Note
(se non le ignoraste mi fareste un gran favore *smile* ): Questa ff si
adatta sia alle Pink che alle Black Panther. C'è un po' di
SasuSaku e un po' di NaruSaku <3. Direi che è una SakuNaruSasu.
Tratterò un argomento importante,
quindi chi non è in vena di scene abbastanza pesanti e
cruente, e discorsi abbastanza importanti...chiuda la pagina.
Per il resto...grazie della lettura.
Un bacione,
Kiki <3.
*°*°*°*°*°*°*°*°*°
A te,
anche se non
la leggerai mai.
Perché
tenti di rovinarti la vita
con quella
cosa …
ti sembra
vera
ma in
realtà è solo una mera illusione.
Anche se
purtroppo non ci parliamo più,
io vorrei
esserti vicina...in fondo sei sempre
nel mio
cuore.
Purtroppo o
per fortuna, chi
può dirlo.
Escape
Chiusero
gli occhi, affondando le mani nelle tasche; un piccolo gesto
d'assenso fra loro per poi legarsi indissolubilmente l'uno all'altra.
Un sorriso amaro, forse l'ennesimo di una lunga lista. "Se ce ne
fossimo accorti prima... se solo..." si incolpò Sakura,
guardandosi afflitta le mani.
"Sakura",
la richiamò lui, con quel tono tanto mellifluo da apparire
addirittura surreale. "Guardami"
La
ragazza spalancò un po' le iridi smeraldine, inondate dal
mare più
trasparente che avesse mai visto; il dolce tepore del suo corpo la
riscaldò... le prese la mano, intrecciandola alla propria.
Com'era
calda la mano di Naruto.
"Tu
non hai colpa. Noi...", faticò a dire quella semplice parola
"... noi non abbiamo colpa"
E
quel tono di voce tradì la sua sicurezza.
Entrambi
rimpiangevano, entrambi sentivano che avrebbero potuto fare qualcosa
di più...
Più
materiale di un semplice abbraccio, di una semplice frase.
Inutile
chiedersi i motivi...
e
quando ti accorgi di poter far qualcosa, è sempre troppo
tardi.
"Non
sai mentire Naruto"
"Sasuke-kun!",
lo chiamò ad alta voce, sapendo benissimo che lui odiava il
suo
timbro, decisamente sopra la media. Sakura ansimò, facendosi
forza
con la mano sul cuore, riprendendo il battito regolare. Si
trovò a
imprecare contro i suoi tacchetti, pochi centimetri che le erano
quasi
costati
la vita. Fabbricò un sorriso, mostrando appena le perle
immacolate
che si trovava tra le labbra."Vai all'università?"
respirò
ancora affannata, muovendo i primi passi.
"Mi sembra
ovvio, Haruno" grugnì, squadrandola dall'alto in basso.
Scosse
il capo per un momento, chiedendosi perché fosse
così dannatamente
impacciata quando doveva formulare una frase sensata; insomma, era
ovvio che stessero andando all'università, d'altronde erano
davanti
al grande edificio ambedue.
"Ah
già... vero!" rise istericamente "Sai Sasuke-kun..."
deglutì rumorosamente, cercando di trovare un discorso
quantomeno
interessante; non quelli del tipo “Com'è bello il
tempo oggi”,
ma qualcosa che li accomunasse entrambi, al di fuori dell'ambito
universitario.
Purtroppo
la lingua non collaborava, rimaneva serrata fra i denti in cerca di
un salvagente che non arrivava."Buongiorno my darlings!"
Quel
timbro di voce era sin troppo familiare. Per un momento la ragazza
traballò, seguita a ruota dall'Uchiha, ma si ripresero
grazie a una
spinta del loro amico, spuntato imprevedibilmente dietro le loro
spalle.
"Naruto!"
lo rimbeccò Sakura, facendogli una ramanzina in merito alla
buona
condotta e il galateo. Sasuke sbuffò sonoramente, levandosi
le mani
dalla tasca dei jeans e portandone una alla spalla destra, a
sistemarsi la tracolla.
"Vado
in bagno", li liquidò, scomparendo piano piano dal loro
campo
visivo. La ragazza si trovò a sbuffare, lasciandosi andare
ad un
sospiro malcelato; l'Uzumaki la fissò per un buon minuto -lo
stesso
minuto in cui aveva fissato lo scultoreo, a dir poco, fondo schiena
di Sasuke-, si voltò, lasciando sfumare i suoi sogni e
incrociò le
iridi con quelle oltreoceano dell'amico. "Che c'è?"
“Niente...”
assicurò, poco convincente. “... solo che, ecco...
mi sembra
strano negli ultimi tempi”, si fece improvvisamente serio,
iniziando a camminare, seguito a ruota da lei.
“Strano?”
“Sì...
scostante, nervoso... non so, forse mi sbaglio” ci rise su,
tornando a parlare dei problemi futili e abituali di sempre.
