=
Matrimoni e allucinazioni, conigli e contrattazioni =
«sì, ho visto il
vestito che hai disegnato per la tua futura
moglie».
«lo so, non è
qualcosa che metteresti tu»
disse il quattordicenne, indicando sua sorella con la matita
che aveva in mano «ma Lili lo metterà volentieri.
Comunque…come lo trovi?»
La prerogativa dei nobili di sposarsi
già dai quattordici
anni aveva permesso ad Aldebaran e Altair di combinare un matrimonio
tra
Vaendiliel, la sola figlia di Lord Renin Altair, e Nihil Iruhu, il settimo dei nove eredi che Iyra
Aldebaran aveva dato alla luce.
Poteva sembrare un matrimonio poco
vantaggioso per l’erede
di Casa Altair, ma la verità era che le altre famiglie delle
Costellazioni
avrebbero accettato di combinare un matrimonio con chiunque portasse il
cognome
della Casa più ricca del regno.
Bastava pensare al fatto che gli
Albali e i Virgo avessero
già messo gli occhi sui figli -di
un’età che andava dai sei anni in giù-
di suo
fratello Nihil Ralonrin, come altre famiglie lo avevano fatto coi figli
di Nuro.
Era così da sempre: essere
un Aldebaran significava avere
tanti pretendenti quante tonnellate d’oro. Ai più
superficiali poteva sembrare
bello essere circondati da persone pronte a lusinghe e matrimoni, ma
bisognava
sempre tenere presenti i motivi dietro tutto ciò.
“sarebbero disposti a
sposare persino una capra, se questa
avesse la voglia sul muso” pensò Nahema.
«è bello, su questo non ho nulla da
dire. Stoffa oro, decori d’oro…molto
Aldebaran» disse «ma “Lili”
è un’Altair».
«per questo insieme al
vestito c’è un luuuuungo mantello blu
scuro molto Altair» obiettò Iruhu «con
piccole applicazioni in oro sul fondo
che ricordano un po’le stelle del cielo: non è
bellissimo?»
«è una buona
idea, Iruhu».
Iruhu non era precisamente uno dei
fratelli che Nahema
conosceva meglio, a causa degli impegni e della differenza
d’età, ma nel tempo
in cui si erano frequentati aveva dimostrato di avere un carattere
amabile, ereditato
da loro padre Kerasaas…
«certo che lo è!
È una mia
idea!»
… Nonostante la completa
mancanza di falsa modestia -un
altro tratto che condividevano, oltre al colore degli occhi e dei
capelli. «ottimo
atteggiamento, se non si è i primi a essere sicuri delle
proprie idee non si
può pretendere di arrivare da nessuna parte. In ogni singolo
aspetto della vita!»
«e soprattutto nel mondo
della moda» aggiunse Iruhu «che è
strapieno di squali astrali».
Alcuni avrebbero potuto stupirsi del
fatto che a un
Aldebaran, per di più maschio, fosse stato permesso di
vivere in un mondo che
sembrava fatto unicamente di bozzetti, aghi, stoffe e decori, ma in
tutto ciò
la parola chiave era proprio quel “sembrava”.
Iruhu aveva ricevuto la stessa
formazione che avevano avuto
lei e gli altri loro fratelli -e questo già diceva tutto;
per il resto, i
componenti della famiglia potevano scegliere di dedicarsi a qualunque
tipo di
attività, a patto che questa fosse utile e/o servisse a
influenzare le masse in
loro favore. Tutti motivi per cui quando Iruhu, circa un anno e mezzo
prima,
aveva iniziato a mostrare interesse e talento per
l’attività di stilista di
moda, non era stato affatto scoraggiato: al
contrario!
«mai sentite parole
più vere, il mondo della moda è quasi
peggio di quello della politica. Hai progettato anche il tuo abito da
cerimonia?»
Iruhu annuì.
«sì… ma mi piacerebbe che restasse una
sorpresa
anche per te e nostri fratelli».
Nahema, per nulla contrariata,
alzò le mani. «come desideri»
disse, per poi sedersi su una sedia lì vicina. «si
prospetta un bel
matrimonio».
Iruhu a quel punto si decise a posare
la matita, e a dare
alla sorella la sua totale attenzione. «di sicuro
sarà tranquillo, e non chiedo
di meglio».
«la cerimonia e il
ricevimento si svolgeranno senza intoppi»
lo rassicurò Nahema.
«non mi riferivo a
quello» disse il ragazzino, per poi face
spallucce «ma va bene lo stesso».
Nahema non fece commenti, pensando
che tutto sommato Iruhu
avesse preso anche l’intelligenza di Kerasaas, oltre alla
corporatura. Le
tradizioni degli Altair li volevano tanto forti caratterialmente quanto
abili
con le armi da taglio, ma Vaendiliel -complice
l’atteggiamento “morbido” del
padre nei suoi confronti- non sembrava spiccare né per
l’una né per l’altra
cosa.
Quella di Renin Altair era una figlia
di bell’aspetto e tranquilla,
adatta a un matrimonio tranquillo,
ed era precisamente questo
ciò a cui Iruhu si riferiva.
«io comunque sono contento,
e lei anche» continuò Iruhu «per
quello che conta».
“Per quello che
conta”. Evidentemente la realtà penetrava
nei mondi fatti di stoffe e decori più profondamente di
quanto si potesse
pensare, e ricordando com’era anche lei a quattordici anni
non riusciva a
ritenerlo un male.
Non era forse l’interesse
la base più solida sulla quale si
fondasse un matrimonio ben riuscito? Certo. Non era stata a sua volta
promessa
a qualcuno? Naturalmente sì, come del resto tutti i suoi
fratelli. Non si era
forse fidanzata col suo promesso, com’era suo dovere? Il
dovere era sacro, gli
obiettivi della famiglia venivano prima di tutto, quindi la risposta
era che
ovviamente sì, lo aveva fatto.
Dopo anni di procrastinazione nei
quali invece aveva fatto
tutt’altro, in altri luoghi e con
altre
persone, per poi dare a Tsar il permesso di chiudere il loro
legame nel più
sincero affetto, almeno da parte di questi, nella prima occasione in
cui c’era
stata un’occasione valida per farlo.
Il dovere e gli obiettivi di famiglia
erano sacri, ma le
modalità e i tempi con cui svolgere l’uno e
raggiungere gli altri erano sempre
stati molto variabili… almeno per lei.
«meglio
così» rispose Nahema, giusto per interrompere
riflessioni un po’ “scomode”.
«quantomeno avrete l’occasione di indossare dei
vestiti perfino più belli di quanto siano di
solito».
«i vestiti nuziali devono
esserlo» replicò il fratello,
quieto «ma comincio a credere che non ti vedrò mai
addosso il tuo».
«…prego?»
Passi Kitah, che era il principale
pretendente, passi
Aladohar, che era il migliore amico di suddetto pretendente, ma che
perfino il
suo fratellino quasi quindicenne incominciasse a romperle le scatole
con quella
faccenda del matrimonio non era ammissibile. Cosa ne sapeva Iruhu, poi?!
«ho progettato i vestiti
nuziali per tutti quelli della
famiglia che non si sono ancora sposati» le spiegò
«ma se a ventinove anni, e
con tutti i pretendenti che presumo ci siano, non ti si sente mai
neppure
accennare ad un plausibile matrimonio…mi sa tanto che il
bozzetto rimarrà nel
cassetto».
