Unione

di Incatenata
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Un nucleo di vertigine è impiantato dentro questi alberi, accompagnato dalla contemplazione, confusa ma acuminata, di uno spazio di nudità esterno all'essere e al tutto. Mi divora la verità giacente su questi fili d'erba, i grandi alberi che, con la loro preminenza, sembrano intimarmi il congedo. Pare di percepire il vento spezzarsi, le nuvole richiamarmi insistentemente a loro.
Sotto la vaga memoria di uno stato in cui l'entità umana non era ancora presente, sto vedendo gli alberi comunicare con me, il terreno muoversi, la totalità della natura unirsi nel dichiarare qualcosa d'importanza estrema. Il tempo lo si coglie come un soffocare sconsolato in qualsiasi parte; egli si trova accanto, dietro e davanti, sotto e sopra di me, gettandomi nell'immagine di un deserto avente buchi nel suolo.
Si scopre in momenti analoghi di percepire un destino cosmico, introducendo in sé, attraverso il monumento della solitudine, le fondamenta di tutto. L'umana vicenda è parsa ergersi e piegarsi all'istante, la storia dal suo inizio mi ha aggredito l'interno con l'irruenza di fiumi, e la fallacia di tutto ciò – l'Ineluttabilità – si è manifestata in maniera affine ad uno dei più vigorosi soli estivi che, ad un tratto, emerge esattamente dinanzi a noi impedendoci la vista.
Le esperienze del parossismo, dell'eccesso d'introspezione intaccano le radici, per smascherare il gioco a cui l'uomo sottosta giornalmente. Si è pertanto per sempre guariti e al contempo infermi, di una malanno che risale al momento iniziale del tempo. 




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