01. Inizio
La
Spada è nel Cuore
(e ci resterà)
(..."A
mí no vuelvas sin su amor")
Non c'era posto per la
dolcezza al Santuario della Dea.
Lo
sguardo della Glaucopide, di pietra e così bianco
da essere accecante, premeva sulle loro giovani spalle come un
macigno, come le sacre vestigia che un giorno avrebbero indossato e
custodito, sempre che non perissero prima.
Di questo, il
fanciullo che Shura
era stato era profondamente convinto.
Si era ben presto reso conto
di sbagliarsi, come sarebbe successo altre volte in futuro.
Perchè a
vedere quel bimbo
accovacciato sul petto del fratello maggiore, quel bimbo che dormiva
tranquillo incurante del frastuono dell'arena, della polvere e del sole
cocente, di Leo che lo chiamava insistente ed impaziente chiusa nella
sua cassa intarsiata, veniva da pensare che in fondo il minimo
indispensabile di umana pietà era rimasto.
Shura l'aveva
guardato, discreto,
ma con attenzione, quel bambino dai boccoli biondi, dagli enormi occhi
lucidi mai di pianto ma di forte determinazione e devozione e amore.
Forse non avrebbe dovuto guardare Aiolia così tanto.
Si sarebbe risparmiato l'essere costretto a vederli cambiare quegli
occhi, a passare da luminosi a bui, da pieni di speranze a pieni di
rabbia, pura rabbia e odio senza limiti.
Si sarebbe risparmiato il dolore nel rendersi conto che quello che
doveva essere un glorioso inizio, si era trasformato in un orrendo
incubo.
Un incubo di cui lui aveva dovuto prender parte, giocandosi la
coscienza.
Per Shura, la coscienza era sempre coincisa con la giustizia; fare il
suo dovere verso la Dea era stato il suo fine ultimo, la sua
più
grande e sincera vocazione.
La Dea non poteva sbagliare. Se avesse fatto tutto quello che Lei
avrebbe chiesto, allora doveva per
forza andare bene.
Andava bene fracassarsi le braccia pur di imparare a reggere il peso di
Excalibur.
Andava bene concentrarsi sugli studi e non perdere tempo a fare
marachelle con gli altri bambini.
Andava bene osservare il digiuno della Quaresima ogni anno.
Andava bene sacrificare ore di sonno riposante, e la legna d'inverno,
anche se nevicava.
Per Atena Shura aveva giurato di riuscire in qualunque cosa.
Non era riuscito a salvarsi il cuore, il bambino che Shura era stato.
Tutto, sì,
tutto per la sua Signora...ma non il cuore.
Perchè la Signora gli aveva chiesto la testa di un angelo.
Quando aveva visto per la prima volta Aioros di Sagitter, Shura aveva
pensato di essere morto: probabilmente il viaggio nella tremenda stiva
della nave che contrabbandava tabacchi dalla Spagna, e che lo aveva
portato in Grecia, aveva annientato il suo giovane corpo, prendendosi
anche la sua anima ancora innocente.
Sfinito dalla traversata, aveva creduto davvero che le braccia
che
lo avevano svestito, lavato e avvolto in panni un
pò
ruvidi, ma puliti, e infine messo a dormire tra coltri decisamete
migliori del sacco con cui aveva cercato di proteggersi dal freddo su
quella nave orribile, appartenevano ad uno degli angeli del Señor.
Ne era stato sicurissimo! Quel viso gentile, quella
capigliatura che
splendeva al sole... non c'erano dubbi che fosse un
angelo venuto a prenderlo per portarlo nel Regno dei Cieli,
dove
non avrebbe più sofferto.
Che stranezza, che stupore, quando una volta sveglio si era reso conto
che l'angelo era in realtà un ragazzo con quasi il doppio
dei
suoi anni, ma giovane come qualsiasi altro pícaro che
infestava le strade di Granada.
E quale meraviglia, e sollievo,
in quel suo cuore ancora piccino, quando il ragazzo gli aveva detto che
sarebbe stato uno dei suoi
maestri, e che si sarebbe preso cura di lui e che non avrebbe
più dovuto preoccuparsi di non avere da mangiare o un tetto
sicuro sopra la testa e un letto dove dormire che non fosse sfondato!
I pochi anni passati al fianco di Aioros erano stati per Shura i
più felici, seppur durissimi.
E dove c'era Aioros, c'era Aiolia.
Non era che un bimbo al tempo, un vero e proprio soldo di cacio,
specialmente se messo a confronto con lui, lo spagnolo che ogni pochi
mesi prendeva un paio di centimetri; non che la cosa non andasse a suo
vantaggio: Aiolia era quello che gli altri bambini chiamavano "il
topolino", per il semplice fatto che, essendo così minuto,
riusciva ad intrufolarsi senza problemi nelle cucine ed uscirne, senza
essere notato, con le braccia cariche di leccornie che sarebbero state
altrimenti precluse agli apprendisti.
Shura aveva perso il conto di quanti pasticci di mela e zucchero grezzo
erano finiti in bocca a Milo, il vero artefice di tutte le malefatte di
quei tempi infantili.
Davvero, ad Aiolia non si poteva non voler bene. L'unico che non lo
sopportava era DeathMask, il che era un bel problema visto che Shura
con quest'ultimo ci andava più che d'accordo (stranamente,
lo
aveva sempre pensato) ma allo stesso tempo passava metà
della
giornata con i fratelli di Argo.
Aiolia era sempre lì: ad allenarsi con lui e a sputare
sangue
insieme a lui e a cercare di guardare il lato positivo in ogni cosa. E
quello Shura non lo sapeva fare, ma poco male, se c'era il topolino che
al tramonto gli portava il pane con le noci e gli sussurrava "shh, non
facciamoci scoprire!".
Il suo cuore, che credeva saldo e giusto, era pasciuto in quelle
amicizie sincere.
Poi col passare delle stagioni il topolino era cresciuto sempre di
più... e stava diventando forte, così forte, ma
non tanto
da poter reggere ciò che era in serbo per tutti loro.
Shura non avrebbe mai dimenticato il giorno in cui le loro vite erano
andate in malora.
Quel giorno, le nuvole della mattina annunciavano pioggia, ma non
avevano avuto il tempo di lamentarsene: con Atena al sicuro nella sua
culla dorata, il Gran Sacerdote avrebbe scelto il suo successore, e
allora sì che sarebbero stati pronti, potenti e uniti, per
la
guerra! Shura aveva sentito l'eccitazione nell'aria, si era sentito
orgoglioso di essere parte di quel piano magnifico, di essere
finalmente vestito del cosmo aureo dell'onorevole Capricorn.
Il cuore aveva battuto di gioia: quante aspettative, quanti sogni nel
cassetto!
Era arrivata la notte, e il temporale.
Non solo il cielo aveva squarciato il mondo con i suoi fulmini, quella
notte.
Per anni e anni, anni così lunghi che li si sarebbe potuti
contare, come gocce d'acqua che cadono da una fontana riarsa d'estate,
Shura aveva preferito non pensare alla morte del Sagitter.
