Si muovevano nell’ombra come spettri. Veloci, silenziosi, letali. Erano quattro, un umano, due elfe e una nana, e per quanto non fossero tutti esili riuscivano a non lasciare traccia del loro passaggio.
Il villaggio era vuoto, tutti si erano rintanati nelle loro calde case per sfuggire al freddo vento che tagliava la pelle e s’insinuava nelle ossa, lasciando fuori solo le guardie che pattugliavano le strade a turno. Non era un grosso paese, comprendeva un centinaio di case in legno disposte lungo due strade principali, più vari vicoli e stradine minori. Le due vie si incrociavano formando il centro del villaggio, dove un obelisco in marmo bianco torreggiava sulle costruzioni vicine. Si chiamava Verde Campagna, il villaggio dei contadini. Si trovava in una valle tra le montagne Crotalo, dove oltre alle abitazioni le uniche cose che si trovavano erano i campi e rigagnoli . Almeno una persona per famiglia era un contadino, ma si trovavano anche artigiani, fabbri, fornai, cuochi, sarti e dottori, erano una comunità indipendente. Il Capo del villaggio era un nobile, un certo Conte Du Blanche che fungeva da tramite tra il Re del Regno di Omega e il paese. Non si interessava più di tanto alle faccende del borgo, a lui interessava soltanto che tutti pagassero le tasse e non andassero a ficcanasare nei suoi affari. Era un uomo di corporatura pesante, non molto alto e con un inizio di calvizie. Vestiva sempre sontuosi e eleganti abiti, in contrasto con la gente del luogo che era vestita invece con abiti da lavoro.
i quattro si arrampicarono con rapidità e agilità su uno dei tetti più alti del villaggio, da cui potevano vedere chiaramente tutta Verde Campagna, illuminata solo dalle lanterne e dalla luce di una magnifica luna piena. IL palazzo del Conte Du Blanche era appena fuori dal borgo, cintato da mura di pietra che impedivano a occhi curiosi di guardare all’interno. L’unica cosa che si notava era il tetto di tegole rosse, un lusso per pochi.
Saltarono giù dalla casa e corsero in un vicolo, continuando a svoltare a ogni incrocio. In pochissimo tempo arrivarono dinnanzi alle mura, senza che nessuno li avesse notati. L’entrata principale era sorvegliata da due guardie, mentre tre pattugliavano il perimetro. Dovevano entrare, e avrebbero usato ogni mezzo a disposizione per farlo. Un delle due elfe prese un arco che teneva sulle spalle, incoccò la freccia e prese la mira. Soffiò sul dardo e lasciò la presa su di esso, che andò a conficcarsi in profondità nel corpo di una guardia; stramazzò a terra in una pozza di sangue mentre il suo compagno esplose in una marea di frammenti, lanciando schizzi di sangue ovunque.
- C’era bisogno di fare questo Pestilenza!? – l’elfa parlò in modo autoritario, sembrando parecchio arrabbiata, all’umano.
- Un po’ di teatralità ci vuole ogni tanto no? - l’uomo rispose tranquillo, quasi divertito.
- non c’è tempo per litigare – li interruppe l’altra elfa - dobbiamo entrare e assassinare il Conte se vogliamo quei soldi. Morte, Pestilenza, voi entrate dalla porta principale e cercate di attirare su di voi più guardie possibile, io e Guerra entreremo dalle fogne e uccideremo il Du Blanche.
- Che schifo le fogne – disse stizzita la nana – ho un’armatura nuova e lucida e tu me la fai sporcare così Carestia?
- Non rompere adesso con questa storia! Avevamo già deciso il piano!
mentre stavano parlando un consistente numero di guardie si era radunato davanti ai due morti, e uno li aveva scoperti.
- Sono gli assassini!!! – urlò, prima di cadere a terra con un’ascia piantata nel cranio da parte della nana.
