ReggaeFamily
Svolta
tra i banchi di scuola
Le vacanze erano ormai
giunte al termine e, per la prima volta, ne ero entusiasta. Almeno
avrei avuto qualcosa da fare, anziché stare in casa a
piangermi addosso, e avrei rivisto i miei compagni, scherzato e
chiacchierato con loro come se nulla fosse accaduto.
Il 15 settembre fui una
tra i primi a giungere nel cortile della scuola. Quando entrai in
classe, salutai tutti i miei vecchi compagni e mi posizionai nel mio
solito posto, all'ultimo banco.
In prima superiore ero
stata in banco con Giulia, una delle tante ragazze con cui mi trovavo
bene e parlavo volentieri. Ma lei quel giorno si sedette a un'altra
compagna e il mio banco rimase vuoto.
Poi in classe entrò
un ragazzo che non avevo mai visto, un ragazzo bellissimo. Era di
media statura, aveva due enormi occhi color caffè, i
lineamenti del viso molto marcati e una cascata di capelli castani
attorcigliati in modo strano. Ero certa di aver già visto
quella pettinatura da qualche parte, ma non ricordavo come si
chiamasse.
Lui si avvicinò al
mio banco, scaraventò il suo zaino accanto al mio e mi
sorrise. Aveva un sorriso proprio dolce!
“Ciao, io sono
Michele! Questo posto è libero, vero?” si presentò
con entusiasmo.
Io intanto ero
imbambolata a fissarlo. Era assolutamente magnifico, ero attirata da
lui in una maniera assoluta, non potevo fare a meno di squadrarlo.
Gli sorrisi a mia volta.
“Ciao, sono Camilla, piacere! Sì, il posto è
libero. Non ti avevo mai visto prima!”
“Mi sono trasferito
qui quest'estate” spiegò, prendendo posto sulla sedia
accanto alla mia.
“Wow, davvero? Dove
abitavi prima?” chiesi estremamente interessata.
“In una piccola
cittadina sul mare, si stava bene.”
“Vedrai, questo
posto ti piacerà molto. Sei finito in una classe magnifica, ti
divertirai!” gli assicurai.
In quel momento alcuni
compagni ci circondarono, curiosi di conoscere Michele.
Alla ricreazione era già
uno dei nostri. Era incredibile: dolce e gentile con tutti, maturo e
intelligente, spiritoso ed estremamente simpatico! E io capii, in un
paio d'ore, che mi ero presa una cotta tremenda per lui.
Michele sembrava
interessato a me, stavamo in banco insieme e parlavamo sempre, ma in
realtà pareva interessarsi a tutti. Se qualcuno era triste o
di malumore, lui cercava di fargli tornare il sorriso; se qualcuno
era solo, lui andava a parlarci e lo trascinava in mezzo agli altri.
Non sembrava annoiato da niente e da nessuno, riusciva sempre a
trovare il lato positivo in ogni situazione ed era un figo pazzesco!
Appresi tutto ciò
nella prima settimana di scuola; ormai eravamo diventati amici e ci
eravamo scambiati il numero di telefono.
Durante quel lasos di
tempo avevo trascurato un po' Diego. Lui stava soffrendo a causa
della lontananza con Gaia, ma io lo aiutavo il minimo indispensabile.
Gli volevo ancora bene, certo, ma dopo la seconda metà di
agosto, con l'arrivo di Gaia, il nostro rapporto si era indebolito
tantissimo.
Con Rachele la situazione
era simile: ci sentivamo qualche volta al telefono, ma niente di più.
Lei e Martino si erano messi assieme e, a detta sua, stavano
benissimo. Io, a mia volta, le raccontava di Michele, e lei mi
ascoltava con grande interesse.
Comunque non me ne
preoccupai: avrei rivisto tutti il giorno del mio compleanno, dato
che stavo organizzando un'uscita di gruppo per festeggiare.
Invitai Michele, i
compagni di classe più simpatici, Rachele e Martino, Diego e
Roberta.
Saremo stati in tanti e
ci saremo divertiti un sacco!
Il 22 settembre, alle
cinque del pomeriggio, arrivarono sotto casa mia i primi invitati,
ovvero Michele, Diego, Rachele e Martino.
Li salutai calorosamente
e loro mi fecero qualche regalo: Diego mi regalò un profumo,
Michele un bracciale e una collana coloratissimi, mentre Martino e
Rachele mi consegnarono un paio di libri.
