famiglia, con i tuoi amici, con Tom e vivrai la vita che hai sempre
voluto.-
Non
c'era rabbia
nelle sue parole. Non c'erano emozioni. Come uno specchio che non
riflette più tutto ciò che ha davanti.
-Perché
me la fai
vedere proprio ora?-
Lui
rimase in
silenzio, spostando lo sguardo da lei alla porta, senza guardala negli
occhi.
-Se
tu volessi
tornare da loro, io non ti fermerei.-
Julian
continuava
a rigirarsi la biro tra le mani. Seduto sul ciglio del letto, non osava
alzare
gli occhi, o si sarebbe dovuto scontrare con i suoi, verdissimi. C'era
una
malinconia nella sua voce, qualcosa di arcano, una tristezza infinita.
-Se
tu
attraversassi quella porta io non farei nulla per impedirtelo.-
ripeté ancora una volta. -Ma
non potresti più tornare qui.-
Jenny
deglutì
ancora una volta, guardandolo con attenzione, studiandolo. Non era un
trucco. I
suoi occhi erano dolorosamente sinceri. Lui si schiarì la
voce, come se si
sentisse a disagio. Si alzò di scatto dal letto, concludendo
il discorso con un
fugace -Bhè, ti dovevo dire solo questo...- Ma Jenny lo
fermò. Di scatto, senza
neanche pensare a cosa stesse facendo, lo afferrò per il
polso costringendolo a
fermarsi.
-Julian,
aspetta!-
Lui
si districò
dalla sua presa, ma rimase immobile, rivolgendole la schiena. Era come
se
aspettasse una sentenza, trattenendo il respiro.
-Posso
pensarci un
po' su?- domandò incerta.
-Per
tutto il
tempo che riterrai necessario.- e uscì dalla stanza.
Finendo
la
colazione, Jenny ripensò alla notte prima, alla porta, a lei
e Julian. Forse lo
aveva ferito. Ma aveva desiderato così tanto rivedere il suo
mondo, che non
poteva non pensarci. Cosa avrebbe dovuto fare? Forse tutti la stavano
cercando,
come avevano fatto per Summer quando era scomparsa. Forse, dall'altra
parte della porta c'era Tom, disperato, senza sapere dove fosse e se
stesse
bene. E sua madre e suo padre, suo fratello. Non sapeva neanche quanto
tempo
fosse passato da quando era scomparsa.
Ma
avrebbe avuto davvero il coraggio di lasciare solo Julian? In quel
mondo freddo, senza nessuno
che gli stesse vicino. Solo come una rosa sulla cima di una montagna
impervia,
mentre il ricordo di lui nel tempo si sarebbe inesorabilmente
affievolito e sarebbe
rimasta solo una copia, di una copia, di una copia di quel che era
veramente
Julian? Tutte le sue sfaccettature che si sarebbero perse negli anni,
il tono
della sua voce, il modo di parlare, il suo sguardo, felice, triste,
arrabbiato,
entusiasta, sarcastico. Tutti gli aspetti di lui che a volte odiava,
altre
volte amava, che diventavano opachi ingogliati dalla sua memoria ormai
anziana. Perché, ne era certa, lui non avrebbe mai smesso di
osservarla.
Poteva
immaginare la scena: Julian, che nascosto tra le ombre la osservava
diventare
anziana, incurvarsi mentre i suoi capelli diventavano grigi e il suo
viso si riempiva di rughe. E lui mutava insieme a lei, diventando
giorno dopo giorno sempre più mostruoso.
Non
poteva accettarlo. Non lo avrebbe permesso. Non avrebbe sopportato un
minuto di più l'immagine dell'uomo ombra solo
nell'oscurità. Si alzò dal letto, anche se le
gambe le
facevano ancora male e, guardandosi allo specchio sul comò,
cercò di sistemarsi come poteva i capelli e uscì
dalla
stanza, cercando Julian.
Il
corridoio era, di nuovo, poco illuminato, ma poteva ancora vedere
qualcosa.
