In nome del padre

di Midnight Sunflower
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A Wunderkammer Show,
grazie al quale anche T’Challa ha la sua flash.
 

In nome del padre
 

La notte è scesa sulla ridente Wakanda Centrale, avvolgendo con la sua coltre oscura le vie e i tetti della città.
Una sinuosa figura si muove furtiva tra i balconi del Palazzo Reale, raggiungendo infine, agile e silenziosa come una pantera, il tetto dell’edificio.
I numerosi e piccoli pannelli fotovoltaici riflettono sulla loro superficie lucida la luce argentea della Luna, rendendo la sommità del palazzo una fioca e timida stella.
T’Challa si appoggia contro la balaustra, respirando a pieni polmoni l’aria fresca e carica di odori. La tuta nera gli fascia il corpo tonico, mettendo in evidenza il suo portamento fiero e regale.
Quella notte, la mente del nuovo re del Wakanda è invasa da mille pensieri, che evocano in lui sentimenti contrastanti. Da quando suo padre, Re T’Chaka, è morto, la giovane Pantera è smarrita e inquieta: non si sente pronta a guidare il Wakanda, la sua nazione, la sua casa, il luogo sinonimo di radici e famiglia. Non sa se accogliere Rogers e gli Avengers sia stata una decisione saggia, non sa se promettere di curare James Barnes, l’uomo che ha creduto colpevole della morte del suo baba, sia stata la cosa giusta da fare… non sa… non sa…
L’unica certezza che T’Challa ha in quel momento è che suo padre gli manca terribilmente: la ferita, che la sua perdita ha lasciato, verrà difficilmente sanata. T’Chaka era unico e insostituibile ed è andato via troppo presto, quando aveva ancora tante cose da insegnare al figlio.
Lascia che ti dica una cosa che mio padre disse a me. Guarda le stelle: i grandi re del passato ci guardano da quelle stelle.1
Quelle parole riaffiorano in un lampo nella mente di T’Challa, lasciandogli sul volto un mesto sorriso.
Perciò quando ti senti solo, ricordati che quei re saranno sempre lì per guidarti. E ci sarò anche io...2
Gli occhi color ebano vagano in direzione del cielo carichi di salate lacrime, sulle labbra affiora una timida preghiera. La Pantera Nera ha ceduto il passo al fanciullo desideroso del conforto paterno.
«Non so cosa fare, papà.» La guance diventano umide e calde e la fierezza abbandona il corpo del giovane re. «Vorrei che tu fossi qui. Ho bisogno della tua saggezza per guidare il nostro popolo.»
T’Challa teme di deludere il padre, di non saper onorare la sua memoria. In questa notte stellata, in compagnia solo della sua angoscia, si sente più che mai inadatto al ruolo di sovrano.
Ricordati chi sei: tu sei mio figlio e l'unico vero re!3
Un altro ricordo fa capolino dagli angoli remoti della memoria e T’Challa si ritrova a sorridere, pensando al giorno in cui suo padre pronunciò quella frase, quando un alto dignitario di corte aveva osato fare dell’ironia sull’erede al trono.
«Ovunque tu sia, papà, fa’ che la tua mano guidi il mio operato.» La preghiera si perde nel vento e una stella primeggia sulle altre per lucentezza, facendo sperare al giovane nel profondo del cuore che essa sia l’amato padre. «Dammi la forza per diventare l’uomo che volevi che io fossi. Dammi il coraggio per essere una vera Pantera Nera.»


Note a piè di storia
1-2-3. Citazioni tratte da Il Re Leone.




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