Un amore di furfanti Epilogo
Un amore di furfanti.
Capitolo 4.
Si
osservò attentamente allo specchio dell'ingresso, prima di
uscire di casa. I suoi capelli erano stati brillantemente incanutiti da
Bonnie con una tinta di qualche tipo e sulla testa calzava un cappello
a tesa corta. Un paio di occhiali dalla montatura pesante nascondeva in
apparenza le iridi chiare e i baffi posticci modificavano la fisionomia
della parte inferiore del viso. Indossava un completo gessato, comprato
appositamente per l'occasione, e vi aveva accostato una camicia blu
elettrico che riprendeva il colore della loro auto fiammante ed una
cravatta a fantasia floreale che spiccava in maniera appariscente nel
contesto. Le scarpe lucide e nere avevano la chiusura di strass, che
riprendeva il disegno dei gemelli che portava ai polsini; da quello
sinistro sporgeva un orologio stravagante a cui era enormemente
affezionato e nella mano destra un bastone da passeggio ottonato che in
realtà nascondeva uno stiletto.
Si voltò a guardare Bonnie,
stupenda nel suo bellissimo tailleur rosato, elegante e raffinata come
una vera lady. Aveva una parrucca di capelli ramati che faceva pendant
con il colore dell'abito; teneva la borsetta al petto e sembrava stare
molto attenta, dopotutto sapevano entrambi cosa vi fosse all'interno.
- Pronto, signor Sheppard? - chiese
lei con uno strano tono di sfida. La fissò alcuni secondi
soppesando la risposta e alla fine le allungò un braccio piegato
per permetterle di appoggiarvisi. Bonnie lo afferrò al volo
lanciandogli uno sguardo d'intesa e si avviarono verso il garage in cui
riposava la Ford che li avrebbe accompagnati in quel primo tratto di
avventura.
La banca si trovava in un quartiere
residenziale altolocato, su un viale alberato pieno di parcheggio da
ogni lato; per questo, appena arrivati poterono sistemare la V8 proprio
di fronte all'entrata.
Scesero con nonchalance e sempre a
braccetto entrarono nella struttura guardandosi intorno con fare
spaesato, anche se in realtà conoscevano quel luogo meglio degli
stessi dipendenti.
Guardò l'orologio in quello
che poteva sembrare un gesto di routine, mentre l'intento era quello di
coordinare i tempi nel modo perfetto che avevano pianificato insieme.
La strattonò con un lieve movimento del braccio ed insieme si
avvicinarono ad una delle casse. Una volta che fu davanti al bancario
gli sorrise con fare affabile.
- Buongiorno, mi scusi. Avevamo un
appuntamento con la signorina Skandaref per ritirare degli assegni
circolari per l'acquisto di una proprietà. - disse con voce
sicura e sguardo accattivante, sebbene essendo nascosto dagli occhiali
non fosse facile da captare.
- Chi le dico che la sta aspettando? - fu la risposta affettata.
- Il signor e la signora Sheppard. - si intromise Bonnie con voce civettuola.
- Va bene; per favore aspettate
lì, - gli disse il dipendente indicando delle sedie nella sala
d'attesa. - verrete chiamati il prima possibile. -
- Grazie mille, - riprese lei sporgendosi per vedere il cartellino sul petto dell'uomo. - Jeffrey. -
Lo vide arrossire lievemente mentre
si allontanavano e decise che se ne avesse avuto la possibilità
gli avrebbe fatto pagare l'onta di aver messo gli occhi sulla sua donna.
Si sedettero nelle poltroncine
comode ed attesero qualche minuto. Avevano scelto la signorina
Skandaref, simpatica single cinquantenne, per la sua indole bonaria e
per la vicinanza della sua scrivania alla stanza della cassaforte.
Tornò ad osservare l'orologio: aveva settato la sua apertura
forzata alle dodici in punto e mancavano solo ventitré minuti.
Sorrise alla sua partner, che
ricambiò immediatamente e si avvicinò al suo viso per
lasciargli un bacio sulla guancia.
Dopo poco, fu proprio la bancaria ad andargli incontro e salutarli.
- Buongiorno, signor Sheppard, signora! Prego, seguitemi. -
Le sorrisero con aria tranquilla
prima di avviarsi dietro di lei e sistemarsi alla scrivania.
