Rosso
sangue
Levi
percorse il cortile esterno del centro di addestramento, diretto verso
l'ufficio di Erwin, seguito da un paio dei suoi sottoposti. Era stato
convocato per discutere della prossima spedizione e dato che
nell'ultimo periodo Erwin si era preso bizzarramente la briga di
presidiare alcuni degli addestramenti delle reclute, Levi si era
trovato costretto a raggiungerlo lì.
Fu
allora che la vide per la prima volta, con la coda dell'occhio, e certo
non gli avrebbe dato molta importanza se non fosse stato per quei suoi
accecanti capelli rossi: come fiamme le avvolgevano il viso, ricadendo
appena sotto il mento e premurandosi di nascondere uno dei suoi occhi
azzurri con una ciocca. Era sola. Da dentro il casolare alle sue spalle
sopraggiungevano le urla dei compagni, intenti a cenare e far
comizi, discutendo della faticosa giornata appena superata. Ma lei era
sola, appoggiata alla ringhiera in legno con il naso rivolto al cielo
stellato. Sorrideva come una bambina, una bambina piena di gioia
pensò Levi visto che potè distintamente sentirla
canticchiare, nell'istante in cui le passò a fianco.
Chissà che aveva da essere tanto allegra. Dondolava la testa
delicatamente e intonava un motivetto a fior di labbra. Aveva la voce
morbida, anche se particolarmente acuta.
Levi
la superò senza concederle ulteriori attenzioni, anche se
quei capelli rossi non se li sarebbe più tolti dalla testa
per il resto della serata. Riportava alla mente il sangue che troppe
volte aveva visto versare intorno a lui, quello stesso sangue che
puntualmente lasciava qualche orribile macchia nascosta sui suoi
vestiti o sulle sue armi e che poi ripulire era una vera rogna. Era un
colore che non gli piaceva per niente. Esistevano davvero persone che
lo portavano addosso con tanta disinvoltura e giovialità? La
cosa lo irritava.
«Sei
in ritardo» lo accolse Erwin, aprendo la porta del suo
casolare e permettendogli di entrare.
«Non
dire stupidaggini» lo rimbeccò Levi, entrando.
«Sei
nervoso» notò Erwin, accorgendosi di come il tono
di Levi fosse risultato più aspro del solito.
«Le
reclute mi irritano» spiegò Levi, mettendosi a
sedere con pesantezza sulla sedia davanti alla scrivania.
«Le
hai conosciute?» chiese Erwin,raggiungendolo.
«Non
proprio» ma quei capelli color sangue bastavano a fargli
venire il mal di stomaco dal nervoso.
«Andrò
subito al sodo, allora, visto il tuo umore. Eccoti tutti i
dettagli...» annunciò porgendo al capitano un
fascicolo e cominciando a spiegare la strategia della prossima
spedizione.
Era
da poco mattina, quando le reclute si riunirono nel cortile esterno per
un allenamento libero. Le regole prevedevano il corpo a corpo, semplice
combattimento umano contro umano, niente di particolarmente stancante
se entrambe le parti si accordavano nell’impegnarsi il meno
possibile. I ragazzi si raggrupparono a due a due nei vari angoli del
cortile, provando tecniche di combattimento di vario genere, mentre uno
degli ufficiali passeggiava tra loro correggendo solo qualche postura e
valutandone le capacità. Poi si scambiavano, sceglievano
liberamente il prossimo compagno, ogni tanto azzardavano addirittura a
riposarsi, anche se non troppo a lungo per evitare le sgridate e le
punizione, e dopo ricominciavano. Il resto degli ufficiali era intento
a discutere di faccende private, in un angolo, buttando solo un occhio
ogni tanto sul gruppo di reclute per assicurarsi che ci fosse ordine e
disciplina.
Erwin
era tra loro e scorreva gli occhi sulla lista dei cadetti, leggendone i
nomi, mentre i suoi colleghi si preoccupavano di politica e
finanziamenti. Non era quello di cui si impensieriva maggiormente lui
in quel momento, per questo destinava loro la minima attenzione.
