All for love
I’ll be the wall that
protects you
From the wind and the
rain
From the hurt and the
pain.
Let’s make it all for
one and all for love
Let the one you hold
be the one you want
The one you need
‘cause when it’s all
for one it’s one for all
When there’s someone
that should know
Then just let your
feelings show
And make it all for
one and all for love.
(“All for love”- Bryan
Adams, Sting & Rod Stewart)
Sembrava tutto così perfetto e
semplice in quei giorni che Steve Rogers non riusciva a crederci.
Dopo la visita allo Smithsonian,
le cose con Bucky parevano tornate quelle di una volta, quelle di più di
settant’anni prima, quando niente poteva mettersi tra loro, quando bastava uno
sguardo per capirsi, quando ogni giorno era nuovo e luminoso perché c’era Bucky
e tanto bastava.
Quando non avevo niente, avevo Bucky, aveva spiegato Steve a
Natasha e Sam dopo aver rivisto l’amico nel momento e nel luogo più
inaspettato, come Soldato d’Inverno mandato dall’Hydra per ucciderli. Ed era
proprio vero: lo Steve Rogers di Brooklyn, un ragazzo fragile e malaticcio,
povero e orfano di entrambi i genitori, aveva trovato la forza e la gioia di
vivere nel suo amore per l’amico James Buchanan Barnes.
Le cose non erano cambiate
nemmeno adesso: Steve Rogers era Captain America, aveva perduto la sua vita di
un tempo, ma era un eroe per tutto il mondo e aveva trovato tanti amici, sia
nello S.H.I.E.L.D. sia tra gli Avengers... ma la vera luce della sua vita era
aver ritrovato Bucky e poter vivere accanto a lui come ai tempi di Brooklyn.
Era stata dura arrivare a quel
punto, ma ne era valsa la pena: Bucky sembrava sempre più il giovane che aveva
conosciuto e amato, era più rilassato e sereno e pareva meno tormentato dagli
incubi e dai traumi subiti a causa dell’Hydra.
Non era certamente tutto risolto,
però, prova ne era il fatto che Bucky non conservava più alcuna memoria dei
mesi passati in guerra: aveva riacquistato praticamente tutti i ricordi più
cari fino al 1943, ma dopo il suo arruolamento… buio totale. Steve riteneva che
ci fosse una ragione ben precisa per questo, ossia ricordare quei giorni
riportava subito Barnes al momento della tragica caduta dal treno e alle
torture e manipolazioni subite per diventare il Soldato d’Inverno. Era dunque
una sorta di difesa per Bucky.
A Steve, però, dispiaceva che il
compagno non potesse ricordare nulla dei giorni in cui combattevano assieme,
innanzitutto perché erano stati comunque dei giorni sereni, in cui lottavano
fianco a fianco per un ideale superiore; inoltre, desiderava che Bucky potesse
entrare a far parte degli Avengers, ma cosa sarebbe successo se, durante un
combattimento, avesse avuto all’improvviso dei ricordi traumatici e si fosse
bloccato? E poi c’era un'altra ragione, più personale. C’era una cosa che lui
non aveva mai raccontato a Bucky, aspettando sempre il momento giusto ma questo
momento pareva non arrivare mai…
In questi giorni Bucky sembra più tranquillo, comunque… potrei anche
provare a raccontargli quell’episodio, in fondo non è successo nulla di male.
Il problema può essere che è così strettamente legato alla missione contro
Zola, a quando è caduto… ma io gli starò vicino e non permetterò che rimanga
eccessivamente turbato!
Così, quella sera dopo cena,
invece di sedersi insieme davanti al televisore a guardare un DVD o una di
quelle nuove, stranissime serie TV (Steve non avrebbe mai immaginato di
appassionarsi tanto a delle storie a puntate, ma ai suoi tempi non esisteva
nulla di tutto ciò e adesso voleva restare aggiornato su tutto!), Rogers parlò
all’amico in tono serio.
“Bucky, devo raccontarti una cosa
che non ti ho mai detto prima, penso che sia arrivato il momento” disse.
Il giovane lo scrutò con
attenzione.
“Dev’essere una cosa molto grave
se la metti così. Ho ammazzato qualcuno e non me lo ricordo?”
Steve alzò gli occhi al cielo.
Possibile che, ogni volta, Bucky dovesse ritornare sul suo passato di Soldato
d’Inverno? Qualunque cosa avesse fatto, lui non lo riteneva responsabile,
voleva capirlo o no?