Girò
a destra, fino ad arrivare alla sala. E Julian era sempre
lì, seduto sulla
poltrona illuminato dal fuoco. La luce verde e le ombre lo colpivano in
modo perfetto, e lui restava immobile assomigliando sempre di
più ad un personaggio dei film di fantascienza. Di una
bellezza
alienante. Niente nell'universo poteva essere paragonato a lui. Strano
e perfetto.
-Julian.-
-Hai
deciso?-
Non
poteva non notare quella note di preoccupazione che echeggiava nella
sua
voce. Gli si avvicinò. Gli occhi che con la luce variavano
dal blu
al verde al viola. E lei si sedette sul bracciolo accanto a lui,
appoggiandogli una mano sulla spalla. Lui la prese e iniziò
ad
accarezzarla, in modo delicato. Una silenziosa supplica.
-In
realtà no.- Rispose lei dopo un lungo silenzio. -Vorrei solo
capire cosa sta
succedendo. Perché proprio ora hai deciso di darmi una via
di
fuga? Non è da te rinunciare ad un gioco.-
-Non
sto rinunciando ad un gioco.- Il suo sguardo era fermo sulle fiamme, la
voce chiara e controllata. -Ma non voglio più che tu sia una
mia
prigioniera.-
Lo
guardò con attenzione e lui continuò -Hai visto
la
spiaggia fuori dalla porta? E' così questo mondo: Posso
creare
qualsiasi cosa, ma tutto svanisce prima o poi. Il sole non è
caldo come quello vero. Il mare prima o poi si dirada. La nebbia e
l'oscurità inghiottono tutto ciò che creo...
L'unica cosa
reale, qui dentro, siamo solo io e te.-
-Ne
parli come se ti disturbasse.-
-E'
così.- e dopo un lungo silenzio aggiunse -Non posso
controllare
quello che dici o pensi. I tuoi movimenti, i tuoi sguardi, le tue
parole sono tutte fuori dal mio controllo. Una volta mi avrebbe
disturbato questa mia mancanza. Adesso mi rincuora.-
-Ti
rincuora?-
-Mi
fa
sentire meno solo. Ogni giorno, con te, è una sfida. Ma
adesso
è finita. Hai vinto. Non è più
divertente giocare
quando c'è sempre qualcuno che disturba le partite.-
Era
chiaro che si stesse riferendo agli uomini ombra.
-Vorrei
giocare ancora un po'-
-No.
Ho detto che hai vinto.- La sua voce ferma e decisa per un momento la
fece spaventare. -E' un gioco pericoloso. Se continui, non giochi solo
contro di me.-
-Possiamo
giocare insieme contro di loro.-
Julian
alzò lo sguardo, studiandola. Come se cercasse della paura
nel
suo sguardo, un qualche segno di esitazione da prendere e levigare come
un coltello da usare contro di lei.
-Lo
possiamo fare, possiamo stare nella stessa squadra.-
-Si.
La "Idiots squad"-
Jenny
rise per quella improvvisa battuta e lui la seguì con uno
dei suoi classici sorrisi sornioni.
-Saremmo
la peggiore squadra del mondo.-
-Andiamo,
siamo forti insieme!-
-Ci
ucciderebbero in un attimo!- disse ridacchiando-
Lei
rise. Le piaceva, le piaceva da matti quando lui faceva in quel
modo. E finalmente il clima si era alleggerito, perfino il fuoco
sembrava di un verde più brillante. I suoi occhi
continuavano a
studiarla, mentre lei rideva.
-Non
ho mai visto degli occhi più belli dei tuoi.- Disse Julian
tirandola a sé. Fece scivolare le sue mani trai capelli di
lei,
guardandola come nessuno l'aveva mai guardata prima. Giocando con le
ciocche dei suoi capelli si avvicinò alle sue labbra e le
diede
un lento bacio.
Non
era sensuale, non era come quelli che si erano scambiati nel corso del
tempo. Non c'era lussuria nei suoi gesti. Solo una lenta, disperata
ricerca di contatto fisico. Con la sensazione che se solo si fosse
staccata da lui per un momento sarebbe sparito. Non la incantava
più. Era come vederlo senza tutte le sue maschere. Semplice
e
indifeso, ma allo stesso momento forte e deciso.
