Uhm...
Quindi sta
accadendo davvero? Ho attecchito anche in questo fandom? Eh... Peggio
della gramigna, figlioli, peggio della gramigna. Infestante ed amara.
Sinceramente muovo
passi incerti in un tipo di fandom che non mi è congeniale
– err,
per intenderci: non scrivo ogni dì di animali antropomorfi
teneramente sarcastici.
I problemi che
stanno alla base del tutto, essentially, sono due:
- Shippo Nick e Judy in un modo tale che sono
ricaduta in una di quelle mie crisi adolescenziali da fangirlismo, un
po' come quando vedevo del romanticismo yaoi implicito fra James Franco
e Seth Rogen o Simon Pegg e Nick Frost.
- Sono in un limbo, un platonico stato di attesa
in cui attendo conferme del tipo “SI': siamo
già in procinto di sviluppare Zootropolis 2” e
“SI': il tanto atteso risvolto romantico fra i
due leading characters avverrà”; tutto
questo perchè, chezzo, c'è
così tanta chimica fra loro due che, a confronto, il
laboratorio dei coniugi Curie sembra il banco del Piccolo Chimico di Scienza
e Gioco Clementoni. E tutti quelli che dicono che
“no, sono solo amici” MENTONO: le loro famiglie
sono state tratte in ostaggio e sono OBBLIGATI a dire così;
non trovo altra spiegazione logica.
Ora ci
accorgeremo
anche di un altro punto contraddistinto della mia fantomatica
persona: parlo troppo, cribbio. Queste sono le note di A.
più lunghe
che io abbia mai scritto... Giusto cielo. Una drabble. Una drabble di
miei poveri sproloqui che tradiscono a) un'insalubre
attività
neurologica b) una forte necessità di ferie –
quelle di agosto non
ci bastarono.
Oh, basta. La
smetto.
Last to know:
domando un po' di clemenza... Abbiate pietà se
ciò che leggerete è
scritto così com'è
<3
Absence
Undici.
Le
zampe fulve digitavano indolenti i numeri di targa delle vetture in
contravvenzione sull'arnese che, pigramente, vomitava multe con un
rigurgito meccanico.
I
piccoli avvisi venivano incastrati con noncuranza fra la gomma del
tergicristallo ed il vetro del parabrezza di qualche malcapitato;
alcuni parchimetri in scadenza, se già oltrepassati,
venivano
deliberatamente ignorati secondo una sorta di cernita esule da
qualsiasi rigore di logica.
Dodici.
Il
sole, già alto e perpendicolare sopra la sua testa accaldata
priva
di cappello d'ordinanza – oh, premeva troppo
sulle sue
povere orecchie – stava lassù beffardo a
testimoniare che il tempo
a sua disposizione stava per scadere e che stavolta avrebbe pagato un
caro scotto per quella mattinata ignava.
Un
altro parchimetro tossicchiò un lamento e cercò
la sua attenzione.
Tredici.
Con
uno sbuffo malcelato guadagnò il suo povero trabiccolo da
ausiliare
del traffico, abbandonato una manciata di metri più in
là accanto
al marciapiede, e buttò un,occhiataccia al display su quel
misero
cruscotto.
Le
11.55.
Oh,
Boogie
gliel'avrebbe fatta
pagare cara questa volta. Ne era certo.
Nick
Wilde montò sulla motoretta, lanciò la casacca
catarifrangente alle
sue spalle fra i coni spartitraffico e partì di buona lena
alla
volta del distretto di polizia. Sulle spalle il peso delle tredici
vergognose multe redatte senza il minimo impegno ed in bocca ancora
il sapore acre di quella punizione impostagli dal capitano quella
mattina stessa.
Pestando
nervosamente l'acceleratore con quella zampa artigliata troppo,
troppo lunga per quel pedale ridicolo, Wilde ponderava attentamente
sul fatto di concedersi un paio di giorni di ferie sciorinando a
mente mille possibili motivi credibili che, stando alla
velocità del
mezzo, aveva tutto il tempo di vagliare prima di raggiungere
l'ufficio di Bogo.
Ma
un pensiero lo trafisse mentre superava l'ennesimo semaforo: dopo
l'acceso screzio di quella mattina nell'arena, sicuramente il
capitano avrebbe rifiutato la sua ragionevole richiesta con parecchi
punti esclamativi e qualche epiteto poco carino. A maggior ragione
l'aveva declassato ad ausiliare del traffico quella mattina,
giust'appunto per fargli capire che fosse al comando e quale, invece,
fosse il suo posto da semplice agente.
Masticando
invettive velenose, che altro non facevano se non inasprirgli l'amaro
che da cinque ore si portava fra quelle fauci aguzze, la volpe si
destreggiò fra il traffico dell'ora di punta per porre fine
a quella
terribile tortura.
Due
lunghe zampe forti e cineree correvano pericolose lungo i lucidi
corridoi della centrale di polizia di Zootropolis, distretto di
Downtown.
Chi
incrociava il suo percorso si scansava spaventato alla vista di
quella piccola furia lanciata in una folle corsa.
Judy
Laverne Hopps inforcò la porta del suo piccolo ufficio in
tutta
fretta nella speranza che il suo partner fosse rientrato, ma
constatò
delusa che così non era.
Calò
mestamente le sue buffe orecchie argentate ai lati della testa e si
sedette alla scrivania, là dove svettava una placida pila di
scartoffie la cui compilazione, ormai, non poteva essere
procrastinata oltre.
Prese
il primo fascicolo che troneggiava sopra gli altri e
cominciò a
leggerne distrattamente il contenuto mentre torturava una penna a
sfera con i suoi pronunciati incisivi da leporide.
