You Could Be My Unintended

di LaMusaCalliope
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YOU COULD BE MY UNINTENDED
 
Fabio passò una notte d’inferno. La bruciatura sulla schiena aveva cominciato a fargli male e ogni minimo movimento, seppur accennato, gli procurava terribili fitte di dolore che lo attraversavano dalla testa ai piedi. Dopo un lungo periodo di dormiveglia, lo stomaco di Fabio iniziò a brontolare e, perciò, si svegliò. Con un enorme sforzo di volontà, si tirò su a sedere e subito il dolore tornò a farsi sentire. Aprì appena gli occhi e, a tentoni, cercò l’interruttore dell’abat-jour sul comodino; lo trovò e la accese.
Sulla sedia accanto a lui, profondamente addormentata, c’era Sofia e Fabio immaginò che doveva essergli rimasta accanto tutta la notte. Quella ragazza era incredibile, era una delle più grandi incomprensioni perché, per quanto lui tentasse di allontanarla, per quanto fosse duro con lei e così diverso dagli altri, Sofia sembrava accettarlo ogni volta, qualsiasi cosa facesse o avesse fatto.
Si prese un istante per osservarla: la testa era abbandonata di lato, appoggiata sullo schienale della sedia, i capelli rossi le ricadevano sul volto come una tenda; Fabio li spostò delicatamente, rivelando la ruga tra le sopracciglia, poco sotto il neo verde, resa più profonda dalla preoccupazione. Non appena le sue dita calde sfiorarono involontariamente la pelle pallida della ragazza, avvertì una strana sensazione all’altezza dello stomaco e il cuore iniziò a battergli più velocemente.
Gli venne in mente quando la sera prima l’aveva vista sull’uscio della porta di Effi, il volto che rapidamente era passato dalla sorpresa alla preoccupazione. In quel momento, lui aveva avuto paura; paura di soffrire, di far star male lei e di perderla come aveva perso sua madre. Sapeva che il loro destino era incerto, che qualcuno in quella guerra sarebbe potuto morire; sapeva che avrebbe sofferto se fosse toccato a lei e sapeva che non sarebbe riuscito a sopportarlo.
Le accarezzò la guancia con tutta la tristezza e la dolcezza che stava provando in quel momento, cercando di non svegliarla.
«Mi dispiace, Sofia. Non posso» sussurrò, non sapendo bene neanche lui cosa intendesse dire davvero, o forse lo sapeva ma non aveva abbastanza coraggio da ammetterlo.
Sofia girò la testa di lato, premendo di più la guancia sulla mano calda di lui.
«Fabio» disse lei, così piano che il ragazzo temette di averlo solo immaginato, ma il cuore, non appena aveva sentito il suo nome, aveva ripreso a battere all’impazzata, senza più seguire un ritmo preciso, e allora seppe che non era stato affatto frutto della sua fantasia.
Con la schiena ancora dolorante, si alzò dal letto e le si avvicinò, chinandosi dolcemente su di lei e lasciando un bacio leggero sulla fronte.
Lentamente si rimise a letto, la schiena che protestava per il dolore e lo sforzo eccessivo.
Guardò Sofia dormire per un altro po’ e, poco prima di svegliarla, si rese conto che era già troppo tardi ormai per non soffrire: si stava innamorando di lei.




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