«potrei liquidare la
questione con un “fatti gli affari
tuoi”, sarebbe nei miei diritti» disse Nahema
«ma sei mio fratello e non sei
uno stupido, per cui ti parlerò di conseguenza. Al di
là del fatto che i miei
impegni al momento non lascino spazio a delle nozze, la mia attuale
posizione
di capofamiglia renderebbe ancor più difficile trovare,
eventualmente, un
marito adeguato. Mi
segui?»
«non deve essere soltanto
l’altra famiglia a guadagnarci, dobbiamo
avere un tornaconto anche noi, perché se così non
fosse il matrimonio sarebbe completamente
inutile» disse Iruhu, atono come se stesse recitando frasi a
memoria, e in un
certo senso era proprio così. «e forse perfino
dannoso».
«direi che ci siamo intesi.
Cos’altro aggiungere? Ah, sì:
voglio vedere il progetto per il mio vestito».
Iruhu fece spallucce, aprì
un cassetto della scrivania lì
vicino e, dopo aver cercato un po’, tirò fuori un
foglio. «già che ci sei te lo
lascio proprio, così non rimane lì a prendere
polvere».
Una piacevole sorpresa
arrivò vedendo che Iruhu non aveva progettato
un vero e proprio vestito: la parte superiore era somigliante a
un’armatura da cerimonia
intarsiata, ovviamente dorata, mentre la parte inferiore era composta
da una
lunga gonna viola con un lungo spacco sulla parte destra, non dissimile
dal
tipo che lei portava abitualmente -quando le portava. Stivali, cintura,
e
accessori vari sempre dorati completavano il tutto…e quel
“tutto” le piaceva molto.
«hai previsto che io mi porti
dietro una spada?»
«non si sa mai!»
Trascorse quale istante di silenzio,
poi Nahema guardò
nuovamente il disegno, e si alzò. «se mai un
giorno mi sposerò, rifiuterò di
indossare qualsiasi altra cosa».
«promesso?»
Aveva deciso che quel foglio sarebbe
finito nell’archivio
dei documenti più importanti, nonostante non
c’entrasse nulla col resto. Se
Iyra fosse stata ancora in grado di intendere e di volere non avrebbe
approvato
quel gesto, né ne avrebbe compreso il motivo, ma Iyra non
era in grado di dire
la propria, e comunque neppure Nahema sapeva perché avesse
preso una simile
decisione. «promesso».
Iruhu sorrise. «sono
contento che ti piaccia. E magari quel
giorno arriverà presto! Ricordi cosa succede oggi
pomeriggio, prima delle mie
nozze?»
Certo che ricordava, era impossibile
dimenticarlo. «un ambasciatore
dei Pooka in arrivo a
Paradhiso… proprio un evento. Ma non capisco cosa
c’entri con le mie eventuali
nozze» aggiunse, vagamente perplessa.
«beh,
anche con il
re dei Pooka andrà pure stretta una qualche alleanza. In
questa unione
dinastica il tornaconto ci sarebbe!» esclamò
Iruhu, con un sorrisetto.
«tu
a volte sei fin
troppo somigliante a Ralonrin!» ribatté Nahema
«e no, non è un complimento».
Iruhu,
per
l’ennesima volta, fece spallucce, e tornò a
chiudere il cassetto. «“…rise
il
toro, rise il toro, la zampa sollevò…ma lo
scorpion più lesto fu, perciò, sul
muso gli saltò!”…»
canticchiò «l’hai sentita questa
canzone? Gira
tantissimo».
Nahema si
irrigidì.
«evitiamo di cantarla, dal momento che il toro e lo scorpione
in questione non
sono stupidi animali parlanti, come tu sai benissimo» disse
seccamente.
“e
tra tutti quanti
non stiamo facendo precisamente una bella figura, dal momento che Lady
Vliegen
tuttora non si trova e la situazione nei territori degli Scorpio
è tesa, tanto per
utilizzare un eufemismo” aggiunse mentalmente Nahema
“alla maggior parte della
popolazione di quella specie di fogna, che è purtroppo
piena di uranium,
non interessa che Lady Vliegen abbia fatto uccidere due bambini Taurus,
e vorrebbe
perfino che tornasse a gestire il tutto al posto di
quell’ignavo di Jon Scorpio!”
o meglio, che lo facesse l’ex attendente demone,
perché milady in realtà aveva
gestito proprio niente, da quel che si era capito
“… tensioni dagli Scorpio,
Kozmotis Pitchiner che rientra come High General tra meno di una
settimana,
l’incontro con il Pooka, il matrimonio di un fratello che
canta le canzoni
sbagliate… se fossi mia madre avrei già
l’emicrania, e a me preoccupano un po’anche
i Taurus, al momento”.
Kitah
diceva di
stare bene, per quanto “bene” potesse stare un uomo
che aveva perso entrambi i
figli da pochi mesi, ma da quel che lei sapeva la sua presenza ai vari
eventi
mondani era fortemente diminuita, e lo si vedeva più spesso
rinchiuso nel suo
palazzo che in qualunque altro luogo. Rinchiuso insieme a sua
sorella
Isabeli, una piagnona appiccicosa come colla e chiusa nella
sua piccola
bolla.
Motivo
per cui aveva
detto ad Aladohar di stargli vicino e tenerlo d’occhio
più di quanto facesse
già; lo avrebbe fatto lei stessa, ma già ora
aveva più cose da fare che tempo
per farne… tra le quali sondare il terreno con un vecchio
amico di suo padre,
ancora scapolo, per capire se fosse interessato ad accasarsi con una
duchessa
Taurus giovane e molto
“delicata”. Con
profitto!
Kitah
inizialmente
non sarebbe stato felice, ma col tempo l’avrebbe ringraziata:
Isabeli non era
il tipo di compagnia che gli servisse al momento, né mai.
“anzi,
è la
peggiore possibile. Liberarsene gli farà bene”.
No, in
realtà quella
di Isabeli non era la peggiore compagnia di cui Kitah
“godesse” al momento.
Peccato
solo che
non potesse saperlo.
***
«i
conigli cominciano a uscire dalla tana, visto?»
Non
giunse risposta
dall’uomo con lo sguardo cupo e la mascella irrigidita che,
guardandosi in un
grande specchio, indossava una parte dell’armatura candida
che aveva appoggiato
a terra.
«evidentemente
hanno superato la paura di essere fatti arrosto o essere
braccati!» aggiunse
ridendo la figura, che con i suoi
larghi vestiti neri spiccava sulle coperte candide del letto sul quale
era
seduta a gambe incrociate. «non
che con noi corrano
questo rischio, il coniglio arrosto non ci piace…e per il
resto è molto meglio
andare a braccare ragazzini tredicenni».
«TACI!!!»
gridò l’uomo, lanciando con forza la parte di
armatura che stava per indossare
verso la sua interlocutrice, senza ottenere risultati concreti: il
pezzo ne
attraversò il corpo come se fosse stata fatta
d’aria, e con un forte suono
metallico andò a finire contro il muro di pietra.
«e
per fortuna che “Vincit qui se vincit”!
Io sarò pure una plebea, ma ho
rispettato il motto degli Scorpio molto più di quanto tu
faccia col tuo: “Venom
in our veins”» recitò, con
un gesto teatrale «e
ora anche nelle tue».
Kitah
raggiuse la
sedia più vicina e crollò a sedere lì,
passandosi le mani sul volto e sperando
che quell’azione la facesse scomparire una volta per tutte
dalla sua vista.
Peccato che fossero speranze vane e che lui, ormai, lo sapesse fin
troppo bene.
«sì, l’ho notato. Proprio una
meraviglia».
«vorresti
prendertela con me perché a te è
partita una rotella? Questo è il colmo!
