Gli uomini guardarono il
Colonnello con fare interrogativo, ma a un cenno del Tenente Closser si
sedettero intorno a lei.
«Come ben sapete, la base
spaziale Cartagena è stata portata qui con molte
difficoltà e, una volta messa
in orbita intorno al pianeta, qualcuno si è fatto vivo.
All’inizio sembrava un
semplice contatto alieno, di tanti che abbiamo avuto. Ma il fatto che
il
contatto facesse riferimento ad una nave spaziale non più
presente nell’elenco
della flotta spaziale lasciò tutti spiazzati. Ovviamente la
cosa non fu resa
pubblica. Si rischiava di mettere nel panico tutti quanti senza vere
prove di
quanto successo. La nave si chiamava Pensacola e, a quanto diceva il
contatto,
aveva rubato, letteralmente rubato i loro segreti. Ora, che una razza
aliena
abbia dei segreti è più che ovvio: conoscendo il
loro punto debole chiunque
potrebbe approfittarne e sterminarli. Ma quello che non capivano era
perché
proprio quella nave. La Pensacola non esiste più da circa
cinquecento anni e la
sua storia non era piena di contatti alieni. Anzi, ne ebbe uno solo e
neanche
molto interessante. O almeno quelli dei servizi segreti credevano che
la cosa
fosse andata così. C’è voluto un anno
per trovare tutti i dati della Pensacola
e cosa aveva realmente fatto durante la sua esistenza. I dati erano
ancora
secretati e gli scienziati che lavoravano a quel progetto erano stati
inghiotti
dalla macchina burocratica della Terra. Solo dopo varie peripezie siamo
venuti
a conoscenza della verità. La Pensacola, durante il suo
primo viaggio di
esplorazione spaziale incontrò un pianeta disabitato, simile
alla Terra. Vi
erano solo animali, stupidi animali, alcuni molto
pericolosi… Non fate quelle
facce. Pericolosi era un termine gentile. Uccidevano in meno di un
secondo.
Comunque, dopo uno primo shock, che fece alcuni morti, il comandante
della nave
non mandò più nessuna sul pianeta. Durante le
loro rotazioni intorno al pianeta
per scoprire qualcosa, uno degli addetti scoprì,
casualmente, una enorme
astronave nascosta sotto i ghiacci del polo sud. Enorme! Era di forma
ovale,
lunga circa cinquecento kilometri e larga duecentocinquanta, alta
più di trenta
kilometri. Solo per un caso è stata scoperta. E forse era
meglio che non la
scoprisse! Incominciarono ad indagare. Scesero prima i corpi speciali:
dopo
quello che era accaduto era meglio non fidarsi troppo! Ci impiegarono
giorni a
pulire l’area da animali che avevano fatto di quella nave il
loro rifugio. Poi
scesero gli scienziati e incominciarono la perlustrazione. Il comando
delle
operazione spaziali era stato avvisato e si ritenne, al momento, di non
far
trapelare nulla. Troppo uomini morti, poteva anche che le solite
leggende
metropolitane sulla sfortuna non ci impiegassero molto a girare, e se
si voleva
mandare un’altra nave in appoggio sarebbe stato difficile
trovare un equipaggio
disposto a rischiare tanto. Sta di fatto che di navi, poi, ne vennero
mandate
cinque in supporto alla Pensacola. Ci vollero cinque anni e
più di duemila
scienziati, in tutti i campi dello scibile terrestre, per capirci
qualcosa di
quella nave. A parte le armi tecnologicamente più avanzate,
degli umanoidi che
occupavano la nave se ne seppe poco.»
«Scusi, Colonnello!» Un soldato
in prima fila alzò la mano, interrompendo la spiegazione.
«Ma se abbiamo
scoperto armi così evolute, come mai usiamo ancora queste
vecchi armi con
proiettili…»
Il Tenente Closser tossì e prese
la parola.
«Soldato! La prima regola è avere
notizie del nemico. Se lo uccidi o lo stermini non avrai notizie. E
senza
notizie, se dovessi rincontrare quel nemico, lui potrebbe non
soccombere, ma
essere disposto a ucciderti con lui, distruggendo anche la tua
civiltà. Avete
imparato, nel corso dell’addestramento, i punti vitali in cui
colpire gli
esseri umanoidi che la nostra razza ha incontrato nello spazio, e
questo è
stato utile quando li abbiamo rincontrati. Ora, essere stati magnanimi
con loro
ci ha aiutato nella nostra espansione nell’universo. E ci
aiuterà ancora, se ne
sapremo fare buon uso. È ovvio che, se la nostra
magnanimità viene presa per un
nostro punto di debolezza, sappiamo usare anche armi di distruzione di
massa.