- Ci tocca cambiare piano mi sa. – esclamò Guerra – ho voglia di spaccare un po’ di teste. – e partì alla carica con la sua grossa ascia metallica in mano
Prima che Carestia potesse dire qualcosa anche gli altri due erano partiti all’attacco, così si lanciò anche lei nella mischia.
ognuno di loro usava un sistema di combattimento e armi diverso: Guerra combatteva con una grossa ascia bipenne, sfruttando la sua pesante armatura per parare i colpi che le arrivavano; Carestia oltre all’arco usava una lunga spada a doppio taglio, colpendo con numerosi fendenti chiunque le si parasse davanti; Morte impugnava una coppia di pugnali dalla lama bianca come l’avorio, continuando a fare capriole e salti mortali per schivare ogni nemico che la attaccasse per poi ucciderlo con un unico colpo in un punto vitale; Pestilenza invece adoperava un lungo bastone, alto tanto quanto lui, che ad un’estremità aveva una sfera verde mentre dall’altra vi era attaccata una lama curva di una falce con cui colpiva gli avversari causando brutti tagli, ma soprattutto usava incantesimi per uccidere i nemici.
in breve tempo tutte le guardie furono fatte a pezzi, e ora la via fino al Conte era sgombra da qualsivoglia nemico.
corsero attraverso i corridoi del palazzo sino a raggiungere la camera da letto ove riposava Du Blanche. Guerra abbatté la porta con un calcio e i quattro entrarono nella stanza. Il Conte si svegliò di soprassalto, mettendosi seduto nel letto; accanto a lui vi era una giovane ragazza, anch’essa molto spaventata, che tentava di nascondere la sua nudità sotto le lenzuola.
- oh abbiamo interrotto qualcosa? – domandò sarcastico Pestilenza – Se vuole usciamo e torniamo più tardi …
- Piantala – lo interruppe Morte con fare severo. – Conte Du Blanche, lei è accusato dei crimini di estorsione, corruzione e sfruttamento. Siamo qui per ordine di Sua Maestà per espiare i suoi peccati. – si rivolse a lui con uno sguardo di ghiaccio che lo terrorizzò.
- no aspettate!!! I-i-io sono sempre-sempre stato u-un fe-fedele ser-servi-servitore del re!!! – farfugliò terrorizzato.
- Ci ha assoldati lui, quindi non maledirci per ciò che ti accadrà. – rispose Guerra
- quindi chi l’ammazza? – domandò tranquilla Carestia – penso che stavolta spetti a Morte l’onore!
- No!!! Voi non potete! – urlò il Conte.
Saltò giù dal letto trascinando la ragazza per un braccio con sé, che provò a divincolarsi invano per liberarsi dalla grassoccia mano di Du Blanche. Lui sostava in mezzo alla stanza tenendo la giovane vicino a sé, mentre con l’altra mano estrasse un pugnale corto dalla cintura che teneva in vita per poi puntarlo alla gola dell’adolescente.
- un passo e lei muore!!! Non vorrete uccidere un’innocente vero?! – nei suoi piccoli occhi brillava una luce di pazzia, e il suo tremore tradiva il finto coraggio che ostentava.
- Abbiamo ucciso decine di guardie per venire qua, una ragazza non ci interessa. – disse con nonchalance Morte.
- Ma voi non potete …
Prima che potesse finire la frase Morte corse verso di lui e con l’indice gli toccò la fronte, per poi scivolare sotto le sue gambe e rialzarsi alle sue spalle.
- Io posso.
Il conte divenne d’improvviso pallido come un lenzuolo e cadde a terra in un pesante tonfo, morto.
Pestilenza recuperò una coperta dal letto e coprì la ragazza, che nel frattempo si era liberata dalla stretta di Du Blanche e stava singhiozzando accucciata in un angolo.
- Voi … voi chi siete? –chiese con un filo di voce tra le lacrime.
- Noi siamo i Cavalieri dell’Apocalisse.- rispose Morte con fare distaccato come suo solito.
- Siamo mercenari che combattono per eliminare i peccati da questo mondo. – continuò Carestia.
- Du Blanche non sarà più un problema per te, sei libera di tornare a casa. –le disse Pestilenza sorridendo.
- Ti consiglio di correre. Questo palazzo verrà incendiato tra non molto per eliminare tutti i cadaveri. – finì Guerra.
La giovane si alzò tenendo stretta la coperta e si mise a correre verso l’uscita, continuando a sussurrare la parola “grazie” ad ogni falcata.