Di’, credi che a me piaccia trascorrere il mio tempo libero a
fare la tua
allucinazione?! Come se tu fossi una persona sopportabile,
guarda un po’!»
«e
allora
vattene e smettila di rendermi la vita impossibile, maledizione!»
Stava
parlando al
vuoto, ne era conscio, ma non poteva farci nulla: tutto era cominciato
una
settimana dopo la morte dei suoi figli, e da quel momento in poi nulla
era
cambiato.
La prima
volta che
aveva trovato Vliegen beatamente appollaiata sul
suo letto non aveva
esitato un secondo a tirare fuori la spada per tagliarla in due, ma non
aveva
trovato altro che aria, e tutto quel che aveva ottenuto era stato
mutilare uno
dei suoi cuscini.
Ricordava
l’incredulità
che aveva provato quel giorno, e soprattutto la paura. Non
sapeva dire
se ne avesse provata di più quando non era riuscito a
colpirla e aveva pensato
che lei avesse acquisito qualche strano potere, o piuttosto quando
Vliegen gli
aveva detto di essere una sua allucinazione e lui aveva capito che non
mentiva.
No, non
era vero:
in realtà sapeva benissimo di aver provato più
paura quando aveva capito di
essere diventato un pazzo. Un pazzo che si rendeva conto di esserlo, e
che
oltre a quel “piccolo” problema non ne aveva altri
- si rendeva perfettamente
conto di cosa gli succedeva attorno e non pensava di essere il padre di
sua
madre - ma sempre un pazzo.
«lo
vuoi capire sì o no che appaio ogni volta che mi pensi?! Se
fosse per me col
cavolo che sarei qui, avrei di meglio da fare che stare dietro a un
malato di
mente»
ribatté Vliegen,
stratandosi sul letto «sei
tu che mi rompi l’anima anche
alle nove di mattina, quando a quell’ora
antelucana potresti benissimo
lasciarmi dormire in pace! Prova a immaginare di fare cose
con Nahema,
piuttosto».
«le
“cose” con lei
sono affar mio, tu non ti intromettere!»
«difatti
mi hai mai visto intorno a voi mentre le fate?... che hai da guardare
in quel
modo?» Vliegen
aggrottò la
fronte «è
successo solo una volta!»
«una
volta di
troppo, e per colpa tua in quell’occasione non sono
riuscito a…ah, ma anche
io perché mi
metto a discutere con
un’allucinazione?!» sbottò, andando a
prendere la parte di armatura che aveva
lanciato «con tutto quel che c’è in
ballo oggi! L’incontro con il Pooka tra tre
ore, il matrimonio di Nihil Iruhu Aldebaran con Vaendiliel
Altair…»
«e
anche il tuo matrimonio con Nahema...ah,
già, quello no!»
fece spallucce «perché
lei non ti sposerà mai!»
Kitah
Taurus lasciò
cadere le braccia lungo i fianchi e strinse i pugni, sentendosi a sua
volta
“stretto” in una morsa fatta tanto di rabbia quanto
di impotenza. «non lo fa per
ora. Solo per ora…e giuro su quel vuoi che
troverò il modo di liberarmi di
te prima di sposarmi!»
La
ragazza allargò
le braccia. «allora
guarda, hai tuuuuutto il
tempo del mondo! Anche se in effetti un modo rapido ed efficace per
togliermi
di torno ci sarebbe» indicò il
balcone «al
momento siamo molto in alto, giusto?»
Non era
la prima
volta che succedeva. Non era la prima volta che
l’allucinazione lo tormentava e
arrivava al punto di cercare di istigarlo al suicidio, e in
un’occasione era
quasi riuscita nel proprio intento.
Era
successo il
mattino del terzo giorno, dopo aver passato quarantotto ore da incubo
senza
riuscire a chiudere occhio. Come avrebbe potuto farlo, con
l’assassina dei suoi
figli sempre presente, sempre a osservarlo, sempre a prenderlo in giro,
indipendentemente da dove fosse e con chi?!
Si era
accasciato
su un divano con le mani tra i capelli e le aveva urlato di andarsene,
l’aveva
quasi supplicata.
Era stato
allora
che lei gli aveva porto il tagliacarte sul tavolo vicino -o meglio, che
lui
aveva preso il tagliacarte sul tavolo vicino credendo fosse lei a
darglielo-
dicendogli di finire il lavoro che lei aveva iniziato a Duskfell: o
quello, o
trovare la vera Vliegen e ucciderla, non c’era altro modo.
Per un
attimo aveva
pensato di farlo davvero, e aveva avvicinato l’oggetto alla
propria gola. Non
si sapeva dove fosse Lady Scorpio, e lui non poteva andare avanti in
quel modo
un giorno di più, o così credeva.
“Kitah? Sei
qui?...cosa stai facendo?”
Poi
però era
entrata Isabeli, e la sua mano si era mossa da sola, gettando il
tagliacarte
fuori dalla finestra. Si era giustificato con la sua delicata sorella
dicendo
che lo aveva fatto perché non gli piaceva più, e
lei, la sua ingenua salvatrice,
gli aveva persino creduto.
A quel
tentativo di
Vliegen erano seguiti altri, inizialmente piuttosto fitti, ma lui non
era più
arrivato al punto di assecondare l’incarnazione delle proprie
turbe psichiche,
e alla fine le istigazioni al suicidio si erano diradate e avevano
perso di
efficacia, lui aveva ripreso a dormire, e di solito cercava di ignorare
la sua
presenza: quando era da solo non aveva molto successo, ma era sempre un
miglioramento rispetto all’inizio.
Si poteva
dire che
avesse più o meno incominciato ad abituarsi,
e questo, a pensarci bene,
faceva più paura di tutto il resto. «puoi sempre
saltare giù e verificarlo di
persona».
«nah,
senza di te non ci sarebbe gusto. In alternativa, perché non
provi ad andare da
uno psichiatra molto bravo?»
gli chiese, con uno strano sorriso «alla lunga
rischierai di perdere la testa per colpa mia… in un modo o
nell’altro!»
«andarci
è
esattamente quello che farò. Un giorno».
Vliegen
scosse la
testa. «incredibile,
sei così cretino da provare a
mentire al tuo stesso cervello. Non ci andrai mai, e lo sai
perché? Perché se
lo facessi gli Aldebaran verrebbero a saperlo, se venissero a saperlo
riuscirebbero anche a scoprire il motivo, e se scoprissero il
motivo-»
«Aladohar
è il mio
migliore amico e Nahema mi ama!» la interruppe
l’uomo «loro mi aiuterebbero!»
«sicuro
che ti aiuterebbero!... a crepare più in fretta!» esclamò Vliegen «al
posto loro non vorrei intorno una potenziale mina vagante,
né vorrei un malato
di mente come amico, e tantomeno nel mio letto. Gli Aldebaran sono
così… loro
pretendono aiuto nel momento del bisogno, ma tu non solo non puoi
parlare del
tuo problema al Grande
Ammmore Della Tua Vita, ma
devi sentirti felice
del fatto che lei non abbia notato che hai qualcosa di serio che
non
va!...o magari lo ha notato, ma non ritiene sia il caso di dargli
importanza. A
proposito, tu e Nahema avete un gran bel rapporto»
disse, e applaudì «complimenti».
«smettila
di dire
stronzate, o IO-»
«…
‘o
io mi metterò a gridarti di non dire stronzate’?
Perché più di questo non puoi
fare, Lord Taurus! Ahahahahiiiih!»
rise sguaiatamente «non
puoi fare molto, contro il
tuo cervellino. Come non puoi fare molto per evitare la diffusione
delle belle
canzoni».
