capitolo
7 – Doni
Spalanca
gli occhi all’improvviso. Un tremito violento lo scuote,
facendolo
gemere piano. Si dev’essere addormentato, a un certo punto.
Dopo la
comparsa delle stelle ha tentato di rimettersi in marcia, deciso
più
che mai ad allontanarsi da quell’infausto paesino di
provincia, ma
non ha fatto i conti con la debolezza dilagante.
Se
solo la temperatura non fosse così rigida, probabilmente a
quell’ora
avrebbe già recuperato parte delle proprie energie. Ma
così, il
vento gelido lo costringe a spenderle per proteggersi e non gli
lascia altra scelta se non attendere un momento migliore.
Chissà,
forse dovrebbe sul serio provare a bere qualcosa di caldo, potrebbe
servire a ricaricarlo un po’, quel tanto che basta per
percorrere
ancora qualche chilometro. Essere costretto a rimanere tanto vicino
al luogo nel quale è rimasto intrappolato per tutti quegli
anni non
lo rende per niente sicuro. Se le maledette Ombre decidessero di
mettere il naso fuori, non ci metterebbero nulla a ritrovarlo e a
riportarlo nelle oscure profondità della loro tana.
Ripiega
le ginocchia al petto e serra ostinatamente la mascella. Questa volta
ci riuscirà, deve riuscirci, a ogni costo; non
può permettersi di
perdere tempo in quel modo. Appoggia, il più saldamente
possibile,
le mani sul terreno e fa forza; le braccia tremano incontrollate, ma
non demorde. Sposta appena il peso sulle gambe, solo un poco. La
schiena struscia contro la corteccia, le braccia si spostano
reggendosi al tronco. Ancora un po’, non manca molto. Ora
sono le
ginocchia a tremare. Socchiude le palpebre per mantenere la
concentrazione. Piano, ora: ce l’ha quasi fatta, solo un
piccolo,
ultimo sforzo.
«Ehi,
sei in piedi!»
esulta una vocetta, fin troppo conosciuta, poco distante da lui.
Per
un soffio non perde l’equilibrio stramazzando a terra come un
sacco
di patate. Ringhia seccato, reggendosi a stento al suo albero.
«Sei
tornata, vedo»
sibila, per nulla lieto della novella.
«Oh,
sì!»
esclama Katherine raggiante. «Ti
sono mancata? Tu tantissimo!».
«Come
no. Come un mal di stomaco a Capodanno»
bercia Pitch.
Katherine
invece, come c’era da aspettarsi, ridacchia divertita e per
nulla
offesa; si direbbe, anzi, tutto il contrario.
«Ti
ho portato una cosa»
bisbiglia poi con fare cospiratorio.
Affonda
una mano nella tasca del cappotto e ne estrae un piccolo involto che
porge a Pitch con visibile ansia.
«Per
te»
aggiunge nervosa.
Lui
fissa sospettoso il pacchetto, poi Katherine e di nuovo il pacchetto.
Non fa nulla per avvicinarsi né tantomeno per raccoglierlo
dalle
mani di lei (non che lei se lo aspettasse realmente).
«Che
cos’è?»
chiede invece, aggrottando la fronte.
Katherine
abbozza un timido sorriso e si avvicina di un passo, dato che lui
palesemente non sembra intenzionato a muoversi dalla sua posizione.
«Ho
pensato che…»
inizia. Ma è indecisa, così riparte da capo. «Sai,
quella cosa della cioccolata calda della nonna…
Però non te la
potevo mica portare, no? Ecco, allora ti ho portato questo. Non
è lo
stesso, ma… credo che… Uff! Tieni, prendilo e
basta!»
borbotta infine, piazzando bruscamente il piccolo involto nella mano
di Pitch.
Lui
la osserva stranito e soppesa il pacchetto nella sua mano, suo
malgrado turbato. È
un regalo,
quello. Ed è già il secondo che riceve da quella
bambina, il terzo
se si considera anche il bacio. La Paura, inattesa e sgradita, torna
ad arrampicarsi al suo interno, scuotendolo leggermente e facendolo
boccheggiare. Infine, spazientito da sé stesso, si decide a
scoprire
che cosa si è inventata questa volta la piccola peste.
Appoggia
cautamente la schiena all’albero e afferra
l’involto con entrambe
le mani. È
ricoperto da un fazzoletto bianco che scosta con le lunghe dita,
scoprendo una scatola di cartone con all’interno… quadretti
di cioccolato.
Li fissa, costernato, per un tempo che pare dilatarsi
all’infinito.
Katherine
ha raggiunto e ampiamente superato il suo limite di pazienza. Deve
proprio fare qualcosa e, in mancanza di altre idee, decide che
sommergere tutto di chiacchiere debba essere la soluzione giusta.
«Non
sapevo quale gusto preferisci. Ne ho portati tanti, così
puoi
scegliere, eh? Allora, che dici?».
Poi, vedendo che lui non sembra minimamente intenzionato a dare
risposte, prova a richiamarlo all’attenzione. «Pitch…»
tenta incerta. «Forse
non ti piace il cioccolato»
riflette quasi fra sé, sconsolata.
Finalmente
Pitch solleva lo sguardo su di lei, gli occhi ancora un po’
sgranati per l’incredulità.
«No,
io… Il cioccolato va bene, mi piace»
mormora, confuso.
E
di nuovo deve sforzarsi per non schiantarsi al suolo, ora che la
piccola peste si è presa la libertà di
fiondarglisi addosso,
affondando il viso nel suo stomaco e le mani attorno alle sue gambe
traballanti.
“I
piccoli regali conservano le grandi amicizie.” (Proverbio
francese)
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“L'ostinazione
è un male molto forte; si aggrappa al cervello e spezza il
cuore.”
(Isabel Allende)
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