«Quanti
di loro hanno espresso il desiderio di unirsi all’Armata
Ricognitiva?» la voce di Levi alle sue spalle diede
consistenza alle sue preoccupazioni.
«Sempre
troppo pochi. Badano bene a voler salva la vita» disse Erwin.
«Non
copriremo le perdite, non è così?»
«Se
continuiamo di questo passo l’Armata Ricognitiva
andrà scomparendo. Senza considerare che anche il popolo non
prova fiducia in noi e i piani alti sono sempre più
riluttanti a concederci finanziamenti per le spedizioni.»
"Che
branco di idioti" avrebbe voluto dire Levi, ma si tenne per
sé quell'insulto, sapendo che tanto non ce ne sarebbe stato
bisogno: Erwin sapeva sempre cosa pensava.
Si
guardò intorno, apparentemente disinteressato e annoiato,
quando Erwin gli porse la domanda che avrebbe voluto fargli anche
prima: «Come mai qui?»
«Volevo
dare un'occhiata» si limitò a rispondere Levi.
«Chissà quali di questi volti rivedrò
la settimana prossima tra le file della nostra armata.»
«Non
sei mai stato uno a cui interessava.»
«Allora
non mi conosci abbastanza.»
Non
era vero, Erwin lo conosceva eccome e Levi sapeva che aveva ragione.
Ancora
una volta gli occhi caddero con una certa prepotenza su quel colore
rosso così accecante. Più lo guardava,
più gli ricordava il sangue versato nei campi là
fuori e la cosa lo mandava in bestia.
«Da
quanto tempo è in pausa?» chiese con una certa
irritazione, notando come lei fosse l'unica tra i suoi compagni a
starsene seduta a terra. La testa sollevata al cielo, gli occhi chiusi,
come addormentata, e ancora quello stupido sorriso sulle labbra. Gli
dava decisamente sui nervi.
Erwin
guardò la ragazza e tirò un leggero sospiro,
senza rispondere, come se non ne avesse bisogno. A parlare al suo posto
fu l’istruttore Keith, una volta Comandante, un uomo
scorbutico, irascibile e sicuramente poco propenso al perdono. Si
avvicinò alla ragazza ringhiando come un cane e
alzò la gamba, pronto a sferrarle un calcio. La mano della
ragazza scattò come meccanica, afferrando la punta dello
stivale dell’istruttore, bloccandolo. Solo allora lei
aprì gli occhi e guardò curiosa ciò
che aveva afferrato, come se neanche avesse avuto coscienza di
ciò che era successo. Quando notò lo stivale
sobbalzò, spaventata.
«Che
fai qui a terra?» le urlò contro Keith, ignorando
il fatto che il suo piede fosse ancora ben saldo tra le dita della
ragazza.
«Niente!»
balbettò lei, sconvolta dal fatto che
l’istruttore avesse voluto colpirla.
«E
i tuoi compagni che fanno invece?» urlò nuovamente
Keith.
La
ragazza si guardò attorno, come se fosse appena arrivata,
poi sorridente rispose: «Si stanno allenando!»
Si
rizzò sulla schiena, orgogliosa di aver dato una risposta
corretta, ma la cosa parve non compiacere Keith come aveva forse
sperato.
«E
perché tu non lo stai facendo?» urlò
Keith sempre più forte, facendola spaventare ancora di
più.
«Non
lo so, lo chieda a loro!» piagnucolò lei.
«L'hanno
di nuovo messa da parte» osservò Erwin.
«Nessuno vuole avere a che fare con lei.»
Quei
capelli rossi come il sangue erano per Levi un motivo più
che sufficiente, ma comunque chiese con una certa curiosità:
«Per quale motivo?»
Erwin
si limitò a sospirare e alzare le spalle, in un gesto di chi
sa ma preferisce lasciar perdere.