Aspettammo che gli altri
ci raggiungessero e Rachele annunciò che Roberta non sarebbe
venuta perché stava male.
Dei nove compagni che
avevo invitato, se ne presentarono solo cinque, Michele compreso. Ma
non mi importava, stavo per passare il compleanno migliore della mia
vita con il ragazzo che mi piaceva e gli amici più cari.
Mi resi conto in quel
momento che in fondo quell'estate non era stata poi così male:
avevo litigato con qualche amico, ma ne avevo trovato subito degli
altri e non ero mai stata sola.
Mentre passeggiavamo per
le vie del paese, i ragazzi formarono un gruppetto, mentre noi
ragazze camminavamo dietro di loro e parlavamo tra noi.
“Come va con
Marti?” chiesi a Rachele.
“Benissimo, non
avrei mai immaginato di poter stare così bene con un ragazzo!
Passiamo molto tempo assieme, a volte usciamo in gruppo con i nostri
amici e altre volte siamo soli. Nonostante ciò, rispettiamo
l'uno gli spazi dell'altra e siamo abbastanza indipendenti. Abbiamo
trovato il giusto equilibrio direi.”
“E quando è
stata la prima volta che vi siete... baciati?” sussurrai
curiosa.
“Circa due
settimane fa. Sai, stiamo insieme da poco e io non so bene come
comportarmi. Lui è il primo vero ragazzo ed è stato il
primo a baciarmi, sono ancora un po' insicura, ma ce la sto mettendo
tutta.”
Era leggermente arrossita
e teneva lo sguardo basso.
Mi fece tenerezza e la
abbracciai di slancio. “Oh Rache, quanto sono felice per te!
Sei così tenera... Marti è fortunato ad avere una
ragazza come te, siete fantastici insieme!”
E lo pensavo davvero.
Speravo di poter dire lo stesso di me e Michele, un giorno.
Trotterellai accanto a
lui e gli afferrai una ciocca di quegli strani capelli attorcigliati.
“Mi piacciono troppo! Come si chiamano?”
“Dreadlocks.”
“Da quanto tempo ce
li hai?”
“Dall'anno scorso,
anche se in realtà ho sempre avuto i capelli lunghi e
arruffati.”
“Wow! Dev'essere
difficile gestirli” commentai ammirata.
“No, neanche
tanto... bisogna solo saperlo fare, eprò ne vale la pena!”
“Sì, ti
donano molto!”
“Diciamo che fanno
parte della mia identità, ormai.”
“E i tuoi genitori
sono d'accordo?”
“I miei genitori
sono molto aperti per queste cose. Addirittura sono stati loro a
spingermi a fare i dread!”
Risi. “Scommetto
che hai dei genitori fantastici!”
“Sì, non mi
posso lamentare. Mi ritengo fortunato, con me sono sempre stati
comprensivi e affettuosi. Amano il divertimento e la compagnia, ma
quando si tratta di educare un figlio, sono pazienti e trasmettono
dei buoni valori.”
“Sembra un
telefilm, uno di quelli in cui i genitori hanno quasi un rapporto
d'amicizia con i figli. Nella vita reale è quasi impossibile!”
constatai.
“Hai ragione”
concordò. “La famiglia del Mulino Bianco!”
Scoppiai a ridere e lui
fece lo stesso.
“Eppure la mattina,
appena svegliati, non assomigliamo per niente alla famiglia di quella
pubblicità! Specialmente mio padre, mezzo addormentato sul
tavolo della cucina!”
Non riuscivo più a
smettere di ridere. “Michi, sei assurdo!”
“È la
verità!” esclamò, facendo spallucce.
Continuammo a scherzare
serenamente e qualcun altro si unì a noi.
Michele diceva sempre un
sacco di fesserie, non so come facesse ad avere sempre la battuta
pronta, sapeva sempre come far ridere la gente.
Poco dopo entrammo in un
bar e io offrii il gelato a tutti, poi ci recammo nella piazzetta in
cui si era svolta la pizzata dei Teens.
Quella sera mi divertii
davvero tantissimo, e il fatto che fosse il mio compleanno aveva reso
tutto più magico.
Capii che, alla fine, non
ero una persona così orribile, in fondo tutto quello che avevo
fatto non aveva compromesso la mia simpatia e la mia capacità
di trovarmi dei veri amici. Mi sarei rifatta una vita, avrei
ricominciato da capo, mi sarei risollevata da quel periodo buio.
E avrei conquistato
Michele, a tutti i costi.