Non avrebbe potuto comunque permettersene il lusso: sotto dittatura,
circondati da morte e ingiustizie, la vita del Cavalierato
non
lasciava tregua. Ognuno badava a sè stesso, e di quel
cameratismo affettuoso che li aveva uniti da bambini, non era rimasto
che polvere.
Ma c'era chi non lo risparmiava: qualcuno che giustamente
non aveva riguardo per il suo dolore, per la sua vergogna, per quel suo
cuore sacrificato e sprecato e ingannato
che aveva buttato in un angolo insieme ai
vestiti macchiati del sangue di Aioros e alle lacrime che i suoi occhi
si erano rifiutati di continuare a versare. Quel qualcuno era Aiolia e
davvero, cosa c'era da stupirsi?
Come poteva pretendere lui, come potevano pretendere tutti loro, loro
che erano diventati la brutta copia dei Cavalieri che avrebbero dovuto
essere, che Aiolia credesse davvero al tradimento di suo fratello?
Death e Afrodite lo avevano protetto, silenziosamente, senza tanti
gesti eclatanti, ma Shura se n'era accorto, di tutti: di come, quando
si sentiva ormai sull'orlo del baratro, gli avevano spostato il piede
che già si era mosso per fare il passo verso il vuoto; di
come
gli avevano fatto voltare la testa dall'altra parte quando aveva
guardato giù, nel buio.
Ogni volta, ogni singola volta.
Anche se non ne era valsa la pena: per lui, l'uomo che aveva creduto
che la menzogna più becera fosse la parola della
Santa!
" Tu adesso vai là fuori, a testa alta, hai capito?! Almeno
tu, Shura!"
Shura lo aveva fatto, per la Dea, e perchè non gli restava
nient'altro, se non la sua testa, e il suo braccio, ché
tanto il
cuore era chiuso, come in una fortezza inespugnabile, e ormai i suoi
lamenti strazianti non
li sentiva più.
Lo aveva fatto, ma non era servito a niente: il sibilo della lama, le
suppliche inascoltate di Aioros, il pianto
della bambina... di quelle cose, il suo udito era rimasto pieno.
E di quel J'Accuse!
che Aiolia gli infliggeva solo con un'occhiata, le poche volte che si
incrociavano:
Tu, il senza cuore.
Tu, il boia.
Tu, o
prodótēs.
Il
traditore.
E poco importava che fosse il nome di Aioros, e non il suo, a venir
sussurrato con dispregio, ad essere ostracizzato, poco importava che la
farsa perfettamente orchestrata reggesse.
C'era Aiolia, e c'era il suo cuore nell'angolo, che lo puntavano come
cani a cui è stato portato via l'amato padrone; il topolino,
schiacciato, a dispetto di tutto, per sua innata volontà,
era
rinato belva.
La belva si era nutrita della sua omertà,
della sua vigliaccheria.
Shura ne era convinto: l'unica cosa che l'aveva tenuto vivo, era la
certezza di dover dare
ad Aiolia la sua soddisfazione.
Non più Atena, non più la Giustizia, non
più la coscienza.
E neppure il cuore.
Solo quel pellegrinaggio, a piedi nudi su sassi appuntiti, quel
percorso da peccatore piangente.
Sarebbe dovuto morire due volte, prima di arrivare alla fine di quel
percorso.
Quando era rinato, questa volta per grazia di Atena, la prima cosa che
Shura aveva pensato era stata: NO.
Non voleva essere vivo, non voleva esistere ancora con le sue colpe,
con i suoi rimorsi, con il peso di Excalibur di cui non si sentiva
più il custode, ma ancora una volta il suo spiccato senso
del
dovere aveva avuto la meglio.
C'erano gli amici di cui prendersi cura, a cui restituire il favore di
più di un decennio di sopravvivenza; c'era la sua Casa
distrutta, e che vuota non poteva rimanere; c'era Capricorn, sempre
fedele, sempre in piedi, qualunque colore avesse.
C'era Aiolos, e c'erano i Gemelli e c'erano i Bronzi e un sacco di
problemi da risolvere.
E di nuovo, ancora una volta, come una beffa, una costante di tutte le
sue disgraziate vite, c'era Aiolia.
Il Leone era tornato dagli Inferi esausto tanto quanto gli altri, senza
riuscire a liberarsi dei rancori di cui si era cibato; il Leone,
insieme ad un cuore nuovo di zecca, era tornato a chiedergli il conto.
Shura a quel punto non ce l'aveva fatta più; combattere
contro
Aiolia, ancora, quello non sarebbe più riuscito a farlo.
Avrebbe
tanto voluto redimersi ai suoi occhi, quegli occhi che non gli avevano
mai celato nulla, che non avevano mai vissuto nell'ombra come era
capitato a lui...ma come? Non pretendeva un perdono assoluto, questo
gli era stato chiaro da subito, ma almeno di tornare ad essere compagni
d'arme, anche solo a salutarsi la mattina senza l'ombra degli errori
passati, quello almeno avrebbe voluto provare.
Ovviamente, Aiolia non gliel'aveva concesso.
Nei giorni successivi alla loro miracolosa resurrezione,
quando
la meraviglia di quella nuova vita sembrava piuttosto una maledizione,
il Quinto Guardiano non aveva trovato pace che nella presenza di suo
fratello: per il resto, distanza e antipatia avevano dominato i suoi
rapporti con i confratelli.
Era sembrato persino triste
Aiolia,
con quei suoi occhi grandi che non sapevano dove posarsi, su chi e per
quanto, e quando finalmente si arrestavano non riuscivano a vedere le
belle cose, ma solo il ricordo delle brutte.
Pian piano, anche grazie all'insistenza di Aioros, che avendo
già perso una vita non aveva nessuna intenzione di sprecare
tempo dietro fratellini confusi e sì, anche un pò
capricciosi, Aiolia aveva ritrovato serenità e conciliazione.
Ma non con lui, non con Shura.
Quando aveva tentato di parlare perlomeno con Aioros, Shura si era
trovato davanti un muro invalicabile.
Vuoi la sfortuna, vuoi che il Leone, alla fin fine, in quei giorni
tendeva a stare il più possibile attaccato al fratello
maggiore,
fatto era stato che questi li aveva sorpresi nell'atrio della Seconda,
dove Shura era sceso con la scusa di portare un vecchio libro di
ricette iberiche ad Aldebaran; avendo visto Aioros che andava nella
stessa direzione, aveva pensato bene di aprofittarne.
La furia del giovane greco era stata sottile e fredda, e Shura non
aveva potuto fare a meno di pensare che fosse strano: di solito, se
Aiolia si arrabbiava, lo si sentiva sbraitare fino a Rodorio.
I suoi occhi mandavano dardi, ma Shura non li aveva sentiti arrivare
addosso.
" Sta lontano da me e da mio fratello! " aveva detto soltanto, neanche
ad alta voce, e mentre si allontanava con un Aioros sbigottito e
trascinato per un braccio, il suo passo era sembrato più
pesante
e frettoloso che irato.