… e,
quando ti accorgi di poter far qualcosa, è sempre troppo
tardi.
Sakura si rigirava,
ormai da ore, la matita tra le dita, con l'intento di studiare il
soggetto di fronte a sé. Sasuke Uchiha pareva non mutare
espressione... il solito viso serio, la chioma corvina che lasciava
oscillare, di tanto in tanto, come per dar un segno della sua
umanità.
Strano?
Sakura rifletteva su
quell'aggettivo così ambiguo, che vedeva fin troppo cucito
su una
stoffa targata Uchiha: insomma, lo era sempre stato. Ma se prima lo
era per quegli atteggiamenti quasi meschini e privi di rispetto verso
gli altri – ancora ricordava il primo giorno in
facoltà e i suoi
sciocchi commenti riguardo l'insolito color pastello dei suoi
capelli. Rivangando quel ricordo non poté che sorridere
compiaciuta,
inclinando il capo da una parte -, ma adesso era strano
in
modo ancora diverso.
Forse era come
diceva Naruto: si facevano prendere troppo dalle apparenze e le
impressioni. Come potevano dubitare così del loro amico?.
Sospirò, perdendo
ancora una volta la spiegazione attenta e minuziosa del professore-un
uomo anziano, con un grande libro fra le mani-, lasciando vagare la
mente a pensieri decisamente più piacevoli, come quella
stupida e
insignificante cotta
che provava, come un adolescente in
subbuglio. Stupida. Si rimproverò mentalmente,
stravaccandosi sulla
sedia di plastica -alquanto scomoda- e socchiudendo qualche istante
gli occhi. Le pesavano le palpebre, diventavano un macigno troppo
gravoso; tentò di prestare un minimo di attenzione alla
lavagna ma
sentiva solo il rumore sordo del gessetto bianco che andava su e
giù,
incidendo frasi e monosillabi incomprensibili.
Chiuse gli occhi, ed
in quel momento vide qualcosa.
Vagabondava,
alla ricerca di una meta. Era tutto bianco,
composto,
ordinato , troppo bello per essere reale.
Lanciò
lo sguardo dovunque, non sapeva dire se era davanti o dietro; sentiva
solamente un piacevole calore scuoterle la colonna vertebrale, un
venticello appena un po' accennato procedere in sua direzione,
scompigliandole gentile la massa compatta di fili rosati.
Fece
un passo, un altro, un altro ancora. Ora, più sicura, si
trovava a
camminare su un terreno senza profondità, ora, sorrideva
solo per il
fatto di sentirsi in un luogo felice, giocoso, soleggiato.
“Sas'ke-kun!”
un grido di pura gioia le sfuggì dalle labbra sottili.
Sventolò
decisa la mano, richiamando la sua naturale indifferenza. I due occhi
la incontrarono.
Ed ebbe paura.
“Sasuke-kun...
cosa c'è nei tuoi occhi?” e si
avvicinò, con l'intento di
stringere la sua mano, o magari sedersi accanto a lui. E quegli occhi
la fissavano, accusati di chissà quale reato.
E le sembrò di
sfiorare quegli occhi,
parevano bruciare... ardere
intensamente.
“Cos'hai?”
“Fa
male”, rispose lui, atono.
“Cosa?”
“Tutto”
Sakura
sbiancò, non capiva a cosa si riferisse e al contempo
sentiva di
dover fare qualcosa per lui.
“Parlami
Sas'ke... io ti posso aiutare. Io ti voglio aiutare!”
urlò, in
preda all'isteria.
“Puoi
aiutare qualcuno che è caduto in un burrone?”,
religioso e casto
silenzio, mentre un piccolo ghigno si appostava insicuro fra le sue
labbra. “Appunto. Quando sei arrivato al fondo, non puoi
più
risalire”
Sakura sobbalzò.
Era quasi sicura di aver sentito due dita premere sulla sua spalla,
con delicatezza. “Oh” era proprio il protagonista
indiscusso del
suo sogno. “Devo essermi addormentata”, si
giustificò, faticando
a trattenere uno sbadiglio.
Scompigliò un po' i
capelli, strabuzzò più volte gli occhi per
rinvigorire totalmente;
afferrò la cartella ancora chiusa sul banco: era stato un
morbido
cuscino. “La solita” la sfotté,
mugugnando sottovoce qualcosa.
“Ehi!”,
sbadigliò ancora, con il risultato di passare dalla parte
del torto.
Ora che se ne accorgeva, l'aula era completamente vuota. Il
professore aveva abbandonato la sua indiscutibile posizione, tutti
gli altri erano filati a far pranzo, poi sarebbero stati sottoposti
all'ennesima lezione. “Aspetta”, lo
strattonò per un braccio,
sentendolo freddo. La sportiva maglia a maniche corte le permetteva
di poter tastare la sua pelle marmorea.