“Non c’entra niente quello che
l’Hydra ti ha costretto a fare, è una cosa che riguarda solamente… noi due”
spiegò, arrossendo leggermente.
“Allora perché me la vuoi dire
proprio adesso?” Bucky appariva teso, pensieroso. Le cose erano andate tanto
bene in quei giorni che lui non poteva credere che continuassero… prima o poi
sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe rovinato tutto ciò che sperava di aver
ritrovato. Era il suo più grande terrore.
“Buck, non agitarti, è davvero
una cosa da niente, cioè… per noi due è importante, ma non riguarda nessun
altro” fece Rogers, già preoccupato per la reazione del compagno. “E’ una cosa
che è successa quando eravamo in guerra insieme…”
“Ah, di quel periodo non ricordo
niente…” replicò Barnes, chinando il capo. Qualche ciocca di capelli scuri gli
scivolò sul viso, nascondendo il suo sguardo.
“Ricordi, però, che tempo fa mi
chiedesti se io… se io ti avessi mai confessato i miei sentimenti, prima?
Allora ti risposi di no, ma non sono stato del tutto sincero” disse Steve,
avvicinandosi di più al giovane.
Bucky rialzò lo sguardo e lo osservò,
stupito.
“Quindi mi avevi già detto quello
che provavi per me… in guerra? E perché, quando te l’ho chiesto, mi hai
assicurato di no?”
“Non volevo turbarti” ribatté
Steve. “Erano i primi tempi in cui ti avevo ritrovato e tu non eri… insomma, a
volte reagivi in modo strano…”
“Diciamo pure che ero mentalmente
instabile e rasentavo la pazzia!”
“Ma no, Buck, tu esageri sempre!
Volevo soltanto evitare di turbarti, tu mi facevi domande imbarazzanti ed io
pensavo che non fossi ancora pronto per sentire la verità. Te l’avrei
raccontato, alla fine, oppure pensavo che lo avresti ricordato da solo. Ci ho
sperato, quando hai iniziato a recuperare i tuoi ricordi, ma gli anni della
guerra non ti sono mai tornati alla mente, è come se li avessi rimossi…”
“Te l’ho già detto quando eravamo
allo Smithsonian: probabilmente non riesco a separare i ricordi positivi,
quelli delle missioni eroiche al tuo fianco, da ciò che... che è successo poi…”
“Ecco, è proprio questo il punto”
precisò Steve, passando un braccio attorno alle spalle di Barnes e attirandolo
a sé. Voleva fargli sentire che ora era con lui e che nessun ricordo, per
quanto doloroso, avrebbe potuto straziarlo. “Quello che ti voglio raccontare è
accaduto proprio la notte prima di… insomma, quella prima dell’assalto al treno
e della cattura di Armin Zola. La notte prima che io ti perdessi…”
Dicendo quelle parole, Steve
strinse più forte tra le braccia Bucky. Il giovane prima s’irrigidì,
innervosito dall’accenno alla missione che gli era costata tanto dolore e sofferenze,
poi, però, si sciolse nel caldo abbraccio del compagno e si aggrappò a lui,
trovandovi sollievo alla sua angoscia.
“Va bene, Steve, allora
raccontami” mormorò.
Rogers lo tenne ancora
abbracciato per qualche istante, poi si staccò leggermente e, carezzandogli il
viso, iniziò il suo viaggio nella memoria di una notte di tanti anni prima…
Gli uomini dell’Howling Commandos erano già addormentati, avvolti nelle
loro coperte militari e sotto le tende dell’accampamento improvvisato in quelle
gelide zone montane. La mattina dopo si sarebbero dovuti alzare molto presto
per intercettare il treno blindato dell’Hydra e catturare Armin Zola, perciò
dovevano riposare: la missione era molto difficile e i soldati necessitavano di
tutte le loro energie e capacità di concentrazione.