L’uomo emise un verso che
sembrava quasi un ringhio feroce.
«non provare a-»
«“togliti di mezzo!, disse il grosso toro, o ti
calpesterò. Mi basta uno
zoccolo, e io ti ucciderò!”»
cominciò a
canticchiare
l’allucinazione, ignorandolo «“prova
dai, vediamo un po’!, disse lo scorpion, sei grosso ma non
servirà, se ti pungerò!”»
Kitah raccattò gli ultimi
componenti dell’armatura e,
incapace di rimanere in quella stanza un minuto di più, ne
uscì di corsa,
sbattendo violentemente la porta dietro di sé.
«“rise
il toro, rise il toro, la zampa sollevò, ma lo scorpion
più lesto
fu, perciò, sul muso gli saltò! La coda egli
lì drizzò, e il toro
avvelenò…”»
Se ne andò, pur sapendo
che non sarebbe servito proprio a
nulla: non poteva fuggire da Vliegen, dalla sua voce, da quella
maledetta
canzone.
Non poteva fuggire da se stesso.
«“e
ora le ossa del grosso toro si seccano qui al sol! Sì ora le
ossa si
seccano e ride, ride lo scorpion!”»
***
“non
capisco, cosa
se ne fanno di un palazzo così grande? Non sarebbe molto
meglio riunire i capi
delle varie tribù attorno a un fuoco, come facciamo noi? Ci
sono aspetti di
questo tipo di società che mi lasciano un
po’perplesso. Sono edifici grandiosi,
non dico di no, ma servirebbero delle indicazioni
al loro interno!”
pensò, muovendo ripetutamente le lunghe orecchie pelose
“no, su: devo cercare
di rilassarmi. È un momento importante, non posso lasciare
che venga rovinato
dalle mie ansie, soprattutto perché sono tra quelli che ha
votato a favore di
un’apertura verso il regno dei Lunanoff!”
Pura
verità ma,
nonostante le sue auto- rassicurazioni e l’autocontrollo che
ai Pooka veniva
insegnato fin dalla tenera età, se E. Aster Bunnymund avesse
detto di non
essere agitato avrebbe mentito.
Non che
fosse una
cosa anormale, tutt’altro: dopo millenni di isolamento, in
cui poche cose
riguardo i Pooka erano trapelate all’esterno, la sua
comunità aveva deciso di
aprirsi a un regno che era sempre stato loro vicino, ma del quale non
si erano
mai curati di entrare a far parte.
Se
avevano preso
quella decisione era tutto merito dell’eccelsa gestione del
regno da parte del
re e i nobili delle Costellazioni, i quali, da ciò che loro
erano riusciti a
sapere, sembravano essere proprio delle brave persone
- beata ignoranza!
- e dunque meritevoli tanto di una chance, quanto dei doni che Aster si
era
portato dietro.
Solo che
c’era un
problema: per dare loro i suoi regali, doveva prima trovare la stanza
giusta.
«accidenti
a me e
alle mie idee!» borbottò.
Era un
tipo
curioso, motivo per cui aveva deciso di arrivare un po’prima
con la sua
navicella a Paradhiso e visitarne parte da solo, per poi aprire una
galleria
che lo portasse davanti all’ingresso del palazzo reale.
Non era
abituato a
quel genere di edifici, di veicoli e a tutto quel tran-tran, ma
nonostante
tutto aveva trovato Paradhiso era una città bella quanto
tranquilla, e la prima
parte del suo “piano” era filata liscia come
l’olio - eccetto per i comprensibili
sguardi stupiti di alcune persone - la seconda invece…un
po’meno.
Non aveva
regolato
bene le varie distanze, e invece che all’ingresso era
rispuntato in chissà
quale ala del palazzo, finendo col perdersi.
Stava
facendo una
figura da scemo, sì, e non per le sue ansie.
Ansie che
quei
pensieri stavano facendo gonfiare a dismisura.
«…dico
solo che proprio
oggi forse non era il caso. Ecco. Il matrimonio di
mia figlia con tuo
fratello inizia subito dopo, avrebbe anche potuto dirgli di rimandare a
un’altra occasione».
Una voce.
Una voce
maschile. Qualcuno a cui chiedere indicazioni! Miracolo!
«non
vedo perché,
Renin. Al contrario, io penso che non potesse scegliere un giorno
migliore di
questo!»
Oh.
C’era anche una
femmina. C’era solo da sperare che non si fossero appartati
per accoppiarsi,
visto che quella razza -da quel che sapeva lui- tendeva a farlo molto
spesso.
Del resto non tutti erano creature immortali che, per impedire la
sovrappopolazione, si riproducevano una volta ogni mille anni. Letteralmente.
Il Pooka
arrivò
all’angolo, e non avendo sentito rumori inopportuni
si azzardò a dare
un’occhiata.
L’uomo
era alto,
vestito di blu scuro e con capelli di un brillante bianco argenteo,
mentre la
donna… diciamo che non avrebbe fatto volentieri a botte con
lei, e non per
l’armatura dorata dalla quale era protetta.
“che
faccio, chiedo
indicazioni a loro due? Ma poi chi sono, loro due? Non è che
sono il re e la
regina? E se sono loro due che figura ci faccio?!... oh
senti” si passò una
mano sul volto “meglio darci un taglio, chi se ne importa di
chi sono e chi non
sono, io devo trovare il benedetto corridoio giusto!”.
«ehm… salve?» esordì,
dopo essersi lisciato sia il pelo che il lungo soprabito verde smeraldo
ricamato «sono E. Aster Bunnymund, ambasciatore per conto del
popolo dei Pooka…
e credo di essermi… ecco… un pochino
perso».
I due si
erano
immediatamente voltati verso di lui con un’aria un
po’sorpresa, comprensibile
vista l’interruzione improvvisa e da chi questa era stata
fatta, ma la donna si
riebbe subito, gli si avvicinò, e lo salutò -con
suo stupore- con il tipico
saluto dei Pooka, facendo un leggero inchino con la parte superiore del
corpo.
«karere Nui Bunnymund, kia tonu
koutou whenua i roto i te pua».
«kia
tonu koutou
whenua i roto i te pua» rispose lui quasi
meccanicamente, dopo
un’esitazione dovuta all’ulteriore sorpresa
«conoscete la lingua dei Pooka,
Lady…?»
«Lady
Nihil Nahema,
arciduchessa della Casa Aldebaran e, momentaneamente, High General of
the
Galaxies» si presentò la donna «della
vostra lingua e del vostro popolo conosco
solo quel che avete permesso che trapelasse al di fuori della vostra
comunità,
che purtroppo non è molto».
«speriamo
che dopo
l’incontro di oggi le cose cambino. Lord Renin, marchese
della Casa Altair» si
presentò l’uomo con i capelli bianchi «e
deplorevolmente ignorante sui
saluti di rito dei Pooka».
Aster non
conosceva
il loro aspetto e aveva delle lacune su usi, costumi e geografia, ma
era
consapevole che Aldebaran e Altair fossero due delle grandi Case delle
costellazioni, e che quindi doveva comportarsi di conseguenza -e
superare
l’imbarazzo per la figura da sciocco fatta perdendosi.
«non ve ne faccio una
colpa, Lord Altair. Comunque, nella lingua comune, significa
“possa la vostra
terra essere sempre in fiore”» tradusse il Pooka
«la terra è fonte di vita, è
colei che ci sostenta, e per il mio popolo è molto
importante, tanto da fare in
modo che ogni angolo del nostro pianeta sia verde e
rigoglioso!»