“C'è...”, intimorita,
non era solita ad affrontare quei discorsi col ragazzo più
taciturno
che avesse mai conosciuto nella sua esistenza. “... ecco...
c'è
qualcosa di cui vorresti parlarmi?”
Tossicchiò,
impastando qualche parola, vedendo un cipiglio astuto prontamente
alzato. “Sicura di star bene, Haruno?”, si
avvicinò, battendole
una cartella sulla testa. “Non è che mi hai
sognato?” domandò
malizioso, riscaldando il collo della ragazza col suo respiro
regolare, leggermente modificato dall'odore di tabacco che masticava
spesso tra le labbra. Sakura chinò lo sguardo, divenendo
rossa.
Gettò lo sguardo a terra e non poteva fare a meno di notare
qualcosa. “Cosa... cosa hai fatto qui?”, prese di
scatto il suo
braccio e stavolta sbiancò di paura.
“Niente”,
lo ritrasse subito.
“Come
niente? Sasuke... so benissimo cosa sono quelle! Sono iniezioni...
hai usato la siringa e ti sei fatto di qualcosa?”
“Smettila!”,
e lei obbedì. Mai il tono di Sasuke era stato
così arrabbiato. Mai.
Spaventata com'era i
suoi occhi parvero inumidirsi, avvertiva un formicolio insistente
alla mano che le diceva di lasciare quella dell'Uchiha. Liberatasi
dalla sua presa, lo guardò astiosa, non mollando il discorso
e
nemmeno i suoi occhi, incatenati come due diamanti.
“Perché?
Cosa diavolo ti interessa?”
“Cosa
mi interessa?”, rimandò la domanda a lui,
osservando curiosa il
contrarsi brusco delle sue sopracciglia. “Mi interessa quello
che
fai, Sasuke. Mi interessano i corsi che fai, quello che mangi, la
marca di sigarette che fumi. Mi interessano i ghigni che fai, il tuo
menefreghismo, la tua indifferenza, mi interessano i tuoi discorsi, i
tuoi sguardi, mi interessa sapere perfino cosa farai uscito di
qua”
Si fermò un
istante. Poi si riprese, prendendo per un attimo il respiro.
“Ce la
puoi fare... a uscirne. Io ti voglio aiutare. Posso?”
Gli tese la mano,
aspettandosi un contatto umano. Minuti di silenzio tra loro, sguardi
occupati a cercarsi, respiri quasi assenti, sentendo l'ansia di un
responso negativo. Sasuke non prese quella mano, non sarebbe stato da
Sasuke, appunto. Avvicinò Sakura a sé, facendo
aderire i loro
corpi; due braccia si videro incontrarsi, protendere l'una verso
l'altra e finalmente ricongiungersi, sincronizzate. Il ragazzo
piegò
le labbra, fino a farle combaciare alla fronte della ragazza; non
sapeva cosa le stava prendendo in quell'istante, era marmorea e
statica come una statua. L'imprevedibile Uchiha aveva colpito ancora.
Il dardo nel suo
cuore l'aveva centrato da tempo, ma c'era poco da fare se i suoi
sentimenti erano tutt'altro che ricambiati. Sakura poteva apparire
l'amica, la compagna di corso, la futura dottoressa. Però la
rispettava.
Le
bastava quello... davvero.
Un piccolo ghigno di
circostanza tornò a farsi vivo sul suo volto, rivolgendolo
verso di
lei. Riprese tutti e cinque i sensi, impedendosi un bollore repentino
sulle gote. “Grazie”
Scandì parola per
parola; non ebbe nemmeno la forza di rispondergli, il cuore le era
arrivato in gola.
Quando
sei arrivato al fondo, non puoi più risalire.
Sognò quelle parole
tutta la notte, svegliandosi madida di sudore tra le coperte. Dopo
quello che le aveva detto avrebbe dovuto fare un sogno dolce e denso
di tepore... piacevole. E invece no. Cos'era quel brutto
presentimento che si faceva avanti, con prepotenza?
“Sakura-chan...
mangia qualcosa”, le ordinò dolcemente il ragazzo,
badando alla
sua salute. Sakura si sentiva debole e gracile ma mangiare era
l'ultimo dei suoi problemi, in quel momento. Scosse il capo,
rifiutando l'ennesimo piatto fumante che le si prostrava davanti gli
occhi; i primi venti autunnali soffiavano forti sulle braccia fino a
scendere lungo tutto il corpo.
Sentì
la sua voce sussurrarle roca all'orecchio, come trasportata da quelle
foglie che adesso si stavano esibendo davanti a lei e quasi
stentò a
reprimere l'emozione. Scattò come una molla, fiondandosi
sulla
balaustra di ferro, cercandolo ovunque... in mezzo al vento, tra le
fronde degli alberi, nel cielo, nascosto dietro una nuvola.
“S-Sasuke!”