<<
Oh, Judds, guarda che non è una succulenta carota da
sgranocchiare.
>>
Se
avesse guadagnato un penny per ogni volta che si era sentita
apostrofare in quel modo da Wilde, avrebbe potuto comprare tutta
Bunny Burrow, abitanti in continua, esponenziale crescita compresi.
Le
labbra sottili si serrarono attorno alla cartuccia martoriata; un
acre sapore di inchiostro le macchiò la punta della lingua
ma non se
ne curò oltre.
Nick.
Da
qualche giorno aveva cominciato a comportarsi in modo strano
–
uhm... Ancora più strano.
Sembrava
assente, quasi il fantasma di sé stesso. Spesso un velo
scuro calava
sul suo volto e si rinchiudeva in insoliti silenzi carichi di
elettricità. La sua vena sarcastica sembrava essersi
indebolita,
così come la sua voglia di coinvolgerla in ilari scenette
esilaranti.
Quella
stessa mattina, poi... Sembrava avesse dato inizio al classico
siparietto col capitano Bogo, ma la conversazione poi si era saturata
di toni pesanti ed il suo partner era stato ufficialmente richiamato
e punito.
Era
strano. Qualcosa di poco piacevole gli frullava per la testa, fra un
orecchio puniceo e l'altro, ed il fatto che non la rendesse partecipe
dei motivi di quel comportamento la preoccupava. E la indispettiva.
Dopotutto
erano partner, no?
No?
Quel
Nicholas Wilde, greve di introspezione e spessore psicologico,
cozzava terribilmente con la maschera tronfia e spavalda che gli
vedeva indossare ogni giorno.
Quel
Nicholas Wilde, che aveva fatto del silenzio pesante il suo nuovo
vessillo, non assomigliava per niente a quel Nick che con lei si
confidava su tutto. O quasi.
Doveva
parlargli, doveva sapere come aiutarlo, doveva...
<<
Beh, Judy-non-deludi >>
gorgogliò amareggiata
abbandonando mollemente la testa sulla scivania, quasi avesse perso
consistenza << Questi rapporti sicuramente non si
compileranno
da soli. >>
Scacciò
dalla mente qualsiasi vermiglio pensiero come avrebbe fatto con un
nugolo di mosche e riprese il lavoro là dove l'aveva
interrotto...
O, per meglio dire, mai iniziato.
<<
Devi essere completamente uscito di senno, Wilde. >>
Il
capitano Bogo, seduto alla scrivania del suo ufficio, osservava la
volpe da sopra i suoi piccoli occhiali. Aveva proferito quelle
semplice parole con una calma apparente mentre il suo corpo, in
realtà, tradiva una certa, tesa rigidità.
<<
Prima mi manchi di rispetto, poi piombi nel mio ufficio con un
ridicolo numero di multe stilate >> e, per
teatralità, gli
sventolò sotto il naso il risultato cartaceo del suo
vergognoso
operato << Ed infine vieni da me elemosinando ferie o
permessi
come se te le meritassi? >>
Nick
tese l'angolo sinistro del labbro in un pallido tentativo di sorriso
sornione col solo risultato di esporre un paio di zanne affilate.
Il
capitano, dal canto suo, giunse le mani e li posò il mento,
scrutando l'altro come una bestia rara e leggendaria. <<
Ripeto: devi esserti completamente rincretinito. >>
<<
Solo un paio di giorni. Non le chiedo altro, capitano Bogo.
>>
Il
bufalo roteò gli occhi e sbuffò pesantemente
dalle narici, passando
in rassegna un paio di fogli mal riposti sul piano laccato della
scrivania.
<<
Ribadisco che non posso. Guarda qui >> disse, indicando
una
zona specifica del documento che aveva in mano << Higgins
è in
congedo per malattia, Delgato non rientrerà prima di
lunedì
prossimo e Pennington è in maternità. Ho un
distretto ridotto
all'osso, una miriade di casi e tu pretendi due giorni di ferie?
>>
Nick
scrollò le spalle rassegnato. << Glieli sto
chiedendo. >>
Bogo
si incurvò sulla scrivania e prese a massaggiarsi gli occhi
ridotti
allo stremo dal protratto uso degli occhiali.
<<
Siamo sicuri che si tratterebbe solo di due giorni? >>
La
volpe assentì con un secco, unico cenno del capo.
<<
E sia, dunque >> acconsentì infine il bufalo,
che aveva
trovato uno spiraglio di tranquillità in quell'affermazione
<<
Almeno significherà averti fuori dai piedi per un po', e,
soprattutto, spero che il tuo recente atteggiamento risenta di
un'influenza positiva. Ora esci di qui prima che quei due giorni
diventino un licenziamento. >>
Le
scartoffie erano state accuratamente impilate sulla scrivania del
capitano, le divisa giaceva ben riposta nell'armadietto e per quel
giorno la lunga lista delle cose da fare di Judy
Hopps era
terminata.
Trotterellò
serena verso l'atrio e lì si fermò per l'ultimo
saluto al collega
ed amico Benjamin Clawhauser.
<<
Hey, Benny! Vado a casa. Ho finito per oggi. >>
Il
ghepardo in sovrappeso staccò gli occhi dal cellulare e
puntò
l'arnese dritto in faccia alla collega; Judy, perplessa,
buttò gli
occhi sullo schermo brillante, là dove troneggiava una foto
di
Gazelle in compagnia di un aitante quanto fascinoso antilope.
<<
Hai visto, Judy? >> cinguettò Benjamin in
estasi <<
Gazelle ha trovato l'amore! >>
La
lunga coda del mammifero vibrò insieme alla sua voce
gorgheggiante
sull'ultima parola pronunciata.