Ma non è ciò che noi vogliamo. Vero,
soldato?» Il Tenente aveva usato una voce
calma, ma imperiosa.
Il soldato tacque e il
Colonnello, dopo un sospiro, riprese il discoro.
«Poi scoprimmo la loro vera
natura. E scoprimmo anche il perché degli animali
così aggressivi. Ma questo a
voi interessa poco. Basti sapere che il nostro nemico attuale
è lo stesso che
trovarono su quel pianeta quelli della Pensacola. So che ogni tanto vi
fanno
rivedere vecchi film di fantascienza. Ecco. Più o meno
assomigliano agli alieni
cattivi di quei film. Sono piccoli, informi, che usano esoscheletri per
farci
coraggio e combattere uccidendo più che possono. Non hanno
alcuna pietà dei
loro nemici. Ricordano molto i guerrieri spartani… ma che lo
dico a fare, non
sapete neanche chi erano. Comunque, i dati della Pensacola furono
segretati.
Chi aveva distrutto quella nave aveva lasciato, nel loro computer,
tutti i dati
per sconfiggerli. E ci saremmo anche riusciti, se quei maledetti non
avessero
imparato la lezione. Eh sì, miei cari. Per errore lasciammo
la nave integra e
loro, dopo che noi ce ne fummo andati da là, scesero sul
pianeta e raccolsero i
dati, su di noi e su ciò che era successo alla nave. Ma a
quanto pare, la loro
evoluzione militare non è andata alla stesso passo
dell’evoluzione scientifica.
Pare che lo schianto di quella nave li abbia fermati. Nei secoli
successivi
abbiamo scoperto chi distrusse la nave. Un popolo evoluto. Quella bella
donnina
che avete visto di sopra era, in realtà, una schiava. Il
loro volto non è
quello. Omnia lo ha fatto per distrarci, ma noi sappiamo bene come
erano questi
tipi. Grassi, flaccidi, piccoli. Si forse una volta erano
così come
nell’ologramma di Omnia, ma secoli dopo erano ben cosa
diversa. Aver vinto una razza
aliena così belligeranti li aveva resi diversi. Si sentivano
invulnerabili. Ma
ciò fu l’inizio della loro fine. La loro decadenza
fu più veloce del previsto.
E i loro nemici ritornarono in auge. Forse noi siamo di discendenti
degli
inventori di Omnia, ma non ne siamo sicuri. Fatto sta che lasciarono
campo
liberi a… quelli, che si ripresero il terreno perso,
gratuitamente, senza
combattere. Ora, nel posizionare Cartagena, gli abbiamo risvegliato
antichi
dissapori, assomigliando agli altri e ci hanno attaccati senza
preavviso.»
«Colonnello, presto! Il sistema
non riesce a tenere lontano quelli!» La voce era di una
donna, una degli
scienziati, che era scesa a cercarli.
«Maggiore, prenda quella macchina
là in fondo. La porti sopra, sposti i pullman e ce la piazzi
davanti. Il
Tenente sa come si usa! Svelti, datagli tutta una mano! Io vado in sala
comando!»
Così dicendo il Colonello seguì
la donna, lasciando gli altri a spostare l’arma, che anche se
era su delle
ruote, era comunque pesante.
Pensieri confusi correvano nella
mente di Kristy: aveva convinto gli uomini a sufficienza
perché non facessero
altre domande? No. Ne era sicura. Doveva porre un limite a tutto
ciò.
La donna la precedette nella sala
comando, ma lei si fermò sulla porta.
“Omnia, solo io e te!” pensò
velocemente.
“Dimmi!” gli rispose Omnia.
“So che sai la verità, ma tienila
per te! So come renderti innocuo. Quindi ascoltami bene. Non devi
più dare
comunicazioni mentali a nessuno. Hai capito?”
Il pensiero del Colonnello era
forte e la macchina rispose stizzita.
“Il codice ….”
“01101101 01101011!” pensò
velocemente il Colonnello.
“Ma, allora, l’ologramma
….”
Chiese spaventata la macchina.
“Taci! Ricordati: so i codici per
disattivarti. Quindi adesso ti inventi una palla e dici a tutti che non
puoi più
usare il contatto mentale. Ti serve troppa energia e devi usare tutte
le tue
forze per sconfiggere il nemico. Dagli altoparlanti fai uscire una voce
di
donna, molto suadente. Di sicuro nel database ne hai. Con loro parlerai
solo
così, con me solo per via mentale. E non modificare la mia
immagine! Muoviti!”