Urlò,
squarciando il cielo. Ansimò, aveva dato fondo al suo fiato;
due
mani le cinsero le spalle, proteggendola dalle illusioni.
Però le illusioni
erano belle, almeno per un istante poteva dire di esser tornata in
vita.
Sì,
perché Sakura era morta. A farla tornare in vita sarebbe
stata solo
una cosa:
il
ritorno di Sasuke.
Purtroppo
però, era in un luogo troppo lontano, privo di scorciatoie o
viuzze
che tagliavano la strada: là c'era solo buio.
Senza
neppure uno sprazzo di Sole.
Quello
stesso buio, in cui era precipitato lui. Il burrone.
“Sakura-chan,
va tutto bene” la tranquillizzò, riscaldandola con
una sua felpa.
Tremava, si dimenava, sentiva che presto sarebbe morta anche lei,in
quelle condizioni.
Ma
il fatto è...
che
riprendersi dopo aver visto una persona morire davanti i propri occhi
è un impresa ardua a dir poco... collegato a ciò,
anche il dolore
per quella persona a cui si voleva bene.
Lo amava.
Dannazione, bruciava d'amore per lui.
“Voglio
morire... perché vivo? Perché?”
gridò, appoggiandosi alle
ginocchia del ragazzo e trovando un riparo alle sue povere lacrime.
“Smettila!
Smettila Sakura-chan!” urlò , mentre lei tentava
di trovare
qualche motivo riguardo la sua permanenza sulla Terra. “Vivi
per
lui. Vivi la vita
che
lui non ha voluto, che ha rifiutato. Vivila
tu per lui”
Insieme decisero di
non rivelare nulla a Naruto, si sarebbe preoccupato e avrebbe fatto
mille storie, e poi Sakura si fidava di Sasuke, le aveva promesso che
quel giorno stesso avrebbe gettato vie quelle cose velenose, si
sarebbe liberato dei suoi amici.
Per una volta la ragazza si
sentiva soddisfatta, aveva aiutato qualcuno, l'aveva fatto con il
cuore. Percorse la via ormai sempre più rada di fiori, a
essi si
sostituivano le più malinconiche foglie, danzavano attorno
alle
persone, aspettando un cenno d'assenso. “Oh” rimase
con la bocca
a mezz'aria, a cercare l'ossigeno che sembrava essere disperso come
una nube attorno al suo corpo. Vide Sasuke avvolto nella sua sciarpa
scura, in mano un libro, sguardo attento e scrupoloso, tracolla
poggiata inevitabilmente sulla panchina, un po' aperta.
Conservò
l'espressione stupita, da perfetta ebete e si fece avanti,
mostrandosi coraggiosa: sventolò una mano davanti i suoi
occhi, come
a risvegliarlo dalla profonda catalessi in cui era precipitato.
“Ti
avevo già vista, Haruno”, sbuffò,
girando pagina.
“Uhm.
Non trovi che siano tristi?” domandò amara,
osservando il
paesaggio spoglio.
“Cosa?”
“Le
foglie... sembrano malinconiche e tristi”, disse, sedendosi
accanto
a lui. Teneva la cartella ben stretta fra le mani, le ginocchia
chiuse, ogni tanto scuoteva il capo, girandolo qua e là per
cercare
qualcosa di inesistente. “Niente affatto”, chiuse
il libro,
riponendolo accuratamente nella propria borsa. “Una volta mi
raccontarono una leggenda sulle foglie”, affermò
e,
inevitabilmente, una nota più colorita si stampò
sul volto di
Sakura, facendole scattare un “Cioè?”
sulla
punta della lingua.
“Si
dice che ad ogni foglia corrisponda qualcosa... hanno tutte un
significato”
“Oh”,
sembrò stupita. Cercò i colori improvvisamente,
come se prima
quelle foglie fossero sprazzi bianchi e neri, come nei vecchi film.
“E
questa... questa ad esempio cosa significa?”
domandò, insicura.
Osservò le venature quasi invisibili, tastò i
contorni della foglia
un po' pungenti, contemplò il colore vermiglio tendente al
bordeaux.
“Una
cosa stupida”, affermò poco dopo, cercando
qualcosa nelle tasche.
Ne estrasse un piccolo pacchetto bianco e ne sfilò una
sigaretta.
“Ah sì? Quale?” inclinò il
capo di lato, sembrò sinceramente
incuriosita.
“Si
dice che... la foglia rossa simboleggi l'amore.
Una credenza stupida, senza fondamenta”
Sakura osservò
meglio la foglia, trovandosi a sorridere, inaspettatamente.
“E se
invece non fosse una leggenda?” lo sfidò con lo
sguardo.
Sasuke alzò un
cipiglio, probabilmente confuso. La ragazza non sapeva di aver
esposto il suo pensiero a voce -decisamente- troppo alta. Il moro le
tolse la foglia dalle mani, gettandola malamente a terra. Si confuse
tra mille altre, sue simili; erano alzate dal vento ogni tanto e si
vedevano migliaia di colori spenti danzare nel vortice per poi
gettarsi di nuovo nel comodo materasso che era il suolo.