La
coniglietta sorrise. << Sì, lo conosco.
È un famoso
calciatore. >>
Clawhauser
trinse il telefono al petto e sospirò contento.
<< Sono così
te-ne-ri. >>
Judy
inforcò la porta accennando un ultimo saluto, ma il
ghepardo, mal
borbottando qualcosa fra un boccone e l'altro della sua ultima
ciambella, la bloccò.
<<
Judy? Sai perchè Nicholas ha insistito tanto per avere due
giorni di
ferie? >>
La
zampa della coniglietta, alzata in un saluto sventolante, si
bloccò
a mezz'aria, la forma ovale assunta dalle sue labbra sottili a
testimoniare il lieve stordimento che l'aveva colta.
Ferie?
Nick
non gliene aveva parlato.
Anzi,
ora che ci pensava bene, Nick quel giorno non le aveva parlato
affatto.
Riguadagnò
il bancone, guardinga. << Ha chiesto due giorni di ferie?
>>
Benjamin
assentì veemente col capo.
<<
Pensavo lo sapessi >> cincischiò, sul volto
l'espressione di
chi teme di essersi fatto scappare un'informazione di troppo
<<
Voglio dire... Sei la sua partner e la sua migliore amica: avrebbe
dovuto dirlo a te per prima... >>
Il
tono della voce di Clawhauser calò precipitosamente assieme
alle
orecchie argentate dell'agente Hopps.
Le
zampe di lei si serrarono ferree sul bancone, gli occhi indaco,
umidi, pizzicavano nella minaccia di un paio di lacrime improvvise.
Una coniglietta emotiva colta alla sprovvista e negativamente
stupita.
Prima
non le dava cenni di vita per tutta la giornata, poi questo?
Non
era da Nick. Quel non è da Nick era
diventata la colonna
portante dei suoi pensieri negli ultimi giorni.
Possibile
che... Si fosse stancato della sua esuberante compagnia?
Una
bestiolina fastidiosa iniziò a rodere le sue viscere, si
fece strada
nell'addome di Judy ed andò a raggomitolarsi nel suo petto,
appesantendolo tanto da aggravarle il respiro.
<<
Judy? >>
Si
era dimenticata di dove fosse e, soprattutto, del suo interlocutore.
Ben agitò impercettibilmente le fini vibrisse; gli capitava
spesso
quando cercava di captare qualcosa di nuovo nell'aria, strascico di
un'eredità genetica vecchia di migliaia di anni.
<<
Va tutto bene? >>
La
coniglietta scrollò piano il capo arricciando le labbra in
un
ghigno. << Benone, Benny. >>
Con
un ultimo cenno di saluto inforcò la pesante porta del
distretto e
si tuffò nella mite aria primaverile; dietro ai grattacieli,
il sole
stava lentamente morendo per lasciare spazio ad una nuova notte.
Ed
ora?
Solitamente,
dopo un lungo turno in centrale, era abituata ad intrattenersi con
Nick per una cena in compagnia, forse un film al cinema oppure due
passi per Savanna Central per poi fermarsi in qualche pub e
ristorarsi con una birra. Spesse volte anche dopo il turno notturno,
invece di prendere la vicendevole strada di casa per un sonno
ristoratore, godevano della reciproca compagnia per una colazione
frugale a base di ciambelle e caffè - <<
Decaffeinato,
carotina: il tuo tenero cuoricino da leporide potrebbe esploderne.
>>
La
consapevolezza del vuoto che la scomparsa del suo partner aveva
creato attorno a sé la investì come una secchiata
di acqua gelida
sul musetto fine.
Si
strinse nella leggera giacca a vento – non che ce ne fosse
bisogno,
in verità – e nel debole tepore di quell'abbraccio
solitario si
incamminò verso la Residenza del Pangolino; un pasto al
microonde ed
una chiamata di routine in quel di Bunny Burrow la attendevano.
Sbloccò
e ribloccò lo schermo del telefono qualcosa come una dozzina
di
volte.
Un
paio di volte aveva avuto addirittura l'ardire di spalancare la
casella dei messaggi ed abbozzarne un paio, ma con uno stizzito
calcare della zampa aveva cancellato furiosamente le poche parole
gettate a casaccio nella schermata nivea e vivida.
Avrebbe
dovuto scriverle qualcosa... Ma cosa?
<<
Ciao carotina >> tanto per
cominciare, sarebbe stato appropriato.
E
<< Scusa >>.
Anche quell'unica parola avrebbe dato un senso più che
compiuto ad
un'eventuale comunicazione.
E
poi?
Con
una certa teatralità Nick lanciò il telefono fra
i cuscini del
divano e si scarmigliò il folto pelo rossiccio fra le
orecchie,
imprecando.
Forse
avrebbe dovuto chiamarla. Ma l'intavolare una conversazione con
quella piccola furia dal pelo color luna avrebbe implicato anche il
trapelare di informazioni che, almeno per il momento, avrebbe voluto
tenere per sé, anche perchè conosceva troppo bene
Judy per credere
che si sarebbe potuta accontentare di qualche pavida giustificazione
mal raffazzonata.
Che
fare? Che fare?
Un
ronzio proveniente dal divano lo scosse dalla sua posa drammaturgica:
il telefono aveva cominciato a squillare.
Wilde
si alzò e lo raccolse speranzoso: forse la stessa Judy aveva
scelto
per entrambi di dare cenni di vita per prima?
Ma
la realtà era ben diversa. Lesse il nome che lampeggiava
sullo
schermo a caratteri cubitali e rispose mal trattenendo un mezzo
ringhio goffo e gutturale.
<<
Dimmi >>
Nick
assentì un paio di volte col capo e serrò le
palpebre sulle iridi
smeraldo con fare pensoso.