Uno di loro, però, non era sotto la tenda: il sergente James Buchanan
Barnes era uscito, sfidando il gelo, e fissava lo sguardo nel buio, fumando una
sigaretta. I suoi pensieri erano lontani da lì, erano volati verso la sua casa,
il suo amato quartiere di Brooklyn e i tanti anni trascorsi a divertirsi con
niente, insieme al suo carissimo amico Steve Rogers. Steve, il ‘piccoletto di
Brooklyn’ che adesso tutti conoscevano come Captain America e che, la mattina
successiva, avrebbe guidato quella rischiosissima missione. A Bucky sfuggì un
lieve sorriso intenerito: alla fine aveva avuto ragione Steve, era riuscito non
solo a farsi arruolare, ma, chissà in quale strano modo, a diventare un giovane
alto e muscoloso, con forza e velocità straordinarie, trasformandosi in un
supersoldato che reggeva le sorti della guerra. E pensare che lui avrebbe
voluto saperlo al sicuro a Brooklyn ed era contento ogni volta che i dottori lo
riformavano! Se solo avesse immaginato…
“Bucky, cosa ci fai qui?” chiese la voce di Steve, dietro di lui.
“Dovresti dormire, sai che domattina avremo una missione particolarmente
impegnativa.”
Il giovane si voltò e sorrise all’amico.
“Lo so, ma non riuscivo a dormire” rispose. “Sono venuto qui e mi sono
messo a ripensare a quando eravamo a Brooklyn, a tutto quello che abbiamo
combinato insieme, ai nostri anni spensierati. Dicono che, quando stai per
morire, tutta la vita ti passa davanti agli occhi. Tu pensi che moriremo,
domani, Steve? E’ una missione difficile o una missione suicida?”
“Non vi condurrei mai in una missione suicida, Bucky, come puoi anche
solo pensarlo?” replicò Steve, sconvolto. “Certo, dovremo stare molto attenti e
concentrati per portarla a termine, ma ce la faremo. Una volta catturato Zola,
scopriremo dove l’Hydra ha la sua sede e ci faremo rivelare tutti i piani che
ha in serbo: è una bella cosa, Buck, in questo modo vinceremo la guerra con
molti mesi d’anticipo e potremo tornare a casa. Vedrai, ci ritroveremo a
Brooklyn prima di quanto tu possa immaginare!”
Barnes scosse la cenere della sigaretta e il suo sorriso si fece amaro.
“Davvero? Io… comincio a non crederci più. Mi sono arruolato pensando
di combattere Hitler e i nazisti, uomini crudeli, certo, ma pur sempre uomini,
come me. Invece mi sono ritrovato in mezzo a cose che non capisco, sieri
miracolosi, superpoteri, un’organizzazione misteriosa come l’Hydra che si
insinua dappertutto ed è anche più potente di Hitler… Io ora non so più se sarò
in grado di vincerla, questa guerra, o se…”
Per la prima volta sembrava che il valoroso sergente James Barnes
avesse paura…
E, per la prima volta, Steve sentì un fortissimo istinto protettivo
verso di lui: in passato era stato quasi sempre Bucky a sostenere lui e a
proteggerlo, sebbene in seguito Steve avesse sviluppato una grande forza
interiore che lo portava a proteggersi anche da solo, nonostante il fisico
minuto; adesso, però, era Bucky ad avere bisogno di lui… Steve, che lo amava e
lo desiderava da anni, avrebbe voluto stringerselo tra le braccia e baciarlo
con tutto l’amore e la tenerezza che provava per lui, ma non poteva, non
ancora.
“Andrà tutto bene, Bucky” gli disse allora, stringendogli
affettuosamente le spalle con fare protettivo. “Io sarò con te e porteremo a
termine anche questa missione. Lo so che per te è qualcosa di estraneo, che non
erano questi i nemici che pensavi di combattere, ma ci sarò io con te e non
permetterò che ti accada nulla di male.”
“Queste frasi le dicevo io a te…” rammentò Bucky, con una smorfia
buffa.
“E mi sono servite per credere in me stesso anche prima di diventare
Captain America, per non scoraggiarmi e non arrendermi mai. Quello che sono
ora, prima ancora che per merito del siero del Supersoldato, è per merito tuo,
Bucky” gli disse con dolcezza, facendosi più vicino. Se avesse scorto il minimo
segno di disagio o incertezza da parte dell’amico, si sarebbe fermato, ma Bucky
rimase a fissarlo senza dire niente.
