Happy Ending

di lumosargento
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“Anderson?”.
Shepard si voltò un’ultima volta verso di lui. Lo sapeva già, in quel silenzio assoluto che avvolgeva la cittadella il suo respiro affannoso avrebbe dovuto squarciargli le orecchie, e invece...
L’uomo che le aveva donato la propria nave, un sostegno incondizionato, la forza di combattere, la fiducia... l’uomo che le aveva concesso la possibilità di diventare un’eroina ora giaceva lì al suo fianco, immobile, con gli occhi chiusi e un mezzo sorriso sulle labbra. “Sei stata brava, figliola. Bravissima”. Erano state le sue ultime parole, le parole che ogni figlia vorrebbe sentirsi dire da un padre fiero di lei.
Shepard si voltò un’ultima volta verso di lui. Già sapeva, ma era stato qualcos’altro ad attirare la sua attenzione. L’uomo che le aveva donato una seconda vita, consegnandole ufficialmente la piastrina del programma N7 e con essa la possibilità di arruolarsi come ingegnere e riscattarsi dalla sua dolorosa infanzia, ora le stava facendo un ultimo regalo. Il factotum di Anderson era lì, intatto. Un canale di comunicazione era aperto. “Normandy”. Evidentemente Anderson aveva ritardato l’apertura dei bracci della cittadella per dare quell’ultima possibilità a Shepard, perché sapeva che ce l’avrebbero fatta, insieme, e che lei sarebbe stata recuperata dalla sua nave, e questo gli era costato la vita, con l’arrivo dell’uomo misterioso.
Ora bastava allungare il braccio, pochi centimetri. Doveva confermare l’apertura del canale di comunicazione, solo quello. Però faceva male, faceva tremendamente male. Le braccia inconsistenti, molli come i tentacoli di un hanar. La testa le scoppiava, come se un krogan ne stesse saggiando la resistenza comprimendola. Respirare era diventato quasi impossibile, le sembrava di essere rinchiusa nella tuta di un volus. Ma il peggio era il fianco sinistro... era come sentire la lama di un factotum infilarsi sempre più in profondità ad ogni secondo che passava.
La vista le si oscurò e tanti piccoli puntini luminosi invasero il suo campo visivo, come le stelle perse nell’universo. Era come... quando... il suo regalo... Liara! La luce bianca di quei ricordi condivisi spalancò a poco a poco i suoi occhi e Shepard tornò alla realtà. Allungò il braccio con quell’ultimo briciolo di forza che le restava e raggiunse il factotum di Anderson.
Il rumore assordante le gelò il sangue. Il canale di comunicazione era aperto, ma l’unico suono che squarciò il silenzio della cittadella morta fu la cacofonia tipica dei razziatori all’attacco. Non era possibile. La Normandy non poteva essere caduta. Quello stridere di lamiere sintetiche e suoni artificiali riempiva tutto di terrore. La mente di Shepard non ebbe scampo, quella sensazione era ben diversa da ciò che le faceva provare Liara quando si univa a lei. Il pensiero dei ricordi dell’asari nei suoi cancellò per un attimo l’urlo dei razziatori.
“Shepard!”.
“Shepard! Sei tu?”.
La voce riprodotta sinteticamente dal factotum era... No. Oppure sì?
“Shepard!”.
“Traccia il segnale, IDA”.
“È nella parte inferiore del presidium, il segnale viene dal laghetto. Dopo l’impatto con il crucibolo l’acqua si è dissolta nello spazio aperto”.
“Definisci la traiettoria della Normandy, scendiamo”.
“Il rischio di non raggiungere la metà è del 78%”.
“IDA, fallo!”.
“Ricevuto, Jeff”.
“Un equipaggio non abbandona mai il suo comandante. Shepard è la Normandy, come tutti noi. Non ce ne andremo da qui senza di lei”.
Quelle voci... il factotum... la Normandy.
“Manovra iniziata, comandi manuali inseriti”.
“Guidami, IDA”.
Eppure... la fragata stealth della galassia non... il rombo del motore... non era nella sua testa.
“Shepard!”. Quella voce sì che era nella sua mente. “Sono... tua”. Quelle due parole, prima così potenti da sovrastare gli spari, il raggio dei razziatori, la distruzione. Ma ora così delicate da sembrare un sussurro nella coscienza di Shepard, quasi a non voler disturbare il silenzio assoluto che regnava lassù nella cittadella.
C’era silenzio, e buio, e freddo...




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