<<
D'accordo >> disse infine << Ne riparleremo
meglio
domani. Buonanotte. >>
Interruppe
brusco la chiamata e si sedette sul divano incrociando le braccia al
petto.
Il
bailamme che lo circondava in quel soggiorno quasi spoglio di mobilio
era grottesco: avrebbe dovuto dare una sistemata.
<<
Nick, venendo da una casa abitata da decinaia di coniglio esagitati
mi stupisco di come una sola volpe possa creare un simile disordine.
>>
Sorrise
a quel rimprovero che riecheggiò nella sua mente. Quella
casa sembrò
improvvisamente ancora più vuota senza la piccola Judy
seduta sul
divano con lui a guardare le televisione, o la Judy massaia che
rassettava inutilmente un caos che nel lasso di uno schiocco di dita
sarebbe tornato esattamente come prima.
Mancava
quel batuffolo che aveva per coda, quelle lunghe orecchie che si
animavano di vita propria dando moto ai suoi stati d'animo, quelle
zampe energiche che trotterellavano serene da una stanza all'altra.
Forse
aveva fatto male a distanziarla proprio in un momento come quello...
Ma Nicholas Wilde non poteva esserci per nessuno, ora. Soprattutto
quel Nicholas Wilde.
<<
Forza, Nick: vai a dormire. >> gli
consigliò la voce di Judy che abitava la sua testa, quella
che da un
anno era diventata come la sua coscienza. In certi momenti capitava
anche che si domandasse << Che
cosa farebbe Judy
Hopps? >>
e la risposta
corretta arrivava da sola, un guizzo lampante chiaro come il sole.
La
volpe abbozzò un sorriso. << Vado, carotina.
>>
La
giornata di Judy Hopps (la seconda slegata dal sodalizio con Nick
Wilde) era trascorsa relativamente tranquilla al distretto. Si era
occupata di un paio di casi di minore gravità con McHorn ed
era
stata piacevolmente sorpresa da un'inaspettata visita di Francine.
L'elefantessa,
giunta all'ottavo dei suoi ventidue lunghi, estenuanti mesi di
gestazione, le aveva sciorinato varie questioni di natura genitoriale
che alla coniglietta sembravano distanti e lontane, quasi
appartenessero ad un altro mondo, uno che non la riguardava affatto.
Nella bolla di sapone che circondava Judy c'era spazio solo per la
carriera e tanto le bastava.
Spesso,
soprattutto in momenti vuoti di qualsivoglia occupazione, il pensiero
di Nick s'insinuava nella sua mente e s'incatenava a doppia mandata
alla parte più remota del suo inconscio.
Non
un piccione viaggiatore, non un segnale di fumo, nessun segno di vita
alcuno.
<<
Ecco, vedi carotina? Proprio qui: in mezzo
alla
fronte: è lì dove ti verranno rughe profonde come
fossi se non la
smetti di aggrottare le sopracciglia a quel modo. >>
Quel
cipiglio corrucciato la accompagnava da quando aveva posato le zampe
fuori dal letto; spesso cercava di lisciare il pelo rado con
l'ausilio delle zampe per cancellarsi quell'espressione dal muso, ma
fintantoché non fosse riuscita a placare quella tempesta che
si
portava dentro ogni tentativo risultava vano.
Ultimati
gli ultimi lavori da ufficio, lasciò la mise
da agente e si affrettò all'esterno della centrale salutando
Clawhauser con un ghigno, l'unico tipo di sorriso che riusciva a
tirare da quarantotto ore a questa parte.
<<
Ciao,
Judy. A domani! >> Rispose lui serafico agitando entrambe
le
zampe paffute in segno di saluto.
Una
volta fuori, decise che avrebbe passato quella manciata di pomeriggio
che le restava chiusa in un bar a sorseggiare birra alle carote.
Cos'altro restava da fare ad una Judy Hopps scompagnata e
spaesata?
Mentre
affondava le zampe nelle ampie tasche del soprabito leggero, si
stupì
di come il concetto di tempo fosse radicalmente mutato quando non
aveva un Nick Wilde selvatico a darle il tormento: le ore si
dilatavano senza un senso logico e l'assenza di quella volpe mal
raffazzonata ingorgava gli anfratti della sua mente senza nemmeno
disturbarsi di chiedere permesso, spavalda e sicura di sè.
L'assenza
di Nick era il riflesso stesso di Nick. Le riempiva il tempo subdola
e questo proprio non le andava giù.
Scansando
parecchi mammiferi affaccendati su e giù da quel marciapiede
logoro,
arrivò infine a Savanna Central e li si fermò
prediligendo un bar
dove non era mai stata piuttosto che quello dove era solita andare
con Nick.
<<
Eh
no, Judy Hopps >>
si era caldamente raccomandata durante la ponderata decisione <<
Meglio optare per qualcosa che non ti faccia tornare in mente che da
ben due giorni non si degna di dare cenni di vita. >>
Guadagnò
l'entrata ad ampie falcate e prese posto accanto alla vetrata che si
affacciava sulla piazza brulicante di vita mammifera.
A
mezza voce ordinò una birra piccola alla spina e si
concentrò su
quello squarcio impressionista che le si parava dinnanzi. Nella sua
staticità, tutti quei mammiferi che si muovevano diretti
verso mille
direzioni ignote sembravano trotterellare molto più
velocemente di
quanto in realtà non facessero, cozzandosi ed ignorandosi in
quel
soleggiato pomeriggio di metà aprile.