Dal più alto tetto di Verde Campagna l’incendio del Palazzo di Du Blanche era uno spettacolo di terribile bellezza: scarlatte fiamme si levavano alte nel cielo scuro, indomite e voraci. I cittadini tentarono di spegnerlo, ma il fuoco alimentato dalla magia non si può spegnere con l’acqua.
l’incendio continuò fino alle prime luci dell’alba, e quando si estinse l’unica cosa rimasta erano le mura annerite. I quattro Cavalieri rimasero sul tetto a guardare il loro operato per tutta la notte, e la mattina se ne andarono così come erano arrivati, scomparendo nel nulla.
---------------------------------------
I Quattro Cavalieri dell’Apocalisse erano un gruppo di mercenari alquanto particolari, difatti sceglievano solo incarichi che prevedevano il punire chiunque avesse commesso un qualsiasi peccato grave.
Si facevano chiamare Morte, Carestia, Guerra e Pestilenza, così come i Cavalieri dei Testi Sacri erano denominati, ma essi erano solo soprannomi che usavano quando lavoravano. Ma i loro pseudonimi avevano un significato, difatti ognuno di loro possedeva uno speciale potere collegato al loro titolo.
Non era inusuale l’esistenza della magia nell’epoca del Regno di Omega, spesso nascevano bambini in grado di adoperarla, e tramite un allenamento potevano controllare i loro poteri.
-------------------------------------
- Beh dai, la missione è andata bene stavolta. – esordì Pestilenza, mentre ripuliva la lama del suo scettro.
Avevano scelto di accamparsi per riposarsi dalla nottata in un piccolo bosco di betulle, appena fuori dalla valle. Il campo era stato allestito con quattro tende e un falò al centro, su cui era stato predisposto uno spiedo. Un coniglio grassoccio e un paio di pesci stavano cuocendo infilzati sull’asta, spargendo un ottimo profumo tutt’intorno.
Morte, Guerra e Pestilenza si stavano preparando al pranzo, mentre Carestia era andata a fare un giro di perlustrazione per scoprire cosa ci fosse lì vicino.
- Ma si, come sempre il piano è fallito ma alla fine abbiamo ucciso il bersaglio. Ottimo lavoro ragazzi! – continuò Morte, sciogliendosi i lunghi capelli castani dalla stretta dello chignon sulla nuca, che ricaddero dolcemente sulle spalle come tante onde brune.
- Sinceramente poteva andare meglio – si lamentò Guerra – potevamo uccidere solo il Conte senza spargere troppo sangue .- disse slacciandosi gli spallacci dell’armatura con alquanta difficoltà.
- Stai sempre a lamentarti! – rispose Morte – non ti va mai bene nulla! – il sarcastico sorriso sulle labbra le fece ridere entrambe.
L’elfa si avvicinò alla nana per aiutarla a levare la possente armatura di metallo che la proteggeva, ma un improvviso fruscio proveniente dalle loro spalle li fece mettere sulla difensiva: estrassero le armi e rimasero fermi ad aspettare, ogni loro muscolo era teso ed erano pronti ad attaccare. Il rumore proveniva da un cespuglio,e sembrava che qualcosa – o qualcuno – si stesse muovendo lì dentro.
Fecero un passo indietro, rimanendo sempre pronti ad attaccare, quando un enorme cinghiale montato da Carestia uscì allo scoperto, dimenandosi a destra e a sinistra e lanciando strazianti versi. Iniziò a correre verso i tre, che all’ultimo lo schivarono gettandosi di lato. Carestia era sul suo dorso, si reggeva con una mano al pelo dell’animale mentre l’altra stringeva l’impugnatura della sua spada, la cui lama era infilzata nella spessa pelle della bestia. Con un forte strattone tolse la spada dal dorso del cinghiale per poi conficcarla nel centro della sua grossa testa; la fiera cadde al suolo morta, frenando al’improvviso e catapultando Carestia in un fiumiciattolo poco più avanti.
Gli altri cavalieri si precipitarono esterrefatti a vedere l’enorme carcassa e ad aiutare la loro compagna, che giaceva seduta a gambe incrociate nell’acqua del rigagnolo, con il viso sporco di terra e le braccia piene di graffi e lividi.
- Stai bene!? – chiese preoccupato Pestilenza – vieni qui che ti curo quei tagli subito, prima che si infettino.
- Ma va’, sono due graffi. Guardate piuttosto che ho preso!!! – rispose euforica e senza preoccupazioni.