Non
sapeva dire per quanto tempo rimasero in quel modo. Sapeva solo che
stava talmente bene tra le sue braccia che non si sarebbe mai
allontanata da lui se solo avesse potuto.
-Adesso
devo andare.- disse spostando una ciocca di capelli dal suo
viso.
-Torna
presto, ok?-
-Certo.-
rispose lui. -Stasera ho una sorpresa molto speciale per te.-
Ci
aveva messo ore per truccarsi e sistemarsi i capelli. Con la cipria
coprì i due grossi lividi sulla schiena in modo che non si
vedessero. Indossò un vestito color verde bosco, che le
copriva
le spalle, stretto in vita con la gonna che le arrivava alle ginocchia.
Semplice e senza troppi fronzoli.
Si
guardò allo specchio e per un momento si vide bella come la
descriveva sempre Julian. La vita sottile e i capelli che in quel
periodo le erano cresciuti fino ad arrivarle ai fianchi. Non era molto
brava nel truccarsi e non aveva esagerato, ma si era
impegnata al massimo per essere bella per lui.
Quando
uscì dalla sua stanza, Julian era lì,
metà in ombra, metà illuminato da
una luce fiocca, poteva vederne solo metà viso, come una
luna calante.
Sembrava stupito del suo cambiamento, come se non si aspettasse di
vederla con i capelli arricciati e fermati da un fermaglio di perle,
con la gonna che le accarezzava le ginocchia. La guardava come un
bambino che vede il sole per la prima volta.
Lui
indossava un completo elegante, completamente nero, con i capelli e gli
occhi che sembravano cambiare colore ad ogni suo movimento,
più scuri o
più chiari seguendo la luce del corridoio.
-Non
sei mai stata più bella.-
Jenny
arrossì. Glielo aveva detto molte volte quanto, per lui, era
bella. Ma
mai con quel tono così formale e reverenziale, come un uomo
di chiesa.
Le prese il braccio e lo incatenò al suo, sfiorandole il
fianco. Non
camminarono molto, e come molte altre volte, la condusse davanti ad una
porta con delle incisioni.
-Spero
non sia una spiaggia.- Disse Jenny con un sorriso -Non ho il costume.-
-E'
qualcos'altro, ho bisogno di festeggiare questo giorno con te.-
Jenny
rimase interdetta. Ma prima che potesse chiedere qualcosa Julian
aprì la porta e l'accompagnò dentro.
Jenny
dovette trattenere il fiato, altrimenti avrebbe urlato dallo
stupore.
Fuori
dalla porta, bianca e lucida, come quelle delle fiabe, si apriva
d'avanti a lei la più bella balconata che avesse mai visto.
Fece tre
passi, guardando ogni minimo dettaglio, riconoscendo le lampade che
aveva visto una volta in un ristorante francese. La veranda, era
l'esatta copia di quella durante la festa in maschera quando ancora
andava a scuola, la prima volta che avevano ballato insieme. L'ennesimo
trucco per farla sua. Solo che, questa volta, era più
piccola e
riservata e, anche se non riusciva a crederci, si affacciava sulle
strade di Parigi.
Da
dov'erano, si potevano vedere i palazzi, la Senna con all'orizzonte la
torre Eiffel, come mai lì aveva vista
prima.
-Come..?-
Non riusciva neanche a chiederlo. Si affacciò dalla
terrazza, guardando
quel paesaggio meraviglioso. Quando era ancora una ragazzina, aveva
sempre sognato di andare a Parigi con un principe azzurro. Poi era
arrivato Tom, era cresciuta, e la voglia di andare a Parigi era sempre
rimasta dentro di lei, stretta e in un angolo, per far posto a sogni
più moderati, meno impegnativi. Non che andare a Parigi
fosse
impossibile, ma c'era sempre qualcosa che la fermava. Il diploma, la
laurea, il lavoro, il matrimonio.