Poggiò il bastone al lato della sedia su cui era seduto e si
volse con interesse verso la donna, osservando il modo in cui compilava
i moduli da fargli firmare e organizzava il lavoro. Quello che gli
piaceva di lei era la sua metodicità, che aveva permesso al
resto del piano di svilupparsi senza imprevisti.
- È stata un po' improvvisa
la richiesta di questi assegni. Immagino che questa casa sia
un'occasione. - disse lei di punto in bianco, mentre continuava i suoi
compiti.
- Assolutamente, cara. - prese
parola Bonnie, con aria maliziosa. - È da anni che aspettiamo
una situazione simile. Siamo stufi di pagare un affitto tanto caro, se
proprio devo dirla tutta. Quindi siamo venuti qui per questo. -
terminò instaurando una certa complicità con la bancaria,
che infatti ridacchiò alle parole.
L'orologio segnava le undici e cinquantatré quando gli vennero porti i documenti da firmare per gli assegni.
Si prese solo qualche attimo per
osservarli, dopotutto era lui quello che era poco avvezzo alle firme
false e i raggiri. Era Nicholas Sheppard, ora. Afferrò la penna
e firmò con precisione tutti e tre i fogli che gli venivano
porti. Dopo fu il turno di Bonnie che non ebbe alcun problema e che
anzi si mise a chiacchierare amorevolmente del più e del meno
durante l'operazione.
I documenti tornarono nelle mani
della signorina Skandaref che divise la parte che corrispondeva
all'assegno di ogni foglio – erano tre, per un totale di quello
che equivaleva a un milione di dollari, per parlare di una valuta di
scambio – consegnandoglieli nelle mani con precisa attenzione.
Una volta che li ebbe tra le dita
rimase quasi incantato al pensiero che tre pezzetti di carta potessero
avere tanto valore. Lanciò un ultimo sguardo all'orologio e si
voltò verso Bonnie annuendole. Erano le undici e cinquantotto.
Lei ridacchiò giuliva ed
estrasse dalla borsetta un pacchetto di sigarette con l'accendino. Con
un movimento rapido, che non diede tempo a proteste da parte di nessuno
dei dipendenti, l'accese e prese una prima, profonda boccata.
Dovette contare fino a venti
perché il sistema antincendio si azionasse, esattamente come
aveva previsto. Si era informato sulle modalità di sicurezza e
non si stupì quando una forte pioggia pesante iniziò ad
abbattersi sulle loro teste, disperdendosi in fumo fitto al tocco con
qualsiasi superficie.
In un attimo, all'interno della
banca tra dipendenti e clienti si era creato il panico. Urla di persone
che non riuscivano a vedere ad un palmo dal loro naso, raccomandazioni
stentate di rimanere immobili per evitare di farsi male.
All'inizio di tutto, Bonnie aveva
estratto dalla borsetta le maschere antifumo che ora indossavano.
Afferrò il bastone, aprendone il pomo ed estraendo lo stiletto,
fece il giro dietro la scrivania afferrando la signorina Skandaref e
puntandoglielo alla gola.
- Niente di personale, mia cara. -
le disse all'orecchio. - Se fai anche un solo movimento sospetto o
cerchi di attirare l'attenzione, ti taglio la giugulare. Capito? - la
informò, solo per dare l'idea del cattivo, dato che in
realtà aveva impostato preventivamente tutti i sistemi d'allarme
e le linee telefoniche perché si disattivassero all'apertura
della cassaforte.
Il rumore delle sicure che
scattavano e della porta blindata che si apriva automaticamente
attirò inevitabilmente l'attenzione di entrambi. Con la donna
tremante tra le mani, fece un cenno rapido col capo alla partner. Lei
annuì con un ghigno sfrontato e si fece largo nella nebbia per
raggiungere l'entrata.
Nel frattempo la vista stava
tornando per la maggior parte dei presenti, che dopo il primo momento
di stordimento si stavano riprendendo dallo shock e rendendosi conto di
ciò che stava accadendo.