Il Colonnello entrò nella sala
comando e chiuse dietro di sé la paratia.
«Presto! Omnia, a seconda delle
vostre abilità, presenterà la vostra immagine sui
monitor delle console!
Mettetevi davanti e il sistema vi dirà cosa fare!»
Gli ordini del Colonnello vennero
subito attuati dal personale civile, con Omnia, con voce di donna
suadente,
spiegava, parlando dagli altoparlanti cosa dovevano fare.
Qualcuno si accorse del
cambiamento del modo di fare del computer, ma diede retta alla macchina
senza
troppo discutere, mettendosi le cuffie con microfono che trovavano
sopra le
console dove apparivano le loro facce.
Il Colonnello si posizionò sulla
console centrale, alle spalle di tutti, ovi parecchi monitor gli davano
un idea
ben precisa di quello che succedeva fuori dal bunker.
Il nemico venne lasciato libero
di muoversi e le immagini di quella macchina, che lievitava sopra al
terreno
accidentato dove erano appena passati, preoccupava tutti.
Intanto i militari erano riusciti
a portare l’arma al piano superiore, avevano spostato i
pullman e il portone in
cemento era stato aperto, facendo sì che la parte frontale
dell’arma facesse
capolino dall’ingresso.
«Tenente Closser, siete pronti?»
Chiese il Colonnello alla radio.
«Le batterie sono cariche e siamo
pronti a fare fuoco! Si ricordi che per ricaricare le batterie ci
vorranno
alcuni minuti!» la voce del Tenente era evidentemente
eccitata: poteva usare
un’arma terribile, vista su tanti manuali, ma mai usata.
«No, Tenente! Mi ascolti bene.
L’arma ha un cavo, posto in una cassa sotto il pianale, nella
parte posteriore.
Svolga il cavo e immette la spina nella scatola di derivazione posta
alla sua
sinistra. La vede, ha un portellone verde.» Le istruzioni del
colonnello era
ben precise e il cavo fu collegato ad una specie di presa elettrica.
«Fatto. E ora, Colonnello!»
«Sulla destra della console
c’è
un pulsante con due simbolini strani, li vede?»
«Sì, Colonnello!»
«Lo prema!»
Il Tenente premette il pulsante e
la macchina ricevette nuova linfa, mettendosi subito in funzione.
L’alimentazione via cavo consentiva all’arma di
sparare e muoversi molto
velocemente.
Il Tenente rimase stupito di
tutto ciò, ma troppi segreti giravano intorno a quella donna
e a lui non
avevano consentito l’accesso a certi documenti. Non che a lui
interessasse
molto, ma comprendeva che i segreti sono segreti.
Il nemico si avvicinava
velocemente, muovendosi in linea retta: non aveva tempo di perdere ed
eliminare
un nugolo inutile di combattenti.
Gli scienziati, davanti ai
monitor, seguivano l’avanzata del nemico, controllavano lo
stato dell’arma ed
erano pronti, se necessario, ad utilizzare altri armi, rese
utilizzabili da
Omnia, che aveva smesso di parlare telepaticamente con gli scienziati,
ma non
con il Colonnello.
A dieci kilometri il sistema di
difesa di Omnia si mise in allarme.
A otto kilometri diede il pronti
per il fuoco dell’arma.
A cinque kilometri l’arma sparò e
il lampo verde che fuoriuscì dalla canna della medesima
puntò diretta contro il
veicolo del nemico.
All’inizio il colpo parve non
avere nessun effetto sul veicolo, ma il prolungarsi
dell’emissione del lampo
sgretolò gli scudi deflettori del veicolo, penetrando poi la
corazza,
trapassandola.
Quando il lampo, non sentendo più
resistenza di alcun corpo, fece innalzare improvvisamente
l’assorbimento della
corrente, l’arma si spense autonomamente.
Il veicolo nemico esplose,
provocando una vera e propria esplosione nucleare.
L’arma arretrò automaticamente e
il portone in cemento si chiuse in pochi secondi.
Il vento, provocato
dall’esplosione, sbatté rumorosamente contro il
portone in cemento che si stava
chiudendo, non impedendogli, però, di chiudersi
completamente.
Il suono di un cicalino di
allarme e gli indicatori di radiazioni su di una console, in sala
comando,
posero tutti in allarme.