-Siamo
sull'hotel Pullman. Da qui si vede benissimo sia la senna che la
Torre.- Le spiegò Julian, affacciandosi, accanto a lei, alla
ringhiera
in marmo. -Quella è la Avenue Charles Floquet, e da quella
parte c'è
l'Avenue Gustave Eiffel.-
Intorno
a loro si estendevano parchi meravigliosi. I ponti sulla senna erano
tutti illuminati e la Torre sembrava ricoperta di stelle, uno
spettacolo unico.
-E'
bellissimo.-
-Tutto
per te.- Si voltò verso di lei, e gli occhi sembravano
vibrare con
tutte quelle luci che dondolavano riflesse nei suoi occhi. Prese la sua
mano tra le sue, guardandola attentamente. -Ho pensato che Parigi fosse
la meta più adatta per il nostro primo anniversario di
matrimonio.-
Jenny
lo guardò stupita. Era davvero già passato un
anno?
-Non
pensavo fosse passato così tanto tempo.-
Julian
sogghignò, tra l'amareggiato e il divertito. -Qui il tempo
è mutevole.
Un anno passa in un soffio, dieci anni sono come cento. Neanche io ho
idea quanto tempo sia passato sulla terra. E' passato un anno e
sembravano fossero trascorse solo poche settimane. Domani potresti
svegliarti e saranno passati dieci anni.-
-Ma
è terribile!-
-Dipende
cosa fai con il tempo che hai.- Strinse la sua mano, poi fece scivolare
l'altra sul suo fianco. -Il tempo passato con te, per me, è
stato più
breve di un battito di ciglia.-
Seduti
a tavola, Julian la guardava attraverso il bicchiere di vino bianco.
Facendo dondolare il bicchiere, Jenny non riusciva a non pensare a cosa
stesse pensando. Un piano da qualche parte suonava una dolce
canzone.
-Balli
con me?-
Julian
aveva puntato gli occhi su di lei. Le era venuto in mente che non
avevano mai ballato insieme per il puro piacere di farlo. Era sempre
stato lui a prendere l'iniziativa, a cercarla, e tutte le volte era un
modo per ammaliarla, per costringerla a giocare. Faceva sempre parte
dei suoi piani.
Voleva
essere lei a prendere l'iniziativa, solo per una volta. Julian la
studiava, come se lo avesse, ancora una volta, stupito.
Si
alzò dalla sedia, girando intorno al tavolo piccolo e
rotondo,
imbandito. In piedi davanti a lui, gli tese una mano per farlo
alzare.
Sorrise,
guardando il suo sguardo un po' perso, ma solo per una frazione di
secondo. Prese la sua mano e la portò in un angolo della
terrazza
illuminata dalle stelle. Con le mani strette sui suoi fianchi, con le
braccia di lei incrociate intorno al suo collo, gli accarezzava i
capelli. Lui la guardava come un diamante estremamente prezioso che
stringeva tra le mani. Non si era mai sentita così amata.
Neanche con
Tom. Aveva qualcosa nel suo sguardo, una dolce richiesta di
aiuto.
E mentre loro ballavano,
Julian con la sua voce profonda le cantava, sussurrandole all'orecchio,
una canzone che non sentiva da tempo che, ricordava, sua madre cantava
mentre cucinava la domenica mattina, con gli occhi innamorati rivolti
al padre.
"Suzanne
takes you down
to
her place near the river
You
can hear the boats go by
You
can spend the night beside her
And
you know that's she half crazy
But
that's why you want to be there"
La fece
girare su se stessa, senza mai staccare le mani dal suo corpo,
sfiorandola con la delicatezza di un gatto nero. Le sue mani morbide,
il suo viso, il suo sguardo la fecero arrossire. Il modo in cui la
guardava era unico al mondo. Cantava con voce profonda, e le parole la
sfioravano come se avessero una consistenza. Era totalmente incantata.