I giorni si susseguivano
pigramente e i primi mesi di scuola erano volati. Ormai l'autunno
aveva spazzato via ogni traccia dell'afa estiva, e io mi stavo
riprendendo velocemente.
A scuola stavo bene
insieme ai miei compagni, e il mio amore per Michele si era
ingigantito sempre più, raggiungendo vette che quasi non
riuscivo a gestire. Era una cosa che non avevo mai provato per nessun
ragazzo, né per Diego né per Ismaele, non si poteva
paragonare a niente e nessuno.
Lo amavo così
tanto che stavo male e piangevo tutte le notti, senza sapere neanche
perché. Era tutto perfetto, lui era il mio compagno di banco,
il mio migliore amico... allora perché mi faceva così
male?
Diego, Rachele e Martino
mi stavano accanto; tutti e tre sapevamo del mio amore per Michele e
mi sostenevano sempre. Li adoravo, senza di loro non avrei saputo che
fare!
Nei primi giorni di
dicembre mi accorsi di stare troppo male: vedere Michele ogni giorno
e sapere che non stavamo insieme era diventato insopportabile. Dopo
due mesi e mezzo che lo conoscevo, decisi che era arrivato il momento
di dichiarargli i miei sentimenti.
Ormai tra noi c'era
tantissima confidenza, trascorrere cinque ore al giorno uno accanto
all'altra ci aveva avvicinato molto, e a volte capitava che ci
incontrassimo anche nel pomeriggio.
Lui parlava e stava bene
con tutti, ma dimostrava affetto solo alle persone a cui teneva di
più, e io ero tra queste.
Così, un giorno
gli chiesi di uscire con me e lui accettò di buon grado.
Mentre mi preparavo ero
agitatissima, non sapevo da dove cominciare né quale sarebbe
stato il momento giusto per dirglielo. In genere non mi mettevo certi
problemi, ero una ragazza aperta e schietta, ma in questi casi erano
sempre stati gli altri a prendere l'iniziativa: si erano dichiarati o
mi avevano baciato, io non avevo dovuto far altro se non accettare o
ricambiare.
Alle quattro e mezza
Michele passò a prendermi e, tra una risata e l'altra, ci
dirigemmo in centro, nel bar più accogliente che conoscessi.
Non so come fosse
possibile, ma gli argomento di cui parlare sembravano non finire mai,
non esistevano silenzi imbarazzati, io e lui eravamo perfettamente in
sintonia.
Ero sempre più
sicura che saremmo stati una coppia perfetta.
Io lo osservavo molto: mi
piacevano i movimenti rapidi ma non troppo bruschi delle sue mani
perfette e delle sue dita affusolate, amavo quando scuoteva la testa
e faceva oscillare i dreadlocks... ogni minimo dettaglio di quel
ragazzo era semplicemente incantevole.
Inoltre studiavo tutto
ciò che faceva per capire se era o meno interessato a me,
nonostante ne avessi ormai la certezza. Quando parlavo, mi ascoltava
attentamente e mi guardava dritto negli occhi.
Dopo aver bevuto la
ciccolata che avevamo ordinato, decidemmo di andare via e lui
insistette per pagare. Anche Diego faceva così prima che ci
mettessimo insieme, era un buon segno!
Passeggiammo per un po'
senza una meta ben precisa; le nostre risate riecheggiavano nelle
strade avvolte nella penombra.
Verso le sette e mezza ci
incamminammo verso casa mia e io capii che era arrivato il momento di
dirglielo.
Al solo pensiero di
affrontare l'argomento, mi veniva un nodo in gola e per questo avevo
tentato di rimandare il più a lungo possibile. Ma ora non
c'era più tempo.
Presi coraggio e
cominciai: “Michi, ti devo dire una cosa...”
“Dimmi tutto!”
mi incitò.
“Beh, noi ci
conosciamo da un po' ormai... sei... il mio migliore amico, ti voglio
molto bene... per me conoscerti è stato bellissimo e...”
Lui quasi non stava più
attento a dove metteva i piedi, mi guarda e ascoltava con
concentrazione.
“Beh, tu sei una
persona fantastica, e in questo tempo mi sono accorta di provare
qualcosa per te! Io ti amo, Michele!” conclusi tutto d'un
fiato, non potendo fare a meno di tremare per l'emozione.
Lui annuì, ma per
la prima volta lo vidi confuso. “Grazie Camilla, mi hai detto
delle cose bellissime” rispose con il suo solito tono dolce e
comprensivo.