Per
passare il tempo cercava di inventare una breve storia fantasiosa sul
vissuto di alcuni animali pittoreschi che la colpivano fra quella
folla cercando spunti per la fitta trama fra i vestiti che
indossavano e l'espressione che avevano dipinta in viso, ma questo
gioco ebbe breve durata perché una voce alle sue spalle,
qualche
tavolo dietro di lei, richiamò insistentemente la sua
attenzione.
Avrebbe
potuto riconoscere quella voce ovunque: era Nicholas.
Si
voltò, guardinga, e notò con un mezzo sospiro che
le dava le
spalle; era impegnato in una concitata conversazione con qualcuno che
non riusciva ad intravedere data la posizione appartata del tavolo a
cui era seduto, nascosto quasi per metà da due fioriere
colme di
grotteschi fiori di plastica.
Normalmente
Judy si sarebbe alzata, lo avrebbe raggiunto e gli avrebbe piantato
una scenata in fiero stile Hopps riguardo al suo bizzarro
comportamento degli ultimi giorni. Ma non lo fece, e neppure lei
sapeva il perché.
Una
sensazione strana le formicolò la spina dorsale e qualcosa
che lei
amava definire il suo quinto senso e mezzo* le disse di aspettare,
che c'era qualcosa di più in quel frangente di uno stupido
Nicholas
Wilde intento a goliardeggiare
in un bar di terza categoria. E quel qualcosa di più, lo
sentiva,
era l'altro partecipante di quella conversazione che ancora era
celato ai suoi occhi.
Strinse
con forza il bicchiere di birra scura fra le zampe e serrò
gli occhi
nel tentativo di acuire il senso dell'udito: forse, pensava, sarebbe
stata in grado di sentire cosa si stavano dicendo di così
importante.
Ma non ci riuscì: il vociare chiassoso degli
avventori del locale copriva qualsiasi parola i due potessero
pronunciare.
La soluzione più semplice era palese: manifestarsi
in toto davanti ai suoi occhi, dalla punta scura delle lunghe
orecchie ai piccoli artigli poco efficaci delle zampe posteriori, ma
era ancora ancorata a quella seggiola consunta senza la minima
intenzione di schiodare da lì.
Un magone strano la investì e lei
schioccò la lingua contro il palato infastidita.
Voleva sentire
cosa stesse facendo ma al contempo non desiderava che Nick lo venisse
a sapere. Voleva forse... Spiarlo?
Ne
aveva bisogno?
Sbilanciò di un poco il peso in avanti ed inclinò
il busto verso il bordo del tavolo con circospezione: Nick da quella
posizione non avrebbe potuto vederla, ma lei sarebbe stata in grado
di conoscere l'identità della sua compagnia.
E, non appena la
misteriosa figura entrò nel suo campo visivo, qualcosa
dentro Judy
si spezzò.
Seduta di fronte a Wilde troneggiava austera un'altra
volpe di sesso femminile.
Era bellissima: il pelo folto e vaporoso
di un rosso sfavillante, vestita con ricercatezza nei particolari, un
trucco leggero a sottolineare i tratti del suo volto serio e,
tuttavia, di una sconfinata dolcezza.
I muscoli di Judy si
irrigidirono e la costrinsero nella posizione iniziale.
Quindi il
motivo del suo comportamento era... Questo?
La
coniglietta sentì l'irrefrenabile impulso di alzare i tacchi
e
prendere la porta del locale il più velocemente possibile e
nella
più totale riservatezza, ma, d'altra parte, un secondo
desiderio,
più pressante del primo che le era balenato in mente, la
investì
con una violenza a lei sconosciuta.
Se prima aveva interesse nel
sapere cosa quei due si stessero dicendo, ora aveva l'urgenza e la
necessità di venire a conoscenza dell'andazzo della loro
conversazione.
Indagò con occhi vigili, le pupille dilatate ed il
nasino che tremava senza sosta sotto la nuova pesantezza del suo
respiro corto: poco più avanti, sulla destra, un tavolo
vuoto poco
distante da quello dove Nick era seduto sembrava chiamarla come
l'ammaliante canto di una sirena seduceva i marinai fino a
trascinarli nell'oblio.
Batté le zampe un paio di volte sulle
ginocchia e lasciò vagare lo sguardo nel vuoto, a disagio.
Quello
che voleva fare era sbagliato e senza senso, ma il bisogno di farlo
la faceva sentire strana, come se il suo stesso pelo avesse iniziato
a starle scomodo e stretto.
Si concesse un paio di altri minuti
nell'incertezza ed infine si alzò, le gambe che si muovevano
silenziose in una data direzione ancor prima che il suo cervello
desse ai loro nervi l'impulso di farlo.
Si sedette in silenzio,
acquattò le lunghe orecchie tremanti e nascose alla bell'e
meglio il
musino nel bavero della giacca; nel dubbio si schermò dietro
al menù
plastificato ed unto del bar che le sciorinava davanti i peggio
piatti della peggio tavola calda.
Le sue orecchie vibrarono ancora
nel tentativo di carpire frammenti della conversazione, un'iride
viola spavalda sporgeva oltre il menù per guardarli.
Nick
lisciava distrattamente la punta della cravatta con le dita, le sue
orecchie erano basse e lo sguardo fisso sul tavolo laccato che lo
separava dalla sua piacente interlocutrice; l'altra volpe, invece, lo
fissava con insistenza, le mani avvolte attorno alla tazza di
tè di
porcellana bianca.
Judy si dava mentalmente della stupida ma,
nonostante tutto, non aveva la minima intenzione di muoversi da
lì.
<< Sei stata tu ad andartene >>
azzardò Nick, un
guizzo di disagio nei suoi occhi verdi << Mi hai lasciato
indietro come una cosa indesiderata. >>
L'altra alzò gli
occhi al cielo. << Sai benissimo che non è
cosi. >>
<<
Vorrei sapere com'è, allora... >>
La volpe allungò un
braccio verso Nick e gli carezzò dolcemente il dorso della
mano, su
e giù, su e giù, con una lentezza esasperante.