"And
just when you mean to tell her
that
you have no love to give her
then
she gets you on her waveleght
and
she lets the river answer
that
you've always been her lover"
Per
tanto tempo aveva descritto Julian come un demone. Ammaliante come il
diavolo. Un principe delle tenebre. Così bello e seducente
che avresti venduto l'anima per un suo bacio, e nello scambio avresti
persino avuto l'impressione di guadagnarci. Julian che con un bacio ti
fa perdere i sensi. Julian che balla, con la sua maschera a coprirgli
il viso, in modo che potesse vedere solo i suoi occhi incantatori.
E per
tanto tempo, ai per lei, era stato solo quello. Crudele, cattivo e
capriccioso. L'amava, è vero, ma non l'avrebbe mai lasciata
libera di decidere da sola.
Una
minaccia, ecco cos'era stato.
Si era
sempre chiesta cosa avrebbe fatto, se un giorno per caso, lui si fosse
presentato davanti a lei e le avesse semplicemente detto che l'amava,
senza ricorrere a tutti quei trucchi.
Perché
a guardarlo adesso, mentre cantava una delle canzoni più
dolci che avesse mai ascoltato, e il suo viso sembrava quello di un
angelo,Julian non sembrava altro che un angelo.
Aveva
sempre detto che non sarebbe mai potuto cambiare quel che era, ma non
si rendeva conto che era già cambiato da diverso tempo.
"And
you want to traver with her
and
you want to travel blind
and
you know that she will trust you
for
you've touched her perfect body with your mind"*
Rimasero
lì a ballare quel valzer finché non
finì la canzone. E Julian la
strinse ancora di più tra le sue braccia quando la musica
cambiò
diventando ancora più lenta e dolce. Con il viso affondato
tra i suoi
capelli, lo sentiva fremere mentre la abbracciava con forza e dolcezza
allo stesso tempo.
-Julian?-
-Promettimi
solo una cosa.- sussurrò solleticandole il collo con il
naso. -Che
quando andrai via, prima di lasciarmi e tornare dalla tua famiglia, ti
prego... dimmelo. Non sparire all'improvviso.-
-Julian,io...-
-Promettimi
solo che mi permetterai di dirti addio.- Quando alzò lo
sguardo, Jenny
lo fissava impietrita, mentre osservava i suoi lucidi. Oceani profondi
e glaciali, un blu impossibile. Non aveva mai visto Julian con un
simile sguardo. Così disperato, così bisognoso.
Il blu si rifletteva
tra il luccicore delle lacrime, che non volevano scendere, troppo
orgogliose. Sarebbe stato troppo.
-Non
vado da nessuna parte. Lo giuro, lo giuro. Resto con te.- Gli prese il
viso tra le mani, abbracciandolo forte, e lo baciò con
così tanta
disperazione perché sapeva che altrimenti lo avrebbe
perso.
Due
forti rintocchi la fecero sussultare. Poi ancora uno. E un
altro.
-Dobbiamo
andare.- mormorò Julian guardando la porta.
Le
prese la mano, e la trascinò fuori dalla porta. I colpi
continuavano a
rincorrersi prepotenti. Lui le sembrò così
agitato che non osò chiedere
nulla. Con il cuore a mille, lui la fece entrare nella sua stanza.
-Vattene.- le ordinò mettendola davanti alla porta.
La
porta nera, quella che l'avrebbe portata a casa.
-No,
ti prego, fammi restare con te.-
-Non
so se riuscirò a fermarli.- Aveva cercato di abbracciarlo,
ma lui la
teneva lontana con le mani strette intorno ai suoi polsi. -Loro
vogliono te. Sei una loro proprietà. Io non sono sicuro di
poterli
mandare via ancora una volta. Ti uccideranno. Ti tortureranno e faranno
qualsiasi cosa con te e io non potrò fare nulla per
aiutarti!- Jenny
continuava a scuotere la testa, terrorizzata.
-Se
vado via loro cosa ti faranno?-
-Per
favore, Jenny. Non posso permettere che ti facciano del male.- Stava
urlando adesso. Non di rabbia, ma di disperazione.
-Li
hai mandati via tante volte.- Continuò lei.