«Luciel!»
chiamò Kieth, facendo sobbalzare un ragazzo alto circa un
metro e ottanta, dai capelli biondi legati dietro la nuca. Era un bel
colosso, certamente non all'altezza della ragazza che pareva un vero e
proprio scricciolino.
«Battiti
con Mari» ordinò.
Luciel
fece una smorfia di disappunto, guardando dall'alto al basso la ragazza
ancora seduta ai suoi piedi, pochi metri più distanti. Mari
in risposta gli sorrise luminosa, ma ricevette in cambio un altro
sbuffo irritato. Quel Luciel non sembrava proprio d'accordo con la
scelta dell’istruttore, che con un ultimo strattone
finalmente liberò il piede e si allontanò di
qualche passo. «Avanti, fatemi vedere di cosa siete
capaci.»
«Ma
lei lo sa già di cos...» cominciò Mari,
ma fu prontamente interrotta da un furibondo: «Esegui gli
ordini senza obiettare» che la fece urlare come una
ragazzetta spaventata dal buio.
«Sembra
così infantile, come può essere arrivata fino a
questo punto?» in molti abbandonano gli addestramenti ben
prima, pensò Levi. Come poteva lei, piccola e minuta, con
quell'atteggiamento così stupido, essere arrivata fino a
quel punto con quel sorrisetto gioioso e soddisfatto?
«Non
sottovalutarla» l'ammonì Erwin.
«Non
ho intenzione di farlo» disse Levi, prima di fare qualche
passo verso la coppia che si preparava a combattere. «Ehy
tu!» chiamò, facendo voltare la ragazza che si
indicò con aria interrogativa, chiedendosi se parlasse a lei.
«Sì,
parlo a te, come hai detto che ti chiami?»
«Mari»
balbettò, ora improvvisamente agitata. Forse
incredula che si trovasse di fronte proprio il famigerato capitano
Levi.
Levi
esitò un attimo prima di chiedere: «Solo Mari? Non
hai un cognome?»
«Nessuna
famiglia, nessun cognome, Signore!» Sembrò
risvegliarsi e scattò sull’attenti, con il saluto
militare. «Qui mi chiamano in molti modi diversi, a dire il
vero, ma per il momento Mari è quello che
preferisco.»
"Nessuna
famiglia? È orfana" constatò Levi, prima di
proseguire con la domanda che più gli premeva:
«Hai deciso a quale corpo militare ti unirai, finito
l'addestramento?»
A
quella domanda, gli occhi della ragazza andarono spalancandosi e
lentamente si mossero per posarsi sullo stemma cucito sulla giacca del
capitano. Le ali della libertà. Lo stemma
dell’Armata Ricognitiva.
Uno
strano sorriso le incurvò il viso mentre mormorava:
«Io metterò le ali.»
Non
fu difficile per Levi capire ciò che intendeva dire, quella
frase non poteva che significare una sola cosa. Eppure il modo in cui
aveva pronunciato quella risposta lasciava aperte nella mente del
capitano mille porte.
"Verrà
con noi in esterno. Potrei trovarmela a fianco durante un combattimento
o una cavalcata. Quei rossi capelli color sangue potrebbero stare al
mio fianco più a lungo del previsto" e la cosa lo metteva
poco a suo agio.
Si
tolse la giacca e la porse a Erwin al suo fianco. Poi
cominciò a tirarsi su le maniche.
«Levi,
cosa vuo...» iniziò a chiedere Keith, ma Levi lo
zittì, ordinando a Mari: «Battiti con
me.»
«Eh?»
stridette lei in risposta, arrossendo in viso. «Dice sul
serio?» balbettò.
«Sì,
se dovrai cavalcare al mio fianco voglio testare personalmente le tue
capacità.»
«È
molto premuroso da parte sua, capitano, ma tanto vale a questo punto
che mi mettiate direttamente tra le fauci di un gigante!»
«Hai
paura?» chiese Levi inarcando un sopracciglio. Dov'era finita
la sicurezza e la tranquillità che aveva avuto fino a quel
momento?