“Io... ho solo
detto quello che penso, non potevo più evitarlo...”
spiegai in un mare di imbarazzo.
“Sono senza parole,
non so che dire. Dammi un po' di tempo per pensarci, va bene?”
“Certo, figurati!”
risposi, sorridendo.
Ci guardammo negli occhi
e scoppiammo a ridere. Era così, tra noi: anche nei momenti
più complicati, seri e imbarazzanti, non potevamo fare a meno
di ridere e divertirci insieme. Ecco perché lo amavo così
tanto.
Così tornammo a
casa sereni e rilassati. Nemmeno la mia confessione era riuscita a
scalfire la pace e la sintonia che ci avvolgeva quando stavamo
assieme.
Quella notte non chiusi
occhio e non feci che pensare a ciò che era accaduto con
Michele; certo, mi sarei aspettata che cadesse ai miei piedi, davo
per scontato che ricambiasse i miei sentimenti. Ma forse la mia
confessione lo aveva spiazzato e aveva bisogno di prendersi i suoi
tempi, ma ero sicura che il giorno dopo mi avrebbe detto che anche
lui mi amava e finalmente saremmo stati insieme.
Aspettai con impazienza
il mattino successivo.
Come al solito, entrai in
classe e gli sorrisi. Lui inizialmente non accennò
all'argomento, così alla fine della prima ora gli lanciai
un'occhiata interrogativa.
Lui si voltò verso
di me con aria seria. “Cami, io ci ho pensato” annunciò.
“Bene!”
esclamai istintivamente, non aspettavo altro!
“Ti voglio bene
anch'io, ma... non so come dirtelo... io preferisco che rimaniamo
amici, è meglio così per entrambi.”
Quelle parole mi ferirono
come una coltellata in pieno petto.
Mi era successo di tutto,
ma mai un ragazzo mi aveva rifiutato, non ero abituata. E poi certa
di piacere a Michele! Ma mi ero nuovamente sbagliata e ora ci stavo
malissimo.
Mi accorsi di una cosa a
cui prima non avevo fatto caso: se mi avessero rifiutato Diego e
Ismaele, prima o poi me ne sarei fatta una ragione; ma nella mia vita
non avevo provato mai un amore più immenso e struggente di
quello che sentivo per Michele. Le altre in confronto erano state
cotte da niente. Ero sempre sopravvissuta a tutto, ma questo mi stava
annientando completamente.
L'unica volta che avevo
trovato il vero, ecco che si prospettava irraggiungibile.
Abbassai lo sguardo.
“Capisco, non fa niente.”
Volevo solo scoppiare a
piangere e prendere a pugni il primo che passava.
“Cami, ti prego,
dimmi che non te la sei presa! No, non volevo ferirti, mi è
dispiaciuto doverti dire...” disse lui mortificato.
Tentai di sorridergli.
“No tranquillo Michi, è tutto a posto, so che non è
colpa tua e ho apprezzato la tua sincerità.”
“Questo non vuol
dire che non possiamo restare amici.”
“Se non ti
dispiace...” farfugliai, tentando di ricacciare indietro le
lacrime e puntando lo sguardo altrove.
“Ma scherzi? Dai,
tornerà tutto come prima!” mi rassicurò,
stringendomi una mano.
“Grazie Michi, sei
sempre così gentile...”
Da quel giorno le cose,
per me, peggiorarono sempre più; il mio amore per lui cresceva
giorno dopo giorno e la consapevolezza di non poterlo avere mi stava
uccidendo. Tentai di dimenticarlo, tentai di innamorarmi di qualcun
altro, tentai di distrarmi con gli amici o con qualche altro
passatempo, ma ogni volta che entravo in classe lui era lì che
mi sorrideva, e io non potevo fare a meno di fissarlo inebetita.
Stavo malissimo, avrei preferito morire.
Fu così che si
concluse il capitolo più doloroso della mia vita.
* * *
Ed
ecco a voi il “gran finale”! Allora, che ne pensate?
Tranquilli,
la storia non è ancora finita: tornerò a breve con
l'epilogo! ;)
Vorrei
tanto sapere che ne pensate di Michele, un personaggio a cui tengo
molto. Ditemi pure!
Ringrazio
chi fino a ora mi ha sostenuto e ha avuto il coraggio di seguire
questa storia, osservando passo dopo passo le vicende di Camilla e i
miei cambiamenti in quanto scrittrice! :3
Soul
♥
|