Julian
si girò di scatto, guardando la porta con rabbia. -Resta
qui.-
Jenny
indietreggiò, piangendo. Mentre lui la lasciò
chiudendosi la porta alle spalle.
Seduta
sul letto decise di aspettarlo. Forse, Julian, aveva reagito
così solo
perché era preoccupato. Ma lei aveva fiducia in lui. Era
sempre
riuscito a fermarli, sempre. E tutte le volte che quell'uomo ombra
l'aveva aggredita c'era riuscito solo perché lui non c'era.
Doveva solo
aspettare. Non c'era nient'altro che potesse fare.
Intanto
da dietro la porta continuavano i colpi. I rintocchi si facevano sempre
più forti, costringendola a tapparsi le orecchie, mentre la
stanza
tremava, come se un terremoto stesse scuotendo tutta la casa. La
polvere scivolava dalle travi e la pittura iniziò a
sgretolarsi,
lasciando a vista i mattoni. Le voci si facevano sempre più
prepotenti
nel corridoio, furiose e cattive, ma non riusciva a cogliere cosa
stessero dicendo. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla porta,
pregando che entrasse Julian con uno dei suoi sorrisi sornioni,
dicendole che li aveva mandati via. Il cuore le batteva all'impazzata.
Avrebbe voluto sapere cosa stesse succedendo, uscire e vedere con i sui
occhi se lui stesse bene, ma aveva paura. Se fosse uscita, di certo,
avrebbe messo in una brutta situazione Julian.
Così
rimase lì, ad aspettare che lui tornasse.
Doveva
essersi addormentata perché si svegliò di colpo
non appena sentì la
porta aprirsi di scatto e chiudersi violentemente. Si alzò
in fretta ma
ci mise qualche secondo per mettere a fuoco Julian che, con le spalle
appoggiate alla porta, scivolava mollemente a terra.
-Oh
Dio, Julian!-
Ricoperto
di sangue, respirava prendendo grandi boccate d'aria. I vestiti erano
strappati, e poteva vedere i grossi tagli attraverso il tessuto nero.
Sembrava perdere sangue anche dal viso, ma non capiva dove fosse
ferito, e si teneva il fianco, tremando.
-Cos'è
successo?- domandò spaventata, correndo verso di
lui.
-Non
ti avvicinare!- urlò lui, con una mano protesa verso di lei.
Tossì
forte, stringendosi le braccia al corpo, dolorante. -Non ti avvicinare
Jenny, potrei farti del male.- mormorò ancora. Sembrava
furioso. Non lo
aveva mai visto così arrabbiato, così fuori
controllo.
Jenny
rimase ferma, aspettando che lui si calmasse.
Lentamente,
Julian iniziò a respirare più lentamente, non
tremava più, o almeno, non come prima.
-Stai
meglio?- domandò preoccupata.
-Si.-
Rispose lui, chiudendo gli occhi per un momento. -Mi dispiace, ti ho
spaventata?-
-Da
morire.- mormorò lei, sedendosi accanto a lui. -Pensavo che
non saresti più tornato.-
Non
voleva dire cosa stava pensando. Julian era in pessime condizioni, e
quelle ferite sembravano fargli incredibilmente male.
-Ti
prendo qualcosa per medicare quei tagli.- stava per alzarsi ma Julian
la tirò vicino a sé
-Non
ti preoccupare, guarirò presto.-
sussurrò.
-Cos'è
successo?- Con il lenzuolo gli puliva il viso sporco, mentre lui
restava immobile, con gli occhi chiusi.
-Pensavo
ci fosse solo uno di loro. Ho pensato che al massimo potessero essere
in due.- spiegò.
-Invece?-
-Erano
una ventina.- Socchiuse gli occhi solo, pensò Jenny, per
vedere se era
terrorizzata come aveva immaginato. E lo era. Anche più di
quanto
pensasse Julian.