Wilde, dal canto
suo, calò le palpebre sulle iridi smeraldine e
sussurrò qualcosa
che Judy non capì; non si ritrasse a quel contatto
inaspettato: sul
suo volto troneggiava un'espressione serena, come se avesse atteso
quello
per tutta una vita.
Quello che fece più male a Judy non fu il
gesto della volpe, ma il fatto che Nick sembrasse bearsi di
quell'attenzione cosi intima.
Da che lo conosceva, lei credeva di
essere stata l'unica a potersi avvicinare a lui in maniera
così
personale... Possibile che non avesse minimamente preso in
considerazione l'idea che Nick potesse avere delle altre
femmine?
Possibile che fosse stata così ottusa?
Un
disagio a lei completamente sconosciuto la colse imprevisto; quella
creaturina fastidiosa che aveva nidificato nel suo petto due giorni
prima sembrava avesse cominciato a guizzare sotto la sua pelle
facendola fremere di un ardore completamente estraneo a Judy
Hopps.
La volpe ritrasse la zampa, ricongiungendola in grembo
all'altra appena sotto il tavolo.
<< Sei già andato? >>
Domandò infine guardando lontano.
Nick fece una smorfia. <<
Non ancora. >>
<< Capisco. >>
I retroscena di
quella conversazione erano completamente oscuri a Judy, a quella Judy
che ora lottava inconsciamente per cancellare l'immagine di quella
carezza che la sua mente aveva registrato; sembrava quasi ci godesse
il suo cervello a premere i tasti rewind
and play
per riproporgliela davanti agli occhi più e più
volte.
La
coniglietta scosse il capo, indispettita.
<< Nicholas, io
dovrei... Sai... >> disse la donna lanciando un'occhiata
distratta all'orologio che le impreziosiva il polso.
Wilde si levò
e porse il suo aiuto all'altra. << Si, lo so. Lo so.
>>
La
bella volpe strinse Nick in un abbraccio sincero che lui
ricambiò
con tristezza.
Poi, con un impercettibile scatto del viso, lei
lappò la sua guancia destra con la lingua ruvida, un ultimo
gesto di
commiato, e se ne andò.
Se l'aver intravisto quella carezza aveva
scosso l'animo di Judy, quell'ultimo gesto di affetto semplicemente
la pietrificò.
Un tarlo le rosicchiava la base del capo e gli
occhi improvvisamente cominciarono a pizzicare, minacciando di
dirompere in una cascata di lacrime di cui, esattamente, non
conosceva il motivo.
Desiderò essere inghiottita dalla terra e
finire il resto dei suoi giorni nel bollente ventre del
pianeta.
Cercò di sgusciare via da quel posto, sperando che
quest'atto di vile fuga avrebbe lasciato dietro di sè anche
quella
pesante sensazione a lei estranea dimenticandola lì, su
quella
seggiola di legno di terz'ordine, ma una voce, quella
voce, la fermò.
<< Carotina. Puoi avvicinarti, se vuoi.
>>
Nick non la guardava; lo sguardo era rivolto a quella
sedia vuota davanti a lui.
Judy si sentì infinitamente cretina:
dunque lui sapeva che si trovava lì?
<< Ho sentito il tuo
odore da quando sei entrata qui dentro. >> Le disse come
per
risponderle, voltandosi verso di lei << Coniglietta
ottusa,
sono una volpe ricordi? >>
Judy calò il menù e si mostrò
in tutta la sua vergogna; non ricordava di essere mai stata tanto
imbarazzata in tutta la sua vita.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa,
forse trovare una scusa, ma l'immagine di quel bacio a fior di pelle
ancora le rabbuiava i pensieri rendendoli poco nitidi. Le parole che
elaborava nella mente faticavano a trovare la strada verso la lingua,
forse si perdevano fra la foschia della sua mente.
Nick le si
avvicinò e la fissò languido.
<< Cos'hai sentito? >>
Judy
gonfiò le guance arrossate e distolse lo sguardo da quella
volpe
truffaldina.
<< Non ho sentito quasi niente, se è questo
che ti disturba>> sbottò, la voce
più rotta di quanto non
desiderasse il suo amor proprio << Non volevo dare
fastidio a
te ed alla tua fidanzata, volevo solo... >>
Già. Cosa
voleva? Non lo sapeva nemmeno lei, e questo la infastidiva. Fin da
bambina era sempre stata sicura di cosa il suo cuore intrepido e
sognante desiderasse, mentre adesso non si capacitava di niente di
quello che le stava accadendo.
Nick sobbalzò appena e sorrise
enigmatico. << La mia... Fidanzata? >>
<< Oh,
lascia perdere! >>
Judy borbottava peggio di una teiera e
questo scatenava l'ilarità della volpe che aveva davanti.
<<
Non mi interessa, nè oggi, nè mai
>> mentì spudorata lei <<
Anzi, stavo per andarmene a casa, quindi... >>
<< Se
non ti interessa, perchè ti sei data tanto da fare per
spiarmi?
>>
Judy lo guardò sorpresa; i due occhioni indaco ridotti a
due fessure che vomitavano rabbia ed imbarazzo. << Io non
ti
stavo spiando! >>
Nick rise ancora, e questo la fece andare
fuori di testa. Si alzò con l'intenzione di lasciare quella
volpe
interdetta alle sue mansioni, ma lui la trattenne per una zampa.