«deve
essere un
posto meraviglioso» disse educatamente Altair.
«se
vedeste
Aldebaran I, Aldebaran II, Aldebaran III allora vi spaventereste: fatta
eccezione per le oasi, le rive dei fiumi e alcune coste è
tutto un deserto.
Giusto su Aldebaran IV e V le cose sono diverse»
commentò Nahema «intanto
venite con noi, vi portiamo dal nostro sovrano».
«grazie!...
ehm…scusate l’ignoranza, ma cosa è un
deserto?» domandò Aster, mentre
camminavano. Lui era tra i Pooka che conoscevano la lingua comune e
avevano
raccolto abbastanza informazioni da decidere di avere rapporti con i
Lunanoff e
le Costellazioni, ma non significava essersi informato su ogni tipo di
clima e
terreno possibile e immaginabile, e il concetto di
“deserto” gli era totalmente
sconosciuto. «nel nostro pianeta ci sono solo un clima mite,
il verde delle
piante e l’azzurro
dei mari».
«se
ci sono dei
mari allora c’è anche la sabbia»
osservò Altair, il quale cercava di trattenere
una risata per l’ignoranza mostrata da quel coniglio troppo
cresciuto e persino
vestito. Vestito!
«onepu.
Sì»
annuì il Pooka.
«ecco,
per farvi
un’idea di come sia il deserto potete immaginare il mare
prosciugato e pieno di
onepu dorata, privo di verde per tratti lunghi
chilometri» disse Lord
Altair.
«ma
è terribile!»
esclamò Aster, senza riflettere troppo.
«ehm… non voleva certo essere
un’offesa».
«nessuna
offesa» lo
tranquillizzò Nahema «e vi assicuro che per chi lo
conosce bene il deserto ha i
suoi vantaggi».
«sì…
certo, certo,
non ne dubito… però questo mi conferma che uno
dei doni che ho portato è stato
molto azzeccato. Lo vedrete!» esclamò il Pooka
«e considerando la quantità di sabbia
di cui mi avete parlato, dovete essere la prima a
utilizzarlo.
Assolutamente!»
«la
vostra
gentilezza mi onora, karere Nui»
replicò l’arciduchessa «e al
momento non vedo altro modo di ricambiarla se non invitandovi al
matrimonio di
mio fratello con la figlia del qui presente Lord Altair, il quale
sicuramente
concorda con me» aggiunse, con un sorriso.
«assolutamente
sì»
confermò il suddetto senza pensarci.
«un
incontro
formale era necessario» proseguì
Nahema «ma per iniziare a stringere un sincero legame di
amicizia tra i nostri
popoli quale occasione è migliore di una festa?»
Aster
rimase
interdetto per qualche istante, perché partecipare a una
cerimonia e a una
festa non era nei suoi programmi -e lui non era un tipo da feste,
assolutamente
NO- ma capì ben presto che rifiutare un simile invito non
sarebbe stato molto
conveniente per nessuno, se la politica estera voleva partire col piede
giusto.
«accetto il vostro invito con molto piacere».
“…eeeee
adesso ho capito perché era tanto
contenta che il giorno dell’incontro con il coniglio e quello
del matrimonio
coincidessero” pensò Lord Altair “tra
una chiacchiera e un bicchiere di liquore
gli spremerà fino all’ultima goccia di
informazioni che può spremergli, e già
che c’è gli farà anche firmare cinque o
sei trattati per il commercio di chissà
cosa, se fiuta l’affare” non visto, alzò
gli occhi al soffitto “è sempre la
stessa persona che quando eravamo piccoli, insieme al suo degno compare
Taurus,
è riuscita a fami scambiare la mia torta con le sue
‘caramelle speciali della
super forza’. Super forza un corno, quella statua non era di
ferro massiccio,
era cava e di gesso dipinto! Di gesso! È
stata una truffa bella e
buona!” pensò. «ecco, siamo praticamente
arrivati, e non siamo neppure in
ritardo. Non più di qualche secondo, almeno».
“la
figura che ho
fatto quantomeno non è troppo pessima”
pensò l’ambasciatore, drizzando
le orecchie e lisciandosi di nuovo il soprabito “se il resto
dei nobili delle
Costellazioni è come loro due andrà tutto bene.
Sì… sì, andrà tutto bene.
Spero.
Mi auguro. Prego”.
Aster
nell’entrare
nella sala dov’erano radunati tutti i nobili era nervoso,
tuttavia non
raggiungeva il livello di Tsarina Lunanoff, la quale cercò
di non incupirsi
troppo visibilmente -senza particolare successo.
“l’ambasciatore
dei
Pooka ritarda, anche se di pochi secondi, e insieme a chi arriva? A
Lady
Nahema, naturalmente!... e la presenza di Renin Altair non cambia
nulla” pensò
la regina “tutto quel che è successo ultimamente
mi ha fatta ricordare un
vecchio detto: ‘Altair colpisce, Taurus finisce, Aldebaran
nasconde il
cadavere’! Peccato che mio marito non da
quell’orecchio non ci senta proprio!”
pensò amaramente “e Nahema in questi mesi ha
mietuto successi al fronte, e
qualunque cosa dica lui le crede, e lei è ancora single, e- BASTA”
si
disse “farsi paranoie inutili non serve a nulla”.
Sì,
soprattutto
visto che da tre mesi a quella parte aveva iniziato a frequentare i
maghi,
sperando di far arrivare quell’erede che non sembrava aver
voglia di arrivare.
Lady
Vliegen era un’assassina
di ragazzini, ma purtroppo alcune cose che le aveva detto le erano
rimaste in
testa al punto da indurla ad agire di conseguenza, e Tsarina sperava
che questo
avrebbe portato a dei risultati concreti.
Scelse di
concentrarsi sull’ambasciatore dei Pooka, il quale dopo
averli salutati -saluto
da lei ricambiato quasi automaticamente- aveva iniziato a parlare.
Era alto
almeno un
metro e ottantacinque, era interamente ricoperto di pelo grigio e
bianco,
indossava un soprabito dell’esatto verde dei suoi occhi.
Tsarina non ne era
sicura, ma le sembrava di vedere su di lui il portamento di coloro che
praticavano da tempo certi tipi di arti marziali.
“lo
stesso che ha anche
Na… no, eh. Non ricomincerò” si impose,
dopo un paio di minuti “meglio che
ascolti l’ambasciatore, piuttosto”.
Fortunatamente,
il
suddetto non si era accorto che la regina fino a quel momento lo aveva
ascoltato solo a metà, e continuò imperterrito il
suo discorso. «…ed è per
questi motivi che abbiamo deciso che questo è il momento
giusto per aprirci e
avviare scambi con l’esterno, ossia con voi, che portino
benefici a entrambe le
parti…»
In pochi,
nel mentre,
si accorsero dell’arrivo di Kitah, scivolato nella stanza da
uno degli ingressi
laterali con la massima discrezione. Alla fine i suoi problemi mentali
erano
riusciti anche a farlo arrivare in ritardo, fantastico.
«eccomi» disse
pianissimo a Nahema, dopo averla raggiunta «lo so che sono in
ritardo, non
aggiungere rimproveri».
«iniziavo
a pensare
che non avresti partecipato neppure questa volta»
replicò lei, altrettanto
piano «cos’è successo?»
«è
caduta una mosca da un cipresso. Mai che si faccia i cazzi suoi,
questa» commentò
Vliegen.
No,
l’allucinazione
non aveva abbandonato il duca nemmeno in quel frangente.
