capitolo 1
Capitolo 1
Guardo l'orologio e mi
rendo conto che non ce la farò...
Mi ritrovo a correre per le strade affollate di Seoul. Io, la
dipendente
perfetta e capo team di consulenza fiscale della banca sono in
grandissimo ritardo, per la prima volta dopo anni di lavoro. Tra tutti
quei giorni perché proprio oggi quella maledetta sveglia non
si
è decisa a suonare? Tra l'altro nel giorno della
presentazione
più importante.
Dopo lunghe attese ai semafori e il traffico caotico della
città
arrivo a destinazione ormai sfinita, e con ancora il fiatone e i
capelli al vento rovisto nella borsa per trovare il badge. Rovisto
nella tracolla in mezzo alla confusione più totale, dando
origine allo stesso casino che c'è nella mia testa, e
finalmente
riesco a individuare il mio badge che afferro tra le mille cose inutili.
"Sei in ritardo Miyon, non è da te!" dice una
voce alle mie spalle. Non mi serviva voltarmi
per capire a chi appartenesse quella voce, volevo solo strisciare quel
badge e sparire, ma agendo in quel modo dimostravo di voler fuggire da
lui, notai la sua figura alta e snella avvicinarsi e molto
frettolosamente passai la carta nell'apposita macchinetta. Mi limitai a
ignorarlo. Varco il
corridoio e a passo svelto schiaccio il pulsante
dell'ascensore,
si mette di fianco a me attendendo anch'esso l'ascensore che tarda ad
arrivare. Alzo di poco lo sguardo e mi incontro con i suoi occhi
scuri, abbasso la testa d'istinto e torno a fissare il
pavimento.
Guardò frettolosamente l'orologio "Non avevi una presentazione che
doveva iniziare circa... venti minuti fa?" chiede.
"Cretino" parlai senza il mio volere, mi era uscita spontanea la cosa.
Le porte dell'ascensore si aprirono ed entrai. JungKook mi
seguì
sogghignando.
"Non per farmi i fatti tuoi, ma tu come mai vieni al lavoro a
quest'ora? Anche tu sei in ritardo" dico
acida.
"Oh...ho fatto colazione con una cliente e mi sono trattenuto
più del previsto" dice con tono indifferente,
portando le mani alle tasche dei pantaloni.
JungKook è molto nominato in questo edificio, nominato per
portarsi
fuori tutte le sue clienti. Rimangono accecate da tanta bellezza e
fascino, ma io sono ben felice di ritrovarmi a dire il contrario. A
forza di pensare a lui mi sono persino dimenticata di premere il
pulsante dell'ascensore, ma nemmeno lui lo ha fatto. "A cosa stai pensando con
così tanta
costanza da non spingere il pulsante dell'ascensore?".
Accidenti, la
distrazione in quei giorni stava prendendo il sopravvento, ci mancava
solo lui per farmi dare di matto.
"Cosa ti sta succedendo? Non sei mai arrivata in ritardo...forse una
sbandata per un ragazzo?". Alzo lo
sguardo da terra e mi giro verso di lui. "Senti! Non sono affari tuoi
del perchè sono arrivata in ritardo, e poi non te ne
è
mai importato niente quindi smettila di far finta di interessarti", gli
dico aspra come un limone.
Lì per lì non sembra turbarlo nemmeno un po' la
frase detta da me, ma poi, sulle sue labbra compare un insensato
sorrisetto maligno.
"Oh avanti! Come puoi pensare una tale cosa su di me...che non mi
interessi..." dice,
con
ancora quello stupido sorrisetto, e con un gesto veloce porta indietro
con la mano la frangia lunga scompigliandola. In quel momento
l'ascensore arriva al
nostro piano e le porte si spalancano. Con passo deciso esco,
ignorandolo completamente. Sento la sua voce alle mie
spalle, ora non più come prima.
"Sono stato chiamato per calmare il signor Kim TaeHyung, il tuo
cliente, visto
che sta attendendo da più di mezz'ora la sua consulente
fiscale.