“Sei
una credulona, Sakura”
“Non
è vero!”, gonfiò le guance, proprio
come una bambina. Mancava
poco che incrociasse le braccia al petto; Sasuke ghignò,
espirando
l'ennesima boccata di fumo, sostanza nociva alla quale non sapeva
rinunciare.
Si sentì per un
misero istante in imbarazzo, si sfregò le mani con una
violenza tale
da farsi male. Voleva colmare quel rigido silenzio, ma aveva paura
che ogni discorso sembrasse stupido e insensato, se non addirittura
infantile. “Davvero ti piacciono così tanto le
foglie,
Sasuke-kun?”, aggiunse quell'onorifico per semplice rispetto,
quel
-kun
di suffisso alla fine, suonava tenero piuttosto che
educato.
“Sì”
Semplice e deciso,
come sempre. “E... non ti piace nessun fiore?”
giocherellò con
le dita, diventando paonazza per quella semplice domanda.
“No.
Solo uno.”
“Oh”,
apparve meravigliata. Felice per quella nuova informazione ricevuta,
tutta presa dalla curiosità, si precipitò a fare
la domanda più
ovvia. “Quale?”
“Il
ciliegio. Mi piace solo il ciliegio”
Ricordando
quell'istante provò un nuovo battito. Sentì le
pareti
del
cuore traballare.
Una
nuova scossa, un nuovo flashback, l'immagine del cinico ragazzo
le
appannava la vista, la rendeva incauta, dolorosamente fragile di
fronte
al
mondo esterno. “Sakura... dormi, tranquilla”
Le
sussurrò Naruto, al suo fianco, pronto a sostenerle il capo,
e
a riscaldare il suo corpo. La donna si girò, trattenendo
l'ennesimo
barlume di disperazione,
si
accoccolò sul
petto dell'amato -eppure non
aveva lo stesso profumo, lo stesso
odore, la stessa
adorata colonia che
fino ad allora aveva criticato e che adesso rimpiangeva.-,
affondò
il capo sotto le coperte, battendo i denti dal dolore. “Mi
stringi
la mano?”
L'Uzumaki
obbedì, andando a prenderle le dita ossute
e
intricandole alle proprie. “Sempre. Te la
stringerò sempre,
Sakura-chan.”
sussurrò
,
mentre un piccolo sorriso -di
speranza-le illuminava il volto
spento;
la Luna faceva la sua parte andando ad abbagliare quel fondo marmoreo
talmente
vitreo
da apparire quasi surreale.
“Ragazzi!
Non ci crederete oggi cos'è successo! Il professor Hatake,
quell'uomo è un grande... sapete cos'ha fatto?”
E Naruto allietava
il loro pasto con un racconto a dir poco esilarante. Non potevano
negare che quel ragazzo per quanto testa
quadra era uno spasso
assoluto, soprattutto in circostanze come l'Università,
continuamente sottoposti a stress e ansia per gli esami e le lezioni.
E, nel mentre il biondino esponeva le brillanti idee, ecco che sotto
il tavolo Sakura andava a sfiorare col tacco il polpaccio del
ragazzo, provocandolo. Provava ad andare sotto i jeans, per tastare
sulle calze di pochi den la sua pelle liscia e morbida. Le guance
avevano ripreso a colorare il suo visino di porcellana, finalmente
aveva ripreso un po' di vita.
Ma sapeva già che
far innamorare di sé l'Uchiha non era impresa da poco, anzi,
occorreva un infinita pazienza e una grande determinazione, doti
dopotutto di cui non era sprovvista. “Naruto... ecco, avremmo
una
lezione. Continuiamo la prossima volta, okay?”
domandò,
smaterializzandosi -senza dare troppo nell'occhio- dalla vista del
ragazzo.
“Adesso
la strana sei tu, Sakura-chan...” rifletté,
tornando a fiondarsi
sulla grande porzione di ramen.
“Vedi
qualcuno?” Sakura lo stava trasportando verso i bagni
femminili, i
corridoi sembravano vuoti, il silenzio religioso. Ottimo per degli
incontri ravvicinati del terzo tipo. “No”
Stavolta fu Sasuke a
precederla. Le prese il braccio violentemente, trasportandola nel
primo bagno libero. La ragazza fabbricò un sorriso, poi
chiusa bene
a chiave la porta, avvolse con le braccia il collo del moro,
sospirando esausta.
“Dovremmo
dirglielo. Povero Naruto...” lasciò in sospeso la
frase, con
l'intento di continuarla.
“Siamo
qui per parlare di Naruto?” chiese, non proprio garbatamente.
Ella ammiccò, ad un
millimetro dalle sue labbra. “E chi ha detto che dobbiamo
parlare?”