<<
Carotina, aspetta. >>
Lei ritrasse la mano con diffidenza;
quella zampa era la
zampa, quella che fino a poco fa era avvolta dal tepore di
quell'altra, bellissima volpe.
<< Che cosa vuoi? >>
Nick
le sorrise appena, implorante. << Vieni con me in un
posto.
>>
Judy lo fissò guardinga.
<< Ti prego >>
insistette l'altro << È importante. Giuro che
ti spiegherò
tutto. >>
Non seppe se furono il suo sguardo abbattuto o la
promessa di spiegazioni al riguardo, ma la coniglietta non fece in
tempo a capacitarsi di rispondere sì
che già lo stava seguendo sul tram verso una zona di
Zootropolis che
non conosceva.
Stavano lasciandosi l'affollato centro alle spalle
mentre il sole lentamente terminava il suo ciclo dietro ai palazzi
che svettavano alti frastagliando l'azzurro del cielo.
Non si
dissero una parola per tutto il viaggio, nonostante Judy avesse da
dirgliene di tutti i colori; fu lo sguardo insolitamente spento della
volpe a farla desistere dal suo intento.
Scesero molte fermate più
avanti accanto ad un'imponente costruzione di mattoni rossi che
permetteva l'entrata tramite un enorme cancello in ferro battuto.
Quando la coniglietta realizzò che si trattava di un
cimitero, il
suo cuore accelerato perse un battito.
Nick le fece cenno di
seguirla e lei camminò alle sue spalle a due passi da lui
mantenendo
un silenzio sacrale per rispetto di coloro che lì riposavano
e dei
loro prossimi in visita.
Arrivarono davanti ad un piccolo loculo -
caratteristica necessaria per la numerosa popolazione della
città -
e lì si fermarono l'uno accanto all'altra.
Il marmo rovinato
dalle intemperie e dal corso degli anni sembrava in un completo stato
di abbandono.
Judy lesse a mente il nome del defunto che lì
dimorava: John Piberius Wilde.
Che si trattasse di...?
<<
Ciao, papà... >> sussurrò appena la
volpe fugando ogni dubbio
nella testa di lei.
Nick carezzò leggermente il marmo e la
vecchia foto che ritraeva una volpe sorridente, e continuò.
<<
Sono venuto a trovarti con una collega, Judith Laverne Hopps.
>>
Judy, spaesata, non seppe esattamente cosa dire.
<<
Beh, lei è molto più di una collega per me. Ma lo
sai. Te ne ho già
parlato. >>
Nick continuava a parlare con suo padre a cuore
aperto, come se lei non si trovasse accanto a lui e questo la
lusingava: stava prendendo parte ad un momento molto intimo della
vita di Nick, una questione a lei ancora del tutto sconosciuta.
La
volpe parlava a ruota libera della centrale, della nuova vita da
poliziotto, di lei,
e Judy ascoltava con aria trasognata ed il cuore traboccante di un
sentimento che stava riscaldando le sue membra fino all'appendice
più
estrema del suo corpo. I motivi per cui era in collera con lui
parevano essere stati momentaneamente cancellati.
Una volta che
Nick se la sentì, i due lasciarono la tomba alle loro spalle
e si
diressero piano fuori dal cimitero per raggiungere la fermata del
tram più vicina e tornare verso casa.
Si fermarono sul
marciapiede fianco contro fianco e lì rimasero, stranamente
stanchi
ed intorpiditi. Era stata una giornata spossante sotto molti punti di
vista per entrambi.
Il silenzio che si era venuto a creare fra i
due era talmente denso che a Judy sembrava di poterlo toccare con la
zampa, quasi potesse lasciarle una sensazione fastidiosa e viscosa
fra le dita.
Scrollò leggermente le spalle e si inumidì le
labbra sottili per parlare, ma Nick la precedette.
<< Oggi
ricorre l'anniversario della morte di mio padre >>
mormorò
appena guardando lontano << sono passati ventidue anni.
Di lui
ho solo ricordi sbiaditi e confusi. Non sono stati giorni
particolarmente sereni per me... Credo di doverti delle scuse, Judds.
Per il mio recente comportamento... per tutto. >>
La
coniglietta lo afferrò per una spalla costringendolo a
voltarsi
verso di lui. << Non devi chiedermi scusa, Nick: io
dovrei. Non
ti ho chiesto nulla quando avrei dovuto interessarmi di cosa ti stava
accadendo. Perdonami. >>
Nick le sorrise mesto. Nascose il
muso vermiglio nell'incavo del collo di lei, là dove il pelo
era
terribilmente morbido, e le cinse le spalle in un abbraccio ricco di
dolore.
Il cuore di Judy, stretta in quella piacevole morsa,
galoppava felice verso chissá quali lande remote;
ricambiò la
stretta, decisa ed un po' goffa.
Sapeva che lui poteva sentire
l'incremento del suo battito cardiaco pulsarle nella gola, ma non le
importava: quell'unico abbraccio spazzava via ore ed ore di
sofferenza tremenda lasciando una dolce quiete dietro di sè.
Stettero
così, come immortalati in una fotografia, per un lasso di
tempo
infinito, ma la posizione non divenne mai scomoda per nessuno dei
due.
Nick bofonchiò qualcosa contro il suo collo, il suo alito
caldo a lambirle il pelo rado. << Quella volpe con cui mi
hai
visto oggi... >>
Ecco,
pensó Judy, ci
siamo.
La verità:
quella sì che stava diventando scomoda.
<< Quella volpe...
È mia madre. >>
A Judy venne in mente quella volta che Stu
la caricò sul pick up alle cinque del mattino per una
piccola
escursione verso Borghetto, nella contea dei cervi. Si erano portati
uno zaino carico di provviste, beni di prima necessità e
quant'altro
il coniglio avesse ritenuto necessario per quella gita fuori porta.