«smettila,
una
buona volta!» sibilò Taurus senza
pensarci, per poi incrociare lo sguardo
di Nahema -che parlava da solo- e rendersi conto della figura appena
fatta. «eeeh…
non parlavo con te,
davvero, credimi»
farfugliò rapidamente «giur-»
«sì,
bene» lo
interruppe Nahema «comunque, ho trovato un marito a tua
sorella Isabeli. I due
futuri sposi praticamente devono soltanto incontrarsi, e
sarà fatta».
Marito.
Isabeli.
Futuri sposi.
COSA?!!
L’argomento
del
discorso e la nonchalance con cui era stato buttato lì in un
momento apparentemente
del tutto improbabile fecero ammutolire Kitah, che sembrava soltanto
capace di
fissarla con lo sguardo sconvolto. Era un vero fulmine a ciel sereno,
perché
lui non sapeva nulla di tentativi di “piazzamento”
vari che se fossero andati
veramente in porto lo avrebbero lasciato completamente solo nel suo
grande
palazzo ricoperto di ghiaccio. Trovare un marito per Isabeli era
auspicabile,
ma proprio in quel periodo!... come le era venuta in mente
un’idea del genere?!
«…solo?
Non passa giorno senza che tu mi rompa le scatole, altro che
solo!» disse
Vliegen, alzando gli occhi al
soffitto.
“taci!
TACI!”
pensò Kitah, ripromettendosi di discutere di quella faccenda
con Nahema alla
prima occasione. «sono io a dover
decidere» si limitò a dire, almeno per
il momento.
«assolutamente.
Ma
mentre decidi tieni presente che quando prima l’ho chiamata
per accennarglielo
sembrava stranamente contenta. Per cui…»
«bella
personcina, la tua non-fidanzata: non solo ti scavalca tranquillamente
per
combinare matrimoni, ma te lo fa pure sapere in un momento e in un
luogo in cui
non puoi mandarla a prenderlo in quel posto!» Vliegen guardò Nahema e
sollevò entrambi i pollici, con un’espressione
sarcastica sul viso
«non ti sposerà mai… ma forse
è
meglio così!»
Kitah non
ribatté
né alle parole di Nahema né a quelle della
propria allucinazione: la sola cosa
che avrebbe voluto era potersi togliere di torno, tornare dritto a casa
e
restarci per un pezzo. Tuttavia non gli era concesso neppure questo,
motivo per
cui si limitò a osservare l’ambasciatore dei
Pooka, che stava tirando fuori un
piccolo scrigno di legno scuro intarsiato dall’interno del
soprabito.
«…
e abbiamo
ritenuto che siate in grado di utilizzare il primo di questi doni con
la
saggezza che occorre» disse Aster
«all’interno del manufatto contenuto in
questo scrigno è custodito qualcosa di estremamente
prezioso: noi Pooka la
chiamiamo “Marama o-te Hanga”,
che nella lingua comune significa…»
aprì
lo scrigno « “Luce della Creazione”, o
meglio, un suo frammento».
Qualcosa
uscì dallo
scrigno sollevandosi in aria, e una luce abbagliante accecò
per qualche istante
tutti i presenti, e soltanto quando questa si attenuò
riuscirono a vederne la
fonte: si trattava di un artefatto la cui forma ricordava in tutto e
per tutto quella
di un uovo, sulla cui superficie si potevano intravedere dei decori al
momento
non identificabili.
«lo
chiamiamo
“Creation Egg”. Sono orgoglioso di dire che il
manufatto contenente la Luce è
stato intagliato dal sottoscritto» continuò Aster
«ha il potere di portare la
vita, il verde, dove questo non c’è. Di rendere
fertili terre sterili… anche
quelle tutte piene di onepu, come dicevo prima a
Lady Nahema. Aggiungo
che inizia ad agire automaticamente una volta aperto lo scrigno, mentre
per
farlo smettere e tornare dentro basta dare due colpetti al
coperchio».
«è
straordinario,
assolutamente!» esclamò Tsar Lunar, sinceramente
meravigliato «e anche molto
semplice da utilizzare. Solo…onepu?»
sottinteso, perfettamente
intuibile: “che roba è?”.
«sabbia»
tradusse
Nahema, prima che lo facesse Aster.
«aaaah,
ecco! Ahem,
sì… un dono senza dubbio meraviglioso,
ambasciatore, del quale tutti siamo
onorati» disse il re «e che utilizzeremo con
intelligenza, dando la precedenza
alle terre più “difficili”, come appunto
è il deserto. Proprio per questo
motivo ritengo che possiate consegnarlo direttamente a Lady Nahema, la
sua
famiglia sarà la prima a utilizzarlo».
“e
ti pareva!”
pensò Tsarina.
Il Pooka
diede i
due colpetti al coperchio dello scrigno, e l’uovo
tornò tranquillamente
all’interno, dopo aver smesso di brillare. «avevo
pensato la stessa cosa,
quando ho saputo dell’esistenza del deserto! Onepu!
Onepu
ovunque!... vederlo di persona sarà
un’esperienza!»
«mi
sono presa la
libertà di invitare il karere Nui
al matrimonio di mio fratello,
così che possa conoscere altre nostre consuetudini
più o meno formali… e
festeggi il lieto evento assieme a tutti noi, naturalmente».
«eh,
ho già
cominciato a scaldare la voce da stamattina, io!»
esclamò Lord Vega «“I’m
thruuuu with loooov-”»
«Vega!»
sbottò
Lord Altair, trattenendosi dall’aggiungere un amorevole
“barattolo che non sei
altro” «per l’amor degli Dei, questa
tienila per dopo, ora non siamo abbastanza
brilli!»
Nella
stanza
risuonarono varie ed eventuali risatine: Advif Vega aveva una voce
sonora,
soprattutto per un uomo piccolo e grasso com’era lui, ma non
era precisamente
intonato. Peccato che si credesse un grande cantante, nonostante la
totalità
dei pareri contrari, e che dunque sentirlo cantare a ogni santissimo
ricevimento
fosse la prassi.
«a
proposito del
matrimonio, credo che se il secondo dono che vi ho portato
sarà di vostro
gradimento potrà essere utilizzato anche in quel
frangente!» disse Aster
«abbiate solo un attimo di pazienza».
In molti
sollevarono le sopracciglia vedendo il Pooka battere il piede a terra
un paio
di volte e aprire così un buco di oltre due metri, proprio
al centro della
sala.
«non
temete,
maestà, il pavimento tornerà a posto»
lo rassicurò «eeeee…eccolo
qua!»
Un
immenso sacco
“eruttò” dal buco -il quale si richiuse
subito dopo, come se non ci fosse mai
stato- e dopo un breve volo in aria atterrò pesantemente sul
pavimento.
Qualunque cosa fosse era senza dubbio grossa, oltre due metri per due,
e
pesante.
«dobbiamo
spaventarci, ambasciatore?» Tsar Lunar sollevò
entrambe le sopracciglia,
imitato da svariati dei nobili presenti.
«non
è per
spaventarvi, ma per deliziarvi»
replicò il Pooka, sorridendo mentre
tirava il nastro che teneva chiuso il sacco. La stoffa
scivolò giù, rivelando…
«un
grosso blocco marrone quadrato di due metri per due. Domanda seria:
a
che
cavolo serve?»
domandò Vliegen «...capisco
che sei troppo impegnato a fare il muto, cosa
di cui tanto a Nahema non frega nulla, ma avendomi chiamata potresti
almeno
sforzarti di darmi una risposta mentalmente!»
Kitah la
ignorò
ancora, sia perché ormai aveva adottato quella strategia,
sia perché tanto non
avrebbe saputo rispondere.