Famelica gettò la
bocca adiacente alla sua, quel gusto, quel sapore che non svanivano
mai. La foga fu più feroce della razionalità,
mandò bellamente a
quel paese tutto, e, sotto un soffitto di pochi metri, la ragazza si
privò dei tacchi, lasciando che le sue gambe fossero avvolte
attorno
alla vita di Sasuke. La corta gonna non faticò ad essere
tirata via
dalle sue mani, un po' meno rapida fu l'operazione per togliere le
calze. Dal canto suo, lei, non poteva che osservare come una
spettatrice attenta gli atteggiamenti scocciati e al contempo
eccitati del ragazzo che si trovava di fronte. Il suo principe
azzurro poteva dirsi finalmente suo. E forse nei sogni non bisognava
sempre disperare, nemmeno nel destino... lui si era accorto di lei,
la timida ragazzina che si accontentava di significare amicizia,
fiducia, rispetto per lui. Ma cos'erano queste cose senza l'amore?
“Ti
amo” si
lasciò sfuggire da quelle labbra sottili, sigillandole
immediatamente. “S-scusa” abbassò il
volto, sciogliendosi come
neve al sole.
“Cos'hai
detto?” respiri ansimanti, i corpi che si staccavano un poco,
madidi di sudore in quello spazio ristretto.
“Nulla.
Fai conto che non abbia detto nulla” troppo vigliacca per
accettare
la realtà.
“Come
vuoi” decise di ignorarla, tornando a stamparle miriadi di
baci sul
collo, parte talmente debole che a Sakura parve addirittura
spezzarsi. Inclinò inevitabilmente il collo, tastando
insicura la
schiena del ragazzo, ancora troppo inesperta per permettersi simile
audacia. “Haruno?”
“Uhm?”
“Anch'io”
Le si illuminarono
gli occhi, parve scoppiare il cuore. “C-Cos'hai
detto?” domandò,
assolutamente scettica per credere alla veridicità di quelle
parole.
“Nulla.
Fai conto che non abbia detto nulla” la
scimmiottò, come aveva
fatto lei attimi prima. Ed entrambi ghignarono e si pentirono delle
loro risposte; ma erano ambedue troppo orgogliosi per tornare
indietro e cancellare tutto. L'Haruno si mordicchiò le
labbra,
giocando a screpolare le perfette venature che erano disegnate sui
contorni della bocca di Sasuke.
In quel momento si
accorsero di essere a una distanza troppo
esagerata l'uno
dall'altra. Quindi si riavvicinarono; Sasuke seguì con una
traiettoria obliqua l'apertura dei bottoncini della camicetta della
ragazza, trovandosi a complimentarsi col seno.
“Dicevamo?”
Il
principe azzurro esiste solo nelle favole.
Era
così -una regola rigida- e sempre lo sarebbe stato. Il
principe a
cui tante ragazze aspiravano, non avrebbe mai bussato alle loro porte
per il semplice fatto che i principi di ieri sono stati di gran lunga
superati da quelli di oggi.
Non
l'hai capito ancora Sakura?. Non perderai la scarpetta
Ma la speranza.
Non
busserà alla tua porta.
Non si prenderà il
disturbo.
Non
ti sorriderà per poi portarti in Paradiso con una semplice
frase, né
ti concederà un ballo.
Ti farà soffrire,
ti porterà in Paradiso, sì, ma subito dopo
all'Inferno, ti
purgherai per un momento e poi di nuovo Paradiso e Inferno.
Ti farà soffrire,
tanto, tanto, tanto.
Troppo.
Ma
questo... cosa può importare a una ragazza
innamorata?
Nulla.
“Ti
lascio per un po' solo!.” disse lei, slacciando le braccia
dalla
sua schiena. Fu parecchio doloroso l'addio
momentaneo,
poiché quelle mani non volevano saperne di lasciarsi, i loro
sguardi
si cercavano intensamente, scrutandosi attenti.
Caddero più volte
preda della tentazione, soffiandosi sopra le labbra come due dannati.
“Ciao... davvero stavolta” si allontanò
di scatto, sfregandosi
le labbra bagnate.
“Resisti
senza di me” sibilò lui, fiondandosi sul
più comodo divano a
vedere una partita di calcio, con la solita birra in mano, pronto per
aprirla.
Lo guardò di
sbieco, sistemandosi alla meglio la camicetta. “Vale la
stessa cosa
per te!” trillò, allontanandosi e sbattendo la
porta col suo fare
un po' imbranato. Sasuke sbuffò, rinnegando i suoi stessi
pensieri
col capo.
***
“Fronte
spaziosa... finalmente, ce ne hai messo di tempo!”
sospirò una
contrariata Ino, bevendo in un secondo tutto il liquido, grazie
all'uso della cannuccia di plastica. “Ah, ho
capito” intuì,
squadrandola dall'alto in basso, senza farsi il minimo scrupolo.