Aveva portato quel pesante fardello sulla schiena per una camminata
di miglia e miglia fino a che, giunti in riva ad un laghetto, suo
padre le aveva dato il permesso di scaricare la zavorra dalle spalle
e riprendere fiato. Ricordò quanto si sentì
leggera una volta
buttato il pesante zaino sul terreno umidiccio del sottobosco.
In
quel momento, davanti a quella fermata del tram, a Judy
sembrò di
essersi tolta quello zaino per una seconda volta. Un peso
mastodontico di cui non conosceva l'entità
scivolò lungo la sua
schiena, percorse la linea delle gambe e si diramò nel
freddo
cemento sotto le sue zampe lasciando una scia di brividi dietro di
sè.
Era una buona
sensazione. Non la capiva appieno, ma era buona e si sentiva
bene.
Nick non sembrò accorgersi dei suoi muscoli che si
rilassavano, delle sopracciglia aggrottate che si distendevano dando
al suo volto una nota di serenità.
Forse però si accorse del
flebile gemito che le scappò dalle labbra, un rantolo che
assomigliava ad un'esternazione di sollievo, perché la
strinse più
forte, quasi a volerla inglobare appieno nel suo folto pelo
rossiccio.
<< Non parliamo più molto >>
continuò la
volpe << Forse è stata colpa mia, forse sua,
forse di
entrambi. È passato così tanto tempo che neanche
lo ricordo.
>>
Judy non disse nulla. Non c'era nulla di giusto che
potesse dire in quel momento. Stettero così per un lasso di
tempo
infinito, fino a quando Nick non si erse in tutta la sua altezza ed
arricciò le labbra in un ghigno.
<< Oggi sono io la volpe
emotiva. >> Borbottò a mezza voce, un filo di
ironia a
nascondere il leggero imbarazzo.
Judy sorrise ed il primo istinto
fu quello di colpirlo con un amorevole buffetto in piena spalla, ma
un brusco cambio d'idea le contorse i pensieri. Si alzò
sulla punta
delle zampe e lasciò una breve lappata là dove
prima un'altra volpe
aveva posato la sua, cancellando con un breve colpo di lingua una
sensazione spiacevole così come un colpo di spugna ben
assestato
toglie una macchia ostinata.
Era roba
sua,
quella. Quella stupida volpe, il suo mantello rossiccio, le sue
cravatte e le sue camicie dalle tinte idiote... non sapeva in quale
veste, ma si trattava di una sua
proprietà. Forse avrebbe dovuto indagare più a
fondo in quel
frangente, chiedersi che cosa stesse a significare, ma sul momento si
accontentò di riappropriarsi di un suo privilegio, rimettere
in
gioco le sue priorità.
Judy lo poteva abbracciare, Judy lo poteva
torturare e, da quel momento in avanti, Judy avrebbe potuto baciarlo.
Judy e solo Judy.
Era il ragionamento contorto di un cucciolo
geloso del suo giocattolo, la coniglietta lo sapeva bene, ma c'era
sotto qualcos'altro, un prurito che non sapeva bene come
alleviare.
In ogni caso, per il momento le andava bene così e
tanto le bastava.
Lanciò una fugace occhiata al volto di Nick,
che stava allegramente testando varie tonalità di cremisi,
ed infine
decise di concentrare l'attenzione su un punto qualsiasi davanti a
sè, così imbarazzata da essere incapace di
proferire parola
alcuna.
<< Carotina... >> bisbigliò la
volpe
inginocchiandosi a terra e raccogliendo le zampe all'altezza del
petto << Il mio povero cuore. Io ormai ho una certa
età: vuoi
forse farmi venire un infarto? >>
Judy rise di gusto. <<
Può essere, Piberius. >>
Con un gesto così naturale da
sembrare quotidiano, Nick le cinse le spalle in un goffo abbraccio e
la coniglietta posò il capo sul suo petto beandosi di un
calore che
era mancato per troppo tempo.
Serrò le palpebre sulle iridi
indaco ed inspirò il suo profumo selvatico riempiendosene i
polmoni;
aveva un che di diverso quel giorno, ma forse era solo lei a
percepirlo tale.
<< Judds? >>, sussurrò appena
Nick e
sentì le orecchie basse di lei fremere contro il suo braccio.
<<
Mh? >>
Lui sorrise rinforzando la presa sulle sue piccole
spalle, avvicinandola a sè più di quanto fosse
stato lecito nei
giorni precedenti.
<< No, niente... >> rispose,
un'insicurezza nella voce tremante per un'emozione tutta nuova
<<
Te lo dirò prima o poi. Ma solo se farai la brava
coniglietta.
>>
Judy rise di nuovo, gli occhi ancora chiusi, le spalle
rilassate sotto la sua presa gentile. << Che volpe
ottusa. >>
E
rimasero lì, abbracciati, ad aspettare un tram in ritardo
senza che
nessuno dei due se ne lamentasse.
Err...
Ebbene l'ho fatto: ho pubblicato questa cosa.
Ci
vuole coraggio ed ardore nella vita, ammettiamolo ahahah!
Se
siete giunti fino a qui vi ringrazio di cuore. Per me significa tanto
<3
Grazie
mille per aver dato una letta a questa cosa.
Ah, vero ^-^'' ho messo un
asterisco e me ne stavo dimenticando! La storia del quinto senso e mezzo
l'ho rubata a Dylan Dog, uno dei miei fumetti italiani preferiti!
Sono svanita come una bottiglia di Coca-Cola aperta da
quattro giorni -.-'
Alla
prossima (sempre se vi va!)
Un
abbraccione <3
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