Se n'era reso conto, non ancora pronto ad accettarlo, ma se n'era reso
conto: che quel sta
lontano da me gli aveva fatto più male del
resto della frase.
Lo aveva accontentato, che altro poteva fare? Aveva cercato di
distrarsi cercando di far calmare un Death Mask che inferocito con il
mondo (anche lui) non ne voleva sapere di parlare con nessuno; cercando
di consolare Afrodite che era sicuro, a torto, di star perdendo la
persona che amava sopra ogni altra cosa; facendo la sua parte a
ricostruire le vite di tutti loro, che alla fin fine erano ancora quei
bambini con le spalle troppo larghe e pesanti e con le mani
erroneamente macchiate di sangue.
Aiolia era rimasto un tarlo insistente, seppur piccolo, nella sua
mente: un tarlo che riusciva ad ignorare per tutta la giornata, ma che
alla sera, stanco dei conflitti tra i compagni, stanco dei Gemelli che
non si riconciliavano, stanco della Dea lontana, china al capezzale del
povero Pegaso, stanco del fuggire lo sguardo dispiaciuto e speranzoso
al tempo stesso di Aioros,
tornava a martellargli le tempie.
Si era quasi rassegnato, a continuare da dove si erano fermati: Aiolia
che lo odiava, e lui che si lasciava odiare.
Ma una mattina di settembre, dopo mesi di assedio contro il cuore che
gli strillava
di fare qualcosa, di rendere pan per focaccia a quel Leone prepotente,
Shura si era svegliato e si era detto: e va bene, è la sfida
che vuole e allora l'avrà.
Era risceso da Aldebaran, non con libri ma con una bella sacca di
foglie di caprifoglio essiccate.
Ottimo contro i malanni stagionali e per sciacquarsi la bocca.
Ormai stava arrivando Settembre, e la Santa aveva annunciato il suo
ritorno.
Era giunta l'ora.
Le coincidenze cosmiche questa volta erano andate a suo favore: Aiolia
era lì, nell'anticamera posteriore della Seconda, che tutti
loro
avevano preso a frequentare per l'odore invitante delle prelibatezze
del brasiliano... e per i suoi buoni consigli.
Dire che il loro incontro era stato oltremodo IMBARAZZANTE, era dire
poco. Al termine di innumerevoli e decisamente troppo lunghi minuti di
silenzio, avevano iniziato a parlare nello stesso momento:
" Sai, non volevo dirti davvero quelle cose..."
" Io volevo solo dirti..."
Cosa voleva dirgli? Che avrebbe meritato di marcire nel Cocito per
l'eternità per aver alzato il braccio su Aioros, e che
avrebbe
volentieri accettato quella punizione? Che se voleva dargli un pugno,
almeno uno, avrebbe porso la guancia senza esitazione? Che invece si
sarebbe difeso, perchè maledizione
Aiolia, lo vuoi capire
che mi dispiace e che non voglio che ci facciamo più male di
quanto ce ne siamo già fatti?
Che erano mesi, o forse anni, o forse era sin dall'inizio, che non
riusciva a smettere di pensare a lui?
Quel confronto si era risolto in un niente: Aldebaran lo aveva chiamato
dalla cucina, affacciandosi dallo stipite, i capelli polverosi di pan
grattato; Aiolia era sgusciato via biascicando un "devo andare", veloce
come il fulmine.
Il nuovo fallimento aveva gettato Shura nello sconforto. Aveva cercato
di nascondere il suo malumore al Toro, ma quello doveva essersene
accorto
subito, dacché l'aveva guardato come si guarda un ragazzino
che
per l'ennesima volta cerca di andare in bicicletta ma cade
rovinosamente a terra; gli aveva battuto due delle sue proverbiali
pacche sulla spalla ( e Capricorn, in tutta la sua potenza di
Cavaliere, per poco non era rovinato a terra sul serio), senza dire
nulla.
Quella notte si era rinchiuso nella Decima a pregare, gli
ultimi
peperoni gratinati della stagione lasciati sul camino, nonostante
fossero stati amorevolmente preparati dal Secondo Guardiano, che
l'aveva supplicato di mangiare perchè " Shura per
l'amor di
Dio sei pelle e ossa!", quasi con le lacrime agli occhi.
Persino dopo una mezza dozzina di corone di rosario, recitate sia in
latino che in spagnolo, l'angoscia non gli era passata. Avvilito, si
era persino sentito arrabbiato.
Chi è,
aveva chiesto disperato al cielo, chi
è quest'empio demone che mi tormenta? Da dove viene? Il mio
cuore ha già sofferto abbastanza! Non ho forse fatto
penitenza,
non ho forse esaurito tutto il mio pianto...
Cosa devo fare ancora, si era chiesto. Aiolia gli aveva
impedito
di andare ad abbracciare le ginocchia di Aioros, alla maniera antica,
come sarebbe stato giusto fare; gli aveva impedito di parlare, negli
Inferi; gli aveva impedito di spiegarsi, di chiarire, di confessare
quel tumulto interiore che sentiva non appena lo vedeva anche solo da
lontano.
Eros, l'infame,
è forse lui? Che mi tenta, mi fa desiderare ciò
che non posso avere?
La risposta era lì, lì in quel suo
cuore
martoriato che guardava al Leone come un navigante guarda al faro nella
tempesta.
A quella nuova prova non poteva sfuggire.
" Che cosa volete ancora da me...? " aveva mormorato nel buio. A
rischiarare la sua nicchia privata, dimora di un'icona della Madonna
della Speranza, dono di conoscenti andalusi, solo qualche candela
consumata, la cui luce gli aveva restituito lo sguardo della
sua
Signora; ella, dopo anni di silenzio, gli aveva finalmente risposto.
No, figlio mio. Che cosa
vuoi TU?
Shura quella notte aveva capito quanto fosse tremendo avere un'altra
possibilità.
Avere un'opportunità e dover decidere se buttarsi e
rincorrerla,
o rimanere coi piedi ben puntati a terra, ma con l'insicurezza del
forse, del "e se...".
Non poteva più avere alcuna esitazione.
Aiolia non aveva mai avuto esitazioni.
Miserere mei...estoy en
tus manos..., aveva pregato.
Ad Aiolia, non avrebbe mai potuto chiedere pietà.
Nel giorno in cui la Dea li aveva riconsacrati la gioia e la
fratellanza ritrovata lo avevano rincuorato tanto da permettergli di
scrivere la parola fine a tutto quel guazzabuglio.
Vestito d'oro, si era sentito Capricorn addosso come fosse una coperta:
il gelo non l'avrebbe mai più abbruttita. I compagni lo
avevano
convinto a bere, forse un pò troppo, ma tra il vino e le
risate
era sembrato tutto più bello.
Tutto più giusto.
Finalmente era riuscito a parlare con Aioros; non che si fossero
scambiati molte parole, ma non aveva avuto la forza di proferire verbo
ritrovandosi davanti l'angelo della sua infanzia: con quelle sue ali
splendide e il sorriso da cherubino.