Sakura gettò la
borsetta traforata sul tavolo di plastica, cercando un ordinazione.
“Cosa avresti capito?” fece orecchie da mercante,
puntando lo
sguardo direttamente ad un fresco aperitivo.
“Niente
niente... solamente che fare sesso a quest'ora può essere
letale...”
“Perché?”
domandò, leggermente impaurita.
“Ah!Ti
ho scoperto! L'hai fatto... sono un genio!” si
complimentò,
mugugnando una serie di auto-complimenti uno dopo l'altro.
“Cazzo”
si trovò ad imprecare, sbattendosi una mano sulla fronte.
“Ti
conosco troppo bene, per fortuna” annunciò
entusiasta.
“Purtroppo”
rinnegò subito la ragazza.
“Non
dirmi che è Naruto, su quel baka non ci avrei scommesso due
yen!”
rise sguaiatamente, preda di chissà quali fantasie
irrazionali.
Sakura negò, non intenzionata comunque a farle sapere il
nome del
diretto interessato. “Oh” quell'esclamazione di
stupore era
letale se sfuggiva dalle labbra di una sadica Ino Yamanaka.
“Che
c'è?” chiese, temendo di cadere in un altro dei
suoi misteriosi
sotterfugi.
“Capelli...
decisamente in netto contrasto con i tuoi” si
avvicinò allo scollo
della camicetta, prendendo quel filo blu elettrico e analizzandolo
attentamente. “Bel colpo sorella!” serrò
la mascella, ancora
attonita dalle ultime news
stile soap-opera dell'amica.
“Ehi…
frena frena Ino-pig!”
La stoppò,
fiondando due mani davanti alla sua faccia sorpresa. “Non
c'è
nulla di male Haruno. Solo... l'Uchiha non ha la fama di
essere...”
si guardò scrupolosamente attorno. “...fatto?”
A buon intenditore
poche parole. Le sopracciglia della ragazza diventarono severe e
imperiose. “Chi ti ha detto questa cazzata?” si
agitò, odiava
quando si spargevano in giro simili scempiaggini.
“Ehi
calma! Voci di corridoio!”
“Appunto
Ino, voci. Cazzo. Ti fidi più delle voci che di me, la tua
amica?”
si indicò,
assumendo una piega immutabilmente arrabbiata.
“Io
so solo una cosa, Haruno. Non si smette così, in quattro e
quattro
otto. Cosa fa quando tu non ci sei? Che ne sai? Puoi fidarti davvero?
Riflettici Sakura”.
Parve per un momento
assimilare quelle parole, sebbene pesanti sul fardello gravoso della
coscienza. Poi però rinvigorì, alzando nervosa un
cipiglio. “Non
sai cosa dici, Yamanaka” si alzò, prendendo la
borsa e dirigendosi
a una meta ben precisa, facendo camminare i tacchi con fermezza,
senza indecisioni.
Si
doveva fidare,no? Se aveva detto basta così sarebbe stato.
Camminò.
[e pianse]
Cercò di rientrare
in casa sforzando un sorriso, sebbene dietro gli occhi si
nascondessero cascate, che non vedevano l'ora di sgorgare.
Camminò: altri
passi.
Quel sorriso sfumò,
dietro l'ombra di un Sole calante,
calante come la
fiducia, la stima, la speranza.
Ma
l'amore no. Quello restava costante,
qualunque
cosa fosse accaduta, l'amore era un paletto ben piantato
nel
cuore.
“Io
mi fidavo di te!” gridò, un urlo disumano che
squarciò il cielo.
Sotto una Luna casta
e pulita c'era uno scenario sporco e malsano, una visione da
accapponare la pelle, brividi, angoscia, voglia di urlare al mondo.
Sasuke, disteso a
terra, ormai privo di sensi, diceva qualcosa di insensato, tenendosi
fermo il braccio e allo stesso tempo tremando convulsamente.
Non
si smette così, in quattro e quattro otto.
Certe volte è
facile iniziare a fare qualcosa... ma smettere, smettere è
difficile, impossibile in alcuni casi.
“Smettila!
Smettila di rovinarti la vita!” gli gridò,
cercando di fare
qualcosa per aiutarlo.
“Perché?”
chiese, come se nulla fosse.
“Per
me”
*******
“Oh...
che belle, vero Naruto-kun?”
Domandò,
stringendosi a lui, accoccolata come un gattino. Sakura
danzò
attorno a quella tavolozza spenta, trovandoci tuttavia l'allegria.
“Ma
non le odiavi Sakura-chan?” le scompigliò i
capelli, con fare
affettuoso.
“No.
Ora non più” sorrise malinconica, raccogliendo una
foglia rossa
dalle venature sporgenti. Era tutta tagliuzzata intorno ,veniva
gentilmente aspirata dalla foga del vento. Ben presto lasciò
andare
lo stelo, facendo sì che quella brezza fresca , a tratti
pungente,
assorbisse l'ennesima foglia; tanto fra poco non ci sarebbero state
più.