- Fermi tutti, - gridò a quel
punto con voce salda per farsi sentire sopra il brusio che
inevitabilmente aveva iniziato a propagarsi per tutto l'ambiente. -
Rimanete tutti ai vostri posti, sdraiatevi con il volto a terra e
mettete le mani dietro la nuca. - ordinò subito dopo. -
Altrimenti questa signorina muore sgozzata. È chiaro? -
gridò l'ultima parte per dare più effetto alla
sceneggiata. L'aveva provata per settimane in casa con Bonnie come
ostaggio che se la rideva per il suo modo di fare tanto dolce. Beh, era
riuscito a rafforzare quelle smussature per dare l'idea di fare sul
serio.
Non dovette attendere molto prima
che le persone gli obbedissero, sistemandosi ordinatamente al suolo;
ancor meno fu il tempo che ci mise la sua compagna ad uscire dalla
cassaforte con un portagioielli in mano ed il sorriso più felice
e delinquente del mondo ad illuminarle il viso. La raggiunse a
metà strada, baciandola con tutto l'amore che provava per lei in
quel momento, completamente dimentico della donna che teneva tra le
braccia e che tremò a quel movimento repentino riportandolo alla
realtà.
Si guardò intorno con occhio
critico, cercando il suo bersaglio. Quando lo ebbe trovato, si diresse
a passo sicuro in quella direzione, trascinando la signorina Skandaref
con sé ed assicurandosi che Bonnie fosse lì al suo fianco.
- Che nessuno faccia un fiato per i
prossimi tre minuti. Mi avete capito? - gridò nuovamente,
cercando di essere convincente. - Questa, - disse indicando il pomello
della sua arma, - rilascia un potente gas nervino una volta attivata a
distanza. Posso controllarvi attraverso le telecamere, se anche uno di
voi prova a muoversi avvio il meccanismo. Spero di essere stato chiaro.
-
Dicendo queste ultime parole, diede
una spinta al suo ostaggio che cadde a terra iniziando a piangere
terrificata. Allo stesso tempo, richiuse lo stiletto all'interno del
bastone e con il pomo – quello stesso su cui aveva inventato la
stupenda storia del gas – andò a colpire con forza il
volto di Jeffrey il bancario, rallegrandosi dell'urlo disumano che gli
lasciò le labbra.
- Ops. - ghignò con
cattiveria al suo indirizzo. - Questo era per averci provato con la mia
donna. Ora con il vostro permesso, noi andremo! -
Fece un breve inchino,
afferrò con sicurezza la mano della sua compagna e insieme
iniziarono a correre verso l'esterno. Come previsto, fuori dalla
struttura non si erano resi conto di quello che era accaduto; era quasi
certo che prima dei tre minuti che aveva imposto loro, nessuno avrebbe
osato muoversi dal lussuoso pavimento di marmo della banca; avevano
tutto il tempo per prendere la loro auto e dirigersi al punto
d'incontro che avevano stabilito con il meccanico che gliel'aveva fatta
avere e che ne sarebbe rientrato in possesso cambiandogli i connotati
così che non potesse essere ricollegata a loro. Lì li
aspettava un taxi per l'aeroporto, dove avevano già pronto un
volo per allontanarsi dal Paese e, in una cassetta di sicurezza,
documenti nuovi intestati ai proprietari della società fantasma
per poter incassare il denaro e le valigie che avevano preparato in
precedenza.
Si mossero con rapidità,
lasciando la macchina dopo essersi tolti i travestimenti che entrambi
indossavano e salendo sul nuovo veicolo guidato da un ignaro tassista.
Sul sedile posteriore, si presero per mano e si lasciarono andare ad un
bacio mozzafiato. Poi Alexandra si aprì in una risata di
sollievo che lo contagiò.
- Oddio, sembravi veramente uno di
quei cattivi da premio Oscar che si vedono nei film! Tipo
“Gangster Story” [1]! - esalò alla fine lei tra un
ridacchio ed un colpo di tosse.
- Noi rapiniamo banche! [2] - disse quindi, imitando il Clyde della pellicola e facendola sorridere nuovamente.
- Ti amo, Clyde. -
- Io di più, Bonnie. -
[1] Rimando al film del 1967 sulla vera storia di Bonnie e Clyde.
[2] Citazione da "Gangster Story", film del 1967 sulla vera storia di
Bonnie e Clyde.
Note finali: Grazie mille per aver seguito questa storia, spero che vi sia piaciuta tanto quanto a me è piaciuto scriverla! A presto!
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