“Bucky, forse non è il momento migliore per dirtelo o forse quel
momento non sarebbe arrivato mai, però io…” iniziò Steve, titubante. Sentiva
che doveva manifestare i suoi reali sentimenti a Bucky in quel momento, in
quella notte particolare, sebbene nemmeno lui sapesse perché. “Quello che provo
per te, che ho sempre provato, ancor prima di riuscire a capirlo, non è una
semplice amicizia e nemmeno un affetto fraterno. Buck, io… non ho mai detto
niente per paura che tu ti allontanassi, che potessi considerarmi pazzo o
strano o che so io e non avrei sopportato di perdere la tua amicizia. Non ti
chiedo niente, devo solo dirti che io… ti amo, Bucky, ti ho amato sempre e non
potrei sopportare di starti lontano nemmeno per un secondo. Ecco, l’ho detto, è
per questo che non devi temere niente, perché io non lascerei mai e poi mai che
ti succedesse qualcosa, a costo della mia stessa vita.”
Se Bucky era rimasto impressionato o sconvolto da quella dichiarazione,
non lo diede a vedere e continuò a fissare Steve senza parlare.
“Lo so che per la società quelli che la pensano come me sono da
emarginare, devono nascondersi e soffocare quello che provano, ma qui non siamo
a New York e, in guerra, di fronte alla morte e alle sofferenze, mi sembra
assurdo continuare a dissimulare i miei veri sentimenti per te. Quando
torneremo a casa potrai anche dimenticare tutto e io non te ne parlerò mai più,
ritorneremo ad essere normali amici, come prima, però adesso…” Steve parlava in
fretta e ansiosamente, preoccupato dal silenzio di Bucky.
Il giovane sergente, però, inaspettatamente sorrise.
“Qualche volta me l’ero immaginato, sai? Però nemmeno io ti ho mai detto
niente per non metterti in imbarazzo e perché… beh, non avrei saputo bene cosa
dire. Mi rendo conto anch’io che il nostro legame va al di là della normale
amicizia” replicò, “ma… in realtà io pensavo che sarebbe continuato così per
sempre, senza bisogno di dire niente e continuando a stare vicini come abbiamo
fatto fin da bambini.”
Steve s’illuminò.
“Vuoi dire che non sei scandalizzato? E che magari anche tu…”
Bucky scosse il capo.
“Non sono scandalizzato, ma non so dirti veramente che cosa provo
perché… non mi sono mai posto il problema. A me andava bene così, senza
approfondire e senza dovermi trovare in situazioni che andassero contro… beh,
lo sai” precisò Barnes. “In realtà neanche io so cosa provo veramente per te,
so soltanto che sei la persona più importante della mia vita. Se come amico,
fratello o altro, questo non lo so.”
Rogers comprese che, per quella sera, era il massimo che poteva
aspettarsi da Bucky: contro di lui lavoravano anni di condizionamenti da parte
di genitori, parenti, della società intera che non poteva permettere che un
uomo, e tanto meno un soldato, provasse amore per un altro uomo. In questo,
Bucky era molto più vulnerabile alle convenzioni sociali di quanto non lo fosse
Steve. Andava bene, c’era solo un’altra cosa che…
“Bucky, senti, potrei… potrei baciarti? Solo per questa sera, poi non
ti chiederò mai più niente se tu non vuoi, è che…” azzardò timidamente il
Capitano.
“E’ che non hai mai baciato nessuno, eh? Sapevo anche questo” sorrise
malizioso il sergente. “Va bene, mi sacrificherò per la causa!”
Era chiaro che Bucky scherzava per nascondere il turbamento che quelle
parole avevano provocato in lui. Steve si fece più vicino, lo abbracciò,
titubante, poi posò leggermente le labbra su quelle di lui, attentissimo a
staccarsi se avesse trovato opposizione da parte del compagno. Non ne trovo,
allora si fece più ardito, schiudendo la bocca e cercando un contatto sempre
più intimo con Bucky; Barnes, colto alla sprovvista, nonostante il tono da
sbruffone, provò un calore mai sperimentato prima quando si ritrovò tra le
braccia di Steve, sentendo sulla bocca il sapore dell’amico di sempre e l’umido
tepore delle labbra di lui. Senza pensare, si abbandonò a quel bacio e lo
contraccambiò, con la certezza che realmente tutto sarebbe andato bene finché
lui e Steve fossero stati insieme.
Quando si staccarono, entrambi avevano le guance arrossate e gli occhi
brillanti.
“Ora andiamo a dormire, Buck” gli disse dolcemente Steve passandogli un
braccio attorno alle spalle. “Domattina dovremo svegliarci molto presto ed
essere pronti e concentrati.”