«la
cosa da
mangiare più buona dell’universo: si chiama
“cioccolato”!» esclamò Aster,
entusiasta «la ricetta è un nostro segreto, ma
è-»
«qualcuno
porti un
coltello, perbacco! Ha detto che è commestibile»
Lord Vega, incurante di tutto
e tutti, si era avvicinato per primo all’immane blocco di
cioccolato
«assaggiamolo!»
Gli altri
si erano
contenuti, ma il facepalm di Renin Altair si udì
perfettamente in tutta la
sala.
Le manie
canterine
non erano la sola peculiarità di Lord Vega, c’era
anche quella del buon cibo,
ma ciò non toglieva che la sua Casa restasse per vari motivi
da non
sottovalutare.
Il Pooka
tirò fuori
un coltellino dalla tasca del cappotto. «coltello da
cioccolata» disse, con un
sorriso «ora ne taglio un pezzo per tutti!»
La
distribuzione
del cioccolato avvenne piuttosto rapidamente, e in breve sia la coppia
reale
sia i nobili ne ebbero prima un pezzo in mano, e poi in bocca.
«…»
«è
buonissimo!»
«la
cosa più buona
che abbia mai mangiato!»
«spettacolare!»
fu l’unica cosa che Tsar Lunar riuscì ad
esclamare, mentre la regina, con la
bocca ancora piena, annuiva. «non vi ringrazieremo mai
abbastanza per i vostri
doni, ambasciatore!»
“se
anche non
riuscissi a convincerlo a darmi la ricetta segreta, devo
ottenere i
diritti commerciali esclusivi sulla distribuzione del cioccolato in
tutto il regno...
la compriamo per una miseria, dal momento che la moneta dei Pooka
è pirite,
e la rivendiamo al giusto prezzo!” fu il solo pensiero di
Nahema dopo aver
assaggiato quella leccornia e aver visto le espressioni entusiaste
degli altri
“ho fatto proprio bene a invitarlo al matrimonio”.
L’incontro
si
concluse pochi minuti dopo, con una bella atmosfera e la consapevolezza
che
tutti quanti si sarebbero ritrovati a Thanoushiradryas a breve.
***
«vorrei
soltanto
tornarmene a casa. Ho voglia di tornarci da prima di partire, e cosa
faccio
invece?»
«ti
metti a bevere. Che genio».
«senti,
renditi
utile e dimmi a che bottiglia sono».
«quasi
alla fine della seconda, ne hai ancora una. Vorrei solo poter bere
anche io,
forse riuscirei a trovarti un po’meno insopportabile.
Già che sfori con i miei
orari non sindacabili e mi chiami quando ti pare almeno immaginami con
una
bottiglia in mano, porco due».
«se
vuoi te ne
offro un po’. Ah, già, no! Tu sei
un’allucinazione, quindi non puoi bere del
vino vero! Che peccato!... sei tu che vieni a
tormentarmi, rimanere a
secco è il minimo, quindi guardami mentre bevo alla faccia
tua, e taci».
In quei
mesi Kitah
Taurus aveva avuto giornate un po’più buone e
giornate assolutamente pessime, e
quella era senza dubbio una delle seconde.
Dopo
l’incontro con
il Pooka lui e tutti gli altri si erano recati a Thanoushiradryas come
stabilito: la cerimonia si era svolta nel migliore dei modi, i due
ragazzini
erano sembrati entrambi contenti di convolare a nozze… e sia
l’abito della
sposa quanto quello da cerimonia dello sposo avevano ricevuto i
complimenti che
meritavano.
Poi era
iniziato il
ricevimento, una cosa in grande come di norma erano tutti i matrimoni
dei
nobili delle Costellazioni. Aveva scelto quel momento per cercare di
parlare a
Nahema della questione Isabeli, prevedibilmente senza ottenere grandi
risultati: lei era troppo impegnata a girare come una trottola passando
da un gruppo
di invitati all’altro, a parlare con questo e quello,
concedere un ballo a
quell’altro…
“So che
è una questione importante e infatti ne parleremo
tra un po’. Ovviamente preferirei ascoltare te rispetto a
Vega e Ralonrin che
cantano, ma adesso non è proprio il momento giusto: ho un
affare in ballo che
devo concludere, ci sono quasi”.
…e
soprattutto a lavorarsi
a dovere l’ambasciatore dei Pooka, riuscendo anche a fargli
firmare -da quel
che aveva capito- un contratto per ottenere i diritti commerciali sulla
distribuzione del cioccolato.
Tanto di
cappello, e
se fosse stata una giornata migliore lui sarebbe stato al suo fianco in
tutto
questo, come al solito; ma in quel frangente, invece, avrebbe preferito
che
Nahema stesse vicina a lui, che parlasse con lui di Isabeli e anche
altro,
piuttosto di farlo intrattenere -o meglio, tenere d’occhio-
da Aladohar.
Per
fortuna che
Nahema non era la sola Aldebaran impegnata con gli invitati, e appena
Aladohar
aveva guardato altrove lui ne aveva approfittato per avvicinarsi al
bar,
prendere troppo da bere e defilarsi. Era
avvantaggiato, ritenendo di
conoscere quel palazzo come il proprio, e una volta trovato un balcone
piuttosto isolato che dava sul fiume si era messo lì a bere
da solo.
O meglio,
in
compagnia della sua allucinazione.
«se
almeno potessi
dirle… se almeno potessi parlarle di questa cosa, se io
glielo avessi detto…»
«pensavo
che ne
avessimo già discusso. La salute
mentale lasciala perdere, quella ormai è andata, ma per il
bene della tua
salute fisica non puoi diventare
“scomodo”»
gli ricordò Vliegen «a dirla tutta
non dovresti neppure essere qui. Vuoi
attirare la sua attenzione, ma così la attiri per le cose
sbagliate».
«non
è la prima volta
che finisco a bere un po’troppo durante un ricevimento, ci
può stare» ribatté
lui, finendo la seconda bottiglia «sì, di solito
non sparisco per farlo da solo
ma… saranno fatti miei?! E poi tanto non
corro il rischio, di avere la
sua attenzione» disse, per poi ridere senza allegria
«ha troppe cose da fare
per perdere tempo con l’uomo che dice di amare! Troppe cose
da fare per
sposarmi, troppe cose da fare per ascoltarmi, cose, cose…»
«più
che “dice” di amare è
“disse”, ormai sono
diciassette anni che non le senti più dire che ti ama. Io mi
farei due domande!
Ahahahahiiiiiih!... è inutile che provi a
darmi in testa la bottiglia
vuota, sono un’allucinazione, idiota».
Kitah
stava per
rispondere con qualche insulto, ma una risata sonora quanto
completamente
cretina interruppe la sua conversazione.
«…
eeee ci siamo
perse anche stavolta!»
«come
tutte le
volte! Evviiiiivaaa… ma è
possibile che per tornare nel salone dopo
essere state al bagno debba volerci la mappa?!»
Due
ragazze erano
sbucate nel corridoio dietro di lui, e nonostante dicessero di essersi
perse
sembravano piuttosto allegre.
Preso da
un impulso,
Taurus decise di attirare la loro attenzione e avvicinarle. Forse
quella di
stare da solo non era stata una grande idea, dopotutto, quindi
occorreva
rimediare. «buonase-»
«MINTAKA!!!
Uno
che si è perso come noi! O forse non si è perso e
sa dove dobbiamo andare! … ah
sì comunque ciao, Coso! Ti sei perso?»