" Mi faresti un favore Shura? " gli aveva chiesto colui al quale aveva
infine il diritto di chiamare hermano.
" Qualunque cosa..." aveva esalato in risposta.
Sagitter non aveva aggiunto niente.
Aveva fatto un cenno, col capo cinto del rosso della gloria divina,
verso un punto alle sue spalle; se n'era andato poi, a godersi la
confusione goliardica degli altri fratellini.
Shura aveva saputo all'istante cosa lo aspettava dietro la schiena, ma
averne la conferma, non appena si era girato, era stato come essere
folgorati sulla via di Damasco:
Il Leone di Argo, la chioma avvolta dall'ulivo della Glaucopide, re
della Quinta e del Tuono...era lì, ed era lì per
lui.
Era venuto a prendersi il suo cuore.
Il senso di smarrimento che lo aveva colto non era stato eguale a nulla
che avesse mai provato in precedenza: nessuna cosa.
Quella non era una cosa per
cui si era allenato duramente o per cui
aveva combattuto o per cui era morto o sarebbe potuto morire. No, quella
era la cosa più terribile e meravigliosa che potesse
capitare ad
ogni essere umano sulla faccia della disgraziata terra, e lui non era
pronto.
Non era pronto... eppure la bramava con tutte le sue forze.
Non poteva difendersi: Aiolia, negli affari del cuore, era
più forte di lui.
A
differenza sua, il quinto guardiano portava "il cuore sulla manica",
come usava dire
chi viveva nell'antica terra di Albione. Non c'era modo di nascondergli
nulla: se qualcosa gli importava davvero, l'avrebbe perseguita fino
a sfinirsi, e oltre, come il carnivoro in tempo di magra.
E quegli occhi, oh per la Dea misericordiosa, quegli occhi che solo per
un momento erano rimasti incerti, poi si erano fatti di lava: la luce
che da essi era emanata, per investirlo, era venuta dalle viscere della
pietra, come la polvere pirica che scoppia.
Shura non solo non aveva avuto modo di nascondersi ma aveva scoperto
che non voleva: ché quello che voleva era che la
belva lo acchiappasse, una volta per tutte.
Oh
come aveva riso il cuore, a quel punto! Come aveva preso a
cantilenare: te l'avevo detto, io te l'avevo detto!
Come il monello di
strada che Shura, in un tempo lontano, lontanissimo, era stato. Quando
ancora lo chiamavano con il suo nome di battesimo.
Del loro primo bacio, avrebbe ricordato sempre il cuore fermo.
Fermo era stato, finalmente senza parole dopo aver protestato tanto:
adesso, adesso lasciami in pace, gli aveva intimato Shura.
Lasciami con quest'uomo, con il topolino divenuto Leone; lascia che io
respiri in questa bocca che non sa dire bugie.
Aiolia non gli avrebbe mai mentito: non l'avrebbe abbindolato, non
l'avrebbe usato per sporchi scopi.
Dopo tante parole al vento e anni di falsità, Aiolia era
arrivato e gli
aveva portato i fatti concreti: quelli di un uomo che lo desiderava davvero, senza
secondi fini.
Aiolia lo aveva cercato fino in fondo, trasformando l'odio in amore.
Per rispondere a tanta perseveranza, non poteva che onorare quella
promessa facendo come il Capricorno del mito: cambiare la sua natura, e
andare per un'altra strada, una migliore.
E dare il suo cuore ad Aiolia, perchè glielo custodisse, per
bene, come aveva fatto con la propria correttezza, con
l'affetto
per il fratello e per gli amici, con la sua brutale onestà e
il
suo non piegarsi davanti a nulla e nessuno.
Il cuore, finalmente a casa, nella luce, si era chetato.
Nel periodo che era seguito a quel bacio, a Shura era sembrato che
Aiolia gli stesse insegnando come essere umani: come
essere giovani, perchè giovani lo erano, rinati e ancora
fragili, come i boccioli del suo caprifoglio che aspettavano la bella
stagione per crescere.
E non è che il suo amante gliel'avesse insegnato con la
pazienza
dei maestri, anzi: l'aveva buttato nel mezzo dell'azione, senza tante
cerimonie; gli aveva preso la mano, ogni mattina, quando nessuno
guardava, le dita serrate prive di esitazione; l'aveva portato, alla
sera, guardigno, nel primo angolo nascosto disponibile per baciarlo.
L'inizio era stato solo un assaggio: in quei giorni che si accorciavano
sempre di più, Shura
non aveva fatto altro che aspettare il tramonto, e l'alba, quando
poteva vedere la luce danzare sul volto di Aiolia, bianca o rossa che
fosse, e gustarsi il banchetto che era la sua bocca.
Quella bocca che aveva sempre il retrogusto del miele, e a Shura NON
piacevano il miele e le cose dolci in generale, ma su quelle labbra
carnose il tesoro delle api aveva tutto un altro sapore: quello del suo
uomo imbronciato a causa della pioggia che gli bagnava i capelli,
premuroso nell'elargire carezze...
...famelico e impetuoso nell'intreccio di lingue a cui davano sfogo.
Lo lasciava senza fiato: Shura non aveva potuto che farsi violenza,
notte dopo notte, per non cedere alla lussuria; lo lasciava al riposo
dono di Nyx,
che però era anche protettrice dei fuggiaschi, dei
sogni
nascosti.
Il Capricorno aveva percepito come il desiderio di averlo,
nel significato più elementare della parola, crescesse in
Aiolia.
E in sé stesso.
Ma come affrontare l'argomento, come fargli capire che avrebbe risposto
gioioso ad ogni sua proposta, se il dubbio non l'avesse roso
così tanto?
Che anche lui sentiva
l'istinto primordiale di unire carne alla carne, nella terra,
nell'acqua, fra le lenzuola, ovunque?
Anche la sua natura, dopotutto, era animale. Potevano capirsi
facilmente.
Ma come?
Aveva chiesto consiglio al cuore, per la prima volta: non agli amici,
non agli occhi vitrei della Vergine; dentro il suo cuore
però
aveva ritrovato solo la sua proverbiale timidezza, e la triste
immaturità da quel punto di vista.
Sì, triste,
perchè nella vita precedente le sue esperienze con il sesso
erano state a dir poco disastrose.
Spinto da Death e Dite (soprattutto dal primo) che ci tenevano a fargli
vivere almeno una parvenza di normalità in quella che era
stata
la loro prima, indecente esistenza, alla soglia dei diciotto anni si
era avventurato nei quartieri rossi a Granada, ad Istambul, a Monaco,
con l'umore più simile a quello del marito fedifrago che del
giovinotto in vena
di divertimento.
Shura era sempre stato convinto di avere un aspetto molto ordinario,
senza nulla che potesse davvero attirare l'attenzione, eppuse sia
uomini che donne non ci avevano pensato due volte a concedersi
per una nottata di fuoco. Dopo un bacio con uno studente
tedesco
che era arrivato a mettergli le mani nei pantaloni prima di essere
cortesemente ma fermamente respinto, e un altro con una ballerina
polacca in cerca di soldi che l'appena maggiorenne Saint aveva
rifiutato di darle, era a lui giunta una rossa irlandese che
aveva
promesso di fargli vedere le stelle.