- Beh questo è molto meglio che un coniglio e due pesci!!! Finalmente un pranzo degno di tale nome – esordì Guerra, mentre aiutava l’amica a rialzarsi.
- Va’ ad asciugarti in fretta, o rovinerai la tua armatura.- disse Morte con fare neutrale.
mentre Pestilenza curava le ferite grazie a degli incantesimi, Guerra e Carestia si aiutavano a vicenda a levarsi le armature. Morte invece stava facendo a pezzi il cadavere del cinghiale, dividendo la carne in porzioni e mettendole in una borsa con del sale. Muoveva il coltello nel corpo dell’animale con maestria e movimenti precisi, facendo sembrare quel lavoro più semplice di quanto non fosse. La lama penetrava la carne con facilità come fosse burro, anche se essa era molto coriacea. Il sangue scorreva a fiumi, macchiando di cremisi qualunque cosa toccasse, eppure all’elfa non importava molto di sporcare la sua leggera armatura di cuoio o la sua pelle chiara. Quando ebbe finito andò al fiume a lavarsi via quel fluido scarlatto con la limpida acqua che scorreva placida.
Tornò all’accampamento con quattro grossi pezzi di carne tra le mani, grandi poco più della sua testa. I suoi compagni si erano finalmente tolti le armature e stavano scherzando tra di loro.
- Pestilenza mi aiuti?
Lanciò verso di lui le quattro bistecche, volteggiarono nell’aria per un paio di metri prima di fermarsi improvvisamente ad un metro dal terreno. L’umano stava puntando verso di esse il suo bastone, e la sfera verde sull’estremità brillava di una mistica luce. Un leggero movimento del polso di Pestilenza e i filetti si mossero fluttuando fino ad arrivare sopra il fuoco, dove si fermarono e rimasero sospesi nel vuoto.
- non ci resta che aspettare che si cuociano.
- Bene, ho una fame mostruosa. – disse Carestia leccandosi le labbra.
- Carestia che ha fame, non mi è nuova questa cosa – rispose Pestilenza, scatenando le risate di tutti.
- Ma adesso che abbiamo finito la missione possiamo tornare a usare i nostri nomi, capo?- chiese Guerra a Morte, dopo aver smesso di ridere.
- Sì, anzi dobbiamo. Abbiamo un paio di villaggi da qui a palazzo, se usiamo i nostri nomi nessuno saprà chi siamo.
- Oh bene. Mi fa strano venir chiamato Pestilenza così spesso – disse ridacchiando.
- Non che il tuo nome sia meno scomodo, Sumi – gli rispose la nana, facendogli un occhiolino.
- Fra vai a prendere il sidro? – chiese Morte all’altra elfa.
- Perché io?! Puoi andarci anche tu Eli! – rispose Francesca, con tono stizzito.
- Non vado io perché tu sai dov’è, io no. Non ho fatto io le borse degli alcolici. – le disse trattenendo la rabbia e mostrando una finta calma.
- Ah, l’amore tra sorelle! Che bella cosa vero Je? – scherzò Sumi con la nana.
- Oh si, bellissimo! – rise rumorosamente tirando una forte pacca sulla spalla del mago, facendolo cadere di lato.
Elisa fulminò i due che si stavano divertendo con uno sguardo gelido e si zittirono all’istante, guardando verso terra con il capo chino ma con un ampio sorriso dipinto sulle labbra. Francesca prese una borsa in cuoio da dentro la sua tenda, la portò al falò e la diede alla sorella con fare strafottente, per poi girarsi e tornare seduta accanto al fuoco. Elisa prese dalla borsa due bottiglie di Sidro EastWay e quattro boccali, diede un morso al tappo in sughero e lo tolse facilmente dalla bocca della bottiglia, producendo il classico suono sordo. Riempì ogni boccale quasi fino al’orlo, poi li passò ad ognuno dei suoi compagni di viaggio, che li presero e li portarono fino sotto al naso, assaporandone l’aroma dolce e penetrante.
- Si sente che è il miglior sidro di tutta Omega! – disse Francesca in un sospiro.
- Ed è anche il più costoso di tutta Omega, sinceramente potremmo evitare di spendere così tanti soldi in alcool ... – continuò Sumi, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
- Ma smettila. – borbottò Fra – Piace a tutti, inoltre i soldi non sono un problema e possiamo spenderli ogni tanto!!!
- Ma sì, che te ne importa se abbiamo scorte di alcool?! – continuò Jessica, dando man forte all’amica.
- Basta ragazzi – si intromesse Elisa in tono freddo, attirando su di sé le attenzioni del gruppo – dobbiamo brindare al nostro successo. – disse elargendo un caldo sorriso.
si misero tutti a ridere spensierati, per poi far cozzare tra di loro i bicchieri urlando “A noi!”. Passarono la giornata a scherzare, ridere e continuando a bere finchè non si ubriacarono e persero i sensi.
Era ormai sera quando Elisa si svegliò, tastandosi le tempie con entrambe le mani per il forte mal di testa. Si mise seduta a gambe incrociate e cercò di riprendersi un attimo. Nel frattempo anche gli altri si svegliarono, e sia Sumi che Francesca avevano un terribile mal di testa, a differenza di Jessica che invece sembrava molto riposata.
- Tu e il tuo sangue da nano – rantolò Francesca, mentre il capo le sembrava sul punto di esplodere – avrai più alcool che sangue nelle vene!
- Noi nani siamo abituati sin da piccoli a resistere al vino e agli alcolici. Sopportiamo sbronze ben peggiori di queste – si vantò mettendosi in piedi e incamminandosi verso la sua tenda.
- Che fai, dormi? – le chiese di nuovo l’elfa.
- Preparo il mio zaino, dobbiamo partire ricordate?
Un sospiro uscì dalle bocche dei tre seduti a terra che cercavano di rimettersi in piedi.
- A me neanche piace ubriacarmi, è sempre colpa vostra – si lamentò Sumi, reggendosi in posizione eretta con il bastone magico e parlando a singhiozzo.
- Eppure sembrava ti stessi divertendo – sibilò Elisa – quindi smettila di lamentarti. E fra, cerca di alzarti avanti! – disse alla sorella, che si era sdraiata a terra mentre tutti erano in piedi.
Elisa prese Francesca per le braccia e la tirò verso di sé, come fosse un sacco di patate. L’elfa si mise in piedi e barcollante raggiunse la sua tenda come fecero anche gli altri due.
La borsa di Morte era uno zaino in cuoio, non molto grande, con disegnato sopra un teschio con un serpente che gli usciva da un occhio e si avvolgeva sul cranio. Le cose da mettere via non erano molte: un paio di vestiti, calze e guanti di pelle, in più doveva starci la tenda e la stuoia per dormire. Stava piegando i vestiti quando Sumi entrò nella momentanea abitazione, dicendo un “toc toc” per chiedere il permesso.
- cosa c’è sumi? – chiese l’elfa senza girarsi, continuando a piegare il suo vestiario.
- volevo solo chiederti se va tutto bene, è da un paio di giorni che ti vedo fredda … distante. – il tono con cui parlava era alquanto preoccupato – tutto bene?
- Purtroppo no, non va bene. – disse smettendo di lavorare - Sento che qualcosa di orribile sta arrivando, non sono sicura di essere pronta a fronteggiarlo ...
Prima che finisse di parlare si trovò stretta in un vigoroso abbraccio, rimanendo alquanto sorpresa.
- Ti ricordo che non sei sola, hai degli amici che sono sempre pronti ad aiutarti, e se dovesse capitare qualcosa noi ci saremo. Quindi levati quel broncio dalla faccia, non ti si addice. – dopo aver detto ciò la lasciò andare.
- Hai ragione, non dovrei preoccuparmi. Grazie Sumi – rispose con un largo e sereno sorriso, congedando l’amico che uscì con poca agilità dalla tenda.
-----
Angolo dell'autore:
BuonSalve a tutti i lettori!
Allora, ci tengo a dire che questa storia nasce come regalo di natale alle mie migliori amiche (mi rendo conto di avere più amiche femmine che maschi, ma va benissimo così [sì sono povero e come regalo scrivo storie]) e in particolar modo a Elisa, a cui ho affidato il ruolo di protagonista.
Bene, spero vi sia piaciuta e vi invito a lasciarmi una recensione per sapere cosa ne pensate.
Al prossimo capitolo! |