«Certo
che ne ho! Sono solo una recluta, cosa crede possa fare contro uno dei
migliori capitano dell’armata?»
"È
falsa modestia? O fa sul serio?" quella ragazza continuava a metterlo
di fronte a mille domande e nessuna risposta. Chi diamine era?
Levi
terminò la preparazione e si posizionò davanti a
lei, al posto di quel Luciel che non parve essere rammaricato dall'idea
di rinunciare all'incontro.
«Ne
è sicuro allora?» chiese ancora lei, poco convinta
e intimorita.
«Se
porterai con te questa esitazione, quando andrai lì fuori,
sarai la prima a morire, lo sai?»
Mari
restò pensierosa qualche istante, portando lo sguardo
direttamente agli occhi di Levi, centrando le sue pupille senza nessun
tipo di esitazione o timore. La cosa lo turbò appena,
notando come improvvisamente lo squilibrio delle cariche e delle forze
non sembrasse pesarle più.
«Un
animale, se minacciato, non attacca subito» disse lei, con un
tono improvvisamente differente da quello avuto fino a poco prima.
Sembrava che qualcosa si fosse risvegliato in lei, qualcosa di meno
stupido e più pericoloso.
«Ma prova prima a risparmiare le forze, lanciando
avvertimenti. Lo sapeva? Non crede che sia da prendere
d’esempio? Basta solo accantonare l'orgoglio, ammettere "ho
paura" e si eviterebbero centinaia di spargimenti di sangue
inutili.»
"Ma
di che parla?" si chiese lui.
«Ma
qualora le minacce non funzionassero a evitare lo scontro, allora si
è inevitabilmente chiamati alle armi. Non ci si
può tiare indietro. La priorità diventa la
sopravvivenza. Che cosa affascinante, non crede?» sorrise
infine, continuando a fissare gli occhi del capitano. Quella
sfacciataggine, ammetteva, lo faceva sentire poco a suo agio, ma non
abbassò lo sguardo neanche per un istante.
«Sei
una gran chiacchierona» constatò lui.
«Siamo
dotati di una tale capacità come il linguaggio, non vedo
perché non sfruttarlo» sorrise ancora, senza
però battere ciglio. Era come se avesse le pupille incollate
a quelle dell'avversario, non abbassava lo sguardo e non mostrava segno
di cedimento neanche per un istante.
Levi
percepì lo stesso fastidio che avrebbe potuto provare se
avesse fissato il sole troppo a lungo, e senza rendersene conto si
ritrovò a socchiudere appena gli occhi, come per proteggersi.
«Vuoi
andare avanti per molto? O mi fai vedere di cosa sei capace?»
«Lo
sto già facendo» mormorò lei
candidamente e una strana sensazione chiuse per un attimo la gola di
Levi. Era... inquietante.
Non
avrebbe aspettato oltre, cominciava a stufarsi, perciò
passò all'attacco per primo allungando il pugno nella sua
direzione. Mari non si mosse fino all'ultimo, continuando a cercare gli
occhi del capitano e fissandolo. Poi schivò il colpo con
destrezza, muovendosi il minimo indispensabile. Levi non
sprecò tempo e continuò a colpire, pugno dopo
pugno, calcio dopo calcio. Mari si dimostrò rapida e agile
nello schivare, ma la cosa che continuò a metterlo in
difficoltà furono quegli occhi azzurri puntati ai propri,
nonostante i movimenti. Non guardava le mani, non guardava i piedi,
solo gli occhi e riusciva comunque a schivare per tempo.
Tentò con un altro calcio e lei saltò
incredibilmente in alto, schivando ancora.
"È
straordinariamente agile" pensò Levi mentre tentava altri
colpi, sempre più potenti e sempre più aggressivi
e più mirati. Ma Mari riusciva in ogni caso a schivarli,
indietreggiando o saltando. Ma non attaccava. Continuava a fissarlo, ma
non attaccava.