In cambio, aveva voluto soltanto un boccale della peggiore birra mai
venduta in Germania.
La fanciulla aveva mantenuto la parola, ma di quell'incontro a Shura
era rimasto addosso solo il senso di inadeguatezza, e sì,
squallore, mentre la guardava allontanarsi canticchiando la ballata di
Molly Malone.
Si era ben presto reso conto che il suo corpo, nonostante
avesse
sul momento gradito un altro corpo
con cui scambiare la voglia, non si accontentava di una sveltina da
adolescenti che si fingevano adulti nel primo appartamento abusivo
disponibile. E non era di certo colpa della sua rigida educazione
cattolica, benché cercasse di convincersi che fosse quella
la
causa di tutto il suo malessere.
No, era perchè il cuore pretendeva una tenerezza
sincera, tutta per sé, ma Shura non poteva permetterselo.
Aveva ceduto, per pura disperazione dettata dall'età in cui
gli ormoni la fanno da padrone, solo qualche altra volta.
Ma le poteva contare sulle dita di una mano: tutte erano
finite con un Capricorno solo, infelice e pentito.
Con Aiolia non ci sarebbero stati rimpianti, lo aveva intuito subito, e
non solo perchè se ne era innamorato senza rimedio.
Il Leone aveva conosciuto la sua stessa sofferenza; lo stesso fato
beffardo; lo stesso peso degli anni. Come lui, si era affacciato in
quella nuova vita con l'atteggiamento di chi non ha più
nulla da
perdere.
E tutto da vivere, vivere come non mai.
I dubbi non lo aveva risparmiato quella notte in cui aveva chiesto al
Quinto Guardiano di restare. Ma si erano dileguati, come un rivale che
sa di aver perso, quando il greco gli aveva quasi strappato la camicia
di dosso e si era fatto portare, o si era forse portato da
solo, in camera da letto.
Alla fine, era stata tutta colpa della camicia.
Shura non avrebbe mai saputo dire se fosse stato lui stesso a spingerlo
verso l'alcova o se il suo amante, preso da un' improvvisa
possessività, lo avesse trascinato pur senza conoscere la
strada.
Quello che non sapeva, quello che non aveva avuto il tempo,
l'occasione, lo spirito di provare con estranei, non era più
importato, non quando ad ogni pezzo di stoffa tolto di dosso aveva
trovato ad attenderlo un pezzo dell'anima del suo amante.
Le altre pelli che aveva toccato, gli altri corpi che erano stati sotto
e sopra di lui, erano spariti dalla sua mente come gli steli di un
fragile soffione.
Leggeri, passabili ricordi che potevano rimanere lì, e non
avrebbero più fatto male.
Aveva dato al suo cuore quello che dal giorno della nascita gli aveva
chiesto con tanta accoratezza: un altro cuore con cui battere.
Battere all'impazzata, al ritmo dei respiri affannati che si erano
infranti sul collo, sulle spalle. Battere di vita.
Aiolia era carne viva: al contatto con le sue mani e le sue labbra si
era fatto di sangue solido e arroventato.
Il Leone gli era salito sopra, a cavalcioni, dopo una breve (lunga?)
lotta che aveva fatto finire le coperte sul pavimento. Imperioso come
un re, gli era parso immenso nel buio della stanza; la luce
della
luna, piena, l'aveva dipinto dei colori della savana notturna.
Da
predatore quale era gli aveva piantato le unghie nella nuca, nella
guancia.
Lo aveva sfidato.
Allora Shura gli aveva graffiato la schiena, e l'altro si era teso,
piegato come il Discobolo nell'atto di tirare l'attrezzo; e davvero gli
era sembrato una statua, scolpita dagli avi ellenici che
gliel'avevano
pietosamente generato, a lui, a Shura, il senza terra dalla
dignità perduta e ritrovata.
Era suo,
suo da mangiar di baci e da affondare nel letto.
Le mani erano scivolate giù, sempre più
giù,
là dove la virilità di uomo diventa
inesorabilmente fragile
non appena i vestiti vengono sfilati; non appena il mondo si ritira per
riposare dietro persiane abbassate, e allora non ci sono più
segreti.
Non ce ne sarebbero stati più neppure tra lui e Aiolia, non
dopo
quella notte: niente più falsità, niente
più
apparenze ipocrite.
Per questo non aveva indugiato oltre e lo aveva preso e
stretto
(piano), deciso a dargli quanto più piacere possibile, in
modo
che se lo ricordasse al mattino, e che non pensasse a nient'altro se
non alla mano che lo aveva toccato con tanta cura.
Il Quinto Guardiano, così orgoglioso e testardo nella
quotidianità, era divenuto morbido come un gattino che per
la
prima volta si struscia (ma non si fa coccolare, no, quello lo concede
solo più tardi) contro le dita di un essere umano.
Quello spettacolo gli aveva definitivamente fatto perdere la bussola.
Shura lo aveva sdraiato su quel giaciglio troppo piccolo e austero per
entrambi, ma che in quel momento avrebbe potuto essere ampio e leggero
come una nuvola; chiudendo gli occhi aveva saggiato ogni anfratto del
petto nervoso, del ventre molle. Aiolia aveva risposto ad ogni discesa
delle sue labbra con gemiti sempre più alti, senza vergogna.
Lui stesso si era reso conto di stare ansimando rumorosamente quando il
suo amante lo aveva riportato davanti al suo volto: e allora aveva
potuto specchiarsi in quelle iridi che splendevano più di
ogni
astro del cielo, e vedersi come un uomo nuovo, finalmente libero,
finalmente non più solo.
Preso dalla tenerezza che gli bruciava lo sterno, gli aveva accarezzato
una guancia, e poi l'altra.
Aiolia, anche lui assorto, gli aveva passato le dita, leggere, sulle
labbra ch'erano
diventate secche nonostante i baci. Tuttavia
quel momento di stasi era durato ben poco: ripreso dalla voglia gli
aveva intimato di prendere un ritmo stringendo i glutei e inarcandosi
verso di lui.
Allora il Capricorno era scivolato nell'incavo tra la coscia e
l'inguine, dove era arrivato
anche con la bocca ma non aveva avuto il coraggio di procedere oltre.
Aiolia gli aveva piantato un ginocchio nel retro della gamba,
infilandogli le dita tra i capelli ormai bagnati.
Si erano mossi insieme, pesanti.
Lento era stato quel loro primo incontro, e scomodo, ma il fuoco tra di
loro aveva continuato ad ardere, là dove erano entrambi
maschi.
Incredibile era stato, il sentirsi così tesi
eppure...vulnerabili? L'uno contro l'altro, velluto e ferro in egual
misura.