-Jenny,
non ho molto tempo.- disse alzandosi. Ancora dolorante, restava in
piedi, ma appoggiato alla porta, come se non fosse del tutto certo di
potersi reggere da solo. -Sono riuscito a tornare da te solo
perché ho
giurato che ti avrei consegnata a loro.-
Jenny
tremò a quelle parole. Non poteva essere vero, non lo
avrebbe mai
fatto. Lui strinse ma mano intorno al braccio, tenendola ferma e
appoggiando la mano sulla maniglia. Quando avrebbe aperto la porta, ne
era certa, gli uomini ombra l'avrebbero divorata.
Julian
aveva già abbassato la maniglia, senza mai incrociare il suo
sguardo.
-Non
posso.- Julian la guardò negli occhi, con una tale
determinazione che
le pupille sembravano vibrare. La trascinò davanti alla
porta nera,
mentre quella che portava in corridoio si gonfiava e si restringeva. Le
voci gridavano furiose, come se avessero visto l'improvviso voltafaccia
di Julian.
-Devi
andartene subito!- esclamò aprendo la porta.
Dietro
di lei si aprì il nero, un vento freddo la pervase.
-Non
ti voglio lasciare.- con le lacrime agli occhi, lo guardava disperata.
Non voleva, non poteva lasciarlo lì.
-Ti
prego, non ho più molto tempo.- la supplicò
guardando la porta che continuava a gonfiarsi.
-Cosa
ti faranno?-
-Non
importa, vattene ti prego.-
Da
sotto la porta iniziò a filtrare uno strano fumo nero,
denso, come se avesse una sua fisicità.
-Jenny,
io ti amo.- le sussurrò. -Ti amo, ti amo. Quindi ti prego,
vattene. Se
ti facessero del male non potrei sopportarlo. Sarebbe peggio di
qualsiasi tortura.- La spinse ancora verso la porta, continuando a
parlare. Jenny piangeva, singhiozzava. Non sapeva cosa dire. Non voleva
lasciarlo.
-Promettimi
che non tornerai più qui.-
Sul
bordo della porta, Jenny si stringeva a Julian. Lo guardò
terrorizzata,
stringendosi a lui per la camicia. Julian le prese le mani e la
allontanò da se, ma continuando a tenerla per le
braccia.
-Ti
prego Jenny, giurami che non proverai in nessun modo a tornare in
questo posto. A casa sarai al sicuro, quando si richiuderà
questa
porta, nessuno potrà raggiungerti. Ma tu mi devi giurare che
non
tornerai, ok?-
Jenny
non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto continuare ad urlare, gridare ma
lui sembrava così disperato che ogni sua supplica la
spezzava. Il fumo
era opprimente e si sentiva mancare. Le gambe erano così
molli che non
appena lui l'avrebbe lasciata andare, sarebbe caduta nel
vuoto.
Quando
lui la tirò a se per baciarla, capì subito che
sarebbe stato l'ultimo.
Tutto il suo corpo sembrava essere diventato etereo, si confondeva
nell'aria, con gli occhi che brillavano e i capelli che sembravano
fatti di pura energia. La stanza era completamente buia. E il suo
bacio, lento e disperato, fugace, un secondo, dieci anni, tutto
confuso, come se per un momento esistessero solo loro due
nell'oscurità.
Ma
alla fine, sapeva che sarebbe finita in quel modo.
Julian
che la lascia andare, la porta che sbatte, e lei che sprofonda
nell'oscurità.
.
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*Leonard Cohen-Suzanne
Direi
che merito un applauso solo per essere riuscita a pubblicare il
capitolo così velocemente. Ripeto, la mia
università è il male puro e
presto sarò costretta a concentrarmi sulla tesi, quindi
cercherò di
pubblicare il più possibile quando ne avrò il
tempo (classica scusa
insomma ahah)
Ora,
prima dei ringraziamenti, vorrei raccontarvi una cosa che mi
è capitata di recente.
Essendo una dipendente
da twitter, pubblico sempre i link dei miei capitoli, che siano sul
gioco proibito o su altri argomenti, o ancora più spesso i
miei scleri mentre scrivo, che ammetto che sono molto più
frequenti dei capitoli in se. Quindi ogni tanto capita che qualcuno
legga la storia e magari non avendo un profilo efp preferiscono
scrivermi in chat privata.