"Quanto
mi da sui nervi!" pensò Levi digrignando i denti e provando
come gesto disperato a lanciarsi contro di lei, tentando di afferrarla
in una presa e impedirle di divincolarsi ancora.
"Adesso!"
pensò Mari e in un istante si piegò, salvandosi
dalla presa, e si spinse contro lo stomaco del capitano. Levi fece
appena in tempo ad abbassare lo sguardo, vedendosela catapultare
contro,
e ancora una volta incrociò i suoi azzurri occhi ben
impiantati nei propri. Ebbe un istante di esitazione e Mari ne
approfittò per scaraventarlo a terra, atterrandogli sopra.
La ragazza sollevò velocemente la testa, guardando sorpresa
il capitano sotto di sé, scuotendo i capelli come un animale
appena uscito dall'acqua. Poi lanciò un urletto
allegro, esclamando: «Incredibile, ce l'ho
fatta!»
Levi
l'osservò da quella sua posizione sottomessa, incredulo. Si
era lasciato fregare: lei non aveva fatto altro che provocarlo per
tutto il tempo e lui si era lasciato andare all’impulso,
perdendo la concentrazione per un breve istante. Istante che Mari aveva
straordinariamente colto e aveva volto a suo vantaggio. Era irritante,
era decisamente irritante. Interruppe i suoi festeggiamenti con un
colpo di fianchi, ribaltando velocemente la situazione, sbattendola al
suolo e posizionandosi sopra di lei. Le piantò un braccio
contro la gola, per immobilizzarla, e sollevò il pugno
chiuso sopra il suo viso. Mari tenne gli occhi momentaneamente chiusi,
lamentando dolore alla testa, che aveva battuto a terra nel
ribaltamento. Non appena li riaprì vide il
pugno di Levi cadere rapidamente verso il suo naso, ma fermarsi appena
in tempo per non colpirla realmente. «Mai cantare vittoria
troppo presto» le mormorò a pochi centimetri dal
viso, col tono di chi l'avrebbe volentieri uccisa. Solo allora
tornò a fissare i suoi occhi, chiedendosi se avesse
finalmente abbandonato quella sfacciataggine. Ciò che vi
trovò invece lo fece rabbrividire: l'occhio sinistro di
Mari, l'unico visibile dato che i capelli coprivano il destro, fissava
il pugno ancora fermo a pochi millimetri dal suo viso. Immobile,
sembrava avesse addirittura smesso di respirare. La pupilla ristretta
in maniera quasi innaturale si spostò lentamente dal pugno
al viso di Levi e lui per un istante ebbe la sensazione di cadere nel
vuoto. Che razza di sguardo era quello? Metteva i brividi.
Si
sollevò, con una velata impellenza, e si affrettò
ad allontanarsi da lei, cercando comunque di non dare troppo
nell'occhio e di risultare normale.
«E
non distrarti» aggiunse, prima di voltarsi e tornare da Erwin
per riprendersi la giacca.
«Che
ne pensi, allora?» approfittò il comandante del
suo momento di rivestizione, per chiedere.
«È
ancora un pulcino» comunicò Levi, e lo pensava
davvero. Era bastato poco per farla piagnucolare di dolore e paura, era
bastato poco per ribaltare le situazione, non aveva mostrato la minima
traccia di tecniche di combattimento né di esperienza. Era
debole, non sarebbe riuscita a buttarlo a terra se lui non fosse stato
sbilanciato e avesse vissuto quel momento di confusione, e scioccamente
non aveva nemmeno cercato di concludere il combattimento. Non aveva
avuto modo di verificare la potenza dei suoi colpi, ma per quello che
aveva visto era sicuro che non fossero tanto precisi né
potenti. Era decisamente un pulcino. Sollevò una mano,
osservandola quasi con irritazione: "Ma allora perché sto
tremando in questo modo?"
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NDA.