Sul collo il Leone gli aveva impresso il suo morso, e Shura
aveva
creduto che gli portasse via il sangue dalla carotide, tanto aveva
bevuto del suo sudore e della sua cute che da bianca era diventata del
colore dei papaveri.
Il culmine del piacere lo aveva colto quasi di sorpresa mentre
osservava incantato Aiolia che, sopraffatto dall'acme del godimento, si
distendeva trascinandosi dietro le lenzuola tra le dita dei piedi
contratte e lasciandogli i segni dei polpastrelli sui fianchi.
Avrebbe voluto chiedergli qualcosa, dire qualcosa.
Avrebbe voluto ringraziarlo per quella notte e dirgli che era
bellissimo così, con quegli occhi troppo grandi liquidi e
fissi
su di lui e solo la pelle abbronzata a vestirlo.
Ma Leo, appagato oltre ogni aspettativa, aveva appoggiato la fronte
alla sua, restituendogli con le labbra tutto il fiato che gli aveva
rubato, e si era addormentato con un ultimo sospiro di pura
soddisfazione.
Guardalo, il micio di
casa,
aveva pensato Shura, completamente instupidito dall'amore.
Affettuosamente lo aveva avvolto tra le braccia e
l'aveva seguito nel regno di Morfeo, le tempie infine sciolte da ogni
nodo.
Il giorno dopo, gli arti non gli erano pesati mentre saliva alla
Dodicesima; il languore della notte precedente si era trasformato in
leggerezza. Sicuro di sé stesso come MAI era stato in
nessuna
delle sue sfortunate vite, aveva baciato il suo léon sul
collo un'ultima volta, prima di mandarlo a parlare con suo
fratello, e si era recato dagli amici più cari che,
aveva
dovuto ammettere, aveva un pò trascurato negli ultimi tempi...
Aveva trovato Death Mask e Afrodite seduti nel barocchissimo salone
della casa di Piscis, il primo a leggere il giornale, il secondo a
sorseggiare il suo abituale infuso mattutino, in silenzio e in una
maniera assolutamente regale.
Il Capricorno, con tutta l'intenzione di vuotare il sacco il
più
velocemente possibile (via il dente, via il dolore), aveva aperto bocca
per confessare il suo temibile segreto; e lo avrebbe fatto, se la soave voce del
guerriero più bello tra i Dodici non lo avesse preceduto:
" Ma quello è un succhiotto?!"
Da lì, era stato un alternarsi di parlantine acutissime da
grande diva dell'Opera e bestemmie che avrebbero fatto impallidire il
più incallito dei blasfemi.
" Dove abbiamo sbagliato con te? Dove dico io? Ma sia maledetto quel
maiale di un..."
" I dettagli! Voglio i dettagli! Io li PRETENDO, i dettagli!"
Shura era appena riuscito a dire che sì, lui e Aiolia
avevano
tutta l'intenzione di intraprendere una relazione seria, che
sì,
era innamorato, e no
Dite, per l'amor del cielo, Aiolia non è impotente!
" Che quel gatto pulcioso ti infili nel suo letto a me proprio non mi
va giù, sia ben chiaro! Poi fà quello che ti
pare! "
Negli anni, il Decimo Guardiano aveva fatto il callo al carattere
francamente impossibile del Cancro, alla sua incapacità di
mettere due parole in croce senza offendere qualcuno e alla delicatezza
da elefante chiuso in un negozio di porcellane che lo
contraddistingueva; sapeva che Mask non era in grado di dimostrare che
qualcosa gli stava veramente a cuore in un modo che non paresse, ad
occhio poco esperto, maleducato e irrispettoso.
Ma sapeva che il suo amico era solo un pò troppo ansiogeno
quando si trattava del suo benessere e della sua incolumità,
e
quindi lasciava correre.
" Non mancherò certo di fare come mi pare,
stà tranquillo. " aveva perciò concluso.
La cosa era sembrata risolversi in quella allegra chiaccherata e
nell'ottimo karkadè caldo del Pesci.
Ovviamente, Shura aveva cantato vittoria troppo presto.
Nel pomeriggio Cancer aveva pubblicamente sfidato il Leone ad un
singolar tenzone "per l'onore della capra qui presente".
E chiaramente quello aveva accettato.
E chiaramente Afrodite non aveva alzato un dito per fermare il suo
amante.
All'inizio si era trattato di
uno scontro equo tra due compagni d'arme
che nonostante la poca (nulla) simpatia reciproca, sapevano essere
leali; però a metà del duello Aiolia aveva avuto
la fantastica idea
di sorridergli sfrontato, con tanto di labbro sanguinante.
" Quale impertinenza! " aveva proferito Afrodite, seduto vicino a lui,
e Shura aveva quasi avuto voglia di battersi una mano sulla fronte.
Lo aveva fatto davvero non appena la situazione era degenerata: Death
Mask aveva preso a rincorrere il Leone per tutto il perimetro
dell'Arena, maledicendolo in un dialetto siciliano così
stretto
e antico che neppure un centenario di Siracusa avrebbe saputo fare da
interprete.
Questo finché Shaka, disturbato oltre ogni misura, non era
sceso
a fermare i due contendenti, che avevano intanto ripreso a darsele di
santa ragione. Messo che fu il santo piede di Shakyamuni sulla terra
battuta,
il chiasso si era estinto immediatamente.
" Credo che, per oggi, avete fatto abbastanza rumore." aveva proferito
l'Illuminato.
SORRIDENDO.
Tutti e quattro si erano affrettati a tornare alle loro Case
in silenzio.
Il teatrino armato nel pomeriggio non aveva impedito ad Aiolia di
vantarsi quando si erano ritrovati, dopo cena, alla Quinta.
Shura non si era pentito di averlo baciato forte come al solito,
nonostante i tagli. Vero però che poi lo aveva stretto un
pò di più una volta a letto, e non gli era
sfuggito come
lo zigomo del compagno si fosse alzato, seppur viola dalle botte
subite, per accompagnare il ghigno ferino con cui si era addormentato.
A lui era andata decisamente meglio: quei due scapestrati di Milo e
Kanon
erano sembrati più interessati a prendere in giro il suo
povero
amante che a minacciare di evirarlo, e Aioros, buon'anima, lo aveva
abbracciato dicendogli scherzosamente:
" Trattamelo bene, non dovrebbe mordere. Di solito."
Si era limitato a chinare il capo riconoscente, senza ovviamente
accennare al fatto che forse il Sagittario non sarebbe stato
più
così sicuro delle sue affermazioni se avesse visto i segni
dei
denti che Aiolia gli aveva lasciato sulle scapole...
Alla fin fine, dopo qualche giornata di marasma e pettegolezzi, era
tornato tutto tranquillo.
Tanto tranquillo da sembrare bizzarro, ma forse i fratelli avevano
semplicemente voluto lasciare ai due nuovi amanti più tempo
possibile insieme, dileguandosi diligentemente con scuse più
o
meno valide ogni volta che si riunivano negli spazi comuni.
Shura e Aiolia ne avevano chiaramente approfittato, di quella tregua
regalata, per parlare... e scambiarsi passioni sempre più
spinte.