Dopo il vento atomico, un vento
naturale, che aveva spazzato da giorni quella zona, riprese il suo moto
violento, spostando il fall-out atomico di alcuni kilometri a sinistra
del
bunker.
«Colonello! Tutto a posto?» La
voce via radio del Tenete Closser ruppe il silenzio in sala comando.
«Sì, Tenente. Tutto a posto. Ora,
però, non potremo usare quell’uscita per alcuni
giorni. Aspetteremo.»
Il Colonnello si sedette su una
sedia e rimase a guardare i monitore che ricevevano le immagini
dall’esterno.
Il veicolo nemico era stato
disintegrato dalla sua stessa esplosione e, nel deserto,
un’altra buca si era
formata.
«Come faremo a sopravvivere?»
Chiese uno degli scienziati.
Omnia rispose subito, precedendo
il Colonnello.
«Calma. Sotto questa sala comando
vi sono alloggi sufficienti per tutti voi. E c’è
del cibo … no penso che quello
ormai sia diventato stantio. C’è un replicatore di
cibo, che sicuramente potrà
assecondare le vostre richieste: sempre ammesso e non concesso che il
cibo che
chiedete lo abbia in memoria.»
Tutti risero alla battuta di
Omnia.
Una paratia, nascosta da una
console, di aprì in fondo alla sala.
Tutti si riversano là, mentre i
militari entravano, commentando quanto successo, ridendosela alla
grande,
seguivano gli scienziati al piano di sotto.
Ma il Tenente Closser, Maggiore
Frazen e il Maggiore Griffon si fermarono davanti al Colonnello.
Lei era stanca e li guardò dal
basso verso l’alto.
Fece un gesto come per dire “Cosa
volete?” e il Tenente parlò.
«Colonello, con tutto rispetto,
ma gli ordini che ognuno di noi ha ricevuto non concordano con quello
che sta
succedendo.»
Il Tenente si fermò, come in
attesa di un assenso del suo superiore, che rifece quel gesto con la
mano.
«Io capisco che il momento è grave,
ma non dovremo avvertire qualcuno, farci mandare dei rinforzi
…»
Il Colonnello si alzò dalla
sedia, stirandosi e guardando negli occhi i suoi sottoposti.
«Qui, al momento, abbiamo tutto.
E poi non è così importante che qualcuno sappia.
È troppo pericoloso. I vostri
ordini, da questo momento, qualsiasi essi siano, vengono sospesi
… no, meglio,
annullati. Non mettetevi in testa cose strane.»
Il Colonnello girò loro le spalle
si si mise a camminare dietro le console di comando.
«So che Cartagena è distrutta e
noi faremo fatica ad andarcene, ma abbiamo tempo. I nostri cari nemici,
adesso,
si staranno riorganizzando su qualche pianeta distante anni luce. No.
Omnia!»
«Sì!» La voce uscì
dagli
altoparlanti, diffidente.
«La nave …» Chiese il
Colonello.
«Pronta. Ma …»
«Tranquillo, Omnia. Ci sono altri
superstiti?»
«Sono entrati da altri ingressi.»
«Di quante persone stiamo
parlando?» Chiese il Maggiore Griffon.
«Oltre a voi, più di duemila
persone. La nave potrà …»
«Omnia! Basta così.» la voce
del
Colonnello fu perentoria. «Ora tutti a rifocillarsi. Dopo vi
spiegherò. Con
calma.»
I tre sottoposti si diressero
verso la paratia, mentre il Colonnello rimase lì, nella
stanza, pensieroso.
La nave era ancora integra.
Una delle tante.
Da quanto vedeva dai monitor, il
settore B, quello controllato da Omnia, aveva in effetti permesso
l’ingresso
delle persone che aveva detto il computer.
Controllò gli altri settori.
L’A e il C erano vuoti.
Il D aveva anche lui delle
persone, forse anche lì un migliaio.
Quello più occupato era il
settore F, con circa cinquemila persone.
Gli altri settori erano per lo
più vuoti.
In alcuni vi erano poche persone
ed in uno erano entrati i nemici.
Il Colonnello premette alcuni
tasti di una tastiera e fece esplodere la zona.
Era dall’altra parte del pianeta,
nell’altro emisfero.
L’intero settore occupato dai
nemici venne distrutto.
Suonarono alcuni allarmi, subito
tacitati dal computer.
“Bene!” Pensò il Colonnello.
Omnia non era dello stesso
parere, ma il suo parere poco importava.
Ora bisognava raccogliere i
superstiti ed andarsene da lì.
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