Bucky annuì. Nella tenda che condividevano, si affidò a Steve che lo
accolse tra le braccia con fare protettivo. Non aveva più paura, ora che era
stretto nell’abbraccio caldo e sicuro del suo Capitano.
“Dormi, Bucky” gli sussurrò Steve, “e stai tranquillo. Ti prometto che
andrà tutto bene e che torneremo a Brooklyn insieme.”
Raccontando quest’ultima scena e
ricordando le parole che aveva pronunciato, Steve non poté trattenere le
lacrime e un singhiozzo sconfortato.
“Io non ho mantenuto quella
promessa, Bucky! Il giorno dopo tu sei caduto da quel treno e io non sono stato
capace di salvarti” esclamò, disperato e oppresso da un tremendo senso di
colpa. “Hai sofferto terribilmente per anni e tutto per colpa mia, mi dispiace
tanto, Bucky!”
Ora comprendeva perché non avesse
mai parlato a Bucky di quel loro primo bacio nel bosco: si diceva che era per
non turbarlo, perché sperava che fosse l’amico a ricordarlo per primo, ma la
realtà era ben diversa. Rogers aveva cercato di non pensare a quella notte
perché la dolcezza del primo bacio era stata spazzata via dall’insopportabile
consapevolezza di non aver saputo salvare Bucky, dall’atroce dolore provato il
giorno dopo, quando lo aveva visto scomparire nel crepaccio con un grido di
terrore assoluto.
Bucky, che aveva ascoltato con
interesse e concentrazione il lungo racconto di Rogers, restò spiazzato dal suo
finale scoppio di pianto.
“Che cosa dici, Steve? Ancora
questa storia?” disse, avvicinandosi all’amico disperato. “E’ vero, è stata una
brutta esperienza, ma adesso è passata e… insomma, quante volte ti dovrò
ripetere che, col senno di poi, è stato meglio così? Non ci saremmo mai
ritrovati se io non fossi caduto dal treno e…”
E nessun dolore causatomi dall’Hydra sarebbe stato più atroce del vuoto
che avrei provato perdendoti…, pensò Barnes, ma non lo disse. Invece si
avvicinò ancora di più a Steve e gli accarezzò il viso con la mano destra,
asciugandogli le lacrime; nonostante tutto, ancora provava vergogna per il suo braccio
di vibranio e non usava quella mano per toccare il compagno a meno che non
fosse proprio costretto.
“Steve, va tutto bene, io sono
qui” continuò a dire.
Steve lo guardò con occhi ricolmi
di amore e affetto sconfinati e fu lui a prendergli anche la mano di vibranio e
a stringerla tra le sue: anche quella faceva parte di Bucky e, di Bucky, lui
amava tutto.
“Ti avevo promesso che saremmo
ritornati a casa insieme e invece…” mormorò il Capitano, ancora rattristato al
ricordo.
“Infatti hai mantenuto la tua
promessa, Steve” affermò con decisione il Soldato d’Inverno. “Siamo a casa,
adesso, e siamo insieme. Non era questo che volevamo entrambi?”
Stupito da quelle parole
impetuose, così insolite per un Bucky schivo e poco incline a manifestare i
suoi sentimenti, Steve lo strinse a sé, guardandolo bene in viso.
“Lo pensi davvero? Non lo dici
soltanto per consolarmi?”
“Certo che lo penso, anche perché
è la verità. Hai mantenuto la tua promessa e mi hai riportato a casa con te,
per quanto difficile e faticoso sia stato” dichiarò nuovamente Bucky, convinto.
Poi si lasciò sfuggire un sorrisetto. “Beh, magari ci hai messo un po’ più del previsto
a mantenere la parola…”
Il viso di Steve s’illuminò e non
soltanto per le parole dell’amico: era tipico di Bucky, del Bucky di un tempo,
buttar là una battuta quando si sentiva imbarazzato o quando voleva distrarre
Steve da qualche pensiero triste. Nonostante le sofferenze, le atrocità, i
traumi e i condizionamenti, ogni giorno che passava Steve ritrovava qualcosa
del Bucky che conosceva nel giovane che aveva adesso accanto a sé.
Aveva ragione: erano tornati a
casa ed erano insieme.
Solo questo contava.
Rasserenato, Steve strinse più
forte Bucky tra le braccia e ogni tristezza e malinconia si dissolse come neve
al sole quando lo baciò e si perse con lui in una dimensione dove c’era spazio
solo per loro due e per il loro grande, infinito, indissolubile amore.
FINE