Il che non era per niente
difficile, e specialmente se era nel letto della Quinta.
Death Mask doveva avergli trasmesso un pò della sua
blasfemia,
perchè nel momento in cui Shura varcò per la
prima volta
la soglia della camera da letto del suo amante, quel primo sabato sera
di febbraio, sentì la stessa sensazione di quando entrava in
chiesa.
La Casa di Leo, di per sé, era maestosa quanto una
cattedrale:
bianco e oro la facevano da padrone in quei locali ampi in cui ad ogni
angolo c'era la stuatua di un leone, piccola o grande che fosse, e un
punto luce ad illuminare il tutto.
Ad Aiolia non piaceva il buio, e questa era una cosa che Shura sapeva
da quando erano bambini; in quella dimora che si era guadagnato contro
il disprezzo, l'invidia e la sfiducia di tutti, il Leone non ammetteva
la presenza dell'oscurità, che scacciava con lumi di ogni
genere: dai piccoli lumini votivi posti sotto la statuina di Atena nel
pronao, fino ai bracieri di bronzo pesante che pendevano dal soffitto.
C'erano lanterne di vetro e ferro sui tavoli, e lampade da terra a
richiarare angoli e porte.
"In questa Casa nessuna luce viene spenta prima che un'altra sia stata
lasciata accesa.", era la regola generale da seguire se si voleva
essere ospitati in quel luogo.
Ma era nelle stanze personali del Custode che la personalità
di quello che era l'uomo, e non il Cavaliere, veniva fuori.
Il Capricorno la vide, in ogni cosa, non appena ebbe messo piede nella
camera, la mano stretta in quella dell'innamorato: nel piatto in
terracotta riempito di ciottoli e candele sul comò, nella
tenda
a filet i cui fori lasciavano passare il riverbero della luna, nelle
tante coperte che coprivano il letto, tessuti di ciniglia e mohair
morbidissimi.
Arredi semplici che nulla toglievano al minimo di lusso che la
comodità esigeva, e che davano lustro al rango.
" Non ho mai lasciato che nessuno entrasse qui. Mai. Neppure mio
fratello. " mormorò Aiolia; nella sua voce bassa si poteva
comunque sentire la ferma veridicità di quell'affermazione.
Shura lo raggiunse sul bordo del letto dove si era seduto, quasi
abbandonandosi; gli tolse il mantello infeltrito, la sciarpa dal collo.
Scoprì la pelle di terracotta, beandosi del suo respiro
già accellerato.
" Allora lascia che ti faccia un dono, per ringraziarti. " gli disse,
slacciandogli i calzoni.
Gli passò una mano
sulla schiena ampia, su quella pelle che aveva, anche in inverno, la
sfumatura del sole. Ora
che l'aria e il cielo annunciavano la neve, sarebbe rimasta ancora
più morbida sotto la lana.
Pelle che sapeva di mandorle, e olio caldo: cose di Grecia,
cose di terra e fuoco.
C'era ancora una parte che non aveva assaggiato di quel corpo dorato.
Impresse nella memoria la visione magnifica del Leone, nudo e mansueto
in quella che era la sua tana, che si fidava delle sue mani, che lo
spogliava a sua volta.
Che gli faceva la grazia di aprire le gambe, per l'ennesima notte
insieme.
Il sapore che trovò nel mezzo, non c'erano parole per
descriverlo. Sperò che, col tempo, anche quello finisse per
essergli familiare.
Perdono,
Señor...invocò nella mente,
chè l'incavo delle guancie era occupato...da queste labbra non
più pure, da stanotte , le mie preghiere avranno il fervore
del mio uomo che mi chiama...
E il timbro della sua voce, l'aroma della sua carne, e il
gusto
della sua essenza, di cui Shura non sprecò neppure una
goccia,
lambendo e suggendo finchè il suo amante non lo prese per
gli
avambracci portandolo su.
Con le spalle affondate nei cuscini, prosciugato, ma non sconfitto,
Aiolia fremette come la cera sciolta delle sue candele.
" Tocca a te. " sentenziò sulla sua bocca, di cui
gustò
la vischiosità, prima di inchiodarlo sotto di sè.
Cos'aveva fatto, per Atena?
Cos'aveva
fatto, perchè lei gli facesse dono di uno dei suoi figli
più giovani e
indomiti? Del figlio della luce che lo aveva inseguito e preso, senza
dargli il tempo di approntare una qualsivoglia difesa?
D'altra parte chi era lui, se non il più misero dei
peccatori, per dubitare dell'operato della Santa?
" Bendito sea mí
león..." ebbe appena il tempo di
mormorare.
Sotto le coperte Aiolia di Argo, con le sue
fauci bollenti, gli rese la cortesia.
Titoli di coda dell'autrice
Ed eccoci qua!
Secondo capitolo a voi!
Ah, e buongiorno eh, che è domenica mattina e io non ho
dormito una cippa...
Mamma mia, è stato difficilissimo! Giuro che avrei finito
prima
se uno, non avessi dovuto cambiare casa (ho iniziato l'uni a settembre
e ho traslocato TRE VOLTE con quest'ultima...sono stanca come un asino
T.T ) e due, Shura non fosse
così dannatamente COMPLICATO.
Fortuna vuole che io, essendo un capricorno, lo capisco: altrimenti
stavamo qua fino all'anno prossimo XD
Come avete potuto notare questa shot è affidata alla nostra
capretta: dopo il POV di Simba pensavo fosse doveroso.
É chiaramente più lunga, ma non perchè
il nostro
sia logorroico. Diciamo solo che a furia di stare col gatto
é
diventato più riflessivo del solito.
Una bella persona nelle recensioni mi ha fatto notare quanto Shurino,
dopo essere stato preso per il culo dal mondo intero, e
dopo che fondamentalmente pure volendo non è riuscito a
farne una giusta che fosse una, abbia bisogno di coperte e gattini.
Quindi eccoli qua, belli spaparanzati e imbaccucati <3
Chi ha gatti in casa sa bene come è difficile conquistare la
loro fiducia. Ora io sono alle prese con due che non si sa bene se mi
sopportano o mi temono come se fossi l'uomo nero, ma ci stiamo
lavorando u_u
Ci tenevo molto a far parlare Shura: con Aiolia è troppo
facile,
il ciccino non si fa aspettare quando si tratta di dargli attenzioni
(da bravo Leone...), ma con Shura? Noooo, Shura è misterioso
e
incompreso e difficile, e io volevo davvero dargli lo spazio
che merita.
Spero di esserci riuscita!
Qui veniamo anche a sapere più dettagli di come i due
innamorati
improbabili si siano finalmente trovati sulla stessa lunghezza d'onda:
il passato tormentato, ai due lati opposti della barricata; la
situazione difficile della resurrezione, con tutti i sentimenti a fior
di pelle in bella vista; il corteggiamento e l'inizio della loro
relazione.