Hello
to Everybody! Probabilmente non mi conoscete (e come potreste?) ma
magari chi frequenta anche il fandom di Haikyuu ha già avuto
modo incrociare le strade con me. In caso contrario
(com’è probabile) mi presento:
Nome
in codice: Tada Nobukatsu-kun (sì, sono una ragazza ma uso
il kun u.u per capirlo dovreste conoscere l’origine di questo
nome, ma certo questo non è il posto migliore per
raccontarlo [ma tanto vi basta andare nelle mie Bio per capirlo]).
Origine:
Villaggio degli elfi di Babbo Natale.
Impiego:
Distruggere i regali di Natale e incolpare Rudolph!
Età:
indefinita.
Stupidità:
smisurata!
Tornando
seri (AOT è un Fandom serio! Cerchiamo di mischiarci alla
folla e non farci notare, Rudolph!)... scrivere questa fic mi ha dato
non pochi problemi. Per la difficoltà? Per il messaggio
subliminale? Per l’analfabetismo acuto che ogni tanto mi
distrugge dentro? No… per i nomi, cazzo! Possibile che non
si riescano ad accordare e dire “tizio si chiama
così e caio cosà”? No, da una parte ci
sta scritto Erwin, dall’altra Elvin, da una parte lo chiamano
corpo di ricerca, dall’altra Armata Ricognitiva (nelle scans
è addirittura scritto Legione Esplorativa), da una parte si
chiamano Giganti, dall’altra Titani. Quindi, tutto questo per
dirvi che se trovate scritte cose differenti (può essermi
sfuggito un corpo di ricerca tra le armate ricognitive) non datemi per
pazza, ho solo avuto difficoltà a scegliere a quale versione
adattarmi.
Poi,
ancora, per il momento di AOT ho visto solo l’anime, il manga
ho cominciato a leggerlo da poco e per quanto conosca alcuni risvolti
futuri (non sono mica andata a spoilerarmi il mondo su wikia, nono) e
abbia visto gli OVA, ci sta che ci siano imprecisioni dovuti al fatto
che con la fonte ufficiale cartacea sono un po’ indietro.
Perciò fffffforry, don’t kill me please.
Ancora…
(sono una gran chiacchiera, proprio come Mari, lo so u.u ma essendo la
prima NDA devo specificare qualcosa. I prossimi NDA saranno
più leggeri, promesso) in che periodo è
ambientato il tutto? Come scoprirete più avanti, appena
prima della storia originale, un anno dopo la caduta del Wall Maria. In
realtà avrei voluto ambientarla ancora prima, ma dato che il
nostro Levi è entrato in Armata appena nel 844, non ho
potuto fare grandi miracoli e mi sono dovuta adattare (lasciandomi la
licenza poetica -non so quando quando realmente sia successo- di
affermare che sia diventato capitano non troppo tempo dopo). Essendo
dunque appena prima dell’originale, potrete ritrovare alcune
delle nostre vecchie conoscenze (come avete già potuto
vedere con l’istruttore Keith e, ovviamente, Erwin),
mischiati a tanti OC dai nomi pescati dal cilindro (ad cazzum, come
dico sempre *Luciel cof cof*).
CREDO
di non dover aggiungere altro… (era pure l’ora!!!).
Vi
saluto e vi lascio appuntamento alla prossima settimana! Se volete
lasciarmi un commentino i’m happy shalalalalala…
altrimenti grazie lo stesso per aver almeno letto fin qui xD
Per
concludere… vi lascio un’immagine creata con un
bellissimo sito (Rinmaru Games, per chi fosse interessato) in cui ho
dato un viso reale a Miss Mari senza-cognome.
Click
sul link qua sotto se volete vedere la ragazza dai capelli color sangue
(venghino signori venghinoooo ahahah) (Che in realtà
nell’immagine è un normalissimo rosso, ma nella
mia testa è veramente un rosso sangue).
*cof
cof nell’immagine è presente un piccolo spoiler,
ma tanto se non sapete cos’è non potete
riconoscerlo cof cof*
Mari!
-> https://postimg.org/image/hb8lpj2cv/
<- Mari!
BYYYYYEEEEE
Tada
Nobukatsu-kun