Tutto
sarebbe divenuto spoglio e arido, senza traccia di vita. E fu proprio
quello il momento in cui Sasuke morì... morì tra
le sue braccia,
freddo il suo corpo.
Marmo
il suo viso.
L'ultima
cosa che le soffiò all'orecchio fu un miserabile
“Arigato” prima
di donarle uno sguardo decisamente meno burbero del solito, cercando
quasi di scoccarle l'ultimo bacio su quelle labbra asciutte. Ma non
ci riuscì... no.
Il
destino tagliò il filo prima, impedendogli di sfiorare la
carnagione
di porcellana.
“Andiamo?”
le tese la mano Naruto, colui che l'aveva raccolta dalla depressione.
Erano stati vicini, si erano stretti mani, braccia e alla fine i loro
corpi avevano ceduto, carne con la carne... forse lui l'aveva sempre
amata, anche se non l'ammetteva, per correttezza nei confronti di
Sasuke.
Forse
LEI non amava Naruto.
Ma
non importava... le sue mani erano calde.
Non erano lastre di
ghiaccio, fredde come la morte.
Il
suo respiro era dolce, privo d'acidità, di fumo appena
espirato.
Non era macchiato.
Le
sue parole dolci, i suoi gesti attenti, la sua premura costante.
Lui
era il principe. Era il principe ideale, il canone della bellezza,
della nobiltà d'animo, dell'eroe per eccellenza.
Lui non era l'Altro.
Sakura
accettò la stretta, un po' tremolante per via delle
reminiscenze che
affioravano una dopo l'altra nella sua mente.
“Ti
voglio bene” disse, aggrappandosi alla sua spalla.
“Lo
so” ghignò sbarazzino “... e so anche
che non potrà mai
cambiare” aggiunse malinconico, stringendola a sé.
E
aveva dannatamente ragione.
Come si può
amare... un morto?
No, si contraddisse
da sola. Lui non era morto, era vivo...
Vivo nel suo cuore e
nel suo animo e mai... MAI avrebbe smesso di gridare amore, di
piangere lacrime, di vivere di sogni.
“Vivi
per lui. Vivi la vita
che
lui non ha voluto, che ha rifiutato. Vivila
tu per lui.”
Sorrise
al mondo.
Sasuke
non l'avrebbe mai fatto, ma, guardando il cielo, non aveva potuto
fare a meno di notare una nuvola, sopra vi era dipinto un piccolo
ghigno... era troppo chiamarlo sorriso. Le piaceva pensare che
Sasuke, da qualche parte, la stava osservando...
E
sognava di vederla felice.
Ever felt away
without me
My love, il lies so
deep
Ever dream of me
Ti
sei sempre
sentita lontana senza di me
Il
mio amore giace , è così profondo
Sogni
sempre di me
-Ever
Dream-Nightwish-
Fine.
Uhm. Si, è stato difficile.
Ci ho messo ben 8 giorni per scriverla,
pomeriggio e sera, col risultato di non studiare per Fisica -.-(ma
vabeh...dettagli xD. Tanto ormai gli esami d'estate mi aspettano a
braccia aperte -_-.)
Grazie per aver letto...adesso,
ciò che vi chiedo non è recensire per far piacere
alla sottoscritta, che in fondo non voleva manco postarla...ci teneva
solo a sfogarsi un po' . Ma per dirmi oltre le vostre impressioni
-positive o negative che siano U_U- , i vostri pensieri, riflessioni.
Purtroppo cose di questo tipo ne accadono
tutti i giorni...magari fossero solo fan fiction.
Doverose
spiegazioni (riguardo la ff) :
Le parti in corsivo riguardano il presente
-tranne il “sogno”-, quelle normali il passato.
La parte delle foglie & i relativi
significati è completamente inventata, tutto di mio pugno xD
*fantasiosa eh?XD *
è OOC Sasuke, sento che me lo
direte. Ma mi serviva, per rendere bene il tema ><. Tra
Sasuke e Sakura è scoppiata la scintilla dopo l'episodio
delle foglie...immaginate che lui si sia accorto di lei
improvvisamente...non sono andata a narrare di tutto nel particolare
anche perché mi volevo concentrare più sul tema ,
che poi ho trattato.
Sakura e Naruto, in seguito alla morte
dell'amico si sono messi insieme, ma Sakura sta insieme a Naruto
più per un senso di protezione e conforto che per
altro...sennò cadrebbe nel baratro della solitudine.
Spero vi sia piaciuta e che vi abbia fatto
riflettere.
Mi ci sono impegnata davvero tanto (Infatti
sono stanchissima @___@)
E come dicono molte persone : me
è un vulcano di idee, quando inizio non mi ferma
più nessuno o__o...tornerò!MUHAHA.
Kiss, Kiki
:).
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