Vediamo anche il primo bacio e la prima notte insieme dal punto di
vista di colui che, nella coppia, è considerato il
più
riservato e taciturno, ma vedete bene come Shura si scioglie quando si
tratta del suo león
;-)
E come tira fuori quelle corna pesanti, il caprone! XD
Peccato che nel nostro Bel Paese le corna siano sinonimo di
infedeltà, e pure in Spagna ora che ci penso.... mmmmh,
questo
piccolo particolare chiama una shot sul gioco degli equivoci, che dite?
Uh mamma, che idea m'é venuta! *risate malefiche*
Lasciando perdere i miei deliri, anche qui vi metto le precisazioni. In
realtà le metterò in tutte le shot, quindi
rassegnatevi,
dovrete sopportare la mia tendenza a chiaccherare troppo u_u :
- I versi di apertura e chiusura vengono da Amanecer by Edurne.
Per grazia dell'Eurovision Song Contest, edizione 2015, con il
patrocinio di sua santità IL TRASH. Sempre sia lodato. Io se
mi
mettete assieme un greco e uno spagnolo più di questo non
posso
fare, eccheccaspiterinaoh. Andatevi a vedere il video poi ditemi se non
viene d'istinto ridere istericamente!
- Shura per me viene da Granada: a parte che come mi parte la canzone
di Claudio Villa io solo alla nostra capretta riesco a pensare, Granada
è la città dei gitani, dei palazzi dell'epoca
islamica e
del buon vino. "Shura" poi è una parola araba, con cui si
intende l'assemblea che si forma per scegliere un nuovo califfo. Un
organo democratico, insomma. Più capricornesco di
così!
- Mi sembra evidente, a
questo punto, che Shura non si chiama Shura.
Sicuramente è stato battezzato con un nome decente. Si
accettano
scommesse, folks! *parte Alejandro
di Lady Gaga in gran
pompa magna*
- Col il termine pícaro si
intende il protagonista di quelle novelle avventurose della letteratura
spagnola (le saghe picaresche appunto) che, seppur trovandosi in
condizioni avverse nella vita, riesce nei suoi scopi grazie alla
furbizia e all'ingegno.
- Se andate a Siviglia potete tranquillamente visitare la chiesa della
Madonna della Speranza, chiamata anche della Macarena, dal nome del
quartiere in cui sorge. Il nome può far venire un sorriso,
ma
sicuramente è una chiesa bellissima. Se qualcuno ci va mi
porta
una foto? XD
- Voi ridete e scherzate, ma Aioros in realtà ne sa una
più del demonio. Ringraziamo che ha un'indole fin troppo
benevola, sennò qua ci trovavamo lui come Gran Dittatore Sacerdote.
Paura, eh?
- A proposito, ma chi è il Gran Sacerdote in questa fic? Non
avete notato che non ne ho ancora parlato? ;-)
- Davanti a Shaka se la farebbe sotto persino Freddy Krueger.
- Death Mask e Afrodite si sono auto fregiati del titolo di tutori
(il)legali di Shura quando avevano cinque anni, tipo. Ho il
vago
sospetto che abbiano persino falsificato carte in tribunale per fare in
modo che nessuno metta in dubbio questa verità. Comunque al
Santuario non fanno domande u_u
- Nel mio personale headcanon (una massa informe di ROBE che manco
Beautiful) Aiolia e Aioros sono nati ad Argo, città di eroi
che
ha dato il nome al fedelissimo cagnolo di Ulisse. Prendendo come punto
di riferimento l'indoeuropeo, la radice arg- significa
"brillante", "splendente". Argyros,
in greco, è l'argento. Da quale altro posto potevano venire
i due luminosissimi fratelli? ;-)
- La regola sulle luci di Aiolia è vagamente ispirata
alla regola sulle porte che Nicole Kidman aveva imposto nella sua casa
nel film "The Others". Gran bel film u_u
- La "mohair" è una lana tessuta usando il mantello
della
capra d'Angora, da non confondere con l'omonimo coniglio, originaria
della Turchia. Anche qui, non è un caso che Aiolia abbia
cose di
CAPRA nei suoi appartamenti privati ;-)
- " To wear the heart on the sleeve" , ovvero "indossare il cuore sulla
manica" è il detto anglofono che si usa per indicare una
persona
che è molto aperta e sincera nel mostrare i sentimenti.
- Il J'Accuse
è il
famosissimo articolo che lo scrittore francese Émile Zola
scrisse in
difesa di Alfred Dreyfus, un ufficiale accusato, a torto, di
tradimento. Il titolo di suddetto testo è entrato nel
parlato comune per indicare l'indignazione pubblica che provoca
un'ingiustizia.
EHVVABBENE.
- Aldebaran è un uomo da sposare, ormai l'abbiamo appurato,
ed
è fondamentalmente colui da cui tutti i Goldies vanno per
essere
coccolati, consolati, consigliati e confessati... e rifocillati. San
Alde del Maracanã, prega per noi.
- E comunque NO, i piccolini non hanno ancora consumato come si deve.
Ma ci arrivano. Tranquilli che ci arrivano. Se intanto volete fare
scommesse del tipo seme/uke fate pure *falafintatonta*
- E comunque è sempre tutta colpa della camicia
*indumentimalefici*
- Per scrivere questa raccolta sono andata a vedere le
caratteristiche zodiacali di ogni segno. Coincidenze cosmiche e
quant'altro intendo. Ascendenti, numeri fortunati, quelle cose tipo
"How the Signs react to...", e sono capitata completamente PER CASO VE
LO GIURO sulla tabella dei punti erogeni. Eh dunque. Ho scoperto tante
belle cosine utili. Belle. Sì.
- La cronologia di questa raccolta è completamente sballata,
ve ne
sarete resi conto. Proviamo a fare un attimo di ordine: i Goldies
resuscitano ad Aprile, a rigor di logica. La Dea li riconsacra a
Settembre, e perchè? Mah, fondamentalmente perchè
a me
Settembre mi sa di cose nuove. Inizia la scuola, cambiano le
temperature, la luce si fa più soffusa...mi sa di CALMA, ed
è quello di cui i Goldies hanno bisogno, su questo siamo
tutti
d'accordo. Oltretutto, il primo settembre è il compleanno di
Saori. Poi, a Novembre, stì due eterni indecisi finalmente
si baciano, magno gaudio! Ho poi ben ragione di credere che siano
finiti a letto a Gennaio, forse qualche giorno dopo Capodanno. Il
Calvente è avanzato dalle feste, suppongo. Questo
è quanto. Tanto per darci una regolata.
Detto tutto questo, non posso che ringraziare chi ha recensito, chi ha
letto e chi ha messo tra le preferite/seguite. Rinnovo il mio appello a
lasciare qualche commento in più. Fate felice una povera
scrittrice disperata! TT_TT
Non posso purtroppo darvi una data precisa di aggiornamento: ho un
esame tra meno venti giorni e comunque mancano meno di
due mesi alla sessione invernale, e io sono in ritardissimo sulla
tabella di marcia! Chi come me sta affrontando il delirio che
è
l'università italica?
A presto, cari ^_^
|