Qualche giorno fa
pubblico il capitolo
precedente a questo, e una ragazza molto carina (che saluto!) mi
contatta in chat e iniziamo a commentare la storia
finché, ad un tratto, non ci mettiamo a parlare di musica.
Mi fa
notare, con ragione, che nelle primissime pagine del primo libro
(quando Jenny entra nel negozio per intenderci) ci viene presentato
Julian e in sottofondo si sente della musica elettronica. Quindi mi fa
notare che si, le mie storie sono molto carine e ben scritte, ma che
dovrei sviluppare questo tema dato che spesso descrivo Julian mentre
suona il piano o mentre canta. Cosa che, a suo dire, ed ha ragione, io
non faccio visto che cito sempre canzoni come behind blue eyes dei The
who o, come in questo capitolo, Leonard Cohen.
Questa
cosa mi ha mandato in pappa il cervello.
Come
avrete capito, se magari vi è capitato di andare a cercare
le
canzoni che spesso cito, sono una patita di metal e rock, quindi
non me ne intendo molto di musica elettronica (tolto il fatto che io mi
ero completamente dimenticata di questo particolare. L'ho proprio
rimosso) al massimo ascolto Eminem per dire, che poi so tipo 3 canzoni
ma perchè il mio fidanzato ne era ossessionato(che vitaccia
hahah)
Quindi dovete scusarmi
se anche voi avete avuto questa
sensazione, ma io proprio non me ne ero neanche accorta.
Però
perdonatemi, se la Smith si permette di riesumare una canzone come
Nether Lands dei Dan fogelberg (Like the songs that the darkness
composes to worship the light...) io cito Leonard Cohen, i The who, e
se mi fate incazzare metto anche una scena dove tutti gli uomini ombra
fanno headbending con le canzoni del Avenged sevenfold (So che qualcuno
apprezzerebbe, un saluto a Davide che ci segue sempre senza che la
sottoscritta lo minacci) Ma a parte gli scherzi fatemi sapere se
secondo voi ne abuso di questa storia
o se
magari vi da fastidio. Facciamo un piccolo sondaggio insomma, non
pensavo che potesse stonare con la storia, alla fine tutto si
può migliorare e infondo se scrivo su un sito pubblico
è
perché a me piace davvero tanto sapere cosa pensa la gente.
Vabbè
scusate il mio sclero, ma è tardi e mi si sta fondendo il
cervello.
Ah, fatemi sapere che
musica ascoltate, tranquilli, a differenza di come appaio, non solo
così razzista in fatto di musica. Voglio dire, non ho ucciso
mia sorella quando si era fissata con il mondo di Patty, posso
resistere a qualsiasi cosa. Tra
l'altro se volete sapere un'altra bella novità, da quando
lavoro con il
3D (tre anni ormai) il pc non ce la fa più e ogni volta che
finisco di scrivere la storia (magari riesco a prendermi una serata
libera e quindi vado avanti per tutta la notte) puntualmente quando
salvo
si impalla tutto. Non so neanche più
quante volte ho scritto questo capitolo, robe che a me viene voglia di
uccidere tutti che mamma mia chi siete voi uomini ombra se mi si
impalla di nuovo il pc vi mangio.
(Jessica
campionessa olimpionica, medaglia d'oro, in scleri notturni)
Grazie a chi commenta la
storia, mi rendo conto che faccio passare
troppo tempo ogni volta.
E non vi preoccupate, la
prossima volta scriverò di Julian
su
una bella decappottabile con il catenaccio d'oro e la canottiera bianca
con tutti i finestrini abbassati mentre a tutto volume ascolta musica
House.
Mh che bella immagine.
Vebbè, mi
rendo conto che la mia nota ha quasi superato la
lunghezza del capitolo.
Parlo troppo.
Un salutone
Jess
PS:
so che tutti state aspettando con ansia il ritorno di Tom
perchè vi piace tanto, keep in touch ahahah
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