Non si
vedeva molto
delle due ragazze in quella penombra, ma la luce era abbastanza da
permettere a
Kitah di vedere che avevano entrambe un cappello, i capelli neri -una a
caschetto e l’altra più lunghi- e dei vestiti
scuri dal modello praticamente
identico… che con i cappelli non c’entravano
proprio nulla, ma era un discorso
a parte.
Inutile
chiedersi
come avessero fatto due così a partecipare al ricevimento:
facevano sicuramente
parte del folto seguito prevalentemente femminile
di Lord Antares, il
quale da quando era rimasto vedovo raccoglieva a caso donne di
qualunque
estrazione sociale, purché fossero decenti. «a
dire il vero mi ero allontanato
perché c’era troppo rumore e volevo…
eh…» aggrottò la fronte «non
me lo ricordo
nemmeno, cosa volevo. Perché non rimanete a bere con me,
invece di tornare là?»
Le due si
guardarono, fecero spallucce, e poi tornarono a guardare lui.
«ok!» dissero,
quasi in sincrono.
«io
comunque mi
chiamo Deathstar!» disse quella con i capelli a caschetto,
tendendogli la mano.
«io
Mintaka!» disse
l’altra, imitandola.
Dopo un
attimo di
confusione Kitah ricordò di avere di mani, e le
usò per stringere quelle delle
ragazze contemporaneamente. «io sono Lord Kitah della Casa
Taurus. E questa è
Bottiglia di Vino della Casa Bianco».
Deathstar
rise,
rivelandogli così che la risata sentita prima era proprio la
sua. «piacere di
conoscerti, Bottiglia di Vino!» esclamò,
stringendone e scuotendone leggermente
il collo.
Kitah si
rese conto
solo dopo che il risolino demente e disperato che era seguito a quella
battuta
era stato proprio il suo.
Cinque
minuti dopo,
comunque, se ne era già dimenticato: si erano seduti a
terra, lui al centro e
le due ragazze ai lati, e stavano cantando canzoni marinare totalmente
a
caso.
«“quindici
uominiiii… sulla casa del morto-”»
«nooo,
non è casa,
è “cassa”!» lo corresse
Mintaka.
«sono
nobile, ho la
licenza poetica!... “quindici uomini sulla cassa del
morto, yo-ohoh, e una
bottiglia di vinoH!”»
«…di
rhum!» lo
corresse Mintaka, di nuovo.
«o
senti!... “quindici
uomini sulla cassa del mort-”»
«ah,
ecco dov’eri».
L’atmosfera
disperatamente allegra era svanita, sostituita da una morsa allo
stomaco:
improvvisamente Kitah non si sentiva più in vena di cantare,
perché Nahema era
lì davanti a loro, e lo stava guardando in quel momento che
ora riconosceva
essere assolutamente pietoso. «N-Nahema, come mi
hai-»
«i
ghoul mi hanno
dato un paio di indicazioni» disse, con espressione
indecifrabile «immagino che
voi due ragazze vogliate tornare alla festa. Dovete proseguire lungo
questo
corridoio, poi imboccare il primo a destra».
«OOOOH,
finalmente le indicazioni!!!» strillò
Deathstar, e lei e Mintaka si
alzarono e se ne andarono allegre e contente quasi di corsa, senza
nemmeno
salutare.
Purtroppo
per
Kitah, che aveva ottenuto l’attenzione tanto agognata nel
momento sbagliato. «…non
le conosco, quelle due» fu la prima cosa che
borbottò «lo ho chiarito perché
pensavo che potesse indispess…
indispef…»
«temevi
che io mi
indispettissi vedendoti con loro? Ma per favore, neanche fossimo
sposati. Mi
preoccupa il fatto che tu sia sparito, e vedere due bottiglie vuote e
una mezza
piena, non che tu conosca o meno quelle due ragazze di
Antares» ribatté lei.
“neanche fossimo
sposati”.
Tre
parole, tre
coltellate.
«perché
non me lo
dici in faccia, che non ti importa di quello che faccio… o
che io viva o muoia…»
disse lui, guidato dall’alcol.
«questa
volta direi
che la sbronza ti sia presa male, perché sai perfettamente
che le cose non stanno
così. Se fosse, non sarei venuta a cercarti».
«certo…
non l’hai fatto
solo perché non vuoi che io intralci i tuoi affari, vero?
Perché altrimenti non
hai scrupoli, a lasciarmi solo quando avrei bisogno di non essere
solo…»
No, la
sbronza non
gli era presa solo male, era peggio. Normalmente non se ne sarebbe mai
uscito
con un’accusa del genere. Quelle parole dette da un suo
importante alleato non
le piacevano affatto. Non era sobrio, vero, ma davano da pensare lo
stesso:
aveva cercato di non trascurarlo troppo proprio per evitare momenti
come quello,
ma se si era ridotto così, e parlava così,
evidentemente non aveva fatto
abbastanza.
Nahema
era stata
felice fino a quel momento, soddisfatta per il contratto con il Pooka,
ma era
tutto quanto svanito. «se
non vedessi
che hai veramente esagerato con l’alcol potrei quasi
offendermi. Mi domando
cosa ti sia saltato in testa, davvero».
«tu,
che accasi mia
sorella!» sbottò lui.
«ci
provavate da
tempo senza risultato, ora invece il risultato
c’è. Isabeli sarà felice, e per
varie ragioni sono convinta che questo matrimonio farà molto
bene al suo
equilibrio psichico» aggiunse Nahema «questo
però non significa che rimarrai da
solo. È vero, io ho molti impegni e continuerò ad
averne molti, ma la mia
intera famiglia continuerà a starti vicina come ha fatto
finora, potrai vedere
Isabeli quando vuoi, e sono sicura che le tensioni con i tuoi genitori
passeranno presto. Ora vieni con me, così che possa portarti
in una camera da
letto e lasciarti riposare» e lei, ovviamente, fatto
ciò sarebbe dovuta tornare
al ricevimento «parleremo domani mattina con più
calma».
Parte di
lui
avrebbe voluto gridarle di no, di farsi gli affari suoi come aveva
fatto per
tutta la sera, di lasciarlo in pace; un’altra parte di lui
però, preponderante,
lo spinse ad avvicinarsi a lei e lasciarsi condurre docilmente lungo il
corridoio. «non mi dovevi vedere così…
non dovevi… non volevo farti pena,
volevo solo… non lo so» mormorò
«non lo so».
Più
volte Nahema,
nel corso degli anni, aveva pensato a quante cose stessero perdendo a
causa dei
loro complotti: legami affettivi, parenti,
la possibilità di
vivere in modo più
sereno.
Ma il
fine
giustificava i mezzi e compensava qualunque perdita, giusto?
Lasciò
morire
quelle riflessioni così com’erano nate, sapendo
che non poteva fare altro che
sperare di avere ragione.
Sono riemersa dalle tenebre!
Con un capitolo pieno di idiozie random, camei (Deathstar e Mintaka
saranno familiari a qualcuno :'D), allucinazioni e Calmoniglio, ma ne
sono uscita.
Piccolo appunto sul Creation Egg e la cioccolata: non ho inventato
nulla, se non la maniera in cui utilizzare l'uovo. Per il resto, il
suddetto esiste... e pare proprio che siano stati i Pooka, a creare la
cioccolata.
Per il resto... niente. Vi chiedo veramente scusa per tutto il tempo
che ci ho impiegato ad aggiornare, e spero che col prossimo capitolo
(nel quale dovrebbe vedersi Kozmotis) vada meglio.
Grazie a tutti coloro che mi seguono ancora :)
Alla prossima,
_Dracarys_
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