Quindi mi riguarda eccome!"
detto ciò si incammina a passo
svelto nella sala riunioni, rimango stupefatta per un attimo, ma poi
riprendo a camminare con il mio passo svelto seguendolo. Afferra la
maniglia e apre la porta con decisione, non appena mettiamo piede nella
sala noto il mio cliente che sta sorseggiando del caffè,
intrattenuto dal nostro capo. Butto uno sguardo su di lui e la sua
occhiataccia mi bastava per capire quanto fosse agitato e nervoso vista
l'importanza del nostro cliente. Il signor Kim è un tipo che
odia
aspettare, e uno degli uomini più ricchi di Seoul che non fa
altro che
viaggiare per lavoro tra l'America e la Corea del Sud. La sua fortuna
è di aver ricevuto un'eredità da
un parente lontano, e seguendo le orme del padre si è
ritrovato
a girare mezzo mondo. Con il suo modo severo di comportarsi faceva
intimorire chiunque e quasi tutti lo temevano per il suo carattere
rigoroso.
JungKook si avvicina con passo deciso verso il mio cliente protendendo
la
mano "È un
piacere rivederla signor Kim!" esclama JungKook.
"Il piacere è tutto mio JungKook" dice il signor Kim
stringendo la mano di JungKook e sorridendo calorosamente.
Io, mi limitavo a fissare quei due, su quanto andassero d'accordo. Poi
il signor Kim si accorse della mia presenza lanciandomi un'occhiata.
"Ah! Signorina Lee...la stavo giusto aspettando..." l'occhiata non era
stata
sufficiente visto che persino il suo sguardo burbero e il suo tono di
voce erano cambiati rispetto a come aveva salutato calorosamente
JungKook.
"Mi scusi per il ritardo, so benissimo che non saranno sufficienti, ma
la prego di accettare le mie scuse" nello stesso istante che
pronunciavo le parole mi inchinavo, ma vengo interrotta con un suo
gesto
di mano. JungKook interviene posando la mano sulla spalla del signor
Kim, "Ehm signor Kim la
prego di accettare le scuse della mia
collega ha avuto parecchi problemi in quest'ultimo tempo, una
ramanzina farebbe cadere ancor di più il suo morale, non
pensa?" Il signor Kim buttò uno sguardo su di
me, osservandomi per un breve
istante, chiuse gli occhi e sospirò amareggiato.
"Bè,
signorina Lee sono convinto che dopo oggi non mi farà
più
attendere per avere la sua presenza qui". E quindi alla fine grazie a
JungKook il nostro caro Kim ha ceduto, e io mi sono risparmiata il
rimprovero.
"La ringrazio signor Kim per la comprensione, non succederà
più!".
Il nostro capo vista la situazione interviene. "Bene! Allora io e JungKook
togliamo il disturbo e vi lasciamo lavorare". Entrambi si
avviarono
verso la porta, ma la voce del signor Kim li fermò.
"Seokjin,
cosa ne dici se JungKook fosse presente nella riunione, insieme a me e
alla signorina Lee?".
Jin dal canto suo sapeva tutti gli scontri che c'erano stati tra me
e JungKook e al solo pensiero sospirò appena, si trovava in
grande
difficoltà, glielo si leggeva in faccia.
"Ehm, ecco credo che JungKook abbia già un impegno
importante per
quel giorno" dice con fare agitato torturandosi le mani.
Ma
quell'appuntamento non avrebbe rovinato i pensieri che il signor Kim
aveva fatto, se lui voleva una cosa era quella e non si poteva
discutere, come tutte le altre cose gli sarebbe stata semplicemente
concessa a suo parere. Non è di certo un tipo che si arrende
al
primo no, e in confronto il nostro capo è piuttosto
deboluccio
su questo aspetto, perchè alla fine rischia di farsi
convincere.
"Seokjin, sai che come risposta non accetto i rifiuti" il suo tono era
calmo e pacato, ma trasmetteva inquietudine al tempo stesso.
Jin annuisce, ormai rassegnato da quella battaglia fatta di sguardi
per decidere sul da farsi. "JungKook,
credi di riuscire a fare presto al
tuo appuntamento?" gli chiede.
"Certo, arriverò in tempo". E proprio in quel
momento il viso
del signor Kim si fece più sereno e sorridente, soddisfatto
della sua vittoria andò a
sedersi su uno dei divanetti di pelle nera lucida affiancato dal mio
nemico numero uno: JungKook, che attendeva per ascoltare la mia
proposta.
Il signor Kim, l'uomo più ricco di Seoul e JungKook,
successore
di una ricca famiglia, mi scrutano e attendono
seduti di sapere cosa
aveva progettato la mia mente. Libero la mente da tutte queste
distrazioni